Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
“IL QUIRINALE HA CHIESTO INFORMAZIONI SU DI ME, MI HANNO DETTO “TI DISTRUGGONO” E TENTATO DI FERMARMI”… DURNWALDER E’ ACCUSATO DI AVER SPERPERATO 1,6 MILIONI DI EURO
Il Quirinale ha fatto pressioni sui vertici della Corte dei conti per aiutare il presidente della Provincia autonoma di Bolzano, il leader del partito Sà¼dtiroler Volkspartei, Luis Durnwalder, citato in giudizio per un danno erariale di 1 milione e 600mila euro.
La denuncia proviene dal procuratore regionale della Corte dei Conti in Trentino Alto Adige, il procuratore Robert Schulmers, che racconta tutto in una serie di lettere indirizzate al suo capo, il procuratore generale della Corte dei Conti Salvatore Nottola, dal quale si è sentito abbandonato, e anche al presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati Contabili, Tommaso Miele, oltre che ai colleghi della mailing list dell’associazione magistrati.
Il Fatto pubblica i contenuti delle lettere nelle quali è citato anche il presidente della Corte dei Conti Luigi Giampaolino, perchè avrebbe chiesto al procuratore Schulmers di darsi una calmata con i politici.
La lettera più devastante è del primo marzo scorso.
Schulmers scrive al procuratore generale Nottola contestandogli il suo comportamento: “In data 5 giugno 2012 il Presidente provinciale Luis Durnwalder si reca in visita ufficiale al Quirinale e, tra una chiacchiera e l’altra — scrive il procuratore del Trentino al suo capo — chiede un intervento del Capo dello Stato, come già scritto in precedenza. Dopo neppure un paio di giorni arriva una tua (di Nottola, ndr) telefonata in cui, come prima cosa, mi chiedi se ho un numero di telefono diverso da quello della Corte su cui chiamare. No, mi dispiace, io uso solo quello. Ma ho già capito”.
Cosa c’era di così delicato da riferire, dopo l’incontro al Colle Napolitano-Durwaldner?
Prosegue Schulmers: “Mi metti al corrente che la settimana entrante, credo di martedì, ti attende un appuntamento con un personaggio importante che ti deve raccontare delle cose su di me e non vuoi essere impreparato. Mi chiedi di predisporre una relazione sulla situazione. Ma di spedirtela non all’indirizzo della Corte, ma al tuo indirizzo di posta elettronica privata. Non vuoi che resti nulla sul server della Corte”.
Il giovane procuratore altoatesino si trova improvvisamente sul banco degli imputati di fronte a un’autorità potentissima: la presidenza della Repubblica.
Schulmers sa benissimo che il leader di Svp è un personaggio chiave per gli equilibri nazionali.
Il partito guidato da Durwaldner è il collante politico che tiene queste terre legate all’Italia e in particolare al centrosinistra.
L’ennesima conferma dell’importanza di Svp si è avuta nelle elezioni della scorsa settimana.
Il distacco tra i due poli alla Camera è stato di 124 mila voti e con i 146.804 della Sud Tirol Volkspartain, il centrosinistra ha agguantato il premio di maggioranza alla Camera.
Svp è stato premiato con cinque deputati.
Schulmers, dal 2006 sostituto della Corte dei Conti e dal 2011 capo della Procura regionale, è visto come un rompiscatole troppo attivo, che magari con l’intenzione di far rispettare la legge italiana, rischia di far prevalere la minoranza secessionista.
Ecco perchè ogni volta che il presidente Durwaldner va al Quirinale e sorride con Napolitano, Schulmers si rattrista.
Il 9 giugno 2012, dopo la telefonata di Nottola, scrive: “Quando settimana scorsa il Presidente Durnwalder si è recato in visita ufficiale al Quirinale ho sperato (per il rispetto e la fiducia che ho nelle Istituzioni) che non si ripetesse quello che è già successo qualche anno fa quando Napolitano venne in visita a Bolzano”.
A cosa si riferisce il Procuratore regionale?
Nel 2008 il magistrato contabile aveva contestato ai politici della Provincia di avere buttato dalla finestra i soldi pubblici investendo nel carrozzone dell’aeroporto di Bolzano.
La Procura era arrivata a chiedere e ottenere il sequestro dei beni dei consiglieri. Anche in quel caso, secondo Schulmers, c’era stata una strana coincidenza temporale: poco dopo un incontro tra Napolitano e il presidente della Provincia, era stato disposto il dissequestro dai giudici contabili.
Non finisce qui però.
Dopo la telefonata Schulmers nel suo sfogo ricorda anche un incontro con Nottola: “Qualche giorno dopo mi chiedi di raggiungerti presso una località termale trentina perchè mi devi mettere al corrente sugli sviluppi della situazione. Passeggiamo lungo un bellissimo parco, scegli una panchina isolata, e giù a raccontarmi del personaggio quirinalizio, che non mi nomini, ma che ti avrebbe raccontato cose su di me, pregandoti di “non prendere appunti” perchè il Quirinale non voleva essere formalmente coinvolto nella vicenda. Mi dici che mi riferisci solo il 10% di quello che ti è stato detto. Ma a me basta. Mi riferisci di come si sia cercato di delegittimarmi, parlandoti di miei presunti insuccessi processuali. Mi dici di come tu abbia cercato di spiegare che ciò non è vero, perchè appartiene alla fisiologia del processo. Mi dici che comunque stai dalla mia parte, che le pressioni le conosci, per averle subite in passato, e mi chiedi di predisporti quanto prima uno specchietto delle sentenze (…). Ti serve perchè comunque vuoi rispondere al Presidente della Repubblica”.
