Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
MESSORA E’ NOTO ANCHE PER AVER SOSTENUTO CHE L’AIDS NON E’ CONTAGIOSO: UN PERSONAGGIO AFFIDABILE… MA GRILLO NON NON AVEVA GIURATO NIENTE CONDANNATI E INDAGATI?
Claudio Messora, nominato tra i coordinatori per le comunicazioni esterne del Movimento 5 stelle, sarebbe indagato dalla procura della Repubblica di Monza per ricettazione, violazione, sottrazione, e rivelazione del contenuto di corrispondenza.
Lo rivela il quotidiano online LaVoce, secondo cui il blogger è indagato, insieme con un altro giornalista, nell’ambito di un procedimento penale nei confronti di hacker legati al M5s.
Sembra che sia imminente l’apertura di un fascicolo a carico di una cinquantina di attivisti grillini per minacce.
Il giornalista e’ il nuovo “consulente della comunicazione” per i senatori e i deputati del partito di Grillo, insieme al bergamasco Daniele Martinelli, collaboratore del Fatto Quotidiano e di Gianroberto Casaleggio.
Claudio Messora qualche tempo fa, attarverso il suo blog, aveva definito l’Aids “una grande balla”, sostenendo addirittura che l’HIV non fosse contagioso.
Una tesi antiscentifica e antistorica che va contro oltre trent’anni di studi e di ricerche e che induce ad abbassare la guardia.
In un momento in cui i contagi non accennano a diminuire, soprattutto fra i più giovani, chi entra nelle istituzioni dovrebbe assumersi le proprie responsabilità davanti al paese: non si può mettere a rischio il già complicato lavoro di informazione e di prevenzione che le associazioni portano avanti, spesso da sole, su tutto il territorio nazionale.
Secondo Grillo sono questi i personaggi che dovrebbero rappresentare i gruppi parlamentari e rappresentare il nuovo che avanza?
Il bluff comincia a sgonfiarsi.
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Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
PARLAMENTO NUOVO, VIZI VECCHI: L’ESERCITO DEGLI IMPRESENTABILI TRA INDAGATI, SOTTO PROCESSO E CONDANNATI… SONO 49 I SENATORI E DEPUTATI CON GUAI CON LA GIUSTIZIA… IL PRIMATO SPETTA AL PDL, MA GLI ALTRI NON SCHERZANO
I partiti avevano promesso liste immacolate, invece hanno escluso solo qualche imputato
eccellente, riportando nelle Camere inquisiti anche per mafia, corruzione e così via.
Il record è del Pdl (30), seguito a ruota dal Pd (8), dalla Lega (7) e dall’Udc (2).
Tre condannati definitivi (Salvatore Sciascia del Pdl, Umberto Bossi e Matteo Bragantini della Lega).
Sono 30 tra inquisiti e indagati: il Pdl si riconferma primo partito tra quelli che hanno eletto candidati impresentabili, nonostante abbia basato la campagna elettorale sulle liste pulite.
Ma non è l’unico: seguono otto senatori e deputati del Partito democratico che hanno guai con la giustizia, sette della Lega Nord, due dell’Udc e uno a testa per Sel e Lista Monti.
Il nuovo Parlamento vanta in totale 49 onorevoli impresentabili.
Ecco chi sono:
PDL
Ignazio Abrignan
Camera Indagato per dissipazione post-fallimentare.
Antonio Angelucci
Camera. Editore di Libero, imputato per associazione a delinquere, truffa e falso. Ha assistito al pestaggio del nipote minorenne da parte di suo figlio, Salvatore Angelucci, senza intervenire.
Deborah Bergamini
Camera. Interruzione di pubblico servizio con richiesta di archiviazione.
Silvio Berlusconi
Senato. Due amnistie, sette prescrizioni. In due processi, il fatto non è più reato per le leggi ad personam . Condannato in primo grado a 4 anni per frode fiscale (diritti tv Mediaset) e a un anno per rivelazione di segreto (processo Fassino-Consorte). Imputato per concussione e prostituzione minorile (caso Ruby). Indagato per corruzione (caso De Gregorio) .
Antonio Caridi
Senato. Condannato a 6 mesi in primo grado per omissione di atti d’ufficio.
Luigi Cesaro
Camera. Indagato per associazione camorristica. Fu autista e avvocato del padrino Raffaele Cutolo
Riccardo Conti
Senato. Indagato per truff
Antonio D’Alì
Senato. Imputato per concorso esterno in associazione mafiosa.
Domenico De Siano
Senato. Indagato per associazione a delinquere, peculato, abuso e truffa.
