TRA RADICI E FUTURO PER UN MODELLO SOCIALE E VALORIALE
DESTRA E’ CONSERVAZIONE DI VALORI E INNOVAZIONE DI PROGRAMMI: NON E’ “ANTI” MA “PER” UN PROGETTO NUOVO
Non è mai esistito un “movimento” che abbia avuto l’ambizione di voler essere protagonista del “cambiamento”, senza avere un approccio culturale alle spalle, delle solide radici, un humus fertile su cui elaborare progetti e veicolare idee e programmi.
Nessuna svolta, nei secoli recenti, è stata mai determinata senza riferimenti filosofici, sociali, morali ed economici: questo ha differenziato le “grandi rivoluzioni” prodotte dal socialismo, dal liberalismo e dal fascismo, rispetto alla mera cronaca della “politica politicante”.
Laddove esisteva un retroterra di idee e valori, giusti o sbagliati che fossero, è nato un progetto di Stato e di società che ha visto poi un’applicazione più o meno coerente in campi diversi: si pensi all’urbanistica, alla scuola, alle opere pubbliche, alle leggi sociali, alle scelte economiche, al cinema, all’arte.
E’ evidente che questi “valori di riferimento” hanno assunto “vesti diverse” e “formule politiche differenziate” a seconda dei tempi, ma tali rimangono nella coscienza collettiva e pertanto non sono nè cancellabili nè omologabili. Esistono e non resta che prenderne atto.
Se quindi è vero che non si “vive di nostalgismo storico” è altresì vero che “non si vive senza radici” etiche, sociali, culturali e politiche.
Nessuno è figlio di nessuno nell’anagrafe politica italiana, salvo che non si concepisca la partecipazione alla vita pubblica come mera ambizione o realizzazione di interessi.
O nel più disinteressato dei casi come “sistemazione dei giardini pubblici nel migliore dei modi”, ovvero come mero atto di “buona amministrazione”.
La politica in realtà dovrebbe aspirare ad altro: a realizzare un sogno, a determinare un nuovo modello di sviluppo condiviso, a migliorare le condizioni di vita del nostro popolo, ad assicurare giustizia sociale, a garantire uguale base di partenza a tutti i cittadini, affinchè emergano poi i migliori.
Il politico, “portatore di idee”, dovrebbe avere solo l’ambizione di riuscire ad affermarsi per verificare nel concreto “se le proprie convinzioni portano vantaggi agli amministrati”.
Dovrebbe sempre essere “propositivo”, “per” qualcosa, non “contro” qualcosa: ecco perchè “l’antifascismo” ( così come l’anticomunismo) non potrà mai essere un valore, se non in negativo, al di là dei giudizi storici.
Il fascismo superò, ad es., la crisi e l’inadeguatezza della destra storica e del socialismo di inizio Novecento, ma non fu anti-qualcosa, fu anzi innovatore e “rivoluzionario”.
E gli anni del consenso, con le leggi sulla tutela del lavoro, delle donne, della salute furono all’avanguardia nel mondo occidentale e riprese da altri Paesi democratici.
Queste leggi non nacquero per caso ma per l’influenza culturale “in propositivo” che esercitarono sul fascismo i Corridoni, i Sorel, il sindacalismo rivoluzionario.
Non è la Storia che cancella, è la cronaca della bassa cucina politica che induce spesso a passi opportunistici, attraverso una lettura inadeguata di ciò che sta alla base di un fenomeno storico. Come non si può negare, al di là del comune giudizio critico sui totalitarismi, che ogni “dottrina politica” non è esente, nella sua applicazione pratica, di episodi nefasti.
Che dire del modello ultraliberista che nei due secoli passati ha causato lo sfruttamento della popolazione di colore negli stessi Stati Uniti o alle migliaia di morti sul lavoro nella “industriale” Inghilterra di fine ottocento, dove non esistevano tutele per donne e bambini, ma sfruttamento del lavoro e nessuna garanzia sociale?
Per non parlare dei regimi comunisti che ancor oggi impongono solo doveri e alcun diritto.
Ecco perchè la destra dovrebbe ribadire la propria vocazione non al compromesso o al piccolo cabotaggio elettorale, ma a essere forza di “conservazione di valori” e al tempo stesso però “innovatrice di programmi”.
E i suoi uomini politici, più che una tessera, dovrebbero prendere un impegno con la propria coscienza: quello di “dare in politica” la parte migliore di sè stessi.
Lasciando ambizioni, interessi e meschinità fuori dall’uscio della “casa comune”. Nel solco di quella tradizione di “teste pensanti” e di galantuomini che fa parte del bagaglio storico della migliore destra sociale italiana.
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