Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
VILLA DUE PALME, COMPRATA IN PIENA EMERGENZA IMMIGRAZIONE OLTRE UN ANNO FA, E’ RIMASTA ABBANDONATA… FORSE A OTTOBRE QUALCOSA SI MUOVERA’
Ruderi di un miliardario.
Quel che resta di uno spot pagato due milioni di euro e abbandonato al suo destino. Resta il cancello in legno, roso dalla salsedine del mare che quasi lo lambisce dalla spiaggia a pochi metri.
Restano le pareti bianche della villa, scrostate dall’umidità di un anno e oltre trascorso senza cure e manutenzione.
Restano quei lunghi rami crollati proprio sull’uscio di ingresso dalle due palme alte che affiancano e che danno il nome alla villa.
A vederla così, dalla spiaggia di Cala Francese, Villa Due Palme oggi appare scenografia plastica di un potere ormai tramontato.
Ma forse è solo una suggestione.
Comprata 14 mesi fa da Silvio Berlusconi 2 tra annunci e grandi promesse per il futuro dell’isola (“Sono diventato lampedusano”), in questa estate 2012 gli unici ad avvicinarsi alla costruzione sono i tanti turisti che dalla spiaggia scattano foto e si chiedono se sia davvero possibile che il Cavaliere abbia abbandonato cosi una sua residenza.
Tanto decadente lo scenario, che un mese fa uno dei legali dell’ex premier, circondato da una squadra di geometri, ingegneri e tecnici, si è presentato in via Roma, al neo sindaco Giusi Nicolini, con tutti i documenti in regola: “Dal primo ottobre il Dottore vorrebbe rimettere in sesto la villa”.
Ma da queste parti ormai la novità¡ non suscita più emozioni.
Il “Dottore” non è più a Palazzo Chigi.
Ma soprattutto, da quel comizio in piazza e il sopralluogo a Cala Francese del 30 marzo, il leader Pdl non si è fatto mai più vedere.
“Abbiamo tanti di quei problemi seri da affrontare, da pensare ad altro – taglia corto la Nicolini, primo cittadino da maggio, leader ambientalista locale – Quella sortita di un anno fa credo sia servita a Berlusconi per esigenze politiche legate al momento. E poi questa isola è un po’ selvaggia, non so se sia tagliata per vip e leader politici. Spero almeno che questi lavori, con tutti gli operai impegnati, portino almeno un po’ di turismo invernale”, racconta ironica il sindaco.
La casa – che leggenda vuole sia stata segnalata al capo dall’agrigentino Angelino Alfano – cambierà¡ volto: sarà messa in sicurezza la strada dissestata e fatti i lavori all’edificio malmesso.
Ma sarà¡ davvero la volta buona?
“Sono diventato lampedusano anch’io, mi sono collegato a Internet, ho cercato una villa e l’ho comprata” proclama quel giorno di primavera del 2011 Berlusconi.
Piena emergenza immigrazione. I residenti in rivolta contro il governo che li ha abbandonati in balia delle migliaia di immigrati che sbarcano ogni giorno, il centro di prima accoglienza ormai esploso.
Gli applausi scrosciano alle parole del Cavaliere.
E lui: “Se i lampedusani saranno insoddisfatti potranno riversare su questa casa il loro scontento. La potranno imbrattare, sono autorizzati”.
I lampedusani quella casa l’hanno semplicemente ignorata.
Non fosse altro perchè il proprietario non si è fatto mai più vedere. Nemmeno dopo che a fine giugno 2011 il rogito, travagliato per ragioni burocratiche, è stato finalmente sottoscritto. È costata “sotto i due milioni di euro”, spiegava in quei giorni vago Alfredo Gennaro D’Agata, titolare dell’agenzia immobiliare Vulcano Consulting incaricata della vendita.
Che avrebbe fatto lievitare, secondo stime molto approssimative, a quota 29 il numero delle residenze del Cav.
Va detto che la costruzione ha uno scarso imprinting berlusconiano. La pista dell’aeroporto ad appena cento metri distanza, la spiaggetta pubblica giusto davanti il cancello, il bar-gazebo per noleggio ombrelloni a 20 metri.
Con chiosco “Salsiccia e cipolle” annesso. “Mai visto nessuno dentro – racconta il signor Franco al bar là accanto – Viene giusto il giardiniere, è lo stesso che c’era coi precedenti proprietari”.
Nessuna invasione di nuovi turisti dopo quello spot e zero milioni per l’isola.
Ma quell’unico posto di lavoro almeno.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
I MINATORI: “RESTIAMO QUA SOTTO A OLTRANZA, SE PROPRIO DOBBIAMO MORIRE, DECIDEREMO NOI COME”
La porta dell’inferno sembra quella di una galera, sbarre, buio e silenzio. 
Un cartello indica “materiale esplosivo”: dentro ci sono 350 chili di plastico, “quantitativo che, per capirci, credo possa combinare un disastro come quello di Capaci”.
Forse esagera il minatore che ci porta davanti alla stanza dei candelotti, estrema arma — giurano i suoi colleghi che assieme a lui occupano la miniera di carbone di Nuraxi Figus — per convincere il governo a non uccidere le loro speranze, a non seppellire le loro esistenze tirandoli fuori, per sempre, dalla miniera.
E cancellando, come Enel comanda, con un colpo di penna, il lavoro di 460 persone, con mogli, mariti, figli, famiglie, vite da sfamare.
Nel labirint
Non chiede il lusso chi lavora vicino alla porta dell’inferno, ogni giorno scende dentro una gabbia che in cinque minuti porta a più di 400 metri sotto terra (il pozzo più profondo a quasi 500): accesso a un labirinto di gallerie, lungo oltre 70 chilometri, in alcuni punti a 40 gradi di temperatura, che si spinge fin sotto al mare.