Fabrizio Di Stefano
Camera. Rinviato a giudizio per corruzione.
Claudio Fazzone
Senato. Imputato per abuso d’ufficio.
Raffaele Fitto
Camera. Imputato per corruzione, peculato, finanziamento illecito ai partiti, abuso d’ufficio.
Roberto Formigoni
Senato. Indagato per corruzione e finanziamento illecito.
Altero Matteoli
Senato. Imputato per favoreggiamento (processo annullato per l’immunità ).
Antonino Minardo
Senato. Condannato in appello a 8 mesi per abuso d’ufficio.
Massimo Parisi
Camera. Indagato (assieme a Verdini) per truffa aggravata allo Stato.
Mauro Pili
Camera. Indagato per peculato.
Francesco Saverio Romano
Camera. Corruzione aggravata mafiosa con richiesta di archiviazione.
Giuseppe Romele
Camera. Indagato per false dichiarazioni ai pm in un’inchiesta su finanziamento illecito ai partiti.
Paolo Romani
Senato. Indagato per peculato e istigazione alla corruzione.
Paolo Russo
Camera. Indagato per violazione della legge elettorale
Daniela Santanchè
Camera. Indagata per turbamento e interruzione di funzione religiosa.
Elvira Savino. Camera. Indagata per concorso in riciclaggio.
Antonio Fabio Scavone. Senato. Rinviato a giudizio per abuso d’ufficio e truffa. Condannato dalla Corte dei Conti per danno erariale.
Renato Schifani
Senato. Indagato per concorso esterno alla mafia, con richiesta di archiviazione.
Salvatore Sciascia
Senato. Condannato definitivo a due anni per corruzione alla Guardia di Finanza.
Domenico Scilipoti
Senato. Casa pignorata dalla Cassazione per non aver pagato la parcella a un ingegnere.
Giancarlo Serafini
Senato. Patteggiamento per corruzione.
Paolo Tancredi
Camera. Rinviato a giudizio per corruzione.
Denis Verdini
Senato. Indagato per bancarotta fraudolenta e associazione per delinquere (Credito cooperativo fiorentino), concorso in corruzione (appalti G8), truffa allo Stato (da editore del Giornale di Toscana), associazione per delinquere
(P3). Rinviato a giudizio assieme a Marcello Dell’Utri per bancarotta e truffa.
LEGA NORD
Umberto Bossi
Camera. Condannato in via definitiva a 8 mesi di reclusione per 200 milioni di finanziamento illecito dalla maxi-tangente Enimont; condannato in via definitiva per istigazione a delinquere e per oltraggio alla bandiera; indagato per truffa allo Stato per i soldi al figlio Renzo.
Matteo Bragantini
Camera. Condannato definitivamente a due mesi per propaganda di idee razziste e violazione della legge Mancino contro la discriminazione.
Roberto Calderoli
Senato. Prescrizione per resistenza a pubblico ufficiale; salvato da immunità per attentato alla Costituzione e all’unità dello Stato e per truffa.
Davide Carlo Caparini
Camera. Prescrizione per resistenza a pubblico ufficiale.
Jonny Crosio
Senato. Rinviato a giudizio per turbativa d’asta, concussione, corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio. .
Gianluca Pini
Camera. Indagato per millantato credito, appropriazione indebita e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Giulio Tremonti
Senato. Indagato per finanziamento illecito.
PD
Bruno Astorr
Senato. Indagato per abuso d’ufficio.
Rosaria Capacchione
Senato. Imputata per calunnia.
Umberto Del Basso De Caro
Camera. Indagato per abuso d’ufficio.
Francantonio Genovese
Camera. Indagato per abuso d’ufficio.
Nicodemo Oliverio
Camera. Imputato per bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale aggravata.
Massimo Paolucci
Camera. Condannato assieme a Bassolino e Russo Iervolino dalla Corte dei conti per danno erariale per lo scandalo rifiuti.
Andrea Rigoni
Camera. Condannato in primo grado a 8 mesi e poi prescritto in appello per lavori abusivi nella sua villa.
Walter Tocci
Senato. Condanna dalla Corte dei conti per danno erariale.
SEL
Nichi Vendola
Camera. Imputato per abuso d’ufficio, peculato, falso e ancora per abuso d’ufficio (assolto in primo grado, la procura ha fatto appello).
LISTA MONTI
Linda Lanzillotta
Senato. Condannata della Corte dei conti (anche in Cassazione) per danno erariale.
