SICILIA, CENTRODESTRA SPACCATO, ORA SI CANDIDA ANCHE MICCICHE’, MA LA BASE DEI FINIANI INSORGE
FAIDA INTERNA CONTRO MUSUMECI… CON L’EX FEDELISSIMO DI SILVIO AUTONOMISTI, GRANDE SUD E FINIANI
Alla fine nel centrodestra hanno prevalso odi personali e veti incrociati.
Il tentativo di formare la vecchia coalizione è fallito, così l’ex centrodestra in Sicilia si presenterà alle elezioni di ottobre con due candidati: Gianfranco Miccichè e Nello Musumeci. Ma c’è chi non esclude ulteriori colpi di scena, come i malpancisti del Pdl che spingono per una candidatura interna. Sarebbe la terza.
Musumeci però mette le mani avanti: «Ieri sera ho sentito Alfano, mi ha confermato l’appoggio del Pdl»; nessun contatto invece con Berlusconi.
Nel centrosinistra il cantiere rimane aperto.
Anche qui i candidati sono due, Rosario Crocetta (Pd, Udc e Api) e Claudio Fava (Sel).
Idv deve ancora decidere, lo farà venerdì quando Di Pietro volerà a Palermo per chiudere la partita. «Mai comunque con l’Udc», giura il coordinatore dei dipietristi nell’isola, Fabio Giambrone, che sul pm Antonino Ingroia dice: «Sarebbe una candidatura autorevole».
Il magistrato allarga le braccia: «Io candidato alla Regione? Non mi risulta».
Pur nella confusione che regna nei partiti, il quadro delle alleanze comincia a delinearsi. L’accordo nel centrodestra, a cui in pochi per le verità avevano creduto, è saltato dopo otto giorni di febbrili trattative.
Riunioni, colloqui a Palermo, a Catania e a Roma non sono serviti, Musumeci così ha alzato bandiera bianca.
«Mi sono accorto di muovermi in un terreno minato, reso insidioso da veleni e lividi prodotti dalle vicende politiche degli ultimi anni. Ho riscontrato un tasso di odio inimmaginabile», spiega l’ex eurodeputato di An, che malgrado Grande Sud e autonomisti lo abbiano «mollato» dopo averne lodato la caratura politica, conferma la propria candidatura.
«Il mio progetto sicilianista rimane integro e incontaminato», chiarisce, rispondendo così a chi tra gli ex alleati gli imputa di avere dato troppo spazio al Pdl, snaturando gli accordi iniziali. «Credo che le ragioni siano diverse e riconducibili ad altri tavoli, ad altri palazzi», accusa Musumeci che fino all’ultimo ha mandato segnali di pace «all’amico Miccichè» (era stato proprio Miccichè a candidarlo), provando a ricucire.
Tutto inutile.
A poche ore dalla rottura, Miccichè ha riunito i suoi e dopo avere discusso con i dirigenti del Partito dei siciliani-ex Mpa, Mps e Fli che lo avevano invitato a candidarsi, ha sciolto la riserva: «Prendo atto della determinazione dei soggetti politici che mi hanno chiesto di guidare il progetto di autonomia politica della Sicilia e di rappresentanza piena dei suoi interessi territoriali: da questo momento il mio impegno sarà lto all’allargamento ulteriore della base politica, già molto forte, che mi sostiene».
A far saltare il banco ha contribuito Fli, contrario fin dall’inizio a Musumeci, con un pezzo del partito, guidato dal vice presidente Fabio Granata, pronto a convergere sull’ex comunista, Rosario Crocetta, candidato di Pd e Udc.
Anche Musumeci è convinto sul ruolo avuto da Fini. «Non voglio aprire polemiche, credo che il telefono della presidenza della Camera, in questi giorni, sia stato impegnato in lunghe conversazioni con Palermo e Catania e questo la dice lunga sul reale interesse nei confronti della Sicilia», attacca l’ex missino che incassa il consenso degli ex colleghi di partito da La Russa a Gasparri, da Alemanno a Urso.
Come viene ventilata l’ipotesi di un appoggio a Miccichè, anche la base dei militanti finiani va in ebollizione.
La pagina personale su Fb di Fabio Granata viene inondata di proteste: dopo quasi 24 ore di silenzio il deputato pubblica questo comunicato che conferma l’accordo.
