Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
LE LEGGI SOCIALI DI CUI SI DOTO’ IL PRIMO FASCISMO FURONO TALMENTE ALL’AVANGUARDIA DA ESSERE ADOTTATE IN MOLTI PAESI DEMOCRATICI… QUALCUNO FORSE RIMPIANGE LA DESTRA LIBERALE DEI PADRONI DELLE FERRIERE E LA SINISTRA DEI GULAG?
Da decenni, a cominciare dai primi studi di De Felice, il fascismo è ormai oggetto di seria analisi storiografica, dalle origini alla Rsi.
Esistono varie scuole di pensiero, ovviamente, tra chi esprime condanne in toto, chi salva gli anni del consenso (che, per essere definiti tali, evidentemente si basavano sulla condivisione del regime da parte degli italiani), e chi contestualizza le varie fasi nell’ambito dei sommovimenti mondiali di quegli anni.
Esistono poi i caricaturisti che speculano per una manciata di voti sull’apologia del regime, antifascisti che hanno messo il segnale dall’allarme al boiler della storia, pronti a scattare fuori dall’uscio appena una sprovveduta osa parlare di “fascismo buono” senza saper poi argomentare, qualche comunista d’annata che non ha avuto il piacere di partecipare a visite guidate ai gulag .
Le argomentazioni globali sono speculari alle dittature comuniste: libertà negate, regimi di polizia, persecuzione degli avversari politici.
Nulla di nuovo e nulla da obiettare.
Se non che sarebbe interessante computare anche le vittime del capitalismo di quegli anni, i diritti negati ai lavoratori, le morti in fabbrica, lo sfruttamento dei minori e delle donne, le guerre di colonizzazione condotte dalle democrazie e i relativi indigeni trucidati, i latifondi consegnati dalla destra storica alla speculazione dei grandi proprietari terrieri.
Ma su questi argomenti gli indignados, tra i grandi intellettuali italiani, sono pochini.
Il fascismo delle origini non può essere “buono”, sostengono oggi, perchè “marciò con violenza su Roma” (peraltro senza colpo sparare, segno che tanta opposizione non ci fu…) e distribuendo “randellate” (salvo dimenticare come furono accolti i reduci della guerra 15-18 dai “rivoluzionari comunisti” che notoriamente erano muniti solo di fiorellini di campo).
Sarebbe interessante che si aprisse un dibattito mettendo a confronto il welfare dei tempo della destra storica giolittiana e le norme d’avanguardia che introdusse il primo fascismo e quante ne ha prodotte la nostra democrazia negli ultimi sessanta anni.
Qualche esempio?
L’assicurazione Invalidità e Vecchiaia, la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore, la tutela del lavoro delle donne e dei bambini, l’Opera nazionale dopolavoro, le colonie marine e montane per i ragazzi, l’elettrificazione della rete ferroviaria, lo sviluppo delle centrali idroelettriche, le bonifiche dell’agro Pontino, dell’Emilia, della bassa Padana, di Coltano, della Maremma, l’Opera Maternità e Infanzia, l’assistenza agli illegittimi, la Carta del lavoro, le esenzioni tributarie per le famiglie numerose, la creazione del libretto di lavoro, la legge istitutiva dell’Inps, gli assegni familiari, le Casse rurali e artigiane, la legge che istituiva lo IACP per le case popolari, l’assistenza santaria gratuita.
Per non parlare dello lotta vera alla mafia, la creazione di aree industriali, lo sviluppo della rete autostradale, delle ferrovie e dei porti, la facoltà d’indagine alla polizia tributaria, gli acquedotti pugliese, del Monferrato, del Perugino, la creazione dei Parchi nazionali, la riforma della scuola.
Non era forse quell’Italia oggetto di ammirazione e di esempio legislativo per molte democrazie occidentali?
O quei leader erano tutti ubriachi quando introducevano nei loro Paesi le norme che per prime erano state adottate dall’Italia?
Prima di sollevare polemiche sul nulla, sarebbe opportuno che qualche giornalista studiasse la genesi del fascismo e la storia del nostro Paese.
Un fenomeno complesso non può essere lasciato alle battute di un Grillo, di un Cavaliere o di qualche caratterista da baraccone sedicente fascista a tempo scaduto.
Ma neanche a chi commenta i fenomeni storici soffrendo di strabismo.
