SI SALVA SOLO LUI: E’ L’UNICO CHE SI ASSUME RESPONSABILITA’ E SFIDA I PARTITI
L’INDEGNA GAZZARRA DI CHI PENSA SOLO AGLI INTERESSI DI PARTITO E NON AL BENE DEGLI ITALIANI … STAVOLTA SONO GLI OPERATORI TURISTICI A INCAZZARSI CON SALVINI E DI MAIO
Si schianta in una clamorosa gazzarra il richiamo alla responsabilità del capo dello Stato, o meglio la sfida, sobria e puntigliosamente corretta, a mettere in piedi in governo di “tregua”.
Ed è la prima volta, in questo susseguirsi di unicum nella storia repubblicana, che non viene concessa dai partiti neanche una nottata di rispettosa riflessione prima di una rispettosa risposta al presidente della Repubblica.
Salvini, Meloni, i Cinque Stelle con Di Battista suonano le fanfare della propaganda anti-istituzionale in diretta social, travolgendo ciò che resta di una antica grammatica istituzionale e spalancando le porte del voto a luglio.
Colpisce la distanza culturale, intesa come cultura della democrazia e delle sue istituzioni, che rende oggi il Quirinale una istituzione sola, senza un Parlamento pronto, se non ad accogliere, a valutare serenamente la sua riflessione e con i due “vincitori dimezzati” delle scorse elezioni passati in una notte da un “patto per il governo” a un “patto per il non governo”, che addirittura si incontrano per stabilire la data delle elezioni l’8 luglio, prima ancora che il Quirinale faccia le sue valutazioni: partiti, incapaci di indicare uno sbocco possibile, e imprigionati in un cieco cupio dissolvi, trascinano nel loro gorgo la principale istituzione del paese, la presidenza della Repubblica, che per la prima volta non riesce, come sempre avvenuto nella storia, ad avviare la legislatura e a mettere in piedi un governo, anche ricorrendo a formule fragili e fantasiose.
È un passaggio drammatico, uno di quei momenti in cui la storia gira pagina.
Si sarebbe detto una volta, Mattarella nel suo discorso inchioda i partiti alle loro responsabilità , o almeno ci prova, senza la pretesa di voler imporre soluzioni, ma con lo spirito di chi invita a scegliere tra la via della ragionevolezza (un governo) e l’avventurismo (le urne): elenca le esplorazioni naufragate di queste settimane, senza alcuna polemica su veti e puntigli dei partiti, esorta, di fronte alla mancanza di accordi politici, alla responsabilità di un governo di “tregua” fino a dicembre che eviti l’aumento dell’Iva e magari metta mano a questa sciagurata legge elettorale, con spirito rispettoso della volontà delle forze politiche.
Attenzione, non un’imposizione dell’alto, ma un governo che, nel caso i partiti trovassero un accordo, si dimetterebbe il minuto dopo per favorire una soluzione politica.
Qualora invece venisse bocciato, tale governo, avrebbe il compito di portare il paese al voto, a luglio o, preferibilmente a settembre, perchè c’è un motivo se non si è mai votato sotto gli ombrelloni, con mezzo paese in vacanza e le scuole chiuse.
Motivo, diciamo così, “democratico”, perchè è chiaro che non favorisce la partecipazione degli elettori al voto.
Parole travolte nell’ordalia pre-elettorale che trasforma il governo di tregua in un prosaico governo “elettorale”, col compito esclusivo di portare il paese al voto. Compito che, per Mattarella, non può essere assolto dal governo Gentiloni, espressione di una precedente legislatura, che non ha le caratteristiche della neutralità soprattutto se, alle prossime elezioni, il premier uscente sarà il candidato di uno schieramento politico.
Non è la prima volta di un governo di questo tipo. Nel 1979 il quinto governo Andreotti fu creato apposta per portare l’Italia alle urne, e così il sesto gabinetto Fanfani, nel 1987.
L’incarico per questo governo potrebbe essere conferito nei prossimi tre giorni, probabilmente mercoledì, e già circolano i primi nomi.
All’inizio della prossima settimana andrà in Aula. È un esecutivo che nasce già sfiduciato sotto i colpi dei partiti che, ad esclusione del Pd, hanno iniziato la loro campagna elettorale.
Compresa Forza Italia che si dice pronta al voto, anche se “è meglio settembre”.
Anzi, hanno trasformato questo passaggio, e questa contrapposizione al capo dello Stato, nel primo passo della marcia che porterà al voto a luglio.
Voto su cui al Quirinale già circolano le prime date, dopo attenta verifica. La più probabile è il 22 di luglio, con scioglimento alla fine della prossima settimana, perchè tra scioglimento e voto passano circa una sessantina di giorni.
Un record anche questo, in questa crisi senza precedenti di una legislatura morta sul nascere, di un governo che nasce sfiduciato e di un capo dello Stato che, al primo discorso, diventa bersaglio polemico nello spazio di un tweet.
A proposito, leggete i commenti: colpisce quanti siano favorevoli al capo dello Stato. Forse, tra loro, ci sono albergatori, bagnini e operatori del settori che avvertono il potenziale danno economico per un paese che vive di turismo più che l’eccitazione da urne.
(da “Huffingtonpost”)
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