Con una mail, mercoledì 27 giugno 2012, Schulmers elenca le sentenze scaturite dai suoi procedimenti.
Si difende come può. Il 29 giugno 2012 addirittura il Presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, è a Bolzano “con un calice in mano e qualcosa nell’altra, mi dice quello che mi deve dire. Ma senza tanta convinzione, con bonomia, perchè forse, sentendomi parlare durante il giudizio di parifica, ha già capito la persona. Mi dice che sarebbe contento di vedermi a breve a Roma. Ma io devo andare in ferie e non ci penso proprio”.
Schulmers spiega in un’altra lettera del 26 febbraio: “Giampaolino, mi ha chiesto — nelle mie funzioni di Procuratore regionale — di stare più tranquillo nei confronti dei vertici politico-istituzionali della Provincia autonoma di Bolzano, ‘altrimenti questi ti-ci distruggono’.
Stando infatti ai nostri vertici istituzionali, Il Presidente provinciale, già condannato una volta dalla locale Sezione per una questione bagatellare, in attesa di giudizio in due altri processi pendenti (…) e al tempo sottoposto a altre due indagini, si era lamentato del Procuratore regionale, agli inizi di giugno 2012, nientemeno che presso il Quirinale”.
Si arriva così all’epilogo: “a fine gennaio, quando mi “consigli” caldamente di archiviare la vertenza di cui sappiamo (…) di punto in bianco, venerdì 25 gennaio 2013, alle ore 09.22, mi arriva una mail che per noi in Procura è a dir poco un fulmine a ciel sereno. E lo sai benissimo. Mi rappresenti le tue conclusioni sulla vicenda, che però nessuno ti ha chiesto, “affinchè tu possa regolarti” (regolarmi? Ma non era un consiglio?). Mi dici che, a distanza di più di un mese, ti saresti improvvisamente accorto che il decreto di sequestro impugnato dalla Provincia di Bolzano dinanzi alla Corte costituzionale sarebbe illegittimo, (….) Ritieni addirittura che non sarebbe “opportuno” coinvolgere la Presidenza del Consiglio per arrivare a una pronuncia della Corte costituzionale, secondo te, certamente negativa. Come se il governo non fosse in grado di prendere da sè le scelte da esso ritenute più opportune. Mi inviti perentoriamente a “studiare un sistema per uscirne” (studiare un sistema per uscirne? Ma da dove?). Mi scrivi che dovrei “revocare il decreto di sequestro e archiviare la vertenza. Bisognerebbe però trovare una motivazione non basata sulla presentazione del ricorso ma che avesse il senso di un’autonoma decisione.”.
Mi dici di rifletterci “e poi mi farai sapere (ma con una certa sollecitudine)” (ti devo fare sapere con una certa sollecitudine? E perchè mai? Per riferire a chi? E, soprattutto, sulla base di quale norma?)”. (….) Ti chiamo subito e ti sento in evidente imbarazzo. Non sapendo cosa raccontarmi mi liquidi dicendo che devi andare in Cassazione. Rimango basito”.
E solo a quel punto Schulmers pubblica tutto sulla mailing list.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
E GRILLO GIA’ DETTA LE REGOLE DA PRIMA REPUBBLICA: “L’ELETTO NON PUO’ FARE IL CAZZO CHE VUOLE”
Un «conclave» a porte chiuse, per guardarsi in faccia e decidere cosa fare nei prossimi giorni. 
È cominciato a Roma al Saint John l’incontro dei neoeletti Cinque Stelle.
Il nome dell’albergo è stato tenuto segreto fino all’ultimo per evitare i giornalisti. Al Saint John era stato allestito il quartier generale durante le elezioni.
INCONTRO CON GRILLO E CASALEGGIO
Provenienti da tutta Italia, i neoeletti del M5S arrivano a Roma alla spicciolata.
«Io sono venuta in aereo anche se sono contro l’aereo perchè inquina troppo. Ma costava meno del treno», dice tra gli altri Laura Castelli, 26 anni, partita da Torino.
«Non ho ancora trovato casa. Spero di avere il tempo di farlo in questi giorni», aggiunge un altro parlamentare che vuole restare nell’anonimato.
Tante le questioni sul tavolo, dalla fiducia, passando per le consultazioni, la nomina dei capigruppo, fino al comportamento da tenere con la stampa. Ma non solo.
Grillo — che con Gianroberto Casaleggio sarà presente da domani – non conosce molti di quei ragazzi, non li ha mai visti e non ci ha mai parlato al telefono. E loro — i deputati e i senatori — non hanno ancora visto «Beppe» di persona.
Nella saletta affittata all’Hotel Saint, le sedie sono state disposte in circolo, proprio perchè l’obiettivo dell’incontro domenicale è innanzitutto conoscersi.
All’ingresso, vengono consegnati i nomi in liste divise per regione, per Camera e Senato.
Da lunedì, con l’arrivo di Grillo e Casaleggio, si discuterà della linea da tenere.
Se infatti nei giorni scorsi il leader del M5S ha tuonato a gran voce «non siamo in vendita» all’indirizzo di Bersani, Renzi, D’Alema e Vendola, la posizione va ribadita anche con quei neofiti della politica che tra pochi giorni si troveranno tra i banchi di Palazzo Madama e di Montecitorio.
«CIRCONVENZIONE DI ELETTORE»
Intanto appare sul blog dello stesso Grillo un post dal titolo «Circonvenzione di elettore» in cui finisce sotto esame l’articolo 67 della Costituzione.
