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“UNA TOSTA”: IL LIBRO CHE RITRAE IL VOLTO GENTILE DEL RENZISMO

DALLA TIMIDA SECCHIONA A FRONT-WOMAN IN TACCO 12

Da “Papa girl” timida e secchiona, “paffutella e un po’ goffa” frequentatrice della parrocchia di paese, perfetta per interpretare il ruolo della “Madonna” nel presepe vivente, a front-woman in tacco 12 del governo Renzi, vicepremier de facto, regina delle copertine, l’incarnazione femminile del potere renziano.
Dalla sua scrivania passano i dossier più scottanti dell’esecutivo, ha dato il nome alla riforma più controversa della legislatura sotto il governo Renzi, quella che modifica alcuni pilastri della Costituzione (in primis il bicameralismo perfetto).
E non solo: tutte le leggi sulle quali il premier si gioca la faccia sono sotto la sua supervisione, attraverso l’ufficio che guida e che monitora l’attuazione del programma di governo.
E’ lei che fa il punto delle riforme all’inizio di ogni Consiglio dei ministri.
E’ lei che prova a rimediare quando qualcuno del governo incappa in qualche pasticcio.
Il libro “Una tosta. Chi è e dove arriverà  Maria Elena Boschi”, scritto da Alberto Ferrarese e Silvia Ognibene ed edito da Giunti (128 pp.), è un ritratto del volto sorridente del renzismo: quel volto che raramente si incupisce davanti alle telecamere e che risponde agli attacchi politici sfoderando sorrisi senza cedere alla tentazione di reagire con violenza (politica) alla violenza (politica), come a volte succede al suo superiore. Anche se non le vengono risparmiate critiche, e in certi casi allusioni.
Dove arriverà  Maria Elena Boschi?, è la domanda che in tanti si pongono.
I maligni ipotizzano una sua corsa per Palazzo Chigi quando Matteo Renzi deciderà  di passare il testimone.
Due mandati, secondo le previsioni del premier, e poi chissà  forse toccherà  a lei. Ma per capire dove vuole arrivare “la Mari” è opportuno approfondire le origini del “fenomeno” Boschi.
Nata il 24 gennaio 1981 a Montevarchi in Valdarno, è cresciuta a Laterina, paese dell’aretino di 3500 anime.
E’ figlia d’arte: anche sua madre Stefania Agresti, scrivono Ferrarese e Ognibene, ha lavorato in politica, quella locale, ed è stata vicesindaco di Laterina.
“Stefania parla molto, interviene, è presenzialista. È orgogliosa della figlia, che ha realizzato il suo sogno di una carriera politica importante”.
Il padre invece ha lavorato prima come dirigente della Coldiretti provinciale ed è poi diventato vicepresidente della Banca Etruria, commissariata da Bankitalia perchè sull’orlo del crack.
Proprio il ruolo di suo padre è stata la causa di una accesa polemica politica, quando si registrarono presunte operazioni anomale in Borsa alla vigilia dell’annuncio della riforma delle banche popolari.
Polemiche che investirono suo fratello Emanuele, anche lui con un ruolo di rilievo nella banca, che successivamente lasciò per fare il commercialista e revisore dei conti presso lo studio Bl di Firenze.
Tornando alla “Mari”, da giovane ha frequentato la scuola della borghesia aretina, il liceo classico Francesca Petrarca, dove pare che tutti le volessero bene.
Lei era una studente irreprensibile, racconta il libro, “sempre preparatissima, il giorno della prova scritta di latino alla maturità , nel 2000, dimenticò il vocabolario e un compagno che abitava vicino a scuola corse a casa per procurargliene uno. Una “disavventura” che non le impedì di diplomarsi con 100/100”.
Di vita sociale, a quei tempi, quasi non si conserva traccia, anche se oggi la “leggenda” parla di una passione per la discoteca.
«All’epoca di vita di paese ne faceva poca» ricorda un’amica «e non usciva molto. Una volta al mese riuscivamo a portarla in discoteca, al Mirage o al Grace», i locali preferiti dai “fighetti” aretini.
La carriera del ministro procede spedita: si laurea in Giurisprudenza “sempre con il massimo dei voti, 110 e lode”, poi un master in Diritto societario.
“Forte di questo curriculum”, approda nel più importante studio di diritto societario di Firenze, quello di Umberto Tombari, dove all’epoca “lavorava il suo ex fidanzato”, oggi tesoriere del Pd, Francesco Bonifazi.
Tombari, avvocato civilista, professore ordinario di Diritto civile all’università , dal maggio 2014 è presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, lo “scrigno” della finanza fiorentina, che detiene il 3,2 per cento delle azioni di Intesa Sanpaolo.
Attuale vicepresidente dell’Acri, l’associazione delle Fondazioni bancarie, in passato è stato (nominato da Renzi) presidente della partecipata del Comune “Firenze mobilità ”, nel 2001 è stato membro della commissione ministeriale per la riforma del diritto societario voluta dall’allora ministro della Giustizia Michele Vietti ed è stato chiamato dal ministro Corrado Passera (governo Monti) a collaborare alla stesura del decreto “Sviluppo Italia”.
Il primo incontro con il renzismo non lascia alcun segno nella “Mari”.
Non c’è il colpo di fulmine con il futuro leader del Pd di Rignano: alle primarie per il sindaco di Firenze, Boschi e Bonifazi appoggiano il dalemiano Michele Ventura.
Non si spese molto, ammetterà , nella campagna elettorale che vide Ventura uscire sconfitto: “In verità  l’impegno fu molto limitato, perchè in quel periodo stavo studiando per l’esame da avvocato ed ero praticamente in clausura”. Eppure Renzi, diventato sindaco, la notò, “pare, per una dettagliata relazione sulla privatizzazione dell’Ataf, l’azienda fiorentina dei trasporti pubblici”.