UDC
Lorenzo Cesa
Camera. condannato in primo grado a 3 anni e 3 mesi per corruzione aggravata. Reato prescritto.
Giovanni Pistorio
Camera. Condannato dalla Corte dei conti per danno erariale.
Beatrice Borromeo e Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
L’AGENZIA DI COMUNICAZIONE ARTPLAN LO HA USATO PER LA PUBBLICITA’ AL PRODOTTO BISALAX … LO STESSO CLAIM ASSOCIATO ANCHE A BUSH E A KIM JONG-IL
Una campagna per lassativi con un testimonial d’eccezione: Silvio Berlusconi.
A tutto il Cavaliere poteva pensare di essere associato, ma certamente questo abbinamento avrà sopreso anche lui.
A lanciarla è stata l’agenzia di comunicazione Artplan che l’ha studiata per il prodotto Bisalax della Unià£o Quàmica, azienda farmaceutica brasiliana, e l’ha accompagnata al claim “Don’t let it overstay” (“Non lasciate che rimanga oltre”).
Uno slogan che gioca sulla permanenza al potere del Cavaliere: venti anni per i brasiliani forse sono un po’ troppi e l’unica corsa per “liberarsene” potrebbe essere un lassativo preso nelle giuste dosi.
In questa campagna pubblicitaria Berlusconi è però in buona compagnia.
Infatti insieme a lui sono stati infatti utilizzati anche l’ex presidente americano George W. Bush e il ‘Caro leader’ Kim-Jong Il.
Accomunati tutti da una lunga durata nelle leve di comando della politica internazionale.
Non ci è ancora dato sapere se le vendite del prodotto farmaceutico, dopo questo lancio promozionale, abbiano subito un’impennata o meno.
Certamente, se commercializzato anche in Italia, potrebbe avere un insperato successo.
(da “Non leggere questo blog”)
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Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
SUL VOTO ANTICIPATO PESANO LA CRISI DI CIPRO, I SONDAGGI E IL REBUS DEL QUIRINALE
Bersani corre verso l’incarico di governo, che Napolitano difficilmente gli potrà negare dopo la
doppia vittoria Pd sulla presidenza delle Camere.
Il suo leit-motiv resta sempre lo stesso: serve un governo, anche di minoranza, sostenuto dai grillini; in alternativa, nuove elezioni immediate.
Sulla possibilità di coinvolgere i Cinque Stelle, qualcosa si capirà già domattina, quando sul Colle si presenterà la delegazione M5S.
Per quanto riguarda le eventuali nuove elezioni, viceversa, Bersani sa di dover superare tre ostacoli grandi così.
Il primo ostacolo si chiama crisi, Europa, mercati. Tanto più alla luce di quanto accade dalle parti di Cipro.
Fino ad ora la speculazione internazionale ci ha dato tregua, così come la Merkel e gli altri partner Ue, sul presupposto che le nostre istituzioni meritino rispetto, per fare il nuovo governo dobbiamo poterci prenderci il tempo necessario.
Ma l’atteggiamento di questi signori cambierebbe il giorno in cui apprendessero che l’Italia torna alle urne senza la minima garanzia (causa Porcellum) che il nuovo voto possa superare l’impasse al Senato.
Un clima di tregenda finanziario andrebbe messo, prudentemente, nel conto prima di ipotizzare scenari elettorali.
L’ostacolo numero due, in grado di rendere poco credibile la pistola puntata di Bersani, sono i sondaggi.
Lasciano il tempo che trovano, è vero; anzi spesso vengono smentiti.
Tuttavia i politici continuano a commissionarli perchè non è stato ancora inventato niente di meglio. Ebbene: al momento non sembra che le rilevazioni promettano grandi colpi di scena.
Di sicuro, nessun sondaggio vede un’alleanza Pd-Sel in grado di riuscire là dove ha fallito neppure un mese fa. Semmai, il contrario.
Viene dunque da chiedersi se davvero Bersani insisterebbe per elezioni, casomai tra dieci giorni scoprisse di non avere la vittoria in tasca.
Terzo e ultimo inciampo, per la strategia del segretario Pd. Per non essere costretto a sostenere qualche governo di tregua «contaminato» dal Pdl, Bersani dove ottenere le elezioni subito, cioè prima dell’estate.
Entro giugno, perchè a luglio molti (beati loro) saranno già partiti per i monti e per il mare. Ma per ottenere le urne l’ultima o la penultima domenica di giugno, occorre la fattiva collaborazione del nuovo Presidente, quello che sarà eletto dopo Napolitano.
La sua elezione è in calendario dal 15 aprile.