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Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
LA SFIDA DECISIVA SULLA PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA E IL RISCHIO ROTTURA DEL VASO DI PANDORA
Il balletto sulla maggioranza di governo continuerà per settimane, ma già oggi è chiaro che la disputa
non è più su Palazzo Chigi bensì sul Colle, considerato lo snodo decisivo per gli assetti futuri di potere, l’à ncora a cui i partiti intendono aggrapparsi prima di tornare al voto.
È sulla presidenza della Repubblica che si gioca insomma la vera sfida, e il rischio è che la delicata trattativa possa trasformarsi in un regolamento di conti, provocando la rottura del vaso di Pandora.
Perchè il Quirinale – diventato negli ultimi anni un motore attivo nell’indirizzo politico – è l’ultimo punto di equilibrio in un sistema andato ormai a pezzi: se saltasse, il conflitto non avrebbe più quartiere.
E il rischio esiste, è maggiore dello stallo sulla formazione di una maggioranza di governo.
D’altronde l’esito del voto ha decretato che palazzo Chigi non è più «scalabile» dai partiti della Seconda Repubblica, a cui toccherebbe al massimo un ruolo precario in un contesto già proiettato verso le elezioni successive: questo sarebbe il destino dell’idea di Bersani, che si propone di varare un gabinetto di minoranza tenuto in vita dall’appoggio esterno dei grillini.
Si vedrà se e in che modo Napolitano – vista l’intransigenza di M5S ad un accordo con il Pd – riuscirà a trovare una soluzione alternativa.
Se proverà la carta di un esecutivo tecnico-politico, oppure se attingerà a quella che è diventata ormai la «terza Camera», cioè Bankitalia, per un governo di «convergenza istituzionale» che – almeno nominalmente – non prevederebbe una «alleanza» tra Pd e Pdl ma solo un «appoggio» a un gabinetto guidato da un esponente di Palazzo Koch.
Da giorni si fanno i nomi del governatore Visco e del direttore generale Saccomanni, che il centrosinistra accreditava come possibile ministro dell’Economia in caso di vittoria.
Questo governo – proiettato sul medio termine – avrebbe il compito di rassicurare i mercati, lavorare al rilancio dell’economia e garantire ai partiti il tempo necessario per varare le riforme in Parlamento, compresa la legge elettorale.
La prospettiva al momento appare indigesta al Pd ma anche al Pdl, stanco di «governi dei banchieri».
La soluzione – semmai si concretizzasse – sarebbe di sicuro più potabile di un Monti-bis, verso cui sono contrari le due forze politiche.
Perciò le manovre fatte ieri dal Professore non avrebbero effetti.
L’incontro al Quirinale e la lettera che Monti ha inviato a Bersani, Berlusconi e al «signor Grillo» sono di certo un tentativo di annodare i fili del dialogo sotto l’ombrello europeo, in vista del vertice di Bruxelles.
Ma sono vissuti come «espedienti tattici» dal segretario dei Democratici e dal leader del centrodestra, che li interpretano come un tentativo del Professore di rientrare in gioco.
E non a caso il capo di M5S si pone in contrapposizione ai due avversari, evocando il nome di Monti come possibile successore di se stesso a palazzo Chigi.
Il suo fine è scoperto: disarticolare ulteriormente il sistema imperniato su Pd e Pdl, agli occhi di un’opinione pubblica che ha bocciato alle elezioni l’alleanza di centro.
In ogni caso, qualsiasi soluzione di governo «tecnico» si realizzasse, i partiti avrebbero un ruolo marginale.
Ecco perchè è sul Quirinale che sono concentrate le attenzioni.
E il tentativo del Pd di far pressione sul Colle per anticipare l’elezione del nuovo capo dello Stato è la prova di quanto cruenta si appresta ad essere la sfida e dei rischi che il vaso di Pandora vada in frantumi.
È vero che Napolitano ha ribadito di non essere in corsa per una sua ricandidatura, sottolineando peraltro che un presidente della Repubblica «non è a termine», ma è altrettanto vero che al momento non appare facile la convergenza bipartisan su un altro candidato.
Anzi, a palazzo Chigi come nel Pdl viene accreditata la tesi che «una parte del Pd» sta lavorando ad una «operazione di maggioranza» per il Colle sul nome di Prodi, da rendere manifesta a ridosso delle votazioni per il Quirinale.
Non è dato sapere se anche Casini sarebbe della partita.
Per un centro che – dopo la sconfitta elettorale – sarà chiamato a scegliere da che parte stare, potrebbero contare i buoni rapporti tra concittadini.
