Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
MARONI HA AFFIDATO UNA CONSULENZA SULLA “MACROREGIONE” ALL’EX PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI VARESE DARIO GALLI
Dario Galli, ex presidente leghista della Provincia di Varese, oggi commissario dell’ente e già nel consiglio di amministrazione di Finmeccanica, è stato nominato consulente “per lo sviluppo di progetti speciali a livello macroregionale” dal presidente della Regione Lombardia e leader della Lega, Roberto Maroni.
E’ quanto riferisce il gruppo consiliare lombardo del Pd in una nota in cui si parla di un “costo di 50mila euro” per la Regione.
“Sembra che per lo sviluppo dell’improbabile macroregione occorra un superconsulente – sostiene nella nota il capogruppo Alessandro Alfieri, che è anche coordinatore lombardo del Pd – O forse, più probabilmente, Maroni ha voluto risarcire l’ eclettico Galli, evidentemente esperto di aerei come di architettura istituzionale, per una mancata nomina ad assessore”.
“Non se ne sentiva assolutamente il bisogno – conclude – tanto meno per 50mila euro a carico dei cittadini lombardi. A meno che, trattandosi di macroregione, Maroni non voglia chiedere una compartecipazione a Zaia e Cota”.
La replica dei collaboratori di Maroni non fa che confermare la notizia.
Il presidente della Regione ha la facoltà di nominare “fino a cinque consulenti” per progetti che sono ritenuti “prioritari”, fanno sapere, come appunto quello della cosiddetta macroregione.
Quanto al compenso di Galli, che è commissario della Provincia di Varese, viene precisato che (per ora) è l’unico consulente nominato dal governatore e con la sua nomina si è deciso per 50mila euro annui “
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Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
IL GOVERNO NOMINA GIOVANNA IURATO AL POSTO DI FRANCO LA MOTTA, IN MANETTE PER CORRUZIONE… IL NUOVO PREFETTO A GENNAIO ERA STATA INTERDETTA DAI PUBBLICI UFFICI ED E’ INDAGATA PER TURBATIVA D’ASTA… SI ERA ANCHE VANTATA DI AVER FINTO DI PIANGERE PER I TERREMOTATI DELL’AQUILA
Su proposta di Angelino Alfano, il consiglio dei ministri presieduto da Enrico Letta ha nominato un prefetto tuttora indagato per turbativa d’asta e in passato interdetto dai pubblici uffici per far dimenticare il predecessore: un prefetto arrestato per corruzione e altri reati.
A Roma e Napoli nei due uffici della Procura ieri si rideva amaramente.
I pm romani hanno appena arrestato Franco La Motta, l’ex numero due dell’Aisi, per i traffici fatti con il Fondo per gli Edifici di Culto, dal quale sono spariti una decina di milioni, trasferiti in Svizzera e poi rimpatriati con gli spalloni.
Tutti si attendevano una nomina che spazzasse va ogni dubbio dei cittadini su come il Viminale gestisce i loro soldi in un momento di crisi.
E il governo che fa? Nomina un prefetto indagato.
Il Fec è un fondo istituito nel 1985 per gestire i beni della Chiesa cattolica dei quali lo Stato si appropriò nell’Ottocento.
Non brilla per trasparenza, come dimostra la storia dei 10 milioni spariti.
Il ministro dell’Interno Angelino Alfano, reduce dal caso kazako, ha pensato per questa Direzione a Giovanna Iurato, un prefetto che aveva ricevuto a gennaio l’interdizione dai pubblici uffici dal gip di Napoli Claudia Picciotti.
Nell’ordinanza si leggeva: Giovanna Iurato, in qualità di direttore dell’Asse primo dei fondi Pon Sicurezza, con collusioni o altri mezzi fraudolenti, abusando dei poteri e in violazione dei suoi doveri, turbava la pubblica gara segregata e a procedura negoziata per la fornitura di un “sistema di consolidamento e gestione centralizzata dei sistemi di videosorveglianza territoriale presso il Cen (Centro elettronico nazionale) di Napoli. per un importo complessivo di 37 milioni di euro al fine di aggiudicare la medesima al Rti costituito dalle società (…) con mandataria Elsag Datamat Spa”.
L’interdizione è stata annullata dal Tribunale del riesame di Napoli che ha sancito l’incompetenza territoriale spedendo il fascicolo a Roma.
Qui il pm Roberto Felici ha inviato l’avviso di chiusura delle indagini che solitamente prelude alla richiesta di rinvio a giudizio.