Strategico, per Bersani, è che si tratti dunque di un Capo dello Stato eventualmente disposto a sciogliere le Camere.
Ma non gli sarà facile portarlo a casa.
La scelta verrà fatta a scrutinio segreto; e si può già scommettere che molti grandi elettori, specie quelli entrati in Parlamento grazie ai premi e premietti di maggioranza, prima di votare il nuovo Presidente si faranno due conti.
Privilegiando un candidato al Quirinale che si orienti, casomai, a proseguire la legislatura per un ulteriore tratto di strada.
Piaccia o meno, così va la politica, a ogni latitudine.
Ugo Magri
(da “La Stampa“)
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Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO STUDIA LA LISTA DEI MINISTRI, SACCOMANNI ALL’ECONOMIA
È anche il passaggio chiave che lo divide dal presidente della Repubblica.
Perchè appare ormai chiaro: dalle consultazioni che cominciano oggi, non uscirà una maggioranza certificata al Senato.
Il Movimento 5stelle e la Lega infatti non daranno un via libera ufficiale.
Solo Scelta civica è pronta a pronunciare il suo sì davanti al capo dello Stato. A questo punto, non è difficile pronosticare un braccio di ferro tra il Colle e il centrosinistra.
Per allentare la tensione, Napolitano sta già pensando a un secondo giro di consultazioni
Sul piano formale il rapporto col Quirinale è stato ricucito negli ultimi giorni da Bersani e da altri interlocutori democratici.
Ma la sostanza dei numeri non è cambiata, nemmeno dopo il colpo di scena dell’elezione di Laura Boldrini e Pietro Grasso.
Con i senatori di Mario Monti, il Pd può contare su 146 voti (il neopresidente non vota). Ne mancano 12 per avere la maggioranza assoluta.
Questo “buco”, il segretario è convinto di poterlo colmare col programma e con una lista di ministri ispirata al metodo “Grasso-Boldrini”: volti nuovi e a sorpresa.
Con una sola eccezione: la casella dell’Economia è già sicura per Fabrizio Saccomani, attuale direttore generale di Bankitalia.
Rappresenta la polizza di garanzia presso i mercati e la Bce
Al centrosinistra non mancano gli esterni e le competenze, anche fra i neoeletti.
Non si va lontano dalla realtà indicando come possibili ministri Carlo Petrini, inventore di Slow Food e padre fondatore del Pd; Giampaolo Galli, ex direttore generale di Confindustria e neodeputato; Massimo Mucchetti, senatore ex editorialista del Corriere; Fabrizio Barca.
Accanto a loro resistono gli identikit di Gustavo Zagrebelsky e Stefano Rodotà , graditi ai movimenti e ai 5stelle
Profili e programma però non sono sufficienti.
Il rischio della falsa partenza, ossia di un governo che si presenta in Parlamento ma non ottiene la fiducia, resta alto. Bersani si richiamerà ad alcuni precedenti.
A cominciare dal primo governo Berlusconi, partito nel 1994 senza la maggioranza al Senato, maggioranza strappata grazie al voto di tre senatori a vita.
«Ma c’è anche il De Gasperi VIII nel ’53, che non ottenne la fiducia – ricorda ai suoi il leader del Pd –. E nel ’76, Andreotti non era certo di avere l’astensione del Pci per l’esecutivo di solidarietà nazionale».
Saccomani è certamente la figura giusta per confermare gli impegni internazionali e la stabilità economica in vista «della scadenza di un pacchetto enorme di titoli pubblici tra maggio e luglio», spiega Bersani.
Ma ancora non basta.
In Parlamento, il premier designato si presenterebbe annunciando non un governo di legislatura, ma un esecutivo a termine, «anche di un anno. Poi si verifica se ci sono le condizioni per andare avanti».
Sono argomenti che Napolitano ha già avuto modo di ascoltare nei colloqui informali, ma che non allontano lo spettro di un salto nel buio.
Per agganciare i grillini, il Pd è pronto a votare i loro candidati questori e vicepresidenti senza chiedere in cambio il sostegno ai propri candidati.
Le dichiarazioni di Roberto Maroni, che pure si presenterà al Colle con Berlusconi, vengono considerate a Largo del Nazareno un’apertura, seppure timida.
Su Monti, invece, si può contare da subito: i parlamentari di Scelta civica voteranno Bersani.
In questo modo, il premier conta di rientrare nel gioco, dopo il pasticcio sulle presidenze delle Camere.
Nel suo mirino infatti c’è sempre l’elezione del nuovo capo dello Stato, anche se al Pd considerano in ascesa le quotazioni di Grasso.
