“VILI E RAZZISTI”: IL GIP COSI’ DEFINISCE I TRE DELINQUENTI CHE HANNO MASSACRATO UN MAROCCHINO A CICAGNA
I “BRAVI CITTADINI”, TANTO CARI ALL’UDC LIMONCINI, AUTORI DI “UN’AZIONE VILE E SPREGEVOLE, INDICE DI ESTREMA PERICOLOSITA’ SOCIALE”
«Un’azione vile e spregevole, indice di una estrema pericolosità sociale». Ci va giù pesante, il giudice delle indagini preliminari Fabrizio Garofalo, e la motivazione dell’arresto degli autori del pestaggio di Cicagna è dura quanto i colpi che i tre avrebbero inferto ad Aabboudi Yassine, giovane marocchino «massacrato» perchè ritenuto responsabile di una serie di furti in paese.
Severa, netta, particolareggiata, la motivazione argomenta in sette pagine ciò che sarebbe successo nove sere fa in Val Fontanabuona, e sembra già lasciare poche speranze alle istanze di modifica della misura che i legali dei tre presenteranno presto al tribunale del Riesame. L’ordinanza racconta nei particolari ciò che, secondo il racconto del nordafricano, ritenuto dal giudice «chiaro, lucido e coerente», e le «contraddittorie» versioni dei tre, sarebbe successo quella sera: Mauro Trucco, Ivo Nolentini e Paolo Suma, con tempi e modalità diverse, lo avrebbero cercato, inseguito, picchiato.
Quindi, lasciato lì, esposto al concreto pericolo di morire.
Il gip, ricostruiti i fatti in base alle testimonianze e alle indagini, conclude duro: «Si tratta di violenza bruta, gratuita, non estemporanea, ma premeditata, posta in essere nei confronti di un cittadino extracomunitario, che vive ai margini della società , in base a pregiudizi presumibilmente legati anche a motivi di odio razziale».
E questi avrebbero portato i tre indagati per tentato omicidio in concorso, «in mancanza di prove concrete, a ritenere la vittima responsabile di furti verificatisi in zona e a considerarlo non come un essere umano, ma come feccia, un ostacolo a una tranquilla vita di paese, una persona senza diritti nè tutele nei cui confronti si sentivano in diritto di compiere qualsiasi tito di azione»: costringerlo ad andarsene, prosegue il giudice, o addirittura «ucciderlo».
Renzo Sanna
(da “Il Secolo XIX”)
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