L’avvocato di Giovanna Iurato, Renato Borzone, dice che “in Italia vale ancora la presunzione di innocenza e in questo caso vale due volte perchè basta leggere le carte per capire che la mia assistita dimostrerà la sua innocenza”. Sarà .
Comunque a rendere ancora più imbarazzante la vicenda giudiziaria sono due dati: il marito del Prefetto Iurato (non indagato) è Giovanni Grazioli, dipendente della Elsag Datamat, la società che si è aggiudicata la gara segretata per la quale è indagata la moglie; e nell’indagine è stata intercettata una conversazione telefonica tra Iurato e il prefetto a capo dello Sco: Iurato e Francesco Gratteri, poi condannato per i fatti del G8 e rimosso dal suo ruolo, ridevano delle finte lacrime a fini mediatici della Iurato alla Casa dello Studente.
Iurato: Eh allora sono arrivata là , nonostante la mia…cosa che volevo…insomma essere compita (fonetico)…mi pigliai, mi caricai questa corona e la portai.
Gratteri: Ti mettesti a piangere …sicuramente!
I: Mi misi a piangere.
G: Ovviamente, non avevo dubbi (ride).
I: Ed allora subito…subito…lì i giornali: “le lacrime del Prefetto”.
G: Non avevo dubbi (eh, eh ride).
I: Ehhhhhhh (scoppia a ridere) i giornali : “le lacrime del Prefetto”.
L’Ansa ha diffuso una nota di non meglio precisate fonti del Ministero dell’interno che tentano di limitare i danni mediatici: “E’ solo uno spostamento non è una promozione. La direzione ha competenze solo di studio e Iurato scende un gradino nella retribuzione”.
Il nome del prefetto era emerso anche negli atti dell’indagine su Diego Anemone e la cricca per alcuni lavori.
Lei però, quando è intercettata dai pm di Napoli nel 2010, sostiene di avere un assegno che prova il pagamento ad Anemone dei lavori.
Nelle carte dell’indagine sulla Cricca effettivamente c’è una fattura del 21 novembre del 2008 e Anemone spiega alla Guardia di Finanza: “Iurato è un dirigente del ministeri dell’interno e Anemone Costruzioni ha effettuato dei lavori di ristrutturazione presso l’appartamento sito in via Cassia 962, documentati dalla fattura n. 69 del 21 -11- 2008”.
Però c’è anche altro.
Per esempio il “dettaglio dei costi sostenuti dall’impresa Anemone costruzioni nell’anno 2005 riferibili a prestazioni di servizio e-o fornitura di materiale eseguite nei confronti di privati a fronte dei quali la società non ha emesso la relativa fattura”. In questo documento accanto alla “Commessa 13-05 D.ssa Iurato” si legge: “15 ottobre 2005 De Masi Srl 5728,73”.
Inoltre, nel computer della segretaria di Anemone, Alida Lucci, la Polizia scopre che il nome della Iurato è citato più volte nei “libri giornali”.
Il 9 dicembre 2004 si legge sotto la colonna uscite: “condono Iurato + tassa c/c n.3 3081,82 euro”.
Il 31 maggio 2005: “extr cass Condono via Labicana (Iurato): 2304,11 euro”. Il 2 maggio 2006: “extr cass c/c condono Iurato via Labicana 2.199,31 euro”, sempre alla voce uscite. Alla data del 16 ottobre 2006 ci sono due annotazioni. La prima in entrata “Clie Cass Da Iurato 12 mila euro”.
La seconda in uscita: “Edil Cass Acconto Angelo Napoletano (Ass. Iurato)” sempre di 12 mila euro. Il prefetto è proprietaria di una casa in via Labicana nella quale sono stati fatti lavori di ampliamento che hanno portato nel 2006 a una variazione catastale da 6 a 7 vani.
Chi ha pagato le rate del condono?
Abbiamo posto il quesito al Prefetto (via sms) e a suo marito ma non hanno voluto rispondere. Ieri le porte girevoli del Viminale sono state crudeli con Alessandro Valeri, coinvolto nel caso kazako, che perde il posto di capo segreteria del Dipartimento Pubblica Sicurezza, come chiesto dal ministro Alfano.
Al suo posto arriva Vincenzo Panico. Umberto Postiglione è il nuovo Capo del Dipartimento per gli affari interni. Poi c’è una raffica di donne nominate prefetto: a Palermo arriva Francesca Cannizzo. A Catania Maria Federico; Maria Laura Simonetti a Prato; Anna Maria Manzone a Grosseto; Carla Cincarilli a Mantova.