Così venne nominata nel Cda di Publiacqua.
Boschi, che visitava i cantieri indossando scarpe tacco 12, venne subito bollata come la “quota panda”. (…) Per Maria Elena la strada è subito in salita. Diffidenza, invidia, gelosie, pregiudizi sessisti che i colleghi del Cda e gli interlocutori con cui era chiamata a confrontarsi manifestavano con frasi beffarde come: «Suvvia, non si possono mettere le cose serie in mano ai ragazzini!».
Pregiudizi che non fermeranno la sua ascesa. L’approccio alla politica, quella vera, avviene però alla terza edizione della Leopolda, nel 2011.
A Publiacqua Boschi si fa le ossa, fa esperienza da manager.
Non si affaccia alla politica fino al 2011. Alla terza edizione della Leopolda, prende la parola dal palco. Pantaloni verdi attillati, camicetta e tacchi alti, un po’ impacciata, nei cinque minuti a sua disposizione affronta un tema che conosce bene: «Se fossi presidente del Consiglio, cercherei di riformare la «giustizia civile», che è il vero problema della giustizia «e non certo il legittimo impedimento e le intercettazioni telefoniche che meritano una risposta ma non interessano tutti i cittadini».
Nel 2012 fa parte del “dream team” tutto al femminile che accompagna Matteo Renzi in camper per l’Italia nella sfida (che perderà ) contro Pierluigi Bersani alle primarie, insieme a Sara Biagiotti e Simona Bonafè.
E sarà  l’organizzatrice della Leopolda che precede la scalata di Renzi al partito, prima della competizione con Gianni Cuperlo e Pippo Civati.
Qui si lascerà  alle spalle il suo passato da secchiona timida e devota, in virtù del tacco 12 leopardato che sfoggia sul palco della stazione fiorentina.
Prepara l’evento a puntino, passa da una telecamera all’altra, ribatte colpo su colpo agli attacchi degli avversari, dal palco fa la co-dj insieme a Renzi… e stupisce con i suoi abiti: giacca rosa shocking e jeans, ma anche tacco 12 leopardato che le vale il soprannome di “giaguara” della sinistra.
Uno dei segni con cui la si comincia a identificare: sulle scarpe come sui suoi frequenti sorrisi, siti come Dagospia ci sguazzano. La liceale goffa di Laterina è definitivamente archiviata.
Infine diventa ministro per le Riforme e i Rapporti con il Parlamento.
Un ruolo fino a ieri considerato di serie B, ma che con la “Mari” assume una posizione di primo piano, vista anche l’agenda del Governo che è già  intervenuto sulla legge elettorale e sta portando avanti la riforma costituzionale.
Da ministro si ritaglia il suo ruolo da front-woman con lo stile che oramai tutti le riconoscono (tranne in pochi casi, come quando si lasciò andare alle critiche nei confronti dei “professoroni” che mettevano in dubbio la bontà  delle sue riforme):
Boschi è pacata nella mimica e nell’eloquio, esprime gli stessi concetti del premier ma con un linguaggio più orientato al dialogo («Siamo disposti al confronto, ascoltiamo tutti, però poi decidiamo»).
Da lei è raro sentire battute fulminanti (la più riuscita è stata: «Giudicatemi per le riforme, non per le forme», rivolta a chi parlava solo della sua bellezza). Piuttosto, ci si aspetta una pacata determinazione.
Vederla sbottare in pubblico è un fatto più unico che raro, ma anche negli incontri riservati si dice mantenga sempre la calma. Dunque Renzi e Boschi si completano a vicenda e a vicenda si rafforzano, hanno ruoli diversi ma del tutto complementari.
Il suo look è diventato oggetto delle più accese diatribe politiche, perchè la politica è prima di tutto immagine politica.
Così si va dal “tubino nero corto e scarpe fucsia per l’incontro in ambasciata” al “tailleur ghiaccio e tacchi rossi per gli appuntamenti più istituzionali”.
Non solo scarpe e vestiti, anche i capelli della Boschi sono oggetto di venerazione.
A proposito, pare che i capelli di Boschi siano scolpiti nel marmo di Carrara: chi la segue da vicino giura che non porta mai il pettine nella borsetta e non se li aggiusta durante le trasferte in auto da un posto all’altro.
Eppure all’ennesimo appuntamento serale, magari a un’afosa festa dell’Unità , appare perfettamente truccata e pettinata come quando esce di casa al mattino.
Il ritratto del volto femminile del renzismo è fatto di sorrisi e riforme, che caricano di attese e di aspettative il futuro dell’attuale ministro Boschi. La celebrazione della stella più luminosa del firmamento renziano è servita.
Maria Elena Boschi, invece, ha una tempra incrollabile. Sorriso gentile e carattere di ferro.
Chi pensava al fiorellino messo lì per decorare il governo, alla “quota panda”, si è dovuto ricredere: la neoministra esercita la sua carica con piglio marziale, recitando senza battere ciglio le formule istituzionali davanti al Senato e alla Camera, senza fare una piega neppure davanti agli insulti personali e diretti.
Carattere volitivo e attitudine al comando.
Insomma, una tosta.

(da “Huffingtonpost”)

This entry was posted on sabato, Novembre 7th, 2015 at 20:26 and is filed under Libri. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed. You can leave a response, or trackback from your own site.

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