VIGILI DI ROMA: 700 SU 5.800 SONO INABILI AL SERVIZIO IN STRADA
IL 12% HA PRESENTATO UN CERTIFICATO DI INIDONEITA’… NIENTE REGOLAMENTAZIONE DEL TRAFFICO, SOLO LAVORO D’UFFICIO
Non solo i netturbini di Palermo, il personale sanitario della Calabria, gli operai del Comune di Como o gli infermieri di Pescara.
Nell’Italia degli imboscati ci sono anche i vigili urbani di Roma.
Sono 700 su 5.800 gli uomini e le donne della polizia Locale che hanno presentato al comando un regolare certificato di “inabilità “. Pari al 12%. Uno ogni sette.
Tutto personale spostato dalle strade della capitale perennemente ingolfate di traffico, agli uffici e nei settori amministrativi.
Perchè con il “via” del medico, non sono ritenuti idonei a svolgere il servizio di pattuglia, ai posti di blocco o agli incroci.
Risultato? Strade sguarnite di agenti e uffici per la compilazione di moduli e certificazioni al completo.
Anche in questo caso, non c’è nessuna anomalia: le norme prevedono la dichiarazione di inabilità e quindi il trasferimento di mansione.
Ma il fenomeno solleva più di un interrogativo, anche se per i sindacati di settore è tutto regolare.
“L’età media del corpo della polizia Municipale è di 53 anni” spiega Stefano Giannini del Sulpl “per questo molti certificati sono richiesti per ernie del disco e malattie cardio-circolatorie. I controlli medici sono disposti dallo stesso Comune e solo attraverso il personale competente. Non c’è possibilità nè di eluderli nè di alterarli in alcun modo. Rispetto alla media nazionale il numero è comunque contenuto”.
In effetti Roma, tra le altre grandi città italiane, non è in cima alla classifica dei pizzardoni dichiarati inabili al servizio in strada.
Ma una spiegazione c’è: il Campidoglio non accorda straordinari agli agenti in servizio negli uffici. Vengono riconosciuti solo al personale di pattuglia: in pratica, senza paletta e fischietto, lo stipendio resta quello base.
Eppure il dato capitolino resta significativo. Soprattutto guardando indietro a un passato neanche troppo lontano, alla notte di Capodanno del 2014.
Quel giorno, presentando certificati medici più o meno veritieri e inviando giustificazioni last minute all’amministrazione capitolina, l’83,5 per cento dei caschi bianchi si autocongedò dal servizio: 767 vigili si diedero malati. Ne erano previsti 900 quella notte. Così la macchina dei festeggiamenti allestita dal Campidoglio andò in tillt: i caschi bianchi avrebbero dovuto sorvegliare i Fori Imperiali, cinturare la maxi-arena del concertone al Circo Massimo e gestire il traffico della notte più congestionata dell’anno. Nulla di tutto ciò.
Il caso dei pizzardoni fantasma sollevò una feroce polemica. E poi arrivò l’inchiesta: secondo le carte, il 97% di quei certificati erano regolari.
Così vennero rintracciati pure i 22 medici che firmarono quei permessi. Tutti rinviati a giudizio e accusati di aver compilato certificati irregolari, consentendo ai caschi bianchi di saltare il turno di lavoro a San Silvestro.
L’inchiesta è ancora aperta ma, a oggi, soltanto un vigile urbano è finito a processo con le accuse di falso e di violazione dell’articolo 55 della legge Brunetta: per non prestare servizio la notte di San Silvestro aveva deciso di donare il sangue.
Tutti regolari invece risultano quelli rilasciati per l’inabilità a Roma nel 2016: “Non c’è da scandalizzarsi – conclude Giannini – il numero delle richieste anzi è destinato a crescere perchè, senza un nuovo organico, non ci sarà ricambio. Noi chiediamo sempre controlli maggiori. Perchè c’è sempre il rischio che qualcuno possa approfittarne”
(da “La Repubblica”)
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