I due bolognesi infatti hanno rapporti frequenti, e prima che Monti diventasse presidente del Consiglio, Prodi tenne una dotta lezione di economia al leader dell’Udc.
Numeri alla mano, per l’operazione potrebbero non servire i voti di Grillo, che peraltro – dopo esser stato corteggiato – ha fatto capire che potrebbe convergere «sul nome di Rodotà ».
Ma è Prodi che Berlusconi vede come fumo negli occhi, ecco perchè il Pdl già grida al golpe.
Il fondatore dell’Ulivo potrebbe essere l’à ncora del centrosinistra, in attesa di tentare la rivincita nelle urne.
È scontato infatti che – dinnanzi a una simile operazione – il centrodestra salirebbe sulle barricate, interpreterebbe l’eventuale elezione dell’ex premier come un «fattore divisivo» e chiuderebbe al dialogo su tutto, compresa la legge elettorale.
La missione a favore di Prodi però non incontra i favori di tutto il Pd, dov’è iniziata una durissima battaglia. Il 18 marzo dovrebbero iniziare le consultazioni al Quirinale per il governo, ma il vero D-day sarà il 15 aprile, quando inizieranno le votazioni per il Quirinale.
Con un sistema a pezzi, con un Parlamento che è la somma di tante impotenze, un passo falso nella partita per il Colle provocherebbe la rottura del vaso di Pandora.
Francesco Verderami
(da “il Corriere della Sera”)
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Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
APERTO UN FASCICOLO DALLA PROCURA DI ROMA CON L’IPOTESI DI CORRUZIONE A CARICO DEI DUE DEPUTATI PASSATI DALL’IDV AI RESPONSABILI E ORA AL PDL
I parlamentari Antonio Razzi e Domenico Scilipoti sono stati iscritti nel registro degli indagati della Procura di Roma nell’ambito di un’indagine sul ‘cambio di casacca’ in Parlamento avvenuto nel dicembre del 2010.
Nei loro confronti si ipotizza il reato di corruzione.
Il procedimento è stato avviato dal procuratore aggiunto Francesco Caporale.
Razzi e Scilipoti erano stati eletti con l’Italia dei valori, partito che manteneva posizioni di opposizione al governo Berlusconi.
Nel dicembre del 2010, entrambi lasciarono l’Idv per entrare nel gruppo dei Responsabili, che sosteneva la maggioranza di centrodestra, proprio in coincidenza con un voto di fiducia al governo guidato da Silvio Berlusconi.
L’inchiesta è simile a quella aperta a Napoli sul passaggio del senatore Sergio De Gregorio dalla maggioranza all’opposizione ai tempi del governo Prodi.
I nomi dei due deputati erano citati in alcune denunce presentate dal leader dell’Italia dei valori, Antonio Di Pietro.
(da “la Repubblica“)
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Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
IL SUCCESSO IMPREVISTO E LE PRESSIONI RISCHIAMO DI DIVIDERE LA SQUADRA; “IL 15% DI VOI POTREBBE TRADIRMI”
Davanti ai suoi parlamentari appare più mogio del solito, per comprensibili ragioni familiari. 
«È teso anche perchè sente molto la responsabilità del momento», dice uno degli intervenuti.
Ma sono molto le ragioni che mettono a dura prova l’abituale verve di Beppe Grillo. Il difficile momento politico, un successo imprevisto che rischia di rendere incontrollabile il movimento e una compattezza tutta da costruire per uno dei gruppi più eterogenei mai visti in Parlamento.
Lo dice lo stesso Grillo ad alcuni dei suoi parlamentari: «Almeno il 15 per cento di voi potrebbe tradirmi, l’ho già messo nel conto».
Timori più che giustificati, visto che la pressione, anche degli stessi elettori del Movimento a 5 Stelle, chiama a un’assunzione di responsabilità che Grillo e Casaleggio vogliono assolutamente rimandare.
La strategia prevede il lento logoramento del Pd.
Il tentativo iniziale era quello di farlo cadere nell’imbuto di alleanze sgradite al suo elettorato, per poi lucrare consenso elettorale.
Strategia che sarebbe stata più efficace se il movimento non fosse stato travolto da una valanga di voti, rendendolo sostanzialmente indispensabile a un qualunque governo. Dalla segreteria del Pd negano con veemenza qualunque «inciucio»: «Mai e poi mai ci sarà un accordo con il Pdl, Grillo se lo metta bene in testa: la responsabilità di dire no se l’assume lui di fronte al Paese».