Da due notti i minatori della Carbosulcis, azienda controllata dalla Regione Sardegna, la stanno occupando la loro miniera, trenta alla volta per turni da otto ore, con il dito puntato sul grilletto dell’esplosivo.
E non scherzano: “Siamo pronti a tutto”, ripete Francesco Garau della Cgil. Stefano Meletti, rsu della Uil, spiega perchè: “Stanno cercando di uccidere definitivamente il Sulcis, noi e l’Alcoa siamo solo le due punte dell’iceberg. Ma se proprio dovremo morire , decideremo noi come e in quale condizione”.
L’unico parlamentare che si è degnato di indossare le scarpe antinfortunistiche e venire qua sotto è Mauro Pili. Popolo delle libertà .
Raccontano che è uno sempre in trincea, faceva il segretario di sezione per i postcomunisti del Pds, poi fu folgorato, come tanti, sulla via di Arcore e subito Forza Italia, quindi Pdl appunto.
Dicono anche che Silvio Berlusconi lo abbia amato molto, tanto da volerlo alla Camera, ma che al momento decisivo gli abbia preferito Stefano Cappellacci, attuale governatore sardo.
Qua sotto si vede solo Pili, la sinistra ha perso un’altra occasione, almeno ieri.
E lui cavalca la protesta: “Il nostro nemico giurato si chiama Enel, serve un decreto immediato, che Enel ostacola. Se perdiamo la miniera quello che non si potrà più assicurare qui è l’ordine pubblico. La situazione potrebbe diventare pericolosa, molto pericolosa”.
Massimo, Luigi e gli altri
E ancora: “Può succedere di tutto”, ripete anche lui.
Quella frase riecheggia nelle gallerie buie, in pasto ai giornalisti che sono scesi giù. Chi sono questi volti segnati da anni di polvere e fango in faccia per otto ore al giorno?
Giampiero e Luigi, 53 anni, i più “anziani” del gruppo. Sono qui dal 1982.
Il primo ha due figli: “Il ragazzo ha 26 anni e lavora in un supermercato. La mia bambina ne ha 20 ed è al primo anno di Scienze politiche. Studia a Cagliari. Sarei dovuto andare in pensione adesso. Ma ho scelto di lavorare altri quattro anni, perchè ora prendo 1.700 euro, con la pensione non riuscirei ad andare oltre i 1.300. Chi la paga poi l’università a mia figlia? Così mi ritrovo alla quarta occupazione della mia vita”.
La prima fu nell 1984, poi di nuovo nel ’93 e nel ’95 la più lunga: “Cento giorni che ci hanno permesso di campare fino ad oggi”, sospira Luigi.
Massimo, invece, ha 54 anni, di cui 25 spesi otto ore ogni giorno in queste gallerie, a fare il mestiere più difficile: “Quando ‘tagli’ con la macchina, l’operazione di estrazione del carbone, si alza tanta di quella polvere, quando non fango… Ora io e te siamo a mezzo metro di distanza, bè non ti vedrei. A volte per otto ore lavori non vedendo nulla. Anche io ho due figli, guadagno 1.500 euro e pago un mutuo di 700. Pensa cosa mi rimane. La più grande è all’ultimo anno di superiori. Vorrebbe andare a studiare a Cagliari, ma non so — si commuove — se potrò permetterglielo e me ne vergogno”.
Giancarlo, 52 anni, ha già il verdetto della sua esistenza: “Ho fallito. Non vale la pena vivere così. Ti costringono pure a fare la guerra per mantenere questo schifo di vita. Ho un figlio di 26 anni, tanti quanti quelli passati da me qua sotto. Lo scorso anno avrei potuto fargli fare domanda per lavorare qui. Ma non ho voluto. Ora voglio solo arrivare alla pensione e portare mio figlio in Liguria, magari lì troverà lavoro: è sempre stato disoccupato. Ma adesso neppure alla pensione mi vogliono fare arrivare”.
Alessandro è giovane, sposato da poco, lavora qui da cinque anni: “Pago un mutuo di 600 euro al mese. Ne guadagno 1400. Ho studiato. Sono perito minerario. Ma faccio l’operaio, questa era l’offerta. A 32 anni un figlio non posso permettermelo. Posso fare anche l’operaio, immerso in polvere e fango tutto il giorno, ma questo non è proprio giusto. Hanno deciso che possono cancellare il tuo futuro e non contenti poi ti schiacciano anche all’occorrenza, ma non ci faremo schiacciare da nessuno”.
La Carbosulcis a regime potrebbe estrarre, cifra che dovrebbe garantirne l’esistenza, un milione di tonnellate di carbone l’anno.
Oggi si ferma a 300 mila, comprate dall’Enel.
Il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti ha sentenziato che il progetto che salverebbe la miniera, con la costruzione di una centrale a emissioni zero, è troppo costoso, che graverebbe eccessivamente sul Cip6, la legge che finanzia le energie rinnovabili. “Undici miliardi di euro l’anno che vengono buttati nella truffa di Stato dell’eolico”, dicono i sindacati. E l’Enel punta su Porto Tolle, Veneto. Qui a Gonnesa il sole non batte più.
Numeri, Enel e futuro
Oggi c’è il Consiglio straordinario in Regione per parlare di Alcoa e Carbosulcis.
Ma l’incontro decisivo è venerdì a Roma. Senza il decreto immediato il fuoco potrebbe arrivare da sottoterra.
Ma sono davvero determinati fino ad arrivare a tanto questi minatori del Sulcis?
Fino ad aprire la porta dell’inferno (e non per i soli 20 chili di esplosivo usati in genere quando si trovano pareti troppo dure da “tagliare”)?
“Noi sappiamo che qua dentro, ogni giorno di lavoro, c’è un livello di pericolo talmente alto… Sopra la nostra testa ci sono altri livelli di gallerie, poi il mare. S’immagini. I minatori non vanno sfidati”.
Altrimenti, quella porta, sono pronti a oltrepassarla.