Marco Lillo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
COME SI E’ ARRIVATI AL LANCIO DI BANANE ALLA KYENGE
Razzista numero uno: “Arriva la Kyenge in città …”.
Razzista numero due: “La ministra negra”.
Razzista numero tre: “Ho un’idea!!!”
Tutti lo guardano sbalorditi.
Il razzista numero tre prosegue: “Organizziamo una manifestazione!!”.
Il razzista numero quattro interviene con suoni gutturali.
Il razzista numero cinque: “Che bella idea!!”
Il razzista numero sei, folgorato, in trance intellettivo: “Lanciamole delle banane“.
Silenzio generale.
Nessuno capisce fino all’intervento del razzista numero sette: “Gli oranghi mangiano le banane!”.
Ovazione generale.
Filippo Rossi
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Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
ERA GIA’ IL MINISTRO IN CUI GLI ITALIANI AVEVANO PIU’ FIDUCIA (SONDAGGIO PIEPOLI): ORA GRAZIE ALLA SUA PACATEZZA DI FRONTE ALLA FECCIA RAZZISTA SARA’ ANCORA PIU’ STIMATA
Sorprende, ancora una volta, Cecile Kyenge. Per l’ironia e lo stile con cui risponde all’ennesimo insulto.
Ieri sera, durante la festa del Pd a Cervia, il lancio di banane arrivate nelle prime file, proprio sotto il palco dove si trovava il ministro dell’Integrazione.
Immediata la sua risposta: “Con la gente che muore di fame e la crisi sprecare cibo così è triste”. Commento subito confermato con un tweet.
In mattinata è tornata a commentare l’episodio, sempre su twitter: “Il coraggio e l’ottimismo per cambiare le cose deve soprattutto partire dalla base e arrivare alle istituzioni”.
Il collega di Governo Graziano Delrio scrive: “brava Cecile, e comunque le italiane e gli italiani sono con te”. “Cecile grande!”, twitta Pippo Civati.
Un messaggio di solidarietà sul social network anche dal ministro dell’Ambiente, Andrea Orlando.
Il senatore Sergio Lo Giudice commenta: “Brava Cecile, una lezione di stile a quei quattro selvaggi che infangano l’Italia. Ogni offesa a te è un’offesa alla Costituzione”. E il segretario Pd dell’Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini: “Cara Cecile la tua civile determinazione è la loro sconfitta”.
Dal centrodestra, il primo commento di solidarietà arriva da Renata Polverini: “Quello che è accaduto è inqualificabile: il razzismo non ha alibi e non merita tolleranza”.
Poi Mara Carfagna, portavoce del gruppo Pdl alla Camera: “Brava Cecile, l’ironia è il grimaldello per scardinare il senso del ridicolo al quale si espongono gli stolti”.
“Non so cosa sia successo esattamente, ma non riguarda la Lega”, ha detto il governatore lombardo Roberto Maroni, ricordando che il ministro sarà ospite della festa leghista il 3 agosto, proprio a Cervia.
Ben più duro il governatore veneto, Luca Zaia: “I lanci di banane, le offese personali e ogni altro epiteto espresso nei confronti del ministro Kyenge li condanno senza se e senza ma”.
“Siamo orgogliosi ed onorati che questa sera la nostra festa di Milano ospiterà due donne simbolo di una nuova Italia. Cecile Kyenge e Laura Boldrini sentiranno intorno a loro l’affetto, il sostegno, la speranza di chi con loro vuole cambiare il nostro Paese e farlo diventare un’Italia migliore”, scrive su Twitter Nichi Vendola.
E proprio la presidente della Camera scrive su facebook: “Le esprimerò personalmente la mia vicinanza e la mia solidarietà . Le sue battaglie per i diritti, che sono anche le mie, non hanno colore politico, sono battaglie universali”.
“Solidarietà piena al Ministro Kyenge: basta con i vergognosi insulti alla Calderoli e tanto più con le aggressioni. Isoliamo gli imbecilli!”, scrive su twitter il senatore del Pdl Roberto Formigoni.
Vicinanza anche dal ministro delle Politiche Agricole, Nunzia De Girolamo: “La collega Kyenge ha dimostrato che di fronte ad alcuni gesti idioti e violenti a volte l’arma migliore è l’ironia”.
