VERTICE NATO, IL SEGRETARIO MARK RUTTE AVVERTE CHE L’OBIETTIVO DEL 5% DEL PIL IN SPESE MILITARI NON È TRATTABILE: “I POLITICI DEVONO TROVARE I SOLDI, SONO CERTO CHE CI ARRIVEREMO. DATE LE MINACCE DEI RUSSI, NON C’È ALTERNATIVA”
L’EX PREMIER OLANDESE, COME IL CANCELLIERE TEDESCO FRIEDRICH MERZ, ORMAI È COMPLETAMENTE APPECORONATO A DONALD TRUMP (LA SUA POLTRONA DIPENDE DA WASHINGTON).,. IL GROSSO PROBLEMA DI GIORGIA MELONI: TROVARE I MARGINI DI BILANCIO PER FINANZIARE L’AUMENTO DELLE SPESE MILITARI IMPOSTO DALL’AMICO DONALD
«L’Europa pagherà il suo contributo in modo consistente, come è giusto che sia, e sarà una tua vittoria. Non è stato facile, ma siamo riusciti a far sì che tutti si impegnino a raggiungere il 5%». Nel messaggio privato che il segretario generale della Nato Mark Rutte ha inviato a Donald Trump, e che il presidente americano ha immediatamente reso pubblico, sono racchiusi almeno tre elementi che ben descrivono il senso del vertice dell’Alleanza atlantica, iniziato formalmente ieri sera all’Aja nel momento in cui il capo della Casa Bianca ha fatto il suo ingresso nel Palazzo Reale verso le 20.30.
Un vertice che darà il “la” a uno storico piano di riarmo basato su due presupposti: la Russia è una minaccia per l’Europa e la protezione sin qui fornita dagli Stati Uniti non è più garantita, tanto che Trump ha fatto capire di voler mettere in discussione l’articolo 5 della Nato, quello che prevede la reciproca difesa in caso di attacco.
Al netto delle ironie circolate in ambienti diplomatici sull’atteggiamento «totalmente sdraiato» di Rutte nei confronti di Trump, il primo elemento-chiave nel suo messaggio è che l’Europa «pagherà il suo contributo come è giusto che sia»: detto da un leader europeo suona come un’ammissione del fatto che il Vecchio Continente ha sin qui goduto di un servizio di sicurezza senza versare la giusta quota.
Il secondo è che lo farà in modo «consistente» (Rutte ha usato la formula “BIG”, in maiuscolo), impegnandosi a portare le spese per la Difesa e la Sicurezza al 5% del Pil nel giro dei prossimi dieci anni.
Il terzo aspetto è che «non è stato facile» farlo digerire a tutti: le resistenze si sono fatte sentire fino all’ultimo minuto e hanno costretto Rutte a giocare la partita negoziale ai tempi supplementari
Teoricamente resta il nodo della Spagna, con il premier Pedro Sanchez che ha cercato – e in qualche modo ottenuto – lo scontro mediatico prima con Rutte e poi con lo stesso Trump, utilissimo ai fini interni.
«C’è un problema con la Spagna che non è d’accordo, il che è molto ingiusto nei confronti degli altri alleati» ha avvertito il presidente Usa mentre attraversava l’Atlantico a bordo dell’Air Force One. È vero che il testo del comunicato conclusivo non è ancora chiuso al 100%, ma ieri sera l’ottimismo tra le delegazioni era palpabile.
Innanzitutto, perché il compromesso trovato con gli altri alleati contiene già una serie di flessibilità e di scappatoie che rendono più dolce la pillola del 5%. Non si tratta di un target netto: “solo” il 3,5% delle spese dovrà essere destinato alla Difesa in senso stretto, mentre il restante 1,5% servirà per finanziare quegli investimenti che hanno un impatto sulla sicurezza, lasciando ampi margini per la loro definizione.
Inoltre, è stata rivista la data finale: alcuni Paesi premevano per fissare la scadenza al 2030, Rutte aveva proposto il 2032, ma alla fine si è deciso di stabilire il 2035. Non solo: è stata inserita una clausola che prevede una revisione dell’obiettivo nel 2029, vale a dire quando Trump non sarà più alla Casa Bianca.
Ma i contorni dell’accordo non sono stati ritenuti sufficienti da Sanchez, che ha chiesto a Rutte una lettera di chiarimenti. Il testo è un formidabile esercizio di creatività diplomatica da parte del segretario generale della Nato: contiene il giusto livello di ambiguità che serve al premier spagnolo per dire ai suoi elettori che Madrid potrà raggiungere gli obiettivi in termini di capacità
pur senza arrivare al 5%, anche se in realtà questa è solo un’interpretazione, perché Rutte non lo ha scritto, ma ha soltanto parlato di «flessibilità» in merito al «percorso» e alle «risorse annuali».
La situazione stava sfuggendo di mano quando altri Paesi, come la Slovacchia e il Belgio, hanno iniziato a chiedere anche loro deroghe. Ma Rutte ha subito fermato tutti spiegando che non sono previste «esenzioni».
Friedrich Merz ha assicurato che «non lo stiamo facendo per compiacere Trump, ma perché agiamo sulla base delle nostre convinzioni» e per difendersi dalla Russia. Berlino raggiungerà il 5% già entro il 2029 e a margine del vertice Nato ha incassato i complimenti dell’ambasciatore americano Matthew Whitaner, che ha definito la Germania «motore del riarmo», capace di dare una spinta agli altri Paesi europei come «Francia, Regno Unito e Italia».
Ma per il governo Meloni ora si tratta di affrontare un’altra partita, quella per trovare i margini di bilancio, che si giocherà tra Roma e Bruxelles.
(da agenzie)
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