Giampiero Calap�
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
I “BRAVI CITTADINI”, TANTO CARI ALL’UDC LIMONCINI, AUTORI DI “UN’AZIONE VILE E SPREGEVOLE, INDICE DI ESTREMA PERICOLOSITA’ SOCIALE”
«Un’azione vile e spregevole, indice di una estrema pericolosità sociale». Ci va giù pesante, il giudice delle indagini preliminari Fabrizio Garofalo, e la motivazione dell’arresto degli autori del pestaggio di Cicagna è dura quanto i colpi che i tre avrebbero inferto ad Aabboudi Yassine, giovane marocchino «massacrato» perchè ritenuto responsabile di una serie di furti in paese.
Severa, netta, particolareggiata, la motivazione argomenta in sette pagine ciò che sarebbe successo nove sere fa in Val Fontanabuona, e sembra già lasciare poche speranze alle istanze di modifica della misura che i legali dei tre presenteranno presto al tribunale del Riesame. L’ordinanza racconta nei particolari ciò che, secondo il racconto del nordafricano, ritenuto dal giudice «chiaro, lucido e coerente», e le «contraddittorie» versioni dei tre, sarebbe successo quella sera: Mauro Trucco, Ivo Nolentini e Paolo Suma, con tempi e modalità diverse, lo avrebbero cercato, inseguito, picchiato.
Quindi, lasciato lì, esposto al concreto pericolo di morire.
Il gip, ricostruiti i fatti in base alle testimonianze e alle indagini, conclude duro: «Si tratta di violenza bruta, gratuita, non estemporanea, ma premeditata, posta in essere nei confronti di un cittadino extracomunitario, che vive ai margini della società , in base a pregiudizi presumibilmente legati anche a motivi di odio razziale».
E questi avrebbero portato i tre indagati per tentato omicidio in concorso, «in mancanza di prove concrete, a ritenere la vittima responsabile di furti verificatisi in zona e a considerarlo non come un essere umano, ma come feccia, un ostacolo a una tranquilla vita di paese, una persona senza diritti nè tutele nei cui confronti si sentivano in diritto di compiere qualsiasi tito di azione»: costringerlo ad andarsene, prosegue il giudice, o addirittura «ucciderlo».
Renzo Sanna
(da “Il Secolo XIX”)
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Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
E’ ANTONIO RAPPOCCIO, ELETTO NELLA LISTA DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE SCOPELLITI… L’ACCUSA E’ DI ASSOCIAZIONE A DELINQUERE, CORRUZIONE ELETTORALE AGGRAVATA, TRUFFA E PECULATO… AVEVA COSTITUITO UNA COOPERATIVA FITTIZIA
Prometteva posti di lavoro – poi rivelatisi anche falsi – in cambio di voti per essere
eletto.
E’ stato arrestato il consigliere regionale Antonio Rappoccio, in Consiglio regionale nella Lista del presidente Scopelliti.
L’accusa è associazione per delinquere, corruzione elettorale aggravata, truffa e peculato.
Rappoccio avrebbe promosso e ideato un meccanismo fraudolento per essere eletto in occasione del rinnovo del Consiglio regionale del 2010, nonchè per tentare di fare eleggere, al Consiglio comunale di Reggio Calabria, Elisa Campolo, che poi non ce l’ha fatta.
Il politico, in concorso con altri, con la costituzione della società “Sud Energia” e l’invio di lettere con le quali si comunicava falsamente l’imminente assunzione a tempo indeterminato, avrebbe indotto in errore un gran numero di elettori cui veniva promesso un posto di lavoro, in cambio del voto a Elisa Campolo.
L’accusa di truffa, per la Procura Generale, deriva dalla circostanza che Rappoccio, insieme agli altri indagati, avrebbe indotto circa 850 persone a iscriversi, versando 15 euro, alla cooperativa Alicante e a partecipare, dietro il pagamento di 20 euro, a un concorso “superando il quale – a dire secondo l’accusa del Rappoccio e degli indagati – avrebbero avuto concrete possibilità di lavoro”.
Viene contestato anche il reato di peculato perchè le telefonate effettuate per contattare coloro cui veniva prospettato un posto di lavoro sono state effettuate dagli apparecchi telefonici del palazzo comunale di Reggio Calabria, presso la sede del gruppo Pri.
(da “La Repubblica“)
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Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
INCREDIBILE SCELTA DI FLI: ALLEATI DEL FIGLIOCCIO DI DELL’UTRI, DA SEMPRE PILOTATO DA BERLUSCONI NELLA SUA RICONVERSIONE AUTONOMISTA, ACCUSATO DI FARSI PORTARE COCAINA IN PARLAMENTO
Il comunicato ufficiale di Carmelo Briguglio, coordinatore siciliano di Fli
“Gianfranco Miccichè è la persona che con la sua candidatura può interpretare l’area politica e il blocco sociale che si è formato in Sicilia per un progetto comune tra Fli che è forza nazionale e innovativa e i partiti autonomisti e meridionalisti, in particolare Partito dei Siciliani, Grande Sud, ma anche le altre forze del Nuovo Polo della Sicilia. Convocherò di qui a poco il coordinamento regionale del partito perchè si esprima collegialmente e sono certo in modo positivo sulla mia proposta di candidare Gianfranco Miccichè a Palazzo Orleans, dopo il rifluire della candidatura di Musumeci nell’alveo stretto del Pdl”.
Ricordiamo cosa scrivevano i media di Miccichè il 9 agosto 2002
DROGA AL MINISTERO, I VERBALI: “COCAINA CONSEGNATA A MICCICHE’…I CARABINIERI: “NELLE INTERCETTAZIONI SI PARLA DEL VICEMINISTRO”
Poche righe scritte con lo stile burocratico delle carte giudiziarie per dire che la persona alla quale Alessandro Martello aveva consegnato la cocaina al ministero delle Finanze dovrebbe essere il viceministro Gianfranco Miccichè. Lo testimoniano anche le intercettazioni telefoniche.