“Ancora un grave episodio di intolleranza macchia la scena politica italiana”. Anche l’Osservatore Romano commenta l’azione contro il ministro Kyenge, che, rileva il giornale vaticano, “non senza un filo d’ironia, ha definito il gesto ‘uno schiaffo alla povertà uno spreco di cibo”.
L’autore del lancio delle banane, finite sulle prime due file degli spettatori, non è stato ancora identificato.
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Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
“SERVE UN PARTITO E PURE IL FINANZIAMENTO, COME NEL 1994″…. “ALEMANNO PENSI AI FATTI SUOI”
Forza Italia è già rinata. Almeno nella targa del gruppo alla Camera, al quinto piano di via
Uffici del Vicario.
Rilucidata e appesa al posto di quella che ormai fu del Popolo delle libertà .
Un colpo all’occhio per gli ex An, ormai sparuti, che nel 2009 accettarono col groppo alla gola di spegnere la fiamma tricolore per sciogliersi nell’azzurro berlusconiano. Ma anche per chi ha avuto un ruolo chiave nel Pdl, come l’ex capogruppo a Montecitorio, Fabrizio Cicchitto.
Onorevole, che effetto le ha fatto ritrovarsi davanti al vecchio logo di Forza Italia?
«Io sono un laico, anche nei simboli. Forza Italia è una bellissima sigla. A suo tempo io ero più propenso a restare lì e fare un patto federativo con An e Udc. Quindi, a me la vecchia sigla va benissimo, la questione è cosa ci mettiamo dentro».
Non sembra così contento di tornare sotto le vecchie insegne…
«Non è un problema di sigle, ma di contenuti. Avendo riletto lo statuto di Forza Italia, ricordo che era un partito a tutti gli effetti, con iscritti, congressi e gruppi dirigenti. Se si torna al progetto del ’94, si deve ripartire da quella ispirazione, combinando una leadership carismatica con un partito democratico. Anche perchè, in questo clima di rigetto della politica, fondare un partito verticistico, dove si nominano dall’alto i deputati e gli organismi dirigenti, sarebbe una pura follia».
Daniela Santanchè, invece, a Libero ha detto di volere «un partito leggero, dove non ci siano più filtri tra Berlusconi e il suo elettorato».
«Non sono d’accordo, non è un partito quello: è un suicidio. La gente ci chiede partecipazione, non verticismo. Un partito che viene gestito da un ristrettissimo gruppo dirigente, che non è sottoposto a nessuna verifica e non lavora in rapporto con la base, va incontro a brutte sorprese».
Alla luce dell’abolizione del finanziamento pubblico, la Santanchè propone una semplificazione delle norme per sovvenzionare i partiti e una legge sulle lobby.
«A parte il fatto che io reputo auspicabile mantenere, come avviene in tutto il resto d’Europa, almeno una quota di finanziamento pubblico con tutti i controlli possibili e immaginabili (Corte dei Conti compresa), visto che si va verso l’abolizione del finanziamento pubblico, a maggior ragione occorre combinare una forma moderna di foundraising con un tesseramento funzionale alla partecipazione politica. La sigla Forza Italia non può ridursi a una forma filiforme di partito».
Ma non è un fallimento tornare a Forza Italia dopo che avete predicato per anni il partito unico di centrodestra?
«Chi ha colpito al cuore il Pdl è stato Fini nel 2010».
Ma adesso il Cav gli dà il colpo di grazia.
«Siccome le scelte fondamentali le fa sempre Berlusconi, non è il tempo di battaglie sui nomi. Quindi, mi sta bene Forza Italia…».
Ma fosse dipeso da lei?
«Avrei preferito rimanere nello stesso partito con gli ex An, perchè una volta che una cosa l’hai costruita, smontarla non è mai indolore. Comunque, ben venga Forza Italia, ma un partito non si fa con un editto scritto su qualche giornale da qualcuno. È indispensabile una riflessione molto profonda e rivendico la più totale libertà di opinione. Dobbiamo lavorare non solo per l’oggi ma anche per le generazioni future, perchè possano avere un partito di centrodestra cui partecipare attivamente».
E chi sarà il futuro leader di questo partito pensato per i giovani?
«Il leader adesso è Berlusconi».
Come può pensare di affidare la leadership di un nuovo partito a un ottantenne?
«Il carisma lo si può avere a 30, a 50 e anche a 80 anni: ricordiamoci De Gaulle. La leadership di Berlusconi oggi è viva più che mai e, paradossalmente, ancora più accentuata dall’attacco giudiziario che gli viene fatto, mentre il Pd è alla ricerca disperata di un leader».