“Ho avuto un lungo colloquio politico con Gianfranco Fini sulle regionali in Sicilia e su questa operazione tendente a “sparigliare”le carte del vecchio centro destra, sottraendogli il determinante peso elettorale degli autonomisti e di Grande Sud:alla fine non ho potuto che convenire sulla portata “tattica”della manovra
Ho pero’ fatto rilevare la mia contrarietà strategica alla stessa poichè ero, e resto, convinto che poteva essere Fli l’elemento di novità delle regionali.
Purtroppo ho dovuto convenire con Fini che questo era un disegno al quale mancavano due essenziali condizioni:il coraggio e la generosità di alcuni nostri dirigenti,ad iniziare dai deputati regionali uscenti.
Se uno il coraggio non lo possiede, non può darselo:con Micciche’ hanno recuperato serenità e qualche dirigente giovanile la parola,anche sulle agenzie..
Nei prossimi giorni troveremo comunque parole e azioni per rilanciare il patrimonio da voi rappresentato,quello della Nuova Destra legalitaria e repubblicana.
Patrimonio che nessuno potrà mai far tacere o indebolire.”
Da quel momento sono stati centinaia i commenti e gli interventi contro la scelta dei vertici romani.
Il commento del ns. direttore
LA POLITICA DI DON ABBONDIO
Fabio Granata nel suo comunicato richiama, a proposito dei consiglieri regionali siciliani uscenti di Fli, il passo manzoniano “se uno il coraggio non l’ha, non se lo può dare”.
Se l’ipotesi fosse vera, sarebbe uno dei rari casi in politica dove la linea di un partito non viene decisa dal segretario nazionale, ma da quattro consiglieri che antepongono i propri interessi a quelli della comunità umana cui nessuno li ha obbligati ad aderire.
La decisione finale di Fli dimostra che i Don Abbondio proliferano anche a Roma, non solo in Sicilia, e che di tempre alla fra Cristoforo ai vertici del partito non ve ne sono.
Fini non ne azzecca una da tempo e nella fattispecie non ha fatto che confermare questa teoria.
Fli è passato in poche settimane dalla candidatura di Fabio Granata al ventilato appoggio a Crocetta (portato da Pd e Udc) per finire per fare la ruota di scorta a un personaggio le cui amicizie e frequentazioni sono inconciliabili con i principi stessi di Fli.
Per molti, dietro la presentazione di Miccichè, c’è una strategia chiara: il Pdl in Sicilia è spaccato tra chi appoggia Alfano, alleato con gli ex An, e la vecchia guardia di Dell’Utri .
Problema risolto: i primi presentano Musumeci, i secondi appoggiano Miccichè, con facoltà successiva, in caso di vittoria, di ritrovarsi intorno al tavolo imbandito delle alleanze.
Altro che discontinuità , altro che “sparigliare” le carte, come sostiene Fini.
L’unica cosa che ha “scosso” è il sistema nervoso dei militanti di Fli, trovatisi sull’uscio di casa un ospite “irricevibile e impresentabile”.
Che senso ha parlare di Terzo Polo con l’Udc e poi collocarsi altrove solo per la paura fottuta di appoggiare un candidato del Pd (in questo caso pure credibile), perchè “una parte degli elettori non capirebbe”?
Che siete usciti a fare dal Pdl allora?
Poteva continuare a sopportare le “feste eleganti” e l’affogamento dei profughi, in nome della becero-destra che avete avallato per anni.
Che senso ha avere paura di presentarsi da soli con la candidatura di bandiera di un politico credibile come Granata?
Il timore di restare senza poltrone a Palazzo dei Normanni?
Magari vi avrebbe fatto anche bene, così si sarebbe fatta un po’ di quella pulizia che manca a Fli in tante parti d’Italia.
Per paura di andare da soli o di scegliere tra due candidati “puliti” come Crocetta e Musumeci, si è finiti per appoggiare la candidatura di un amico di Dell’Utri che riceveva spacciatori a Montecitorio.
Se questa è coerenza con il Manifesto dei valori di Fli, fate voi.
Ma è anche un’operazione pragmaticamente sbagliata: se vincerà Crocetta sarà un’occasione storica persa, mentre se vincerà Musumeci sarà in ogni caso la sconfitta per chi voleva “far perdere il Pdl”.
Fli poteva per una volta indossare i costumi da protagonista, ha scelto quelli della comparsa di terza fila.
Avanti con i don Abbondio…
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