I carabinieri non hanno dubbi: quel giorno nel palazzo di via XX settembre il collaboratore nella campagna elettorale siciliana di Forza Italia, il “conoscente” (come lo ha sempre e solo definito Miccichè), l’uomo che entrava e usciva senza che nessuno lo fermasse stava portando droga al viceministro.
Ecco le parole dell’informativa consegnata alla procura della Repubblica di Roma: “Circa l’individuazione della persona alla quale Alessandro Martello ha consegnato la cocaina, l’attività informativa posta in essere ha permesso di ipotizzare che questi possa identificarsi verosimilmente in Gianfranco Miccichè, nato il primo aprile del 1954, sottosegretario di Stato all’Economia e finanze. Comunque anche questa volta la consegna è avvenuta all’interno di un edificio e quindi si è stati impossibilitati ad assistere alla cessione”.
Un’ipotesi che secondo gli investigatori sarebbe suffragata da un’intercettazione di un colloquio telefonico tra Luca Antinori e Massimo Galletti, due delle persone arrestate, che “è intercorso subito dopo che quest’ultimo ha consegnato la droga, che Antinori ha poi portato direttamente a Martello”.
Nella conversazione riportata Antinori, facendo riferimento alla consegna fa un riferimento al “viceministro”.
Miccichè, in un’intervista al Tg2, si è difeso attaccando: “Sicuramente all’interno di qualche organo di polizia c’è qualche persona deviata che sta puntando a ottenere risultati diversi da quelli che il suo contratto d’onore con l’Arma gli aveva fatto prendere”.
Nella deposizione spontanea resa di fronte ai magistrati da Miccichè “non c’è stato assolutamente alcun riferimento” all’informativa, precisa lo stesso viceministro.
“La procura, nell’ordinanza di custodia che aveva fatto per le persone implicate non aveva fatto praticamente riferimenti precisi proprio perchè non li riteneva verosimili. Il comportamento della procura -osserva – mi sembra molto corretto”.
Eppure i verbali dei carabinieri raccontano un’altra storia: “La conferma dell’avvenuta vendita di un congruo quantitativo di cocaina (verosimilmente 20 grammi), con il successivo passaggio alla “personalità “, si ha alle ore 22 e 27, dello stesso giorno quando Antinori cerca di contattare Martello che è però irreperibile”.
Antinori cerca Martello per avere notizie sulla riscossione dei soldi della vendita.
Una ricerca spasmodica che è dimostrata anche dal messaggio che Luca Antinori lascia sulla segreteria telefonica di Martello: “Alessà hai superato i limiti. Te li porto a casa e lui te sfonna il c… a te e agli amici tua!!!”
I carabinieri spiegano: “Antinori è evidentemente preoccupato del fatto che, a sua volta, dovrà procedere in tempi ristretti al pagamento della partita di cocaina verso i suoi fornitori, che non ammettono evidentemente ritardi”.
E in un altro messaggio, lasciato sempre sulla segreteria telefonica di Martello, sollecita: “Bisogna dare i soldi a quello che è incazzato!”.
Il giorno successivo, i carabinieri annotano: “Molto probabilmente il pagamento da parte di Martello, nelle mani di Antinori, è avvenuto il giorno dopo…in un bar sito in piazza Campo dè Fiori…”
Nel corso di un’altra conversazione intercettata tra Antinori e Martello del 12 aprile si torna a parlare del “capo” del giovane palermitano. Miccichè ha sempre ribadito che non ci sono rapporti professionali tra lui e Martello. Quest’ultimo risponde: “Non lo so perchè e partito, sta a Palermo (la città di Miccichè ndr), infatti i soldi li ho dovuti mettere io”.
I carabinieri commentano: “Si chiarisce, in tale dialogo, che la droga era destinata al ‘capo’ di Alessandro Martello. Si percepisce altresì che tale superiore in quei giorni si trova a Palermo e che il denaro è stato anticipato, per lui, dallo stesso Martello”.
E ancora: “Il fatto che il giorno 10 aprile 2002 Martello è stato visto entrare all’interno del ministero dell’Economia e delle Finanze senza essere in alcun modo fermato per l’identificazione da parte del personale di servizio preposto, fa dedurre che in quel luogo questi è conosciuto”.
(da “La Repubblica“)
COCAINA AL MINISTERO: C’E’ UNA SUPERTESTIMONE
C’è una supertestimone, una dipendente del ministero dell’Economia che la sera del 10 aprile scorso vide entrare ed uscire dal palazzo di via XX Settembre Alessandro Martello, il “collaboratore” del viceministro Gianfranco Miccichè arrestato – insieme ad altre dieci persone – nell’ambito di un’inchiesta su un traffico di cocaina.
Una supertestimone che quella sera, tra le 20,25 e le 20,50, si trovava proprio nell’anticamera del viceministro Miccichè, dove vengono “filtrate” e fatte attendere le persone che debbono parlare con “il capo”.
Una supertestimone che è andata via dal suo ufficio soltanto dopo l’uscita di Martello (ripreso davanti al palazzo del ministero dalle telecamere dei carabinieri del nucleo di polizia giudiziaria di Roma) e poi del viceministro, poco dopo le 21.
Lei, la supertestimone, è sempre l’ultima a lasciare quell’ufficio, mai prima di Miccichè, il quale il giorno dopo quel 10 aprile volò a Palermo per partecipare all’inaugurazione, da parte di Silvio Berlusconi, di un convegno sull’e-government.
La supertestimone che ha visto tutto è stata già interrogata, due volte (dai carabinieri e da ufficiali della Guardia di Finanza) e forse sarà ascoltata per la terza volta.
Che cosa ha riferito di aver visto e sentito la supertestimone? “Ha fornito elementi importanti per l’accusa – dice un investigatore – soprattutto per quanto riguarda il ruolo del ‘collaboratore’ del vice ministro Miccichè, Alessandro Martello”.
