TUTTI I DUBBI DI BERLUSCONI: “BOSSI NON CONTROLLA PIU’ IL SUO PARTITO”
IL SENATUR TENTATO: CRISI DI GOVERNO A OTTOBRE PER NON PERDERE IL CONTROLLO DEL PARTITO … IL PREMIER CERCHERA’ DI GIOCARSI L’ULTIMA CARTA: QUELLA DELLA RIFORMA FISCALE, MA POTREBBE NON BASTARE
E’ depresso per questa ennesima sconfitta, preoccupato per l’ultimo sondaggio riservato che ha proiettato ieri il Pd come primo partito davanti al Pdl.
Il Cavaliere ieri ha provato a depotenziare il risultato del referendum inserendolo nel vento degli “indignados” che spira nel Continente.
«È un voto di protesta che c’è in tutta Europa – ha commentato con i ministri presenti al pranzo con gli israeliani a villa Madama – era inevitabile, prima o poi, che arrivasse anche da noi. Ma per il governo non cambia nulla».
Se questa è la linea ufficiale, dietro le quinte la preoccupazione per la tenuta della Lega è invece diventata un’ossessione.
Non è tanto il comportamento di Umberto Bossi a far tremare il premier, quanto «l’anarchia» che sembra regnare a via Bellerio.
«Se c’è qualcuno che ha perso i referendum– spiegano nel Pdl – quello sicuramente è Bossi, molto più di Berlusconi. E stato lui a invitare a non andare a votare, mentre il premier si è limitato a dire che lui non sarebbe andato, lasciando a tutti libertà di scelta».
Insomma, non è dal Senatur che Berlusconi si aspetta sorprese.
E semmai la «guerra dei colonnelli» a fargli vivere con ansia la vigilia di Pontida e, soprattutto, la verifica parlamentare che inizierà il 21 giugno al Senato (e il giorno successivo alla Camera).
E non l’hanno certo rassicurato le notizie che gli sono state riferite ieri da Montecitorio, dove la maggioranza è stata costretta a rinviare a stamattina il voto sul decreto sviluppo.
«La Lega sta facendo strani giochi al rialzo–commenta un uomo del govemo incaricato di seguire la partita – e per questo siamo costretti a mettere la fiducia».
E’ da qualche settimana che il Cavaliere sta seguendo con particolare attenzione quanto sta accadendo nel Carroccio.
Gli vengono riferiti movimenti in corso, posizionamenti strategici degli uomini di punta della Lega – da Maroni a Calderoli, da Zaia a Cota– in vista di un clamoroso cambio di linea.
Da attuarsi magari non ora ma ad ottobre, con una crisi di governo.
Una tentazione che ora sta valutando anche il Senatur.
«Bossi non tiene più i suoi – è il passa parola tra gli uomini più vicini al Cavaliere–e dobbiamo aspettarci di tutto. Ormai non si fanno più problemi a contraddirlo pubblicamente, come dimostra proprio la vicenda dei referendum».
Da Pontida, la prossima settimana, inizierà il progressivo allontanamento del Carroccio da Berlusconi, fino al definitivo sbullonamento dell’asse del Nord che ha retto per questi anni la maggioranza.
Il fatto che Roberto Maroni abbia esplicitamente escluso un sostegno della Lega a un governo tecnico o di unità nazionale non viene considerato sufficiente a palazzo Grazioli per allontanare il sospetto di un nuovo «ribaltone».
Anche perchè, se davvero in autunno ci fosse una crisi di governo, Napolitano farebbe tutto quanto è in suo potere per evitare che il paese resti senza guida in un momento così difficile: con la Finanziaria alle porte.
Anche i Responsabili, aggrappati a questa legislatura come i naufraghi a un salvagente, non farebbero responsabilmente mancare il loro appoggio a un governo guidato da un tecnico o dal ministro dell’Economia.
«Vedrete – prometteva ieri Berlusconi – il 22 ci saranno sorprese. Arriveranno altri a sostegno della maggioranza».
Ma anche tra i Responsabili l’insofferenza verso il governo è crescente e lo dimostra l’assenza prolungata ieri di un loro esponente (Antonio Milio) in commissione Bilancio alla Camera dove si votava sul decreto sviluppo.
Il premier, per uscire dall’angolo, è ora deciso ad accelerare al massimo sulla riforma fiscale. L’ultima carta a sua disposizione.
Indispettito per la “melina» del ministro dell’Economia, Berlusconi è determinato a farsi consegnare le bozze della riforma in tempo per il dibattito parlamentare del 22 giugno.
Così da poterla annunciare in aula nei dettagli e placare in questo modo il malcontento della maggioranza.
Anche sull’aspetto della comunicazione il capo del governo cambierà registro. E la nota di ieri a commento dei referendum, così diplomatica nei toni, viene segnalato da palazzo Chigi come il primo, tangibile, segno di un cambio di passo.
L’altro fronte che si è aperto ieri con il voto sul referendum è quello della giustizia. Berlusconi ha infatti già perso a Milano il primo plebiscito contro i magistrati, ma ieri è arrivata la sanzione finale degli italiani.
Quel 57% di elettori che si sono espressi bocciando il legittimo impedimento costituiscono, di fatto, una sconfitta delle leggi ad personam e un via libera politico alle procure.
Il timore del Cavaliere è che ora tutti i pm riprendano con rinnovata lena a dargli addosso, sentendosi le spalle coperte dal voto referendario.
Ad ottobre potrebbe arrivare la sentenza sul processo Mills.
A quel punto l’ala di lotta del Carroccio avrebbe una ragione in più per togliere il sostegno al Cavaliere.
Bei Francesco
(da “La Repubblica“)
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