Un candidato da offrire anche al Pdl, molto pentito di aver puntato su Schifani sabato, e che ha avviato il dialogo con Grillo tagliandosi l’indennità del 30 per cento
Il sentiero stretto preoccupa anche il Partito democratico. Soprattutto quelli che puntano a un “dopo”, se Bersani fallisce. «Il timore c’è», ammette un bersaniano.
Da Massimo D’Alema a Matteo Renzi, una parte del Pd considera sbagliato entrare in carica senza avere la fiducia.
Un primo segnale di dissenso alla linea del segretario è stato registrato ieri durante la votazione del capogruppo alla Camera Roberto Speranza.
Novanta voti dispersi su 290 sono tanti, anche se non è insolito lo “sfogatoio” nel segreto dell’urna.
Chi scommette su elezioni vicine, come il sindaco di Firenze, non è convinto che il modo migliore per arrivarci sia avere Bersani a Palazzo Chigi, sconfitto nelle urne e nelle aule parlamentari.
Altri, come D’Alema, continuano a non escludere il piano B, ossia un governo del Presidente con il Pdl, sapendo che il Quirinale comincia il giro di consultazioni con una sola certezza: «Il presidente farà tutto il possibile per evitare un altro scioglimento delle Camere».
Goffredo De Marchis
(da “la Repubblica“)
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Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
UNA DELIBERA AUTORIZZA L’ASSUNZIONE SENZA CONCORSO DI OLTRE CENTO DIPENDENTI DELLA CAMERA
Riassumeteli. Un esercito di trombati è pronto a rientrare nel Palazzo dalla finestra. Assunzioni
semi-obbligatorie di chi in passato ha già goduto della rampa di lancio del Parlamento per dare il via a carriere più o meno sfavillanti e che oggi, se caduto in disgrazia, potrà godere di una corsia preferenziale per rientrare in pista, per un secondo promettente giro al servizio dei deputati della Repubblica.
C’è chi certamente non ne avrà bisogno come Sestino Giacomoni, ora assistente personale del cavalier Silvio Berlusconi.
O chi invece potrebbe essere uscito dai giochi. Ma alcuni casi sono certamente curiosi.
Non tanto quello di Giorgio Stracquadanio, ex falco del Pdl che dopo la rottura con il leader è rimasto fuori dalle Camere, quanto quello di un sottosegretario ancora in carica con il governo Monti.
Chissà , se non dovesse trovare un lavoro dopo l’esperienza con i tecnici potrebbe tornare a fare l’assistente parlamentare, da dove tutto cominciò.
Chissà poi se vorrà tornare alla Camera Veronica Cappellaro, giovane amica di Berlusconi già eletta nel listino Polverini alle penultime regionali.
O Nicoletta Maggi, portavoce-bodyguard di Umberto Bossi, amatissimo pilastro del fu Cerchio Magico ma un po’ meno dal resto dei lumbà rd.
La magagna è denunciata dalla capogruppo 5stelle alla Camera Roberta Lombardi. Che la pubblica in bella vista sul blog di Beppe Grillo.
Dando la colpa all’immancabile asse del male “pdl-pdmenoelle”.
E ci sono le prove: la delibera è stata presa lo scorso dicembre dai tre questori di Montecitorio, un democratico, appunto, e due berlusconiani.
La logica forse era quella di aiutare chi per ragioni politiche dovesse aver perso il posto di lavoro (come Alessia Quiriconi, ex portavoce del gruppo leghista ai tempi di Reguzzoni che ha ricevuto il ruvido benservito dai nuovi capi maroniani) o semplicemente chi dopo cinque anni al servizio di un partito non è riuscito a rientrare nel mondo del lavoro o è rimasto precario una volta lasciato il Palazzo.
Ma in effetti la norma ha prodotto alcuni casi a dir poco bizzarri.
La delibera dice che i nuovi gruppi parlamentari dovranno assumere almeno il 25% del proprio personale tra chi rientra in due liste (una con 103 nomi, l’altra con 506) di ex collaboratori in precedenza assunti dai partiti al di fuori dei funzionari della Camera.
E se un partito non dovesse rispettare l’indicazione perderebbe parte dei contributi pubblici versati da Montecitorio per il funzionamento del gruppo.
Così 150 dei fortunati ex troveranno certamente lavoro alla Camera, con i partiti che saranno costretti ad assumerli usando almeno il 55% del proprio bilancio.
In effetti alcuni casi fanno sorridere tanto sono eclatanti.