Per questo, i grillini hanno cambiato tattica in corsa.
Ieri hanno puntato a rendere ininfluente Bersani e il suo Pd, escludendo dal novero delle ipotesi un «governo dei partiti».
E condendo il tutto con un’apertura, tutta da verificare, al «governo tecnico», fatta dal nuovo capogruppo del Senato Vito Crimi.
Proprio ieri Claudio Messora, blogger vicino al Movimento, ha suggerito il nome di Stefano Rodotà come premier.
Ma Crimi va oltre e si spinge fino a non escludere un Monti bis: «Valuteremo». Chiaramente una boutade, visto che il Movimento nasce in radicale alternativa a Monti, non solo al «governo dei partiti».
False aperture che, secondo molti, hanno lo scopo di attirare i partiti nella trappola del logoramento
Se il capo dello Stato desse comunque un incarico, di fronte a un no ufficiale dei leader, i parlamentari a 5 Stelle si potrebbero spaccare. È l’ossessione di Grillo di questi giorni. Che non basti «la demolizione dell’ego», come la definisce un «cittadino» parlamentare. Non a caso, l’altro giorno Grillo ha messo sotto accusa l’articolo 67 della Costituzione, quello sul vincolo di mandato, considerato il padre di ogni trasformismo: chi tradisce deve essere «perseguito penalmente e cacciato a calci». E non è un caso che pochi giorni fa lo stesso Grillo abbia accusato preventivamente i Democratici di «mercato delle vacche»: «Sono volgari adescatori».
Tutti i neoparlamentari giurano che non accadrà , che nessuno tradirà il mandato popolare. Ma il popolo grillino è diviso e nessuno sa cosa può accadere nella testa e nel cuore dei 163 parlamentari, quasi tutti personalmente sconosciuti a Grillo e Casaleggio.
Ma anche il pacchetto proposto dal Pd non soddisfa.
Per l’avvocato Mario Giarrusso si tratta di «otto punti scarsi, se non provocatori».
Se la compattezza dei parlamentari è una delle preoccupazioni maggiori per Grillo, l’altra riguarda l’appeal nei confronti degli elettori.
Presto si tornerà a votare e il M5S rischia di dilapidare il suo patrimonio di credibilità . Per questo Grillo, di fronte alla rincorsa del Pd sui suoi temi, vuole alzare l’asticella.
E ieri diceva ai parlamentari: «Non bastano i 2.500 euro che vi siete tagliati dall’indennità , dovrete rinunciare anche a una parte di rimborsi e diaria».
Che fanno comunque schizzare lo «stipendio» dei neoparlamentari a oltre 11 mila euro.
Quanto all’immagine, ci penserà Gianroberto Casaleggio a comunicare.
Anche se in assemblea ha spiegato: «Io non prenderò un euro, sia chiaro. Ho già querelato otto giornalisti che lo hanno scritto. Aiuterò gratis nella start up e creerò uno staff che sarà a disposizione dei capigruppo. Poi mi farò da parte».
Alessandro Troncino
(da “il Corriere della Sera“)
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Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
RIAPERTA L’INCHIESTA DOPO 35 ANNI… CONSULENZA DELLA PROCURA SU UNA MITRAGLIETTA TROVATA NEL 1988 IN UN COVO DELLE BR A MILANO
Una Skorpion trovata nel 1988 in un covo Br a Milano e utilizzata per gli omicidi dell’economista Ezio Tarantelli, dell’ex sindaco di Firenze Lando Conti e del senatore Roberto Ruffilli.
È questa l’arma da cui ricomincia, 35 anni dopo, l’inchiesta sulla strage di Acca Larentia. Il pm Erminio Amelio ha disposto una consulenza sulla mitraglietta, affidando alla polizia scientifica il compito di cercare impronte digitali e tracce biologiche che potrebbero essere sfuggite in passato.
Così come è successo per gli omicidi di Valerio Verbano (22 febbraio del 1980) e di destra Paolo Di Nella (3 febbraio del 1983), anche stavolta la procura vuole verificare se le tecnologie più moderne, unite alla rilettura dei vecchi atti, sono in grado di fornire elementi utili a individuare i colpevoli.
DUE VITTIME
La strage al centro dell’inchiesta avvenne a Roma il 7 gennaio 1978 davanti alla sezione del Msi in via Acca Larentia, nel quartiere Tuscolano: furono uccisi gli esponenti del Fronte della Gioventù Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta, mentre un terzo attivista, Stefano Recchioni, morì per mano di un carabiniere alcune ore più tardi durante gli scontri con le forze dell’ordine che seguirono i due delitti.