Che, si legge nel blog «recita: “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Questo consente la libertà più assoluta ai parlamentari che non sono vincolati nè verso il partito in cui si sono candidati, nè verso il programma elettorale, nè verso gli elettori. Insomma, l’eletto può fare, usando un eufemismo, il cazzo che gli pare senza rispondere a nessuno».
Quindi, aggiunge il leader del M5S, bisognerebbe «cacciare a calci» i parlamentari che cambiano casacca.
«TEMPO PER DECIDERE» –
Le giornate a porte chiuse saranno più di una. «Ci serve tempo, con tutto quello che abbiamo da programmare e da decidere», spiega via sms Giulia Sarti, neoeletta alla Camera, candidata come capolista in Emilia Romagna.
«Di più non posso dire, stacco il telefono», conclude.
Già , perchè se c’è voglia di festeggiare, c’è anche grande preoccupazione per il futuro. E fastidio nei confronti della stampa che viene tenuta a debita distanza. Per la grande maggioranza dei 163 grillini sarà la prima occasione fare conoscenza dei futuri «colleghi».
La consegna per chi parteciperà all’incontro è il silenzio assoluto.
Degli eletti, 109 sono deputati, 54 i senatori.
L’età media è di 39 anni (32 alla Camera, 46 al Senato), mentre le donne sono il 35,8%.
Marta Serafini
(da “il Corriere della Sera“)
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Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
IL FIGLIO DEL PREMIO NOBEL HA GIA’ PRESENTATO UNA PETIZIONE: ECCO LE COSE DA FARE NEI PRIMI 30 GIORNI
«Stiamo per aprire un dibattito in Rete. La parola d’ordine è: non perdiamo questa occasione. Se qualcuno pensa che, tornando a votare, Grillo raddoppia i voti sbaglia ragionamento».
Jacopo Fo ha pronta una piattaforma di proposte da mettere sul web perchè centrosinistra e grillini si parlino, al di là dell’«isteria della politica italiana che si nutre di scambi di insulti».
Quindi, Jacopo Fo lei fa da mediatore?
«Ma no!».
Però lancia in Rete le proposte per il confronto?
«Stiamo organizzando un dibattito online per combinare proposte e persone, idee e interlocutori. Una petizione è già partita mercoledì scorso, ha avuto 15 mila adesioni, ci vuole qualcosa in più. Ma siamo solo persone di buona volontà , e non è facile. Si tratta delle cose da fare nei primi 30 giorni di governo. Ci sono i grandi passi — il taglio dei costi della politica, dei parlamentari, le norme sui partiti, il sostegno alle famiglie in disperazione — e parallelamente i piccoli passi. Penso a una serie di cose che comportano un risparmio quotidiano».
Quali, per esempio?
«Una riforma che varrebbe il 3% della bolletta energetica è l’obbligo di mettere il termostato in particolare negli spazi pubblici, dove i caloriferi vanno spesso a palla. L’ingegnere Maurizio Fauri, dell’università di Trento, ha individuato poi, dove tagliare gli 80 miliardi di spreco energetico. Altro esempio, il giudice Gerardo D’Ambrosio, quand’era senatore, presentò un pacchetto di leggi sulle spese della giustizia. Mia madre, Franca Rame, allora anche lei senatrice, cercò di portarle avanti. Niente da fare, sono leggi rimaste dormienti».
In definitiva lei crede che si riuscirà a uscire dallo stallo e Grillo accetterà un governo con il centrosinistra?
«Sì, mio padre Dario Fo l’ha detto più volte: Grillo non è un marziano».
Non sembrano esserci le premesse.
«Se togliamo gli insulti che Beppe e Bersani si sono scambiati, mi pare che abbiano entrambi detto che possono ritrovarsi su un programma. Il segretario del Pd deve cercare la quadra e il M5S deve rispondere agli italiani perchè, se non succede nulla di quanto promesso, non lo votano più».
Si metteranno d’accordo, per forza?
«Perchè non dovrebbero? Sarebbe da folli, come da folli è un’Italia che butta 60 miliardi di euro per via della corruzione, 80 miliardi per lo spreco energetico, 60 miliardi in burocrazia, per non parlare dell’evasione fiscale, delle mafie. L’ingovernabilità deriva dalle lotte di lobby. Se neppure un partito che nasce dal nulla, come i 5Stelle, riesce a cambiare la situazione…».
Magari Grillo appoggerebbe un governo ma non con Bersani premier?
«Penso che solo Bersani e Grillo insieme possano gestire il cambiamento, e non sono bersaniano, ho fatto campagna elettorale per Sel. Quando sento che il Pd richiama Renzi, che ha perso alle primarie, allora temo che si avvitino in qualche lotta d’apparato».
Sul web circola un paragone tra un discorso di Hitler e le dichiarazioni di Grillo, che a sua volta chiama Bersani “zombie, morto che parla”.
«Abbassiamo i toni. La reazione di Grillo viene dopo 19 anni di insulti».
L’Italia ha consegnato il paese ai clown, come dicono all’estero?
«Si interroghino anche sul perchè l’Italia è stata l’ufficio affari sporchi dell’Occidente. De Gregorio è stato pagato da Berlusconi, ma credo anche gli Usa volessero fare cadere Prodi».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
IL SUCCESSO NON SI MISURA CON UNO SCRANNO DA SCALDARE MA CON L’ESSERE STATI PROTAGONISTI DI SCELTE CHE HANNO CAMBIATO IL MONDO ATTORNO A NOI… IL FATTO DI ESSERE QUI OGGI E’ ANCHE MERITO LORO
Provate a scorrere le foto dei 108 grillini eletti alla Camera e avrete di colpo la sensazione che è
successo davvero qualcosa di storico: finalmente un esercito di giovani, vestiti da giovani (sembra banale, ma non è così) è entrato in una sede normalmente abitata da maschi anziani, spesso sovrappeso, con brutte grisaglie e un accento dialettale, persone con cui capivi di non avere nulla a che spartire, anni luce lontane dalla tua vita.
