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L’ULTIMA SPERANZA DI SILVIO: “ELEZIONI IN PRIMAVERA, SARA’ MATTEO AD APRIRE LA CRISI”

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

MA BERLUSCONI TEME ALTRE FUORIUSCITE DA FORZA ITALIA

Scricchiola, Forza Italia. I sottosegretari sembrano voltare le spalle a Silvio Berlusconi.
Il gruppo del Senato rischia di perdere presto altre pedine. E anche i vertici tra il Cavaliere e i figli ricordano le corride di palazzo Grazioli.
Eppure, l’ex premier spera ancora. «Dobbiamo fare casino è la linea recapitata ieri ai falchi azzurri — Creare le condizioni affinchè Renzi stacchi la spina».
E’ una scommessa disperata. Siccome però nuvoloni nerissimi si addensano su Arcore, Berlusconi punta tutto sul sindaco.
In fondo, quando è all’angolo il Cavaliere dà  il meglio di sè: «Io non lo attacco più — sussurrava due giorni fa a un vertice Ue lo storico rivale socialista tedesco Martin Schulz — perchè il suo gioco è di provocare per poi fare la vittima… »
Politicamente il Cavaliere gioca d’azzardo. La strategia si riduce a puntare tutto sul sindaco di Firenze, come conferma il senatore Augusto Minzolini: «Se si vuole salvare, Renzi deve andare a votare a marzo. Se non lo fa, fatti suoi. Ma farà  la fine di Veltroni con Prodi. Al 2015 arriverà  consunto »
Ecco allora che nella nuova sede di San Lorenzo in Lucina si gioca con la teoria del caos.
Agitare la piazza, convocare conferenze stampa in ogni regione per spiegare l’addio al governo, tenere a battesimo mille club “Forza Silvio” il prossimo 8 dicembre.
Saverio Romano promette una mozione di sfiducia al governo. Berlusconi tentenna, non vuole compattare il Pd.
«Vedremo — spiega Renata Polverini — ma servirebbe per sancire la fine delle larghe intese ». E poi ci sono le commissioni parlamentari presiedute da uomini di Fi.
L’idea è di boicottarle, provocando uno stallo parlamentare che avvicini le urne
«Con otto senatori di vantaggio non si governa, un raffreddore provoca la crisi», è il tam tam azzurro.
Ma intanto Berlusconi è in allerta per una possibile, prossima mini-frana a Palazzo Madama.
Sotto osservazione due senatori di Gal, Antonio Scavone e Giuseppe Compagnone, che hanno votato la manovra.
Ma anche cinque potenziali transfughi Fi. Alcuni hanno disertato la fiducia sulla legge di stabilità . Senza contare la figuraccia sui sottosegretari.
Berlusconi è rimasto scosso. Non è tanto la posta in palio — in fondo, qualche posto di sottogoverno — ma la portata dei potenziali “tradimenti”.
Rocco Girlanda è proiezione di Denis Verdini, Bruno Archi espressione di Gianni Letta, Jole Santelli milita nel cerchio magico di Francesca Pascale, Marco Cirillo amico di Paolo Berlusconi.
Quest’ultimo non si dimetterà , Girlanda bussa addirittura al Ncd.
«E vedrete — giura Paolo Naccarato — appena si chiuderà  lo spazio elettorale del 2014, la slavina diventerà  frana. Resteranno solo posti in piedi…»
Per tappare l’eventuale falla, il Cavaliere dovrebbe partecipare martedì prossimo alla riunione dei suoi gruppi parlamentari.
Vale tutto, in questa battaglia. Anche il nuovo pallino di Berlusconi, pronto a conquistare gli animalisti con una campagna al fianco di Dudù.
Di certo, Berlusconi gestisce la partita più delicata mentre è alle prese anche con fastidiose grane familiari.
La pax rossonera uscita ieri da un vertice con i figli in Brianza è precaria, ma obbligata.
La ragione la ripete di continuo l’ex premier agli amici: «Barbara ci tiene troppo, che ci posso fare? ». Stima la figlia. E a volte si lascia pure un po’ andare, con un sorriso: «È intelligente, sveglia, a volte anche un po’ furbetta come la mamma…».

Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)

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E SILVIO ORDINA LA TREGUA NEL MILAN: “NON POSSIAMO PERDERE I DIRITTI TV”

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

GALLIANI: “BARBARA È SOLO UNA RAGAZZINA VIZIATA”

