SILVIA SALIS TRIONFA A GENOVA ANCHE GRAZIE ALLA SPINTA DEI GIOVANI DEM: OGGI L’ETÀ MEDIA DEL GRUPPO DIRIGENTE LIGURE, COMPRESI I CONSIGLIERI REGIONALI, È SOTTO I 40 ANNI
LA CADUTA DI GENOVA E’ UNA PESANTE BATTUTA DI ARRESTO PER IL CENTRODESTRA … PER IGNAZIO LA RUSSA, PICIOCCHI ERA UN “CANDIDATO SBAGLIATO”
A febbraio, a sorpresa è uscita Silvia Salis. E d’incanto nel Pd più litigioso d’Italia, quello ligure, si è ritrovata l’unità attorno ad una candidatura impolitica.
È la carta che ha fatto saltare il banco del centrodestra ed ha consentito al centrosinistra di allargare la coalizione al massimo della sua ampiezza, includendo i renziani che alle Regionali dell’ottobre scorso avevano invece appoggiato Marco Bucci (Azione era già nell’alleanza con Pd, Avs e M5S).
Poi, ecco spuntare Salis. Anche anagraficamente con i suoi 39 anni, la
neosindaca è apparsa la più adatta a dare forma a quella voglia di facce nuove che nel Pd significa andare oltre figure pur nobili come Claudio Burlando, Roberta Pinotti e lo stesso Andrea Orlando che pure ha giocato un ruolo in questa partita.
La federazione ligure è la più «schleiniana» perché solo qui la segretaria ha vinto sia ai gazebo che nelle sezioni. Anche da lì è partita la spinta a rinnovare facce, metodi, toni, cavalli di battaglia, per provare a riconquistare un territorio che per la sinistra è sempre stato fertile ma che da un decennio il centrodestra sta arando a proprio uso e consumo. Oggi l’età media del gruppo dirigente ligure, compresi i consiglieri regionali, è sotto i 40 anni.
E i risultati cominciano ad arrivare. Già alle Regionali il Pd sfiorò il 29%, stavolta si conferma ed è di gran lunga il dominus della coalizione (il M5S conquista un 5% che considera promettente). «Siamo una generazione nata politicamente dopo le sconfitte. Questo è un banco di prova importante per tutti noi», il commento di D’Angelo.
La caduta di Genova, per contro, per il centrodestra è una pesante battuta d’arresto.
Magari non sarà la certificazione della «fine di un ciclo» ma certo il capoluogo era il simbolo di un progetto di governo «del fare» che secondo i suoi più autorevoli interpreti (dall’ex governatore Toti al presidente Bucci fino al viceministro leghista Edoardo Rixi) rappresentava un modello per il Paese. Un modello basato sulle infrastrutture e incarnato da una figura, come quella dell’ex sindaco, poco incline alle mediazioni .
Peccato che nel tempo quella virtù si sia risolta, agli occhi dei cittadini, in un limite. Alcune opere, tipo lo skymetro della Val Bisagno, sono ancora sulla carta. E il modello decisionista ha cominciato ad essere vissuto con fastidio.
Pietro Piciocchi, amministratore impegnato, è diventato l’agnello sacrificale. Candidato di tutti e di nessuno, fino alla scelta di affiancargli, nel tentativo forse di frenare l’effetto donna generato da Silvia Salis, la deputata di Noi moderati Ilaria Cavo, indicata come possibile vicesindaca. Il partito di Lupi (quasi all’8%) se ne è giovato in termini elettorali, visto che ha preso molti più voti della Lega (sotto al 7%) e di Forza Italia (3,8%), mentre Fratelli d’Italia ha appena superato il 12.
Per il presidente del Senato Ignazio La Russa invece il centrodestra in città «ha sbagliato candidato».
(da Corriere della Sera)
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