Con tutto il rispetto: ma il paese non è solo quello, le nuove generazioni parlano le lingue, viaggiano, sono molto più colte e fino ad ora non avevano nessuno che le rappresentasse nel luogo deputato alla rappresentanza del paese.
I palazzi della Camera dei Deputati, che ho avuto modo di frequentare in un curioso periodo della mia vita, sono davvero un mondo fuori dal mondo.
Burocrazia, sprechi inutili, dalla carta alle agende, procedure assurde, commessi che guadagnano migliaia di euro senza fare granchè, impiegati e funzionari che guadagnano centinaia di migliaia di euro facendo normalissimi lavori.
Ma soprattutto, evitiamo echi demagogici, si respira là dentro un’aria tombale, antichissima, che si rispecchia nell’arredamento e nei tendaggi, nei quadri spettrali, nelle piante solenni e un po’ ridicole, nei gabbiotti all’entrata dove bisogna passare controlli come quando si vola verso Israele.
Un parlamento finalmente ringiovanito, molte donne: addio vecchie, tetre grisaglie. Ma mentre Razzi e Santanchè restano dentro, tra gli addii ci sono tre persone che, grazie al coraggio di rompere il silenzio e resistere a leggi ad personam, hanno permesso di arrivare fino qui. Eppure sono fuori dal Parlamento, mentre Razzi e Santanchè no.
È magnifico che i nuovi deputati siano diversi, più giovani e con tante donne, oltre un terzo.
Ma nel toto eletti e “trombati” che si è fatto ieri c’è un aspetto che mi ha colpito in particolare: la legge elettorale ma anche il modo in cui sono andate le vicende di questo paese hanno fatto sì che, alla fine, siano entrati i vari Razzi e Santanchè e siano rimasti fuori alcuni che hanno invece, nell’ultimo Parlamento, sono stati tra i pochi che hanno fatto un’efficace opposizione a Berlusconi, rendendo possibile il cambiamento di cui oggi siamo testimoni.
Gianfranco Fini, l’uomo che per primo ha osato spaccare un partito di uomini adoranti, di deputati per lo più gregari incapaci persino di pensarsi senza Berlusconi, come si è visto durante il periodo in cui si pensava di fare le primarie (che poi, incredibilmente, sono state cancellate).
È stato Fini ad aver rotto il silenzio, ad aver gridato “basta con questo scempio”, ad aver tentato di riportare in agenda i temi giusti, non solo le leggi ad personam, a cercare, insomma, di rappresentare quella destra normale che è sempre mancata al paese.
Il suo progetto è fallito, forse per fragilità e debolezza. Non ha giovato la casa di Montecarlo, la questione del cognato e molte altre cose sui cui avrebbe dovuto essere più accorto. Eppure vederlo fuori mi dispiace, davvero.
Antonio Di Pietro: un uomo passionale e cocciuto, che pur con il suo linguaggio e i suoi modi per i lunghi anni del potere berlusconiano lo ha contrastato in tutti modi, denunciando ogni inciucio, intervenendo su ogni tentativo di strappare la democrazia. Di Pietro è stato un vero cane da guardia, molto più, certo volte, dei giornali che dovrebbero svolgere questa funzione e sicuramente molto più di un partito democratico afono e debole.
Così debole che Berlusconi è caduto non per motivi per politici, ma a causa dello spread .
Fa impressione vedere come un partito che ha svolto una funzione importante, l’Italia dei valori, arrivato anche all’8-10 per cento, si sia polverizzato in un attimo.
E fa molto onore a Di Pietro il fatto che si sia dimesso anche dalla presidenza del partito.
Come nel caso di Fini, è stato letale per lui farsi coinvolgere, meno di altri, ma comunque troppo, nel familismo amorale, o comunque non troppo morale, nella tentazione di includere la sua famiglia in politica.
Ma gli è stato fatale soprattutto non aver scelto i suoi uomini bene, aver pescato dove non avrebbe dovuto: invece di mettere donne e giovani, il, suo partito era per lo più composto da quegli uomini anziani in grisaglia e con scarsa cultura: bastava conoscerli per capire che le cose non sarebbero andate bene.
Peccato per Di Pietro, però.
Nessun familismo amorale per Giulia Bongiorno, una che la famiglia se l’è fatta fuori da ogni canone, con coraggio, da sola, con un figlio quando era già oltre i quaranta fatto da sola e una carriera professionale costruita con una grinta e un’intelligenza fuori misura.
Giulia Bongiorno presidente della Commissione Giustizia ha fatto più contro le leggi ad personam di Berlusconi di tutta l’opposizione messa insieme.
È stata un baluardo di legalità , si è sempre attenuta a ciò in cui davvero crede: il valore delle regole, anzi di più, delle leggi e dei valori che incarnano.
Contro ogni tentativo di distruggere lo stato di diritto.
Anche lei è fuori dal Senato, oltre ad aver perso la sua battaglia come candidata presidente della Regione Lazio.
Tre storie politiche di persone che hanno avuto il coraggio di cambiare e di lottare e sono rimaste fuori, mentre il caso ha premiato altri inetti e spesso gregari.
