SULL’AMERICA PIOMBA IL CONFLITTO DI INTERESSI DI TRUMP: NON CONVINCE IL BLIND TRUST
IL TRASFERIMENTO FORMALE DELL’IMPERO AI FIGLI E’ UN ESCAMOTAGE A CUI NON CREDE NESSUNO
La volontà annunciata dal neo presidente americano, Donald Trump, di trasferire il suo impero all’interno di un ‘blind trust’ gestito dai suoi tre figli maggiori, cioè Don, Ivanka e Eric, non basta a fermare l’ondata di interrogativi e critiche che si sta sollevando in queste ore negli Stati Uniti sul conflitto d’interessi del tycoon.
A iniziare dal fatto, sottolineano alcuni analisti e commentatori statunitensi, che la soluzione individuata per il suo impero, fatto di quasi 500 imprese e un patrimonio di circa 4 miliardi di dollari, non regge fino in fondo dato che un blind trust implica il fatto che il proprietario non sappia cosa possiede o gestisce il suo gruppo.
Una condizione che non varrebbe per Trump dato che ha creato lui il suo impero e conosce alla perfezione ogni singola sfaccettatura dello stesso.
L’America si interroga sul suo presidente miliardario.
“I ricchi presidenti precedenti, da John F. Kennedy alla famiglia Bush – hanno messo le loro attività in un blind trust, ma la loro ricchezza proveniva in gran parte da fonti nazionali e, nel caso del Bush più giovane e di John F. Kennedy, è stata in gran parte ereditata, rendendo più facile per il presidente prendere le distanze dalle attività trasferite nel trust”, scrive Politico.
Secondo la legge attuale, Trump non è obbligato a liberarsi delle sue imprese.
Il presidente e il vicepresidente degli Stati Uniti, infatti, sono esenti dalle leggi sul conflitto d’interessi e dai regolamenti in materia, una deroga basata sull’idea che il presidente si occupa di così tante questioni che il tema del conflitto d’interessi si porrebbe inevitabilmente in essere.
Alcuni giuristi statunitensi mettono però in evidenza che c’è una clausola della Costituzione che vieta ai funzionari del governo degli Stati Uniti, tra cui il presidente, di accettare regali o denaro da governi stranieri senza il consenso del Congresso.
E i rischi potrebbero derivare dagli accordi tra l’Organizzazione Trump e i governi stranieri, ponendo il presidente in una posizione delicata.
Il professor Josef Sassoon, sociologo e docente al master in Story Telling all’università di Pavia, spiega: “Trump non mi sembra che abbia la capacità di gestire al meglio questo problema che tornerà a presentarsi durante la sua presidenza, perchè non credo che abbia voglia di smettere di fare l’imprenditore e non ha la capacità e la lucidità per tenere separate queste due dimensioni, quindi scopriremo nodi e problematiche man mano che le cose emergono”.
L’America si interroga e i dubbi sono ancora tutti da sciogliere.
(da “Huffingonpost”)
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