Ha visto entrare Martello nell’ufficio del viceministro Miccichè? “No comment” è la risposta all’indiscrezione secondo la quale la supertestimone avrebbe precisato nel secondo interrogatorio alcuni aspetti della deposizione iniziale. Ed è per questo che la donna sarà sentita ancora per chiarire una volta per tutte il dubbio dei carabinieri romani che indagano sulla vicenda e che sono convinti che Martello introdusse al ministero dell’Economia 20 grammi di cocaina “di buona qualità ” pagata quasi il doppio rispetto al prezzo di mercato.
Una somma che, come si evince dalle conversazioni telefoniche tra Martello e Luca Antinori (anche lui arrestato) intercettate dai militari del nucleo di pg di Roma, sarebbe stata anticipata dal “collaboratore” del viceministro.
Com’è noto, Miccichè ha sempre negato di avere incontrato quella sera il suo “collaboratore” (“l’ho conosciuto a Palermo ed era un ‘volontario’ che faceva la campagna elettorale per Forza Italia” aveva dichiarato subito il viceministro subito dopo che era esploso il caso).
Ai magistrati, quando nei giorni scorsi ha reso spontanee dichiarazioni, il viceministro ha aggiunto di non avere mai avuto a che fare con la cocaina.
13 agosto 2002 (da “La Repubblica”)
MICCICHE’ : “MAI FATTO USO DI COCAINA”… MA IN QUESTURA C’ERA GIA’ UN FASCICOLO DOVE LUI STESSO AMMETTEVA DI ESSERE UN CONSUMATORE DI COCA
Negli archivi della sezione antidroga della squadra mobile di Palermo è intestato a lui un fascicolo che risale a quattordici anni fa. Il fascicolo porta il nome di Giovanni (detto Gianfranco) Miccichè, nato a Palermo il primo aprile del 1954.
E porta la data dell’11 gennaio 1988, quando l’attuale viceministro aveva 34 anni ed era già uno dei rampanti di Publitalia.
Quel giorno, nell’ambito di un’inchiesta su un traffico e spaccio di cocaina a Palermo, Gianfranco Miccichè venne fermato ed interrogato perchè sospettato di far parte del gruppo degli spacciatori.
Si difese così: “Non sono uno spacciatore ma solo un assuntore di cocaina”. Il consumo personale di droga non è un reato ma comunque il verbale del suo interrogatorio, firmato dal capo della squadra mobile dell’epoca, fu consegnato alla Procura della Repubblica di Palermo, nelle mani dell’ex pm ed attuale senatore della Margherita Giuseppe Ayala. “Non mi ricordo bene di questa vicenda di tanti anni fa – dice adesso Ayala – forse se ne occupò qualche altro mio collega”.
Il 14 aprile del 1988 la squadra mobile arrestò gli spacciatori accusati di aver fornito la cocaina a Miccichè e a alcuni attori della compagnia teatrale di Massimo Ranieri, in quel periodo in tournè a Palermo con la commedia “Rinaldo in campo”.
Gli investigatori diedero credito alla versione di Miccichè e la sua posizione venne archiviata ma il suo nome, in quanto “assuntore di cocaina”, fu segnalato alla Prefettura di Palermo.
Un precedente che Miccichè potrebbe essere costretto a spiegare alla Procura di Roma per evitare di essere indagato per false dichiarazioni al pm. Ai magistrati, che lo hanno ascoltato come testimone nelle scorse settimane, avrebbe detto di non aver mai fatto uso di sostanze stupefacenti.
2 settembre 2002
(da “La Repubblica”)
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Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
MARONI CONVOCA GLI STATI GENERALI DEL CARROCCIO NEL LUOGO CHE PORTO’ SFIGA A VELTRONI… PARTECIPERANNO I “POTERI FORTI”, DA PASSERA A SQUINZI
Accantonate corna e ampolle, la Lega Nord prova ad indossare il vestito buono e per
fine settembre organizza il primo “meeting” in salsa padana, spostando il proprio baricentro dalle piazze ai salotti.
Cancellata la tradizionale adunata di Venezia, la Lega di Maroni propone per la prima volta gli “Stati generali del Nord”, che verranno ospitati al Lingotto di Torino il 28 e 29 settembre.
Una manifestazione che lo stesso Maroni ha definito “l’appuntamento più importante, dopo i congressi, che la Lega ha organizzato in questi ultimi anni”.
Negli intenti del segretario leghista quella del Lingotto vuole essere un momento di incontro tra il Carroccio e i poteri forti, rappresentanti del mondo industriale, politico, istituzionale e, perchè no, sindacale.
Un momento di confronto per riscrivere e condividere l’agenda del partito. Un modo, forse, per renderla più digeribile al pubblico degli scettici.
Così all’appuntamento di Torino pare che abbiano già confermato la loro partecipazione sia il ministro Corrado Passera sia il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, ma l’elenco degli ospiti è destinato a crescere ancora, arricchendosi di nomi altisonanti.
Una sorta di meeting di Rimini, offerto a una platea fino ad oggi poco abituata al dibattito col “mondo esterno”.
Per dirla con le parole di Maroni, gli stati generali del Nord saranno “una due giorni aperta al contributo di imprenditori, di gente che vuole venire a discutere con noi questi temi, della questione settentrionale. Dobbiamo uscire e usciremo dopo questa due giorni con il nuovo manifesto del nord. Quali sono le questioni, quali sono le soluzioni, quali sono le proposte che la Lega fa”.
Roberto Maroni e i suoi sono convinti che sulla base di quello che uscirà dall’appuntamento torinese la Lega potrà valutare eventuali alleanze e accordi politici con altri partiti.
Una campagna d’autunno che comincerà dialogando sui massimi sistemi, ma che nell’idea del segretario del Carroccio continuerà con altre iniziative, tutte mirate a fare breccia nei cuori del Nord.