Gli accertamenti sull’arma si sommano a quelli che il pm Amelio ha già disposto sulla rivendicazione del duplice omicidio, una registrata su un nastro, le altre su volantini.
(da “il Corriere della Sera“)
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Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
MONTI: “NON INSEGUO NESSUNO”…TRA I DEMOCRATICI SPUNTA IL NOME DI RODOTA’….IL TENTATIVO DI PASSERA
Mario Monti considera un suo preciso «dovere » rivolgersi, in questa fase delicata, ai leader delle forze
presenti in Parlamento.
Senza che a questo vada data particolare enfasi: «Io non inseguo nessuno — ha confidato il premier ha chi lo sentito dopo la lettera spedita a Bersani, Berlusconi e Grillo — chiedo soltanto se vogliono esprimere un’opinione».
Eppure non è difficile leggere questa mossa in controluce.
E la coincidenza dell’incontro di ieri mattina tra il premier e il capo dello Stato ha avvalorato i timori di quanti, nel Pd, hanno voluto vedere una precisa regia del Quirinale dietro l’iniziativa di apertura di Monti ai tre capi partito.
Anche se il leader del M5S dovesse rifiutare l’invito a palazzo Chigi, è chiaro che accomunare in un gesto di responsabilità i tre leader, a ridosso di un’importante scadenza europea, equivale a far vedere a tutti quale potrebbe essere il perimetro allargato di un eventuale governo del Presidente.
Insomma, alla maggioranza “ABC” che ha sorretto Monti si potrebbe sostituire l’ultima consonante: con la “G” di Grillo.
Oltretutto invitare il leader antisistema a palazzo Chigi serve anche a normalizzare il fenomeno Grillo, a togliergli il cappuccio da moscone, riportandolo nell’alveo della dialettica politica.
Inoltre far “rivedere” sulla scena Monti, eclissatosi dopo il risultato deludente di Scelta Civica, per il capo dello Stato è utile per mandare un segnale all’estero, per dimostrare (come ha detto in Germania) che in Italia «un governo c’è».
È ancora in carica oggi, e magari lo sarà anche domani.
Nelle sue conversazioni di Napolitano – ieri in questa sorta di consultazioni informali è finito anche con Romano Prodi, ufficialmente per parlare del «Mali» – il capo dello Stato ha infatti iniziato anche a gettare sul tavolo alcuni nomi.
Nulla di deciso, ma soltanto delle possibilità nel caso Bersani non dovesse farcela nel tentativo di agganciare il M5S.
In prima linea c’è Monti, appunto. Oppure il governatore Ignazio Visco.
O entrambi, con Visco premier tecnico e Monti all’Economia. A un governo tecnico i grillini potrebbero persino dare la fiducia.
L’altro nome che inizia a circolare per palazzo Chigi è più connotato politicamente, quello di Stefano Rodotà .
Ovviamente il giurista potrebbe essere votato solo da una maggioranza Pd-M5S, avendo fra l’altro firmato l’appello per l’ineleggibilità di Berlusconi.
A la Zanzara il blogger Claudio Messora, vicino al M5S, ha definito Rodotà «una persona stimata », aggiungendo che «Grillo potrebbe appoggiare un governo fatto da persone neutre che non hanno fatto danni in passato».
In corsa ci sarebbe anche a Corrado Passera, che ieri a opposto un sibillino no comment alle voci su una sua candidatura.
Al momento comunque qualunque ipotesi per palazzo Chigi dovrà essere verificata alla luce del clima che si creerà in Parlamento per l’elezione dei due presidenti. È quella la prima partita e già in settimana potrebbe riunirsi il Consiglio dei ministri per anticipare la prima riunione delle Camere al 12 marzo.
Nichi Vendola, in un corridoio del Transatlantico, aspetta i grillini al varco e spera: «Hanno detto che vogliono le presidenze delle commissioni di garanzia. Benissimo, si stanno già predisponendo a una dialettica parlamentare».
E se il Pd ha da solo i numeri per eleggere Dario Franceschini a Montecitorio, anche a palazzo Madama si potrebbe arrivare a un ballottaggio tra il candidato democratico (Anna Finocchiaro) e quello Pdl (Renato Schifani).
«A quel punto – ragiona ad alta voce Fabrizio Cicchitto – i grillini a scrutinio segreto potrebbero anche far eleggere un presidente del Pd».