Succede spesso anche nella nostra vita: che una scelta di rottura, di anticonformismo spesso non abbia quel riconoscimento che uno si aspetterebbe, mentre chi vive da succube resta protetto.
Un po’ è così: cambiare significa rischiare, e rischiando si può anche fallire.
Ma tutto sommato credo che la lettura da fare in questi casi sia un’altra.
Non parlerei nè di fallimento nè di insuccesso.
Perchè il grado di successo non sempre si misura con parametri sociali, comunque non con criteri formali — avere uno scranno, scaldare una poltrona.
Il successo di scelte coraggiose si misura soprattutto rispetto a se stessi.
Chi ha la forza di cambiare sa di aver fatto la cosa giusta, che non avrebbe potuto fare altrimenti, e nel cambiare le cose cambia anche se stesso e il mondo intorno a sè.
E questo è tantissimo.
Grazie a Gianfranco Fini, Antonio Di Pietro e Giulia Bongiorno, se oggi un sistema è saltato, pur con tutte le conseguenze drammatiche, è anche merito vostro.
Come spesso accade nella vita, chi ha il coraggio di rischiare e cambiare non sempre ha il successo che si meriterebbe, mentre i gregari restano ben protetti.
Ma il successo non si misura con uno scranno da scaldare, ma con il guardarsi indietro e vedere che quella scelta di rottura di ha cambiati e ha cambiato tutto il mondo intorno a noi.
Il fatto di essere qui oggi è anche merito loro.
Elisabetta Ambrosi
(da Vanity Fair.it)
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Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
“BERLUSCONI PENSAVA SOLO ALLA CAMPAGNA ACQUISTI E BASTA”
A chi diffida della sua verità , o ne teme il peso, consegna una promessa. “Non sono stato reticente con i magistrati. E non lo sarò in futuro. Se uno fa una scelta, va fino in fondo”.
Sergio De Gregorio, il senatore che ha confessato di essersi fatto ‘comprare’ da Silvio Berlusconi per tre milioni, vuole riscrivere la propria storia. “Mi sottovalutavano in tanti. Errore”.
Comincia dal suo corpo. “Io non sono l’omino Michelin della barzelletta che raccontava il senatore Pasquale Giuliano, il puffetto grasso che aveva avuto una fortuna spaziale”.
Il Cavaliere lo ha “deluso, amareggiato, ma non ho rancore”.
Solo una nuova visione. Così lancia un’esortazione agli “altri”: parlate anche voi.
“Il mondo è cambiato, la valanga è solo agli inizi. Mi auguro che altri facciano la loro operazione di verità ”.
Chi?
“Lavitola. Il suo sacrificio, il suo silenzio sono inutili”.
Senatore De Gregorio, sta consumando la sua vendetta contro Berlusconi?
“No. Sto portando il mio contributo al rinnovamento, da reo confesso. Berlusconi non ha capito che il mondo sta cambiando. Oddio, non nego che, stando alle urne italiane, per ora ha avuto ragione lui. E se si torna alle elezioni, non credo vincerà Grillo” (….)
Dall’inchiesta che la vede “pentito”, emerge che lei non era l’unico da comprare. Quanti erano gli altri? Chi?
«Parlo di quello che riguarda me. Ma certo vedevo un attivismo enorme. Berlusconi in quel periodo si occupava solo di quello».
Della “campagna acquisti” di deputati e senatori?
«Di quello. L’Operazione Libertà . Tutte le riunioni a palazzo Grazioli erano finalizzate all’obiettivo. Se ne occupavano in tanti. E Lavitola ha guadagnato le sue buone referenze nell’Operazione. Devo anche dire che l’unico a crederci era Berlusconi. Mi colpì Fini, rassegnato: “Ma facciamoceli questi anni di opposizione. Io e Pier Ferdi, cinque anni, anagraficamente, li possiamo reggere”».
Era alcune Repubbliche fa. Torniamo alla compravendita. Lei parla, tra l’altro, del senatore Pallaro…
«La situazione di Pallaro non l’ho vissuta personalmente, ma so che era di grande interesse: il suo voto oscillava continuamente. Ecco, mi auguro che la mia scelta porti altri a fare chiarezza».
à‰ reticente?
«No. Non sono stato reticente e non lo sarò in futuro. Sono un uomo pericoloso, ma perchè motivato. Come i crociati ».
Chi potrebbe parlare, e non lo fa?
«Lavitola. E’ in carcere da quasi un anno. Il suo silenzio è inutile e inopportuno».
Magari, dopo le estorsioni di cui è accusato a danno del Cavaliere, l’amico Valter ha spuntato dei vantaggi.
«Ma il sacrificio di sapere che la tua famiglia soffre, e tuo figlio cresce senza di te, non ha prezzo. Non c’è denaro che tenga».
Il rischio compravendita è in agguato anche oggi?
«E chi può escluderlo, quando si è alla caccia disperata di un voto per andare sopra o sotto? Ma perchè: qualcuno può giurare che quanto accaduto in senso inverso nel 2011, parlamentari che lasciavano Berlusconi, non sia stato favorito da promesse di incarichi, nomine? Sa, a volte si è vittima di ciò che si è fatto».
Getta ombre: se tutti sono corrotti, nessuno lo è?
«Io non sono Al Capone».
Lei è De Gregorio, che ha venduto la sua funzione per 3 milioni. Non basta?
«Se io non avessi avuto debiti fino al collo, non mi prendevo i soldi a nero da Berlusconi. Ho commesso sicuramente un reato. Ed è una delle cose che ho fatto per evidenziarmi ad un uomo, Berlusconi, nel quale credevo di potermi rispecchiare. Ma sono rimasto profondamente deluso».