Se queste aperture verso l’esterno piacciono ai maroniani, è anche vero che incontrano lo scetticismo della vecchia guardia bossiana.
Sono molti i capitani leghisti che non vedono di buon occhio gli impegni nei salotti, soprattutto quando il dialogo con i “professori” dell’odiato governo Monti va a scapito delle storiche adunate.
La decisione di cancellare il raduno di Venezia, con il rito dell’ampolla e tutta la retorica annessa a favore del più elegante meeting torinese, ha sollevato un certo malumore interno (come era successo per l’annullamento del raduno di Pontida).
Così il segretario Maroni è dovuto correre ai ripari, annunciando che la “Festa dei popoli padani” (quella che dal 1996 veniva appunto ospitata a Venezia), verrà comunque celebrata la prima settimana di ottobre.
Non più in laguna, ma genericamente in Veneto.
Sul nuovo evento del calendario leghista introdotto da Roberto Maroni, qualcuno, come l’europarlamentare Francesco Speroni, si è limitato a sospendere il giudizio, in attesa di conoscere il programma dettagliato, senza far trasparire entusiasmi nè critiche.
Altri si sono prestati ad un’analisi più approfondita, entrando nel vivo della questione. È il caso del consigliere regionale veneto Sandro Sandri: “Siamo in una situazione nuova per il partito, eravamo stati abituati ad altri tipi di kermesse. Non è facile prevedere cosa succederà , dipende se il tutto verrà gestito come si deve”.
Per Sandri il progetto di Maroni è quello di costruire una forza che diventi un punto di aggregazione per gli euroscettici: “Penso che ci tenga in maniera particolare all’euroregione per quanto io la veda difficile da attuare auguro a Maroni di riuscire a instillare questo progetto nell’immaginario dei leghisti con la stessa forza con cui Bossi è riuscito a farli appassionare alla Padania”.
Nessuno critica apertamente l’idea degli Stati generali del nord, ma chiaramente nella Lega di oggi si sente in maniera prepotente l’impeto delle correnti: “C’è stato un congresso nel quale ha vinto una parte, chi ha perso oggi rappresenta una minoranza cospicua, in particolare in Veneto — spiega ancora Sandri -. Se un partito vuole trasformarsi, e per trasformarsi ha invocato la democrazia, credo che sia difficile pensare che la nuova dirigenza persegua gli stessi metodi “leninisti” del passato. Forse si sta sbagliando strada”.
E poi continua: “Ci si dovrebbe rendere conto che all’interno della Lega possono esserci visioni diverse, se una parte la si annulla si incappa in un grave errore strategico, perchè si rischia di dover rinunciare a forze importanti”.
Insomma, passino anche le chiacchierate al lingotto di Torino, ma per resistere alle pressioni interne Maroni è caldamente invitato a non dimenticare cosa è stata la Lega fino ad oggi.
Alessandro Madron
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
PACCHETTO SANITA’: L’ASSISTENZA DI BASE DOVRA’ ESSERE GARANTITA 24 ORE SU 24
Cambierà la vita professionale di molti medici il decreto sulla sanità che il ministro Renato Balduzzi si appresta a portare in Consiglio già questa settimana.
Cambia il lavoro dei dipendenti ospedalieri con attività intra-muraria, la libera professione svolta in ambito aziendale in strutture esterne, la cosiddetta «allargata». Più controlli e trasparenza.
Cambia l’organizzazione dei medici di famiglia chiamati ad aggregarsi in associazioni per garantire un’assistenza 24 ore su 24 sul territorio in modo da decongestionare i pronto soccorso.
Viene inoltre disegnato un nuovo sistema di nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie non più scelti dal presidente della Regione ma dalla Giunta.
Anche i concorsi per primariati vengono congegnati in maniera da renderli meno permeabili alle infiltrazioni della politica.
REGIONI
C’è un filo conduttore comune in queste iniziative all’apparenza disomogenee e di diversa natura.
Nella bozza del provvedimento si parla tra l’altro di contrasto al tabacco, al gioco d’azzardo e al consumo di bevande gassate e dolci da attuare quest’ultimo attraverso l’introduzione di una tassa per i produttori.
Secondo Balduzzi «trasparenza, efficienza, regole certe e liberalizzazione di risorse fanno crescere il Paese».
Le Regioni però sono guardinghe. Luca Zaia, governatore del Veneto, è negativo: «Non condivido il decreto in molti punti. Ce lo hanno mostrato solo tre giorni fa. Sarei più drastico sullo strumento dell’intramoenia. Bisogna combattere il sospetto dei cittadini convinti che se paghi vieni curato tempestivamente altrimenti fai la lista d’attesa. Un equivoco da chiarire».
TARIFFE –
I pagamenti ai medici che svolgono attività intramuraria fuori dall’ospedale in assenza di spazi dedicati diventano tracciabili: carte di credito, bancomat, bonifici, assegni, no al contante.
Le prestazioni hanno tariffe minima e massima.
Previsto un prelievo del 5% da investire nella riduzione dei tempi d’attesa. In mancanza di spazi ospedalieri la Asl può prendere in affitto altre strutture o mettere a disposizione ambulatori esterni.
Se si tratta di studi privati devono essere collegati alla rete aziendale. In questo caso il medico dipendente in rapporto di esclusiva col servizio sanitario (il 95% hanno compiuto questa scelta) non può lavorare dove siano presenti medici non dipendenti. Per avere l’autorizzazione, su base annuale, dovrà garantire un fatturato pari o superiore a 12 mila euro.
INTRAMOENIA
I direttori generali che entro marzo 2015 saranno stati inadempienti nel rispetto delle scadenze rischieranno la riduzione del 20% dello stipendio.
All’intramoenia è dedicato l’intero articolo 2 con una regolamentazione che fa uscire questa attività dall’ombra (delle cliniche private).
