TRA PRIMARIE E NORD COREA: LO SFASCIO DEL PDL
LA COLOMBA ALFANO INVOCA I GAZEBO PER SCEGLIERE IL CANDIDATO PREMIER, I FALCHI LO SBRANANO….CICCHITTO TEME LA DERIVA AUTORITARIA DI FORZA ITALIA
Un giorno di ordinaria comicità per il berlusconismo decadente.
Angelino Alfano ritira fuori le primarie del Pdl, che l’anno scorso rischiarono di diventare un circo Barnum coi vari Samorì, Proto e Marra.
La colomba governista Fabrizio Cicchitto, invece, completa il suo berlusconicidio evocando una deriva nordcoreana di Forza Italia.
Il colpo di grazia è dell’insuperabile Antonio Razzi, già Responsabile, che annuncia: “Io non sono nè falco nè colomba, sono di proprietà di Berlusconi”.
Una frase che alimenta i retropensieri cattivi sulle modalità del passaggio di Razzi, tre anni fa, dall’Idv al Pdl.
Conclude Razzi: “Io per Berlusconi mi butterei sotto un treno”.
Il guaio è che bisogna far finta di prendere sul serio questo teatrino perchè al caos della destra padronale è legato il destino del governo delle larghe intese di Enrico Letta.
Così dopo una settimana passata a discutere della candidatura fantasma di Marina Berlusconi, adesso il vicepremier Alfano (inquilino di don Salvatore Ligresti, giova ricordarlo di questi tempi) ripropone le primarie per la leadership del centrodestra.
Il messaggio arriva dalle anticipazioni del prossimo tomo vespiano: “Alle prossime elezioni, il nostro candidato dovrà essere scelto attraverso primarie il più aperte possibile, alle quali partecipi il più alto numero di simpatizzanti”.
Alfano si pronuncia contro l’ipotesi di una Forza Italia “isolata” e in mano “agli estremisti”, cioè ai falchi Verdini e Santanchè, e tratteggia un centrodestra che recuperi i voti di Monti e Casini. Un nuovo partito centrista, in caso di scissione, è però “una cavolata cosmica”.
Berlusconi, sempre nelle anticipazioni vespiane, analizza così il fenomeno terzopolista: “Purtroppo Monti, Casini e Fini hanno creato un centrino, che ci ha sottratto il 10 per cento dei voti dei moderati. Senza questa loro sciagurata iniziativa, avremmo vinto in carrozza le elezioni e adesso saremmo ospiti del dottor Letta al Quirinale”.
Letta nel senso di Gianni, Zio del premier e amico di faccendieri e cricche prosperati nel Ventennio berlusconiano.
Falchi e lealisti hanno liquidano il tormentone delle primarie come una “provocazione”.
E lo stesso Condannato, ad Arcore, si sarebbe arrabbiato tantissimo: “Ma come? Io lotto per la mia sopravvivenza e questo parla della mia successione?”.
Al di là di sfoghi scontati e continui faccia a faccia, la realtà è che i due, Berlusconi e Alfano, sono sempre più lontani.
Il primo è disposto ancora a “salvare l’unità del partito”, ma il secondo pone condizioni troppo esose: sostegno al governo e ruolo di prima fila in Forza Italia.
La trattativa continuerà ancora, in vista del consiglio nazionale azzurro anticipato a dicembre, ma la “provocazione” delle primarie non ha contribuito ad abbassare la tensione. Anzi.
Come dimostra l’ennesimo vertice di ieri notte ad Arcore tra B. e lo stesso Alfano. Quest’ultimo, ieri pomeriggio, ha visto anche Napolitano al Quirinale.
Secondo la versione dei falchi il Colle avrebbe chiesto al vicepremier nonchè inquilino di Ligresti “un aggiornamento sui gruppi parlamentari autonomi in caso di scissione”.
Una visita che poi “metterebbe davanti a tutto la legge di Stabilità e non la decadenza”.
Non a caso, sulla questione scissione, si continua a esercitare l’ex cossighiano Naccarato, che conferma quando anticipato dal Fatto due settimane fa: “Al Senato gli alfaniani non sono più 25 ma almeno 40”.
Frutto, questo, del passaggio definitivo di Renato Schifani con Alfano.
Di questo passo, novembre rischia di essere fatale per il Condannato. Per il terzo anno consecutivo.
Nel 2011 le dimissioni per far nascere il governo Monti. Un anno dopo, si consumò una riunione del Pdl a palazzo Grazioli che mise in minoranza B. sulle primarie. Allora, non come oggi, rimasero con il Cavaliere solo in quattro: Santanchè, Bondi, Galan e Verdini.
L’attuale capo dei lealisti, Raffaele Fitto, si schierò senza se e senza ma con Alfano e le primarie. E con lui, la Gelmini e la Carfagna.
Altri tempi. La guerra civile del berlusconismo è la spia di interessi e ambizioni personali.
Di politico c’è pochissimo.
Di comico e di tragico, tanto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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