Semmai è il contrario: nel Pd è in corso una lotta tra leader di nuova generazione, Renzi e Letta in testa. Nel Pdl non c’è neanche l’ombra del successore di Berlusconi.
«Il Pd ha tanti capicorrente. Berlusconi nel centrodestra allo stato è insostituibile».
Dopo il Cav le dèluge: non crede sia questo il problema drammatico del centrodestra?
«Il problema è il presente, che ci vede impegnati nella battaglia contro la crisi. Per costruire il futuro, ci vuole un partito con assetto democratico: la leadership del domani non può nascere per cooptazione».
Come mai finora non ha mai nominato Alfano?
«Angelino sta svolgendo benissimo il suo doppio incarico di segretario del Pdl e di ministro dell’Interno, oltre che di vicepremier, e sono convinto che debba conservarlo».
Ma non è stato proprio questo a fargli esplodere in mano la grana kazaka, visto che la sera del 28 maggio era alle prese con le beghe di partito mentre la moglie di Ablyazov veniva espulsa?
«Un ministro dell’Interno delega, lì quello che non ha funzionato è l’amministrazione del Viminale».
Anche Alemanno reclama un premier giovane per il centrodestra quando si tornerà al voto.
«Alemanno pensi ai fatti suoi. È paradossale che lui esca dal Pdl perchè si fa Forza Italia e poi detti legge sulla premiership. Rimanga con noi e avrà diritto di parola».
Barbara Romano
(da “Libero”)
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Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
IN ATTESA DELLA DECISIONE DI MARTEDI’ DELLA CASSAZIONE, IL CAVALIERE INVITA I FALCHI ALLA MODERAZIONE
Si rivede nel film su Forza Italia – che è soprattutto il film sui suoi ultimi vent’anni – e Silvio Berlusconi si commuove. Soprattutto quando le telecamere indugiano sul suo abbraccio a una donna dell’Aquila che aveva perso tutto, all’indomani del Terremoto.
Giovedì sera, Palazzo Grazioli, prima visione per pochi intimi del documentario di 1 ora e 40 minuti montato dal deputato Francesco Giro dopo aver selezionato 40 ore di videocassette.
In salotto, oltre al «regista», Alfano e Gianni Letta, Verdini, Santanchè e il direttore del Giornale Alessandro Sallusti, Michaela Biancofiore e Maria Rosaria Rossi con la fidanzata del leader, Francesca Pascale.
Il discorso presto finisce sull’attesa spasmodica dell’udienza di Cassazione sui diritti Mediaset di mercoledì 30.
«Non ne posso più, non vedo l’ora che tutto finisca» confessa il Cavaliere mentre scorrono le immagini della Nave Azzurra e poi quelle di lui a Piazza San Babila.
Ma l’ipotesi del rinvio della sentenza, spiega agli ospiti, resta forse la più probabile, dato che «l’avvocato Coppi porterà in udienza nuove motivazioni per l’accoglimento del ricorso», che inevitabilmente dilazioneranno i tempi.
Per il momento l’invito ad Alfano e ai “falchi” Verdini e Santanchè è a portare avanti l’azione di governo senza contraccolpi.
Dopo il 30 si vedrà . Anche se per la prima volta Berlusconi si lascia andare a un affondo tutto politico sul governo Letta. «In questi giorni – rivela – ho sentito i responsabili di tutte le categorie produttive e non ne ho trovato uno solo favorevole all’azione portata avanti da questo governo», è lo sfogo che lascia silente il vicepremier Alfano.
Alterna momenti di fiducia ad altri di rassegnazione, in vista del responso, racconteranno alcuni dei commensali.
Non c’è Forza Italia – progetto che comunque, conferma, decollerà a settembre – o riforme istituzionali che lo distraggano dall’unico incubo.
Che l’ex premier esorcizza di tanto in tanto con le immancabili battute. «Ma poi, mi porterete le arance in carcere?» chiede suscitando l’ilarità dei presenti.
E ancora, con minor tatto, «spero proprio non mi costringano ai domiciliari, sarei prigioniero delle due signore qui presenti» gigioneggia indicando la fidanzata Pascale e l’onnipresente Maria Rosaria Rossi.
Ha per nulla voglia di scherzare invece l’avvocato Franco Coppi, testa china sulle carte.
Interpellato sulla strategia processuale in vita di martedì spiega: «Avevamo preso in considerazione l’ipotesi di rinunciare alla prescrizione ed eravamo disposti a farlo, ma è inutile, c’è una giurisprudenza consolidata, che non condivido, che stabilisce che non si può rinunciare se non è maturata» (per il suo assistito scatterebbe tra il 13 e il 14 settembre).
