UBER, QUEGLI INSULTI DELLA TEPPAGLIA ALLA MANAGER
NON E’ UNA BRAVATA, E’ UNA VERGOGNA
Una ragazza italiana è uscita per andare al lavoro e ha trovato appeso ai fili elettrici, a 15 metri d’altezza, visibile a tutta la strada, un lenzuolo con la scritta “[nome cognome] è una puttana e riceve in [indirizzo privato]. Per l’assessore [cognome] è gratis”.
Il fatto è accaduto in via Palermo, nel centro di Milano, tra martedì e mercoledì, mentre la gente guardava la prima serata di Sanremo e qualcuno tornava dal cinema
Non ho inserito subito i nomi perchè vorrei vi metteste nei panni di quella ragazza. Immaginate cos’ha provato, uscendo di casa.
Adesso i nomi li posso fare: l’interessata mi ha autorizzato.
Lei si chiama Benedetta Arese Lucini ed è general manager in Italia di Uber. L’assessore è Pierfrancesco Maran.
Qualche mese fa era apparso un suo pupazzo in città , con una foto della signorina all’altezza dell’inguine.
La società californiana Uber offre trasporto urbano tramite una app ed è presente in 53 Paesi.
Spesso ci sono state incomprensioni, discussioni, negoziati. Ma in nessun posto al mondo è accaduto quello che sta accadendo in Italia.
Ci sono stati episodi di violenza in diverse città , tra cui Milano a Torino.
Benedetta Arese è stata derisa, insultata e minacciata. Fino al lenzuolo appeso, nel giorno delle assemblee dei taxisti.
Non è una bravata: è una vergogna.
Le preoccupazioni dei taxisti sono comprensibili, le cautele delle amministrazioni ragionevoli, i desideri dei cittadini evidenti (avere trasporti privati efficienti).
Quello che è inaccettabile è aver portato lo scontro a questo punto.
Una città che si comporta così non può ospitare Expo2015.
Al massimo, una convention internazionale di teppisti.
In quel lenzuolo non c’è, infatti, solo diffamazione e prepotenza. C’è un modo di intendere le donne.
Se Benedetta fosse stata un manager americano, un Ben o uno Stan con i baffi hipster, i toni sarebbero stati diversi.
Intimidire una giovane italiana per scoraggiare un concorrente.
I taxisti di Milano — con cui viaggio quotidianamente, discuto e scherzo – devono intervenire. Tocca a loro fermare questa deriva. Dicano “Basta”.
Perchè se a Benedetta Arese succede qualcosa, non potranno cavarsela sussurrando “Le solite teste calde!”.
Nell’attesa, un’informazione personale. Non avevo, fino a ieri, un profilo Uber.
Oggi mi sono iscritto. Nei miei spostamenti per Milano sceglierò chi è più professionale, più efficiente, più civile.
Beppe Severgnini
(da “il Corriere della Sera”)
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