Lei è stato anche amico della Cia. La sua prossima vita?
«Sì certo, ho avuto rapporti importanti con gli americani, ma anche con Capi di Stato del Mediterraneo. Ora devo disintossicarmi. La politica è una droga».
Appena si insedia il nuovo Parlamento e perde l’immunità , per lei scattano gli arresti domiciliari.
«Sono sereno. E non ho chiesto la revoca del provvedimento».
à‰ pronto a pagare, dal tinello di casa.
«Prontissimo».
Resta un dubbio. Nei suoi recenti incontri con Ghedini, con Verdini e Dell’Utri, lei chiedeva aiuti concreti.
«E solidarietà . Alla fine sono felice per come è andata. Ero andato da Verdini, il 19 dicembre, dopo che avevo già scritto la lettera ai magistrati: ero deciso a lasciare la politica».
Mi lasci indovinare: ha mostrato quella lettera a Verdini.
«Eh be’. Sì».
Non era una pressione. Era una confidenza?
«Volevo che sapessero che facevo un passo indietro».
Traduciamo meglio. Se avesse avuto il denaro, la “solidarietà ”, oggi non saremmo qui a parlare della compravendita, forse.
«Chissà . Forse ha ragione, poteva cambiare qualcosa. Ma, evidentemente, il destino aveva scritto per me un’altra strada».
Conchita Sannino
(da “La Repubblica”)
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Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
RIFIUTO’ L’OFFERTA, REGISTRO’ IL COLLOQUIO E DENUNCIO’ IL FATTO…BERLUSCONI OFFRI’ A DE GREGORIO ANCHE UN RUOLO DI PRODUTTORE CINEMTOGRAFICO A MEDUSA
Nelle manovre di sabotaggio del governo Prodi, Silvio Berlusconi propose all’ex
senatore Idv Sergio De Gregorio (che accettò), oltre al denaro, anche un ruolo all’interno di Medusa, come produttore cinematografico.
Il particolare rientra nella lista della strategia di acquisto di senatori che poi portarono alla caduta dell’esecutivo di centrosinistra.
In quella campagna acquisti rientrò anche un altro senatore Idv, Giuseppe Caforio che però informò Antonio Di Pietro che gli suggerì di registrare il colloquio.
Caforio disse no.
Per far andare a buon fine quella che fu ribattezzata “Operazione Libertà ” e che è diventata un’indagine per corruzione e finanziamento illecito a partito con il Cavaliere, infuriato per essere finito ancora nel registro degli indagati, De Gregorio si diede da fare cercando di portare dalla parte del centrodestra quello che riteneva uno in bilico su cosa fare: “Dissi a Berlusconi che forse poteva ascriversi al ruolo degli indecisi e lui mi disse: ‘Cosa gli puoi offrire?…Che magari gli diate un finanziamento alla forza politica di sua espressione. E lui disse: ‘Puoi proporgli fino a 5 milioni di finanziamento” .
Caforio, intervistato dalla Gazzetta del Mezzogiorno e da Repubblica, racconta quell’episodio. ”Era la vigilia del voto di fiducia al governo Prodi.
Mi chiamò il mio ex compagno di partito, Sergio De Gregorio, era in clinica per una colica.
Mi disse che voleva parlarmi. Chiamai il mio capogruppo e il mio segretario di partito, Antonio Di Pietro.
Mi dissero, vai e registra.
A Palazzo Madama c’era aria di campagna acquisti, De Gregorio era appena passato dall’altra parte” e “molti amici del Pdl mi chiedevano di passare con loro”.
“Sergio mi mandò a prendere con una macchina che mi portò in questa clinica. Entrai e azionai il registratore. Mi chiese di votare la sfiducia a Prodi, mi parlò della creazione di una grande coalizione, di un esecutivo nel quale lui avrebbe fatto il ministro e che quindi anche io avrei avuto un vantaggio”.
I soldi sarebbero arrivati “due, o forse uno e mezzo subito. Voleva il mio Iban: me li avrebbe fatti accreditare la mattina dopo con un giroconto”, “prima del voto di sfiducia, come garanzia. Il resto sarebbe arrivato nei mesi successivi tramite la sua fondazione Italiani all’estero. Risposi no grazie”.
I magistrati della procura di Napoli nel frattempo fanno sapere che intendono ascoltare in qualità di persona informata dei fatti l’avvocato Niccolò Ghedini, legale di Berlusconi.
Secondo quando dichiarato ai pm da De Gregorio infatti il penalista sarebbe stato al corrente del versamento dei soldi e dell’accordo intercorso tra l’esponente politico napoletano e il leader del Pdl.
A quanto si è appreso, però, Ghedini avrebbe fatto sapere alla procura di non poter testimoniare sia per gli impegni professionali sia per questioni di incompatibilità legate al suo ruolo di difensore di Berlusconi, indagato in questa inchiesta.
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Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
A FAVORE DELL’ASSE DEI GRILLINI CON IL PD, E’ STATA ACCUSATA DA GRILLO DI ESSERE UNA QUINTACOLONNA DEI PIRATI
«E non lo so cos’è successo, io sono solo una gelataia».
Viola Tesi è una ragazza di 24 anni, molto posata e con un sorriso timido, ma è già una star per tg e talk show.
È successo che la sua petizione su change.org, lanciata solo tre giorni fa, ha raggiunto vette difficilmente raggiunte.
Ieri sera le firme erano 150 mila.
Il titolo dell’appello dice tutto: «Caro @beppe_grillo, dai la fiducia al Governo per cambiare l’Italia».
