STATO PALESTINESE, QUANTI E QUALI PAESI DEL MONDO LO RICONOSCONO
LA FRANCIA A SETTEMBRE SI UNIRA’ AI 147 PAESI CHE LO HANNO GIA’ FATTO
Il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato giovedì 24 luglio che la Francia riconoscerà lo Stato palestinese durante l’Assemblea generale delle Nazioni Unite di settembre. L’impegno è stato formalizzato attraverso una lettera ufficiale al presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, in cui il capo dell’Eliseo afferma che Parigi riconosce ufficialmente la Palestina come entità politica sovrana e si impegna ad avviare relazioni diplomatiche formali.
Con questa decisione, il paese diventa la più grande potenza occidentale e il primo membro del G7 a compiere questo passo diplomatico.
La Francia si inserisce in realtà in un movimento già consolidato a livello globale. Infatti, ben 147 dei 193 stati membri delle Nazioni Unite – il 75% della comunità globale – riconoscono già la Palestina come stato sovrano, nonostante il controllo israeliano sui territori rivendicati e l’assenza di confini definitivamente stabiliti.
I dati evidenziano come l’Occidente rimanga l’area geografica più divisa su questa questione. Stati Uniti, Germania, Regno Unito e Italia mantengono infatti la posizione del riconoscimento condizionato, secondo la quale l’accettazione diplomatica della Palestina dovrebbe avvenire solo dopo un accordo negoziato con Israele che definisca confini, sicurezza e status di Gerusalemme.
Storia del riconoscimento internazionale
Le posizioni sul riconoscimento palestinese variano drasticamente per area geografica. Il Sud globale appoggia massicciamente la causa. Nei paesi occidentali persistono invece resistenze significative. La dichiarazione di indipendenza palestinese fu proclamata unilateralmente da Yasser Arafat, leader dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina, il 15 novembre 1988 durante la prima Intifada, la sollevazione popolare palestinese contro l’occupazione israeliana dei territori conquistati nel 1967.
L’Algeria accordò riconoscimento immediato e divenne il primo paese ad accogliere ufficialmente lo stato palestinese. Entro la fine del 1988, oltre 80 nazioni avevano formalizzato il riconoscimento. Il gruppo comprendeva principalmente paesi del Medio Oriente come Iraq, Kuwait e Arabia Saudita, stati africani come Tunisia, Marocco e Zambia, paesi del blocco sovietico come Polonia e Ungheria, oltre a nazioni dell’Asia e dell’America Latina.
Durante gli anni novanta, una ventina di paesi aderì alla causa palestinese, tra cui diversi stati dell’ex Unione Sovietica dopo la dissoluzione del blocco comunista. Tra il 2000 e il 2010 altri dodici stati completarono il riconoscimento. Si trattava prevalentemente di paesi africani e sudamericani.
Nel 2011 tutti i paesi africani eccetto Eritrea e Camerun avevano riconosciuto lo stato palestinese. Il sostegno continentale risultava così consolidato. Particolarmente significativa risultò l’adesione del Sudafrica nel febbraio 1995, pochi mesi dopo l’elezione di Nelson Mandela. La decisione stabilì un parallelo simbolico tra la lotta anti-apartheid e la questione palestinese.
La fase più recente ha visto accelerare il processo: nel 2024, Armenia, Slovenia, Irlanda, Norvegia, Spagna, Bahamas, Trinidad e Tobago, Jamaica e Barbados hanno formalizzato il riconoscimento.
Tra i paesi del G20, dieci riconoscono già la Palestina: Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sudafrica e Turchia, oltre alla Spagna come membro permanente invitato.
Al contrario, nove paesi mantengono la posizione del non riconoscimento: Australia, Canada, Francia, Germania, Italia, Giappone, Corea del Sud, Regno Unito e Stati Uniti. Questi ultimi sostengono generalmente una soluzione a due stati ma
condizionano il riconoscimento palestinese a negoziati diretti con Israele. Nel 2012, l’Assemblea generale dell’Onu votò con maggioranza schiacciante (138 favorevoli, 9 contrari, 41 astenuti) per modificare lo status palestinese in “stato osservatore non membro”, una posizione che consente di partecipare ai dibattiti dell’Assemblea generale ma senza diritto di voto.
La decisione ha conferito maggiore legittimità internazionale alla causa.
(da agenzie)
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