Sarebbe un cappotto.
Ma potrebbe spuntare anche la candidatura di Pierferdinando Casini, frutto di un’intesa tra Pd e Scelta Civica.
Insomma i giochi veri ancora non si sono neppure aperti.
E Berlusconi è convinto di non essere aggirabile in alcun modo. «Se non vogliono restare ostaggio di Grillo – osserva Maurizio Gasparri – quelli del Pd devono parlare con noi. Come diceva Totò: questa è la piazza e da qui devono passare».
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
A SINISTRA UNA PROVA DI FORZA FINIREBBE PER CONSACRARE UN VINCITORE SEDUTO SU UN CUMULO DI MACERIE
Stiamo ruzzolando verso le urne.
Giugno, ora si dice. un capitombolo ai confini dell’ignoto, una prova senz’appello di suicidio collettivo.
Il vincitore, se mai dovesse accadere di vederne uno prevalere sugli altri, si troverebbe seduto sopra un cumulo di macerie.
Pier Luigi Bersani dovrebbe guardare oltre la sua porta e la sua poltrona e valutare se non sia il caso, prima ancora di chiederlo a Grillo, di esibire un suo gesto di responsabilità . Come non comprendere che il proprio nome in campo, malgrado ogni buona volontà , edifica solo un muro di insulti, strangola la vita del Partito democratico dentro il rito consumato di una prova di forza inconcludente?
Non è lo sconfitto che “stana” il vincitore di queste elezioni.
E poi: perchè mai il Movimento 5 stelle dovrebbe concedere la fiducia al capostipite dei suoi detrattori?
Qual è la formuletta magica, la domandina finale: o così oppure a casa?
Il tono padronale di questo aut aut, invece che ricomporre, allarga, dilata, chiama alla battaglia. Battaglia già persa, sconfitta annunciata.
E se è impensabile per il Pd fare un governo della moralità pubblica col sostegno del più grande corruttore in circolazione, è indiscutibile che la sfida a cui è chiamato il maggior partito della sinistra è cercare, in ogni modo, un sistema che ponga l’Italia al riparo da una ulteriore prova elettorale che forse la manderebbe definitivamente in rovina.
Servono occhi nuovi per guardare questo nuovo mondo. E
sistono nomi di valore, personalità dal profilo adeguato a sollecitare nel variegato e caotico movimento grillino una riflessione, una prova di fiducia, magari tecnica, per segnare l’idea di un cambiamento possibile, da subito.
Questo giornale ha già illustrato l’esperienza e le qualità di Stefano Rodotà .
Altri, come per esempio Fabrizio Barca, potrebbero ugualmente essere chiamati a immaginare (servirà uno sforzo davvero creativo!) una via di fuga, una luce alla fine di questo tunnel.
Antonello Caporale
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
L’INVITO AL PROCURATORE DI BOLZANO AD ARCHIVIARE LE SPESE FOLLI, DENUNCIATO DALLA CORTE DEI CONTI, NON FA NOTIZIA
C’è una sola corporazione più refrattaria della casta politica al cambiamento: quella dei giornalisti. 
Ieri ci siamo muniti di microscopio elettronico alla ricerca di una qualche traccia della notizia pubblicata sabato dal Fatto: la denuncia, precisa e circostanziata, del procuratore del Trentino Alto Adige della Corte dei Conti Robert Schà¼lmers sulle pressioni ricevute dal Pg Nottola e dal presidente Giampaolino per salvare le chiappe al governatore della Provincia autonoma di Bolzano, Luis Durnwalder della Sà¼dtiroler Volkspartei.
Costui, a leggere le indagini dei magistrati contabili, ma anche varie inchieste giornalistiche, è un incrocio fra Matusalemme e Sardanapalo: al potere ininterrottamente dal 1989 (prima del crollo del Muro di Berlino), è accusato di sperperare il denaro pubblico in regali all’ex moglie e all’ex fidanzata e in spese folli col solito trucco dei “rimborsi”.
Ma è anche un alleato storico del centrosinistra: alle ultime elezioni i 145 mila voti di Svp sono stati decisivi per assicurare a Bersani il primo posto.
Così, narra Schà¼lmers, nel giugno 2012 Durnwalder va in visita pastorale al Quirinale e subito dopo, come per incanto, partono i calorosi inviti al procuratore perchè archivi le indagini sul governatore e usi il guanto di velluto con la giunta altoatesina, altrimenti “ci/ti distruggono”.