Iniziativa dal basso, di quelle che dovrebbero piacere ai sostenitori della rete e che invece ha scatenato un putiferio di accuse: «M’hanno dato della venduta, dell’infiltrata del Pd, della marionetta. Ma è assurdo».
Macchina del fango, le fanno dire i giornalisti.
E lei conferma, con parole meno mediatiche: «Sono i metodi che usa Grillo. Per questo non sono mai entrata nel Movimento, mi avrebbero espulso dopo un mese. Io dico sempre quello che penso, mi chiamano Martellina e Pigna, per dire della testa dura»
L’accusa principale è quella di essere un’infiltrata del movimento dei Pirati: «Non c’è niente di segreto, è un’esperienza che ho fatto a settembre. Mi è piaciuta molto la piattaforma di condivisione, liquid feedback. Un software che consente di confrontarsi davvero in modo orizzontale, per una democrazia liquida».
Beh, ma è quello che dicono di fare nei meet-up i grillini: «No, perchè non hanno questa piattaforma. E poi è evidente che sono Grillo e pochi altri a dettare la linea, non mi sembra che sia così orizzontale»
Ti accusano di voler il male del Movimento 5 Stelle: «Ma no, io l’ho votato e ci credo ancora. Mi piaceva l’idea di gente fresca, giovani e donne, che occupavano il Parlamento. Ma una volta dentro bisogna governare. Mi sembra che invece si sia sempre in campagna elettorale».
C’è chi dice che i firmatari del tuo appello siano tutti democratici: «Non credo. Io l’appello l’ho fatto a nome mio e di nessun altro, ma tra i firmatari credo che siano in molti del movimento»
Gelataia, ma piuttosto a suo agio con i media: «Lo so, mi dicono che lo faccio per apparire. Ma se volevo apparire facevo l’attrice. Se vado in tv è perchè credo in questa petizione. Credo che Grillo ora debba rispondere non più soltanto ai suoi militanti, ma a un gruppo più ampio: agli elettori. Che non sono tutti fanatici e non tutti lo considerano un guru: è gente che crede nella forza del Movimento, ma deve essere usata per cambiare e dialogare, non per i monologhi e gli insulti. Sennò torna indietro»
A sentirla parlare, così saggia e ponderata, uno pensa a un futuro in politica: «Ma no, ho studiato Scienze Politiche, però ho lasciato prima. Mio padre vorrebbe che me la dessero ora la laurea, honoris causa».
Meglio studiare. «Io sento la responsabilità per tutti quelli che hanno firmato, ma sono solo una messaggera.
Un Mercurio che porta i messaggi dagli uomini agli dei che ci governano. Detto questo, lo ripeto: voglio fare la gelataia da grande. È così strano?».
Alessandro Trocino
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
UN MILIONE DA BERLUSCONI E DUE DA LAVITOLA
Scusi senatore De Gregorio, ma lei i soldi da Berlusconi li ha presi o no? 
«Certo che li ho presi. Così come ho chiarito con i magistrati».
Senatore, allora lei ha deciso di collaborare con i pm napoletani quando ha scoperto che non sarebbe stato più candidato, cioè eletto?
«Un’altra sciocchezza. Ai pm di Napoli ho consegnato una copia della raccomandata spedita il 19 settembre scorso a Berlusconi, Verdini, La Russa, Biondi e Alfano nella quale annunciavo che non era mio interesse ricandidarmi, che avrei fatto un passo indietro utile per il rinnovamento. Chiesi loro di dare spazio nelle liste a due giovani di Italiani nel Mondo, così come sancito da accordi sottoscritti da Berlusconi e Verdini nel 2009. Ancora il 19 dicembre Verdini mi ha proposto la candidatura che io ho rifiutato chiedendo in cambio un posto blindato in lista per un giovane dirigente di Italiani nel Mondo».
De Gregorio, un passo indietro maturato perchè voleva essere libero di potersi difendere nelle inchieste accusando il presidente Berlusconi?
«Vuole sapere quando ho maturato la decisione di chiarire, raccontare, assumermi le mie responsabilità anche penali? Quando ho sognato mio padre che mi ha spronato a liberarmi dai miei fardelli, a diventare uomo libero per poter ricominciare».
Non perchè rischiava l’incriminazione per riciclaggio con l’aggravante di aver favorito l’organizzazione camorrista?
«È un’altra balla. Sono già a processo per riciclaggio semplice, senza aggravante e dimostrerò che ero una vittima di usura. In realtà ho maturato la scelta di collaborare nel momento in cui ho avvertito la consapevolezza che nel nuovo Parlamento una parte degli eletti avrebbe preteso una “Norimberga per i politici”.
Non volevo passare alla storia come un senatore che esce con le manette da Palazzo Madama.
Da libero cittadino, invece, mi consegnerò alla giustizia.
Ho scritto ai pm napoletani che il giorno dopo lo scioglimento delle Camere sarei andato da loro. E così è successo…».
Con l’avvocato Ghedini lei si è mai consultato?
«L’incontrai nel maggio scorso preannunciandogli la mia decisione e chiedendogli un aiuto per il dopo. Avrei voluto che mi fosse finanziato un film sul genocidio del popolo curdo».
In uno degli interrogatori lei ha detto che si è combattuta una vera guerra per far cadere il governo Prodi, e ha fatto riferimento al ruolo degli americani….
«Sul punto non posso dire nulla. Aspettate e capirete perchè ho parlato di guerra».
Lei rispondendo a Berlusconi ha detto che da tempo si sta preparando agli arresti domiciliari. Perchè non ha chiesto la revoca della misura, come ha fatto Marco Milanese che l’ha ottenuta?