Tra questi appunto il sottosegretario all’Economia del governo Monti, e dunque ancora in carica, Gianfranco Polillo.
Oppure il fedelissimo berlusconiano e parlamentare del Pdl Sestino Giacomoni, uno degli uomini ombra del Cavaliere che sicuramente non ha bisogno di trovare un nuovo lavoro da portaborse.
Ci sono poi Rino Piscitello, ex parlamentare della Margherita, e Roberto Rao, centrista, braccio destro e spin doctor di Casini che alle ultime elezioni è rimasto fuori dal Parlamento.
Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica“)
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Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
LA REGIONE SICILIA ABOLISCE LE ELEZIONI PROV. E SOSTITUISCE LE PROVINCE CON I “CONSORZI DI COMUNI”… IL RISPARMIO E’ DI 10 MILIONI, MA PER ORA RIGUARDA SOLO GIUNTE E CONSIGLIERI, LA STRUTTURA RIMANE
Abolite le province in Sicilia, con i voti del centrosinistra e di Cinque Stelle.
Ieri sera l’assemblea regionale ha approvato un maxi-emendamento della maggioranza (Pd, Udc e Lista Crocetta) che sospende le elezioni provinciali previste a fine maggio. Gli enti verranno commissariati ed entro l’anno dovranno essere sostituiti, con una nuova legge, da liberi consorzi di Comuni, i cui componenti verranno indicati dai sindaci.
A favore dell’emendamento, passato con 53 sì e 28 no, ha votato anche il gruppo di Cinque Stelle.
Il modello Sicilia resiste anche nelle sabbie mobili dell’Assemblea regionale, tradizionale teatro di imboscate e franchi tiratori: l’asse fra la maggioranza di centrosinistra guidata da Rosario Crocetta e i grillini fa passare la legge che abolisce le Province.
Mentre a Roma continua l’onda lunga delle polemiche sul contributo dei “traditori” di M5S all’elezione del neo presidente del Senato Pietro Grasso, a Palermo «5 stelle» e Pd superano insieme in aula la prova di sei voti segreti e producono una riforma che, per una volta, pone l’isola all’avanguardia.
Rosario Crocetta incassa un successo non facile.
Si era spinto avanti, il presidente, annunciando tre settimane fa in tv, nel salotto domenicale di Giletti, l’imminente abolizione delle nove Province siciliane. Omettendo di aggiungere che, per raggiungere un risultato del genere, sarebbe servita non solo una delibera di giunta, ma una legge approvata dal riottoso Parlamento di Palazzo dei Normanni.
E il primo testo varato dal governo regionale di Crocetta era stato pure bocciato informalmente dal commissario dello Stato, l’organo che giudica la costituzionalità delle leggi siciliane.
Alla fine il presidente si «accontenta » di una riforma che non cambia subito le cose ma indica una direzione precisa: vengono cancellate le elezioni di fine maggio ed è stabilito che al posto delle Province nascono (o meglio ritornano, visto che sono previsti dallo Statuto siciliano) i liberi consorzi dei Comuni.
Organismi che non saranno più figli delle urne, ma avranno vertici scelti, al loro interno, dai sindaci dei territori interessati.
Ora l’Ars avrà tempo sino al 31 dicembre per dare contenuti, attraverso una normativa specifica, al provvedimento.
Nel frattempo le attuali Province saranno commissariate.
Risparmio stimato: 10 milioni di euro subito (il costo di giunte e consigli), 50 a regime.
Diciamo che il risparmio è limitato ai costi del personale politico, resta da vedere se i consorzi tra comuni non finiranno poi per essere una brutta copia degli sprechi attuali.
Ovvero se si tratta di un’operazioe di facciata o di sostanza.
L’ostruzionismo del centrodestra, che si è manifestato attraverso interventi-fiume e un continuo ricorso al voto segreto, si è dissolto nello scrutinio finale: 53 sì, 28 no e un astenuto.
Decisivo, con ogni probabilità , il consenso dei 15 consiglieri grillini.
«È stata una nostra vittoria», dice Giancarlo Cancelleri, il capogruppo di M5S che ricorda come «fino a qualche tempo fa gli intenti di governo e opposizione si limitavano a un semplice rinvio del voto. Abbiamo sparigliato le carte – afferma Cancelleri – e alla fine Crocetta ha preso in considerazione la nostra proposta».
Il presidente frena («è una vittoria di tutti») ma ammette che «i grillini stanno dando un sostegno concreto alle riforme. L’Italia oggi ci guardava: siamo il primo governo a fare una legge del genere».