Il tutto accompagnato da minacce di dossier sul suo conto: roba che, se ci fosse di mezzo B., si griderebbe alla “macchina del fango”. Invece tutti zitti e mosca.
E dire che i riferimenti alle pressioni del Quirinale si sprecano, nero su bianco.
Del resto, è un copione già tristemente visto. Non è un mistero che Napolitano si sia messo in testa di essere il capo della magistratura, mentre è soltanto il capo dell’organo di autogoverno che dovrebbe difendere i magistrati dalle pressioni esterne. Non esercitarle.
Quando il pm Woodcock terremotò Potenza con le sue indagini, il Colle chiese informazioni su di lui.
Quando la Procura di Salerno scoprì gli insabbiamenti delle indagini di De Magistris a Catanzaro e andò a sequestrare gli atti negati dagli insabbiatori, Napolitano chiese addirittura le carte dell’indagine.
E quando la Procura di Palermo indagò sui politici implicati nella trattativa Stato-mafia, Napolitano e il consigliere D’Ambrosio si attivarono su richiesta di Mancino (indagato per falsa testimonianza) per ottenere dal procuratore nazionale antimafia Grasso e dal Pg della Cassazione (prima Esposito, poi Ciani) l’avocazione dell’indagine o almeno il salvataggio di Mancino.
Ora non un passante o un quacquaracquà , ma il capo della Procura della Corte dei Conti del Trentino-Alto Adige denuncia l’“interferenza indebita del Quirinale” nelle sue indagini su Durnwalder .
Ma nessun giornale ritiene che sia una notizia. Non una riga su Repubblica, Stampa, Messaggero, e neanche sul Giornale e su Libero (meglio tenersi buono Napolitano per il governissimo salva-Nano).
Le uniche tracce della notizia si rinvengono, per i lettori dotati di strumenti di rilevazione ad alta precisione, in una breve di 25 righe sul Corriere.
Ma, beninteso, senz’alcun cenno al ruolo del Quirinale, se non per smentirlo senza spiegarlo.
Il tutto sotto un titolo fatto apposta per non far capire nulla: “’Pressioni pro-Durnwalder’. Giampaolino: tutto falso”.
Chissà oggi come farà la libera stampa a occultare ancora la notizia, visto che ieri il Quirinale ha emesso un comunicato.
Intanto, in prima pagina, Beppe Severgnini definisce “umiliante sapere le intenzioni di M5S leggendo le anticipazioni di un’intervista di Grillo alla rivista tedesca Focus”. Più o meno come apprendere le intenzioni del Pd da un’intervista di Bersani a Che tempo che fa.
Ma mai così umiliante come la stampa italiana che censura le notizie sgradite al Quirinale a edicole unificate.
Poi dice che uno parla con Focus.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 5th, 2013 Riccardo Fucile
“DA LATITANTE HA GODUTO DI APPOGGI IMPORTANTI…GIRI DI ASSEGNI E PERSONAGGI EQUIVOCI, I RAPPORTI CON I SERVIZI SEGRETI SUDAMERICANI
Pile di fascicoli, atti e documenti.
Un archivio che forse nasconde segreti, rapporti e dossier di Valter Lavitola, il faccendiere ieri condannato e al centro di una serie di inchieste coordinate dalla procura di Napoli che lo accusa di tentativo di estorsione ai danni di Silvio Berlusconi e di aver gestito fondi neri al giornale L’Avanti (ha patteggiato 3 anni e otto mesi). L’archivio non è sotto sequestro e si trova nella cantinola dell’abitazione di Maria Lavitola, sorella di Valter a cui quest’ultimo, durante la sua latitanza aveva conferito una serie di procure per amministrare le sue società .
«È stato un anno maledetto. Io pensavo di dover cercare di far sopravvivere delle aziende e preservare dei posti di lavoro e invece lui, Lavitola, voleva farmi fare cose strane. Ma io non ho voluto, mio padre mi ha cresciuta nell’onestà . Per questo quando i magistrati mi hanno fatto delle domande io ho dovuto e voluto dire la verità . Per la mia famiglia invece ormai sono un’infame».
Prende subito le distanze Maria, da quel fratello che la stava trascinando nei suoi affari poco chiari e che lei ormai chiama solo per cognome.
DE GREGORIO
«Non so cosa ci sia in questi fascicoli e non voglio nemmeno saperlo. Immagino che ci siano atti importanti su tutti gli affari gestiti da mio fratello compresi rapporti con politici e faccendieri. Ho dovuto ritirare queste carte perchè l’amministratrice dell’Avanti (i fascicoli erano nelle sede del giornale, ndr), mi disse che bisognava lasciare la sede».