L’ipotesi rinvio resta in ballo ma «allo stato dei fatti», precisa il legale, non è stata avanzata.
Sarà per l’approssimarsi della sentenza o per i conti Mediaset attesi per giovedì prossimo, sta di fatto che ieri il titolo in Borsa chiudeva con un meno 1,34 per cento.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
LA RELAZIONE DENUNCIA DEL GIUDICE: “GRAVI ANOMALIE ED OMISSIONI”
Il giudice di pace «è stata tratta in inganno dalla polizia che non le ha trasmesso atti
fondamentali per identificare la signora Alma Shalabayeva. In questa vicenda ci sono state anomalie e omissioni nell’attività dei funzionari che ho già segnalato al procuratore».
È un atto di accusa grave e pesantissimo quello del presidente del tribunale di Roma Mario Bresciano.
Al termine dell’ispezione sollecitata dal ministro della Giustizia Anna Maria Cancellieri, l’alto magistrato «assolve» il giudice che convalidò il trattenimento della signora nel Centro di espulsione di Ponte Galeria, fornendo così il via libera alla sua espulsione.
Ma decide di trasmettere il fascicolo al capo dei pubblici ministeri evidenziando «il fumus di possibili reati di chi gestì la procedura».
E dunque sollecitando l’apertura di un’indagine.
Non usa mezzi termini Bresciano per ricostruire quanto accaduto.
E spiega: «Nel lavoro della dottoressa Stefania Lavore non ho riscontrato alcuna irregolarità , anzi. Non posso negare che un togato con maggiore esperienza avrebbe potuto accorgersi delle tante stranezze, ma questo non inficia assolutamente quanto è stato fatto. Il comportamento della giudice è stato ineccepibile. L’ho scritto nella relazione che ho trasmesso al ministro. Non altrettanto si può dire della polizia che certamente ha agito con una fretta insolita e anomala. Ma soprattutto ha tenuto per sè delle informazioni preziose».
Il problema è noto.
Durante l’irruzione nella villetta di Casal Palocco la signora consegnò agli agenti della squadra mobile un passaporto rilasciato dalla Repubblica Centroafricana intestato ad Alma Ayan che attestava anche il riconoscimento dell’immunità diplomatica.
Fu ritenuto falso, tanto che la donna fu denunciata proprio per aver presentato un documento di identità contraffatto.
Il dirigente dell’Uffico immigrazione Maurizio Improta chiese notizie al cerimoniale della Farnesina e la risposta del responsabile Daniele Sfregola escluse che la signora potesse avere questa prerogativa: «Si comunica che la nominata non gode dello status diplomatico-consolare nella Repubblica italiana».
Nulla fu invece richiesto riguardo alla vera identità della donna, nonostante le sue generalità fossero state comunicate con una nota ufficiale del 28 maggio trasmessa dall’ambasciata kazaka alla questura di Roma al momento di sollecitare l’arresto del marito: «Preghiamo identificare le persone che vivono nella villa. Non è escluso che nella villa conviva sua moglie, cittadina del Kazakistan, Alma Shalabayeva, nata il 15 agosto 1966».
Non solo.
Due giorni dopo, un ulteriore appunto della diplomazia, indirizzato agli stessi uffici di San Vitale, specificava: «Si conferma che la signora Alma Shalabayeva è cittadina della Repubblica del Kazakhistan. Possiede il passaporto nazionale numero N0816235 rilasciato il 3 agosto 2012 e l’altro passaporto nazionale numero N5347890 rilasciato il 23 aprile 2007. In base ai dati dell’Interpol la signora Alma Shalabayeva può usare i documenti di identità falsi per il nome di Alma Ayan, nata il 15 agosto 1966 con passaporto nazionale della Repubblica dell’Africa Centrale N06FB04081 rilasciato il 1 aprile 2010».
Ed ecco l’atto di accusa del presidente Bresciano: «Di tutto questo non è stata data comunicazione. C’è stata una mancata trasmissione di atti che ha avuto gravissime conseguenze. La polizia avrebbe dovuto fornire tutti i documenti riguardanti l’identità Alma Shalabayeva e invece non l’ha fatto».
La polizia sostiene che quegli atti erano stati inseriti nel fascicolo inviato al Cie in vista dell’udienza di convalida.