È una collaborazione ormai stabile, quella di Crocetta e dei grillini che, pur rifiutandosi di far parte della maggioranza di centrosinistra, in Sicilia stanno contribuendo a scrivere l’agenda della «giunta della rivoluzione», per usare l’autodefinizione del presidente.
Finora M5S si era però limitato a orientare le mosse di Crocetta attraverso mozioni d’aula: la più importante quella che ha portato la giunta a chiedere al governo americano la sospensione dei lavori del Muos, il sistema satellitare di Niscemi.
Ieri il «modello Sicilia » ha approvato la prima, vera, legge (oggi uno scontato voto finale).
Ed è una legge che, per dirla con il senatore Beppe Lumia, il parlamentare più vicino a Crocetta, «lancia un segnale al Paese. Proveniente proprio da una regione che è stata sempre considerata patria di sprechi e clientelismo».
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Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
INIZIA LA DUE GIORNI DI CONSULTAZIONI PER VERIFICARE SE ESISTE UNA MAGGIORANZA POSSIBILE
Da oggi la partita del prossimo governo, se mai ci sarà , è tutta nelle mani di Giorgio Napolitano,
che apre la due giorni di consultazioni al Quirinale.
Per lui, le ultime del settennato. E le più complicate, condite dallo storico incontro, domani mattina, con Beppe Grillo, il leader del M5S che in passato ha definito il capo dello Stato “Morfeo” e “salma”.
A salire lo scalone che porta allo studio di Napolitano stamattina saranno prima i presidenti delle Camere Grasso e Boldrini, poi le delegazioni dei gruppi parlamentari: oggi i partiti più piccoli, domani le forze maggiori.
Il centrodestra si presenterà con una delegazione unica composta da Pdl e Lega, anche per smentire le voci di divisioni.
A chiudere la sfilata, domani pomeriggio, sarà il Pd, il partito che rivendica per sè l’incarico.
Napolitano è consapevole delle difficoltà . Grillo dirà a Napolitano che non ha la minima intenzione di farsi coinvolgere nella formazione del governo: quelli delle cinque stelle sono disponibili a votare i provvedimenti di loro gradimento, volta per volta, e niente di più.
Ma Bersani, che dice di avere “grandissima fiducia” nel capo dello Stato, non si dà per vinto: sull’onda del colpo messo a segno con l’elezione dei nuovi presidenti delle Camere, chiederà comunque a Napolitano di affidargli l’incarico, come leader della coalizione che ha la maggioranza assoluta alla Camera e la maggioranza relativa al Senato.
A quanto pare Napolitano vorrebbe affidare non un semplice mandato esplorativo per sondare le forze politiche, ma un mandato vero e proprio, dopo aver fatto anche un check dei numeri.
L’importante, per il Colle, è che si arrivi rapidamente a una soluzione e che il Paese non venga lasciato nell’incertezza.
La strada, come tutti ripetono da giorni, è stretta. E ad angosciare Napolitano è soprattutto l’incubo del voto a fine giugno, in caso di fallimento di Bersani e dopo aver constatato l’impossibilità di far nascere un governo del presidente con Pd e Pdl. Lo scenario peggiore da lasciare al suo successore al Quirinale, che sarà eletto a partire da metà aprile.
E dopo il salvacondotto “rilasciato” a B. dopo la marcia dei parlamentari del Pdl sul tribunale di Milano, per il centrodestra la rielezione a tempo di Napolitano sarebbe la soluzione migliore.
Scenari che il Colle ha già rigettato ma che potrebbero rispuntare nelle due giornate di consultazioni.
Il primo giorno, oggi, si concluderà con la delegazione dei centristi di Scelta civica. Un faccia a faccia che segue il duro scontro tra Napolitano e Monti di venerdì scorso, quando il Colle ha bloccato la candidatura del premier a presidente del Senato.
Pietro Grasso, nuova guida di Palazzo Madama, sarà invece il primo a salire oggi al Quirinale.
Grasso è un altro potenziale premier, in caso di fallimento di Bersani.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 20th, 2013 Riccardo Fucile
AL VIA UNO STUDIO A MONTECITORIO PER TAGLIARE ALTRE SPESE E DESTINARE I RISPARMI ALLA RICERCA…IL SEGNALE CHE IL CENTRODESTRA NON HA MAI SAPUTO DARE
Da subito un taglio degli stipendi del 30 per cento, ma con l’obiettivo di raggiungere il 50.
Inizia così la legislatura dei presidenti del Senato e della Camera Piero Grasso e Laura Boldrini che hanno annunciato le novità alla prima riunione delle conferenze dei presidenti dei gruppi.