Maria Lavitola ha lavorato per anni per il senatore Sergio De Gregorio anche all’epoca della famosa «comprevendita» di parlamentari da parte dell’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che oggi è indagato per corruzione dai pm Henry John Woodcock, Vincenzo Piscitelli e Francesco Curcio coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Greco.
«So come sono andate le cose perchè una persona di cui di cui non voglio fare il nome e a cui De Gregorio doveva dei soldi mi ha raccontato che un giorno il senatore era nel suo ufficio e ricevette una telefonata da Valter Lavitola. Disse che doveva uscire e al suo rientro aveva con sè un fascicolo ed era molto arrabbiato. Con una gesto di stizza sbattè il fascicolo sulla scrivania e caddero dei soldi. Erano molti soldi circa 500.000 euro.
LE DIFFICOLTà€ ECONOMICHE –
Maria parla anche delle difficoltà economiche attraversate dal senatore De Gregorio per un periodo di tempo. Parla di giri di assegni ed i personaggi ambigui con cui il senatore aveva a che fare.
Dice di avere lei stessa incontrato delle persone, consegnato assegni, insomma di aver fatto qualche volta, inconsapevolmente da tramite e che poi ricostruendo questo enorme puzzle si è resa conto che probabilmente si trattava di un giro di usurai che tenevano sotto scacco De Gregorio.
A casa di Maria non ci sono solo i fascicoli delle società di Lavitola ma anche le procure a lei intestate e una serie di foto delle proprietà che il faccendiere ha in Brasile.
Un’azienda ittica e una fazenda immensa in costruzione.
Ci mostra le foto e aggiunge che le aziende in questo momento risultano intestate ad un personaggio brasiliano Alexander Herodoto de Campos.
LA COMPAGNA –
Maria è convinta che Valter Lavitola abbia accumulato soldi all’estero e che sia riuscito a spostare delle somme fuori dall’Italia, sostiene che il fratello ha avuto rapporti con i segreti servizi segreti italiani e brasiliani e che anche la sua compagna Brasiliana Neire Cassia Pepe Gomez facesse parte dei servizi segreti o almeno questo è quello che lei le ha raccontato.
Nell’archivio di Lavitola ci sono anche i fascicoli della VL Consulting la società coinvolta nell’affare Finmeccanica su cui stanno indagando i pm napoletani.
A questo punto Maria Lavitola racconta un episodio inquietante: «Quando mio fratello era latitante, durante una telefonata cercai di convincerlo a sistemare tutte le sue cose, compresa la questione Finmeccanica avvisandolo che gli inquirenti sapevano tutto. Lui, invece, mi rispose sicuro di sè che i magistrati e le forze dell’ordine in realtà non sapevano niente e soprattutto non avrebbero mai potuto provare niente», lasciando quindi intendere che dietro questa storia ci fossero ulteriori storie, giri di soldi e persone insospettabili.
I RAPPORTI CON I POLITICI –
Maria è stata anche testimone dei rapporti che suo fratello Valter aveva con una serie di politici: «Si trattava secondo me di rapporti non corretti. Ne aveva con Berlusconi, Cosentino, Cicchitto e con il questore della camera Colucci. Spesso parlavano di dossier».
La questione che però sta più a cuore a Maria è quella relativa al giornale l’Avanti: «Il giornale è nelle mani di persone di fiducia di Valter Lavitola che lo stanno facendo morire. Non esce un foglio ormai da tempo. Quel giornale è stato comprato con l’eredità di mio padre che spettava anche a me. Noi dobbiamo tutto a mio padre ma lui se ne è dimenticato. E in questa faccenda è stato toccato anche il suo nome. È stato tirato in ballo perchè era il consulente di alcuni camorristi e della procura in quanto neuropsichiatra e direttore di manicomi. Lui era un uomo onesto e perbene: non è mai sceso a patti con nessuno e ha rifiutato un impero. Quando venivano dei latitanti, lui, come medico non si tirava indietro ma poi immediatamente li denunciava alle forze dell’ordine. Ci ha insegnato, anzi, mi ha insegnato a vivere dignitosamente in ricchezza e povertà . Valter Lavitola ha vissuto nel lusso, io nella semplicità e a me sta bene così perchè posso camminare a testa alta».
Amalia De Simone
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: Berlusconi, denuncia | Commenta »