La giudice di pace ha verbalizzato il contrario: «Il nome Shalabayeva non risultava in nessuna relazione ufficiale depositata al mio ufficio. Gli unici a pronunciare il nome Shalabayeva furono gli avvocati».
Adesso sarà il procuratore Giuseppe Pignatone a dover decidere come procedere.
Il giallo sulla «consegna» della moglie del dissidente Mukhtar Ablyazov non è affatto risolto.
Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
SU PRIMARIE APERTE O NO I MILITANTI SI DIVIDONO: “PER QUALE MOTIVO IL SEGRETARIO DEL PD DEVE ESSERE SCELTO DAGLI ELETTORI DEL PDL O DAI GRILLINI?”
Se i circoli del Pd sono sempre più vuoti e per davvero la politica si fa ormai in rete e sui social network, be’… quelle che salgano dalla mitica base del partito non sono buone notizie.
Letta ha strigliato i parlamentari del Pd invitandoli a non fare i «fighetti » cercando «l’applauso con un tweet o su Facebook», ma in questo caso di applausi ce ne sono pochini.
Dopo la Direzione, anzi, è come se si fossero aperte le cataratte e in serata l’hashtag #Direzionepd è salito al secondo posto in Italia su Twitter.
Un diluvio di interventi digitali. Purtroppo tutti o quasi tutti molto, molto negativi.
E così anche su Facebook, all’indirizzo ufficiale del Pd, dove tra i 66 commenti all’intervento di Epifani soltanto 2 temerari sfidano la maggioranza: il 97% di chi ha deciso di lasciare la sua opinione è infatti ostile.
Su Twitter è anche peggio.
Citazioni.
Una delle più ricorrenti, è quella di Nanni Moretti in “Bianca”: «Continuiamo così, facciamoci del male».
Più originale Anna Rita Leonardi che posta su Twitter una scheggia di Massimo Troisi per descrivere lo stato d’animo degli elettori del Pd: «Lasciatemi soffrire tranquillo, con voi qua non mi riesco a concentrare. Soffro poco, non mi diverto ».
Davide Ricca ricorre invece a Vasco Rossi: «Pd, tu solo dentro una stanza e tutto il mondo fuori! ».
Graziana Cartasegna ieri ha visto invece un film horror: «Ho la testa che gira a 360 gradi come quella dell’Esorcista».
Rassegnati
Aldo Rosati ricorre a Esopo: «Serve ricordare la favola della rana e dello scorpione. Piuttosto si ammazzano, è la loro natura».
Stesso animo di Daniele Calosi: «Finita la partita di palla avvelenata, chiamata comunemente Direzione Pd».
Claudio Mura: «Cui prodest affondare il Pd? Se non altro, se riuscirete nell’impresa, verrete ricordati per qualcosa». Luca Spagni vede invece nella negazione delle primarie aperte la radice del male: «Le primarie sono il nostro mito fondativo. Impedirle significa negare il Pd. Pura follia, è un suicidio».
Patrizia Vassallo, icastica: «Caos 1 – direzione Pd 0». Michele Fiorentino, senza parole: «Vorrei scrivere qualcosa sulla direzione Pd ma aspetto domani, a mente fredda. Così, per essere ancora più spietato».
Quale direzione?
Si sprecano i giochi di parole sulla direzione (con la minuscola) presa dal Pd con la sua Direzione. Andrea Dosi: «#direzionepd: praticamente un ossimoro.
Tanto per cambiare, già che ci siete, prendetene una di direzione ».
Cardinal Mazzarino: «La Dc discuteva, discuteva, discuteva; e alla fine decideva. Il Pd discute, discute, discute; e alla fine discute ». Lory: «direzionePd: Arcore».
Sconfitta
Franco Papadia dà voce al timore che sta dietro molte critiche della base: «Le proposte di Epifani vanno nella direzione tanto cara a sinistra: quella della prossima sconfitta elettorale».
Mark Bartucca: «Però c’è una certezza che arriva dalla direzione del Pd. Il Pd ha già perso le prossime elezioni. Che tristezza ». Filippo Casini: «Poi diamo la colpa agli elettori che non ci capiscono ». Cinzia Lisi: «Sono andati i scena i morti che trascinano i vivi. Per la data del congresso di novembre propongo il 2».
Primarie
È il tema del giorno. Aperte a tutti oppure ai soli iscritti come propone Franceschini? La base si divide.