«Non l’ho fatto perchè non voglio intorbidare il clima».
Chi è per lei Valter Lavitola, suo compagno di merendine?
Gli ho fatto da compare di cresima. È un ragazzo diseducato alla vita. In testa ha il film del denaro, vuole diventare ricco come Silvio Berlusconi».
Intanto era consapevole che liberarsi dei suoi macigni avrebbe comportato l’incriminazione di Berlusconi?
«Sono nel giusto, non mi pongo il problema di inguaiare qualcuno. Forse qualcuno ha solidarizzato con me quando Reggio Calabria mi ha indagato per rapporti con la ‘ndrangheta? Non ho ricevuto neppure una telefonata… Quando si è discusso al Senato la richiesta del mio arresto ho avuto la chiara sensazione che mi dovevo guardare da possibili traditori nel mio gruppo».
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Marzo 3rd, 2013 Riccardo Fucile
SPUNTA UNA FALSA LAUREA ANCHE PER LUI SUL SITO GOVERNATIVO E SU INTERNET… LA REPLICA: “MAI SCRITTO DI AVERLA CONSEGUITA”
Dieci giorni dopo Oscar Giannino, è il turno di Guido Crosetto.
Anche l’ex sottosegretario alla Difesa avrebbe millantato titoli di studio mai conseguiti. A darne notizia, il sito Lo Spiffero, che ha accusato l’ex parlamentare Pdl di essersi più volte dichiarato in possesso di una laurea in Economia e Commercio. Titolo che, stando alle verifiche effettuate presso l’Università di Torino, Crosetto non avrebbe mai conseguito.
«Nello statino universitario della facoltà di Economia dell’Ateneo subalpino i suoi esami risultano fermi al 1991, anno in cui ha sostenuto l’ultima prova. Da allora nessuno l’ha più visto a lezione e, ovviamente, non ha mai conseguito il titolo di dottore» ha scritto il sito.
IN RETE
Eppure dai diversi profili personali del fondatore di Fratelli d’Italia sparsi sul web, Crosetto risulta laureato.
Fino alle prime ore di sabato mattina, ad esempio, Wikipedia lo dava in possesso di una laurea in Economia e commercio nella pagina a lui dedicata.
Ma dopo la divulgazione della notizia sul falso titolo di studio attribuito all’ex onorevole, qualche utente dell’enciclopedia ha corretto la voce scrivendo che Crosetto «interrompe gli studi senza laurearsi a seguito della morte del padre», mentre, si legge in una nota, «in precedenza aveva affermato di essersi laureato a 24 anni, in un’intervista a Vittorio Zincone»
Ed è stata proprio l’intervista rilasciata al giornalista del settimanale Sette a far discutere.
«Avevo 24 anni e mi ero appena laureato in Economia» aveva detto Crosetto a Zincone nel dicembre scorso, confermando dalla sua viva voce di essere in possesso della laurea mai conseguita. E
neanche il sito della Camera dei Deputati fa eccezione, dal momento che nonostante Crosetto non sia stato rieletto durante le ultime consultazioni, la sua pagina personale da deputato fino a qualche ora fa riportava: «Crosetto Guido, Pdl, nato a Cuneo il 19 settembre 1963. Laurea in Economia e commercio; imprenditore»
INCONGRUENZE
Di diverso tenore, invece, le biografie presenti sul suo sito personale — in cui non si fa menzione della laurea – e sulla pagina dedicata all’ex sottosegretario sul sito del Ministero della Difesa, in cui viene riportato un ambiguo «Facoltà di Economia e Commercio presso l’Università degli Studi di Torino» senza specificare il riferimento nè alla sola frequentazione del corso di laurea, nè al conseguimento del titolo.
CROSETTO: MAI SCRITTO DI ESSERE LAUREATO
Contattato in serata da Corriere.it, Guido Crosetto ha voluto chiarire la vicenda.
«Non ho mai detto o scritto di essere laureato. Proprio oggi ho chiesto spiegazioni alla Camera, che correggerà » ha risposto Crosetto, specificando anche di non aver scritto di suo pugno «le pagine che mi vengono contestate, nè di aver mai usato una presunta laurea per qualcosa».
Eppure, le pagine dei parlamentari sul sito della Camera vengono redatte in base ai curricula presentati dagli stessi deputati.
«Si, è vero, infatti non capisco come mai sulle pagine riferite ai miei precedenti mandati durante le legislature XIV e XV la laurea non ci sia (infatti non è presente, ndr), mentre nell’ultima appare», dice Crosetto
«L’intervista a Zincone? Abbiamo parlato per un’ora e mezza, gli ho detto solo di aver frequentato l’università , e di aver lasciato a causa della morte di mio padre. Non voglio accusarlo, ma magari avrà sintetizzato male» conclude.
«DEBOLEZZA UMANA»
L’ex sottosegretario alla Difesa si lascia poi andare ad un’ipotesi sulla paternità dell’attacco ricevuto: «Tutto è nato dall’offerta che ho ricevuto dal governatore Cota, per dare una mano al bilancio della Regione Piemonte, facendo anche da vicepresidente. Ho rifiutato la carica, e mi sono proposto di farlo gratuitamente, eppure mi hanno attaccato lo stesso, guardacaso su un giornale piemontese».
Ma lei assicura di non aver mai detto di essersi laureato?
«Sinceramente qualche volta è successo che abbia detto di esserlo, a delle singole persone. È stata una debolezza, che fa parte dell’umanità ».
Nicola Di Turi
(da “il Corriere della Sera“)
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