La ricognizione delle Asl sull’esistente deve avvenire entro dicembre 2012 anche sui fatturati dei professionisti. «In linea di principio sono d’accordo, la tracciabilità ha un valore.
Il decreto corregge il sistema ma non la contraddizione. Il cittadino penserà sempre che chi paga è trattato meglio», rileva Giovanni Monchiero presidente di Fiaso, la federazione dei direttori di Asl e aziende sanitarie. «L’intramoenia svolta nella casa di vetro pubblica è un vantaggio per noi e i cittadini.
MEDICI DI BASE
Il pericolo è che nelle Regioni finora inadempienti sia istituzionalizzata la libera professione nello studio privato», commenta Massimo Cozza, segretario di Cgil medici Funzione Pubblica.
I medici di famiglia accolgono con favore la riforma della medicina territoriale, «aperta» 24 ore su 24 sette giorni a settimana.
«La sanità si avvicina al cittadino – spiega Giacomo Milillo, segretario della Fimmg, la federazione dei medici di base -. Pensiamo ad aggregazioni di 15-20 colleghi compresi quelli di guardia medica. Ognuno di noi sarà in grado di occuparsi di un paziente non suo grazie alla cartella clinica elettronica».
Margherita De Bac
(da “il Corriere della Sera“)
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Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
DOPO-LOMBARDO VERSO LE ELEZIONI: DEBITI, VELENI E DISOCCUPAZIONE, PARTE LA CORSA ALLA POLTRONA PIU’ SCOMODA D’ITALIA
Il laboratorio della politica italiana al quale, per pigrizia e convenzione, di solito si eleva la Sicilia questa volta non c’è.
La Trinacria specchio deformato dell’Italia non è più un paragone tanto azzeccato.
Tranne per il fatto che le casse dell’isola sono ancora più desolate e disastrate: niente soldi e debito alle stelle, una disoccupazione giovanile (e non) da fa paura, società pubbliche che non pagano i lavoratori, rifiuti che marciscono al sole perchè gli Ato sono falliti, male amministrati e zeppi di raccomandati, la raccolta differenziata è da terzo mondo, liste d’attesa negli ospedali sono lunghe chilometri…
L’elenco è infinito e non basterebbe questa pagina, per non parlare di qualche problemino di criminalità organizzata.
A parte questi non trascurabili dati di fatto, scordatevi il laboratorio politico della politica italiana.
Siamo di fronte ad alleanze finte, ad una campagna elettorale scombiccherata, con risultati incerti, dove i politici che si sputacchiavano fino a ieri ora si baciano in pubblico ma continuano a sputacchiarsi in privato.
È soprattutto il caso del centrodestra che si nasconde dietro Nello Musumeci, un galantuomo di destra (anzi della Destra di Francesco Storace), ex presidente della provincia di Catania mai sfiorato da sospetti malavitosi e magagne affaristici, grande oratore appassionato di vecchia scuola missina, che alle europee ha sempre raccolto decine di migliaia di voti.
Nello, che sfoggia un curatissimo pizzo risorgimentale, non vuole essere un pupo in mano a pupari.
E guai a ricordargli che lui rischia di essere una foglia di fico.
«La mia storia è lì a dimostrare che io sono un uomo indipendente, l’unico vero elemento di rottura. La mia candidatura non è stata decisa a Roma nè tantomeno a Palazzo Grazioli».
Già , perchè alla fine il Pdl e Angelino Alfano, a corto di candidati competitivi in un’isola che è stato il granaio elettorale di Berlusconi, ha dovuto accodarsi ad una scelta che nasce dalla mossa del cavallo fatta da Gianfranco Miccichè (Grande Sud) e da Raffaele Lombardo, governatore uscente dalle mille vite.
Uomo politico navigato, Musumeci minimizza il fatto che vadano insieme persone che fino a ieri si azzannavano.
Il coordinatore regionale del Pdl Giuseppe Castiglione, aveva definito Miccichè un «ascaro, anzi un acaro mangia polvere».
Per non parlare delle peste e corna che i berlusconiani, estromessi dalla giunta regionale e sostituiti da un pezzo del Pd, hanno detto di Lombardo.
L’onesto Musumeci non dice che dovrà prima chiudere i conti con i partiti che già chiedono di sapere come verranno distribuite le poltrone.
Almeno è quello che denuncia Costanza Castello, coordinatrice dei Club di Grande Sud , puntando il dito contro il Pdl e Alfano che vuole garanzie per Francesco Cascio, l’attuale presidente dell’Assemblea regionale siciliano.
«Non mercanteggio – sospira Musumeci – se lo scordano di condizionarmi. Sono senza macchie: io non ho mai fatto parte dei governi regionali, non mai fatto l’assessore. Poi se vogliamo trovare politici e partiti che non litigano allora vadano su Marte».
L’altra diversità rispetto alla politica «italiana» e romana è che l’Udc in Sicilia sostiene la candidatura di un omosessuale dichiarato, l’ex sindaco di Gela Rosario Crocetta, proveniente dalle fila del Prc e dei Comunisti di Diliberto.
Crocetta non si capacita che a crocifiggerlo per i suoi gusti sessuali e la sua promessa di astenersi dal sesso se eletto alla presidenza della Regione, siano soprattutto «i giornali del Nord».
«Attacchi omofobici, che tra l’altro non mi vengono fatti nè dalla stampa locale nè dai siciliani, su alcune battute fatte per ridere. Io vivo la mia sfera privata con discrezione. Parliamo invece di quello che voglio fare alla Regione: una rivoluzione per dimostrare all’Europa, a Monti e a gli italiani che la Sicilia non sarà una palla al piede. Risanerò la finanza regionale. La mia amministrazione sarà improntata al massimo del rigore senza fare macelleria sociale».