Ma Grasso e Boldrini hanno anche annunciato di voler proporre nelle prossime riunioni l’aumento della “produttività ”: in sostanza far passare la quantità di lavoro di deputati e senatori da 48 a 96 ore settimanali e per 5 giorni su 7.
Provvedimenti che fanno dire allo stesso Grasso, in risposta a Beppe Grillo, che lui e la presidente di Montecitorio non sono “una foglia di fico”: “Siamo delle querce”. “Penso che cinque anni saranno pochi, se potessero fare qualche legge per prolungare il nostro mandato, per noi andrebbe bene — ha risposto Grasso durante Ballarò, su Raitre – Siamo partiti bene, speriamo di andare avanti”, ha aggiunto.
La Boldrini ha proseguito di sentire il dovere di “essere ottimisti: questa cosa — ha detto parlando del progetto dei tagli ai costi della politica — avrà senso se riusciremo a metterla in atto: non credo che il paese possa permettersi di tornare subito alle elezioni”.
Durante la riunione dei capigruppo i presidenti delle Camere hanno annunciato che proporranno la trasformazione di tutti i rimborsi forfettari in “rimborsi a piè di lista, in modo che ogni singola erogazione sia giustificata in relazione alle finalità istituzionali”.
Allo stesso tempo sarà proposto il rafforzamento delle garanzie per gli assistenti dei parlamentari, con contratti di lavoro subordinato a tempo determinato.
Poi la trasparenza: “Nell’ottica della trasparenza verranno pubblicati sui siti internet delle rispettive amministrazioni i dati di tutte le consulenze — si legge in una nota congiunta — Sarà poi chiesto ai dipendenti delle Camere, in servizio e in pensione, di usare la stessa sensibilità e disponibilità , dando concreti segnali di contenimento dei costi: un tema che sarà presto oggetto di dialogo con i sindacati”.
Tutti i gruppi hanno dato il consenso al taglio delle indennità dei due presidenti. Grasso e Boldrini hanno detto di “aver voluto dare subito un segnale” e hanno annunciato che analoga sforbiciata del 30 per cento sarà proposta “per i titolari delle altre cariche interne in tema di indennità di ufficio e di altre attribuzioni attualmente previste, alcune delle quali potrebbero essere del tutto soppresse, quali ad esempio i fondi per spese di rappresentanza”.
La Conferenza dei capigruppo della Camera, nella sua prima riunione della legislatura, ha anche deciso di avviare uno studio per giungere ad una riduzione dei costi di Montecitorio, e una revisione del Regolamento.
La novità consiste nel fatto che i risparmi avrebbero una destinazione precisa, che verrà decisa successivamente. Boldrini avrebbe proposto la ricerca.
Eletti i nuovi capigruppo: il Pdl sceglie Brunetta e Schifani
Il Pdl ha scelto con un voto per acclamazione Renato Schifani al Senato e Renato Brunetta alla Camera, entrambi proposti ieri da Silvio Berlusconi.
Liscia è andata anche l’elezione dei due presidenti della Lega, Massimo Bitonci a Palazzo Madama e Giancarlo Giorgetti a Montecitorio, così come quella di Gennaro Migliore alla guida dei deputati di Sel (i senatori del partito di Vendola sono solo 7 ed entrano nel Gruppo Misto di cui però assumono la presidenza con Loredana De Petris).
Il Movimento cinque stelle già nei giorni scorsi aveva scelto i propri presidenti, vale a dire Vito Crimi in Senato e Roberta Lombardi alla Camera.
Più vivaci sono state le cose in casa Pd. In Senato
Luigi Zanda aveva raccolto 75 firme a sostegno della propria candidatura e l’elezione è avvenuta poi per acclamazione.
Alla Camera il segretario Pier Luigi Bersani ha proposto il giovane Roberto Speranza, 34 anni,“un giovane di lungo corso”.
Ma contro l’elezione per acclamazione si è alzato Luigi Bobba che ha chiesto il voto nel segreto dell’urna, secondo lo Statuto del gruppo.
E qui si sono registrati 200 consensi sui 284 votanti.
Analogo l’andamento in Scelta Civica. Il capogruppo al Senato, Mario Mauro (ex Pdl), è stato eletto all’unanimità , mentre al Senato il Lorenzo Dellai (ex Pd) ha prevalso con 30 voti su 45, con l’ala che fa capo a Italia Futura che gli preferiva Andrea Romano.
La maretta ha portato pure ad una sospensione della riunione prima della conclusione positiva.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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