Albedess: «Ma qualcuno mi spiega per quale motivo chi non è iscritto al Pd deve poter votare il segretario Pd? Surreale». Deofogliazza, pragmatico: «Tutti i cittadini è esagerato, solo iscritti troppo poco. Aderenti ad albo elettori delle primarie la giusta mediazione».
Gianluca Minotti, ironico: «Compagni! regola numero uno: il Pd non esiste! Chiarito questo cominciano a stabilire la quota da far pagare alle primarie».
Leonardo Lapomarda: «È giustissimo che il segretario/ leader di un partito sia scelto dagli iscritti e non dagli opportunisti di turno». Filippo Esposito: «Che poi uno di centrodestra va a votare Renzi sapendo che questo è l’unico capace di far vincere il Pd?».
Anti-Grillo
Sono pochi ma ci sono. Come Renzo Rumele: «Molti commenti protogrillini e fuoriluogo sul dibattito alla direzione pd, la moda dei lazzi oscura il ragionamento politico».
Fabio Milani rivendica invece che il segretario del Pd «lo devono eleggere solo gli iscritti al Pd. Quelli del M5S hanno fatto lo stesso e alle loro decisioni votano solo 30000 persone».
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Luglio 27th, 2013 Riccardo Fucile
LE RESTRIZIONI AL VOTO PER L’ELEZIONE DEL NUOVO SEGRETARIO
Sui tempi e sulle regole per eleggere il nuovo segretario, il Pd ha deciso di non decidere. La
cosa comincia a non fare più notizia.
Il partito che si è caricato sulle spalle i destini del Paese non riesce neppure a scegliere la data del proprio congresso.
Oltre il latinorum sulle norme, da cambiare per la terza o quarta volta, il problema vero ha un nome e un cognome: Matteo Renzi.
Il sindaco di Firenze è oggi il leader più popolare d’Italia, forse l’unico, e sarebbe naturale che corresse per la carica di segretario del Pd con primarie aperte a tutti. Com’è stato per i suoi predecessori. Ma la probabile vittoria di Renzi in una gara è vista dall’apparato del Pd come una minaccia non solo e non tanto nei confronti del governo Letta, quanto nei confronti appunto della vecchia nomenclatura del partito.
Si cerca dunque d’impedirla con stratagemmi burocratici sostenuti da bizzarre teorie. Guglielmo Epifani sostiene che (questa volta, s’intende) il ruolo del segretario di partito debba essere nettamente separato da quello di candidato premier.
La storia è davvero curiosa.
Dopo essersi lamentati per vent’anni di non poter candidare il segretario del maggior partito di sinistra alla premiership, come avviene in tutte le democrazie del mondo, gli oligarchi del Pd ora vorrebbero stabilire per statuto che il segretario del partito non dev’essere il candidato alla guida del governo.
Proprio adesso, si badi, che per la prima volta potrebbero esprimere un segretario candidato in grado di vincere.
Nella frenetica ricerca di regole “contra personam”, gli ex segretari del Pd Bersani e Franceschini hanno proposto che (stavolta) siano soltanto gli iscritti a votare per il segretario.
Proprio loro che quando erano candidati hanno ripetuto un centinaio di volte quanto le primarie aperte a tutti fossero meravigliose e irrinunciabili nei secoli dei secoli.
La trappola anti-Renzi comunque non è scattata per l’opposizione trasversale di buona parte del Pd. Non soltanto i renziani o i frondisti, alla Civati.
Si sono opposti per esempio Cuperlo e Rosi Bindi, esponenti della corrente più minoritaria all’interno del centrosinistra, quella del buon senso.
È probabile che le norme “contra personam” vengano riproposte alla prossima direzione, prevista fra una settimana.
Con il rischio di spaccare ulteriormente il partito, oramai oltre i confini delle leggi fisiche. Nel grandioso dibattito sulle norme congressuali, rimane sullo sfondo e da definire il dettaglio della possibile reazione di otto milioni di elettori democratici.
Ai quali finora sono stati inflitti nell’ordine una campagna elettorale disastrosa, il tradimento nei confronti del padre fondatore Prodi, un governo con Berlusconi escluso fino a un’ora prima, la conferma di un ministro dell’ Interno ritenuto incapace anche da se medesimo.
L’eventuale esclusione dalla corsa per la segreteria del leader più popolare, Renzi, sarebbe la conclusione di un percorso suicida.
Alla fine del quale per il Pd c’è il rischio di morire, e per giunta di morire democristiano.
Curzio Maltese
(da “La Repubblica“)
argomento: Partito Democratico, PD, Primarie | Commenta »