Il suo avversario a sinistra, che potrebbe fargli perdere quei voti necessari a battere il centrodestra, cioè Claudio Fava che avrà l’appoggio dell’Idv, sostiene non potrà fare nulla di buono con l’Udc accanto e quel pezzo di Pd che ha governato insieme a Cuffaro.
Il candidato di Sel, un partito che a Roma marcia a fianco del Pd, dice che il problema non è il segretario regionale dell’Udc Giampiero D’Alia («persona degna») ma «il corpo di quel partito legato alle esperienze di Cuffaro e Lombardo, che ha distrutto la Sicilia con le spese clientelari e improduttiva. Crocetta predica la rivoluzione ma pratica il silenzio sul passato».
Poi l’affondo: «Crocetta spieghi anche perchè ha l’appoggio dell’editore della Sicilia Mario Ciancio. Ha dato rassicurazioni su certi affari?».
Crocetta bolla questa come «mentalità stalinista».
«Io non ho nulla a che fare con Ciancio e il mondo degli affari. Ho rischiato la vita contro la mafia. La sinistra dura e pura è stata sempre la causa delle nostre sconfitte. E allora se Fava la mette su questo piano dica quanti soldi ha preso da Mediaset scrivendo sceneggiature».
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa“)
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Agosto 28th, 2012 Riccardo Fucile
NEL NUOVO CALCOLO DEI REDDITI ISEE PESERANNO IMU E INDENNITA’ SOCIALI
L’Isee cambia. 
Dopo ben 14 anni dalla sua ideazione, l’Indicatore della situazione economica equivalente si trasforma.
Nel calcolo di reddito e patrimonio, nei controlli per scovare chi bara, nelle nuove franchigie.
Con l’obiettivo di razionalizzare la spesa sociale, togliendo i vantaggi a chi non ne ha bisogno. E restituire allo strumento il suo scopo: fotografare le condizioni reali delle famiglie e aiutare quelle più in difficoltà .
Con le nuove norme, però, il valore dell’Isee 2013, in media, salirà .
Ma il rischio di tagliare fuori migliaia di persone dalle agevolazioni sociali – assicurano dal ministero del Welfare – sarà scongiurato da appositi meccanismi di equità .
Nel 2010, ultimi dati disponibili, sono state presentate 7,4 milioni di dichiarazioni Isee (il 45% in tre sole Regioni: Campania, Sicilia, Puglia), corrispondenti a 18,5 milioni di italiani, il 30% dell’intera popolazione.
Numeri importanti e in crescita.
IMU, beni all’estero, i Btp con un tetto allo “spread”, i premi di produttività .
Ma anche bonus, detrazioni, sconti.
Il nuovo Isee dell’era Monti, introdotto con il Salva-Italia e ora pronto per l’esame parlamentare, rivoluziona il modo di fotografare la situazione economica delle famiglie, perchè sia più vero e verificabile.
Se da una parte, dunque, si introducono nuove componenti nel calcolo, dall’altro nasce anche un Isee “solidale” per chi perde il lavoro.
Accanto a misure specifiche per i disabili.
IL CALCOLO ATTUALE
L’Isee è l’unico indicatore in grado di misurare la ricchezza (o povertà ) delle famiglie italiane. E consentire a chi è sotto una determinata soglia di chiedere prestazioni e servizi, sociali e assistenziali, agevolati, erogati da Stato, Comuni, Regioni, università o altri enti. Come assegni, sconti, aiuti per asili nido, mense, libri, tasse universitarie, borse di studio, assistenza a domicilio, bollette di luce e gas.
L’Isee si ottiene sommando i redditi di tutti i componenti della famiglia al 20% del loro patrimonio e dividendo quanto ottenuto per i parametri di equivalenza (esemplificativi del numero di figli, della presenza o meno di disabilità o altri disagi).
COSA CAMBIA NEL REDDITO
Nella parte reddituale del calcolo, per la prima volta ai redditi Irpef si sommeranno anche i redditi esenti, le entrate tassate in altro modo.
Come la cedolare sugli affitti, i premi di produttività . Ma anche l’indennità di accompagnamento, scelta che ha fatto discutere.
Non anche la social card e i voucher, come sembrava in un primo tempo.
Un reddito così lievitato sarà però compensato da alcune detrazioni (quasi tutte con un limite massimo).
Si sottraggono gli assegni al coniuge e ai figli, le spese per i disabili, il 20% del reddito da lavoro dipendente o della pensione.
E poi anche una quota degli affitti e una franchigia sull’abitazione di proprietà .
Gli interessi maturati sugli investimenti finanziari avranno un tetto: finora erano parametrati al rendimento del Btp a 10 anni, ma senza alcun vincolo. Impossibile ora, visti gli “spread”, costantemente al rialzo.
COSA CAMBIA NEL PATRIMONIO
La prima casa, dove si abita, sarà rivalutata ai fini Imu. E quindi entrerà nei calcoli patrimoniali con il 60% in più. Un vera mazzata.
Benchè il nuovo Isee considererà solo il 75% di questo valore immobiliare rivalutato, a cui sottrarre l’eventuale mutuo residuo, ancora da pagare.
Al mattone si aggiungerà poi anche il patrimonio estero e quello mobiliare, come ora: titoli di Stato, conti corrente, partecipazioni societari. Una franchigia, anche qui, attenuerà il “colpo”.
L’ISEE “SOLIDALE”
Chi ha perso il lavoro e vuole presentare l’Isee per usufruire di servizi agevolati può chiedere a Caf, Inps, sportello Comunale, un Isee “corrente”.
Ovvero che si tenga conto nel calcolo, non delle condizioni di reddito certificate (e dunque risalenti a due anni prima), ma dei dati attuali relativi, ad esempio, alla cassa integrazione.
Per i disabili, l’Isee diventa “intelligente” e distinguerà tra disabilità media, grave e non autosufficienza.
Negli ultimi due casi, si potranno dedurre buona parte delle spese.
Valentina Conte
(da “la Repubblica“)
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