IL FASCISMO “BUONO” DELLA GRILLINA E IL RISVEGLIO DEI FARISEI STRABICI DELL’ANTIFASCISMO
LE LEGGI SOCIALI DI CUI SI DOTO’ IL PRIMO FASCISMO FURONO TALMENTE ALL’AVANGUARDIA DA ESSERE ADOTTATE IN MOLTI PAESI DEMOCRATICI… QUALCUNO FORSE RIMPIANGE LA DESTRA LIBERALE DEI PADRONI DELLE FERRIERE E LA SINISTRA DEI GULAG?
Da decenni, a cominciare dai primi studi di De Felice, il fascismo è ormai oggetto di seria analisi storiografica, dalle origini alla Rsi.
Esistono varie scuole di pensiero, ovviamente, tra chi esprime condanne in toto, chi salva gli anni del consenso (che, per essere definiti tali, evidentemente si basavano sulla condivisione del regime da parte degli italiani), e chi contestualizza le varie fasi nell’ambito dei sommovimenti mondiali di quegli anni.
Esistono poi i caricaturisti che speculano per una manciata di voti sull’apologia del regime, antifascisti che hanno messo il segnale dall’allarme al boiler della storia, pronti a scattare fuori dall’uscio appena una sprovveduta osa parlare di “fascismo buono” senza saper poi argomentare, qualche comunista d’annata che non ha avuto il piacere di partecipare a visite guidate ai gulag .
Le argomentazioni globali sono speculari alle dittature comuniste: libertà negate, regimi di polizia, persecuzione degli avversari politici.
Nulla di nuovo e nulla da obiettare.
Se non che sarebbe interessante computare anche le vittime del capitalismo di quegli anni, i diritti negati ai lavoratori, le morti in fabbrica, lo sfruttamento dei minori e delle donne, le guerre di colonizzazione condotte dalle democrazie e i relativi indigeni trucidati, i latifondi consegnati dalla destra storica alla speculazione dei grandi proprietari terrieri.
Ma su questi argomenti gli indignados, tra i grandi intellettuali italiani, sono pochini.
Il fascismo delle origini non può essere “buono”, sostengono oggi, perchè “marciò con violenza su Roma” (peraltro senza colpo sparare, segno che tanta opposizione non ci fu…) e distribuendo “randellate” (salvo dimenticare come furono accolti i reduci della guerra 15-18 dai “rivoluzionari comunisti” che notoriamente erano muniti solo di fiorellini di campo).
Sarebbe interessante che si aprisse un dibattito mettendo a confronto il welfare dei tempo della destra storica giolittiana e le norme d’avanguardia che introdusse il primo fascismo e quante ne ha prodotte la nostra democrazia negli ultimi sessanta anni.
Qualche esempio?
L’assicurazione Invalidità e Vecchiaia, la riduzione dell’orario di lavoro a otto ore, la tutela del lavoro delle donne e dei bambini, l’Opera nazionale dopolavoro, le colonie marine e montane per i ragazzi, l’elettrificazione della rete ferroviaria, lo sviluppo delle centrali idroelettriche, le bonifiche dell’agro Pontino, dell’Emilia, della bassa Padana, di Coltano, della Maremma, l’Opera Maternità e Infanzia, l’assistenza agli illegittimi, la Carta del lavoro, le esenzioni tributarie per le famiglie numerose, la creazione del libretto di lavoro, la legge istitutiva dell’Inps, gli assegni familiari, le Casse rurali e artigiane, la legge che istituiva lo IACP per le case popolari, l’assistenza santaria gratuita.
Per non parlare dello lotta vera alla mafia, la creazione di aree industriali, lo sviluppo della rete autostradale, delle ferrovie e dei porti, la facoltà d’indagine alla polizia tributaria, gli acquedotti pugliese, del Monferrato, del Perugino, la creazione dei Parchi nazionali, la riforma della scuola.
Non era forse quell’Italia oggetto di ammirazione e di esempio legislativo per molte democrazie occidentali?
O quei leader erano tutti ubriachi quando introducevano nei loro Paesi le norme che per prime erano state adottate dall’Italia?
Prima di sollevare polemiche sul nulla, sarebbe opportuno che qualche giornalista studiasse la genesi del fascismo e la storia del nostro Paese.
Un fenomeno complesso non può essere lasciato alle battute di un Grillo, di un Cavaliere o di qualche caratterista da baraccone sedicente fascista a tempo scaduto.
Ma neanche a chi commenta i fenomeni storici soffrendo di strabismo.
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