Scusate, eravamo su “Scherzi a parte”. L’addio di Adriano Galliani al Milan? Non c’è più.
La rabbia dell’ad dei rossoneri («La pazienza è finita, sono stato umiliato, me ne vado! »)? Uno sfogo, già  dimenticato.
Quattro ore di psicodramma serale a Villa San Martino tra Silvio Berlusconi e l’uomo che continua a giurargli affetto «immutato e immutabile» – più qualche telefonata supplementare ieri mattina – hanno rimesso assieme, per quanto non si sa, i cocci della Dinasty di Milanello: il numero uno del Diavolo resta al suo posto anche se dimezzato e a tempo determinato (ad aprile dovrebbe farsi da parte).
Barbara Berlusconi, la rottamattrice che voleva pensionarlo anzitempo, porta a casa lo scalpo della promozione ad amministratore delegato.
E ad Arcore si festeggia in tono minore e sotto i primi fiocchi di neve il pericolo scampato: “Bene così – commenta minimalista uno degli uomini più vicini al Cavaliere che ha seguito passo passo la drammatica notte di Arcore – . La verità  è che non potevamo permetterci di perdere un uomo importante come Adriano”. Vero? Solo in parte.
A convincere l’ex premier a mettere il casco blu per obbligare i due litiganti a sotterrare l’ascia di guerra non sono stati tanto i dubbi sui destini del Milan, ma le possibili ricadute del Vietnam rossonero sulla già  fluida situazione politica romana.
Quando venerdì pomeriggio ha letto sulle agenzie lo sfogo di Galliani – raccontano i suoi collaboratori – il Cavaliere ha fatto un salto sulla sedia: la coltellata alle spalle di Angelino Alfano, vera o concordata che sia, ci sta.
La bufera nel cuore pulsante dell’impero del Biscione – il cerchio magico dei fedelissimi e la famiglia – era troppo.
“Non posso dare l’impressione di aver perso il controllo della situazione anche tra le mura di casa. Sarebbe un segnale di debolezza mortale!” avrebbe confidato ai suoi. E staccando agenzie di stampa e telefono (e ignorando il dibattito tv per le primarie del Pd) si è messo a tavolino per mettere il silenziatore alla tragicomica telenovela del Diavolo.
I motivi per spegnere l’incendio, del resto, sono tanti.
Galliani è a fianco di Silvio dagli anni d’oro di Edilnord, ha fondato con lui Canale 5 ed è uno degli azionisti di riferimento della sua cerchia più stretta di amici.
Dell’ex premier e dei suoi affari conosce quindi vita, morte e miracoli. A 360 gradi. Non solo. In questi giorni la Lega Calcio sta trattando il rinnovo del contratto per i diritti tv.
Un affare da un miliardo di euro l’anno fondamentale per il futuro di Mediaset. E a tirare le fila dei negoziati c’è la Infront di Marco Bogarelli – fedelissimo dell’ad del Milan – che negli ultimi anni (ad Arcore è considerato un onore) è riuscita a far infuriareSky per i presunti trattamenti di favore alle tv di Cologno.
“Questo non è proprio il momento per divorziare da Galliani”avrebbe fatto sapere un preoccupatissimo Piersilvio a papà . Meglio insomma provare a ricucire almeno fino alla spartizione della torta del calcio in televisione.
La mediazione con Barbara, condotta con continue telefonate durate fino a ieri mattina e coordinata anche da Bruno Ermolli, non è però stata facile.
Le incomprensioni delle scorse settimane – compresi gli sfoghi freschi di stampa dell’ad – sono ferite che non si rimargineranno più.
Galliani ha insistito per ore accusando la figlia dell’ex-premier di essere poco più di una ragazzina viziata “pronta solo a scaricare le responsabilità  delle sconfitte su altri salvo prendersi lei i meriti delle vittorie”.
Lei, fumantina come sempre e senza peli sulla lungua, gli avrebbe rinfacciato le scelte tecniche sbagliate (compresa la difesa ad oltranza dell’allenatore Massimiliano Allegri) ma anche “inciuci con la Curva e con gli Ultra” e la gestione un po’ sbarazzina dei rapporti con alcuni procuratori. Il Cavaliere avrebbe strigliato il manager (“non puoi tradirmi come un Alfano qualsiasi!”) e tirato le orecchie alla figlia (“ma ti pare il momento di far su questo casino?”).
Poi, deposto il bastone, ha messo sul tavolo le carote: un occhio di riguardo per la liquidazione d’oro di Galliani quando – pare ad aprile – leverà  le tende da Milanello.
E lo zuccherino per Barbara, sotto forma di una promozione dimezzata prima dell’incoronazione a Regina dei rossoneri prevista a primavera quando il suo rivale si farà  da parte.
Tutto è bene quello che finisce bene? Meglio non sbilanciarsi troppo.
In primis perchè quando c’è di mezzo la vulcanica Barbara le sorprese sono sempre dietro l’angolo. E la sua mezza marcia indietro di ieri – “l’ho fatto per papà ”, ha detto a mezza voce – l’ha privata della vittoria per ko cui puntava.
“Deve accontentarsi” dicono i suoi collaboratori. In fondo il risultato, vale a dire l’uscita di scena dell’ad, è stato portato a casa, anche se a scoppio ritardato.
“Non è poco – aggiungono i fedelissimi dell’Evita milanista – e se ci siamo riusciti è solo perchè lei c’ha messo la faccia alzando i toni e forzando la mano. Se no Adriano sarebbe rimasto al Milan fino a 90 anni”.
L’ennesima puntata della Dinasty del Biscione, serie “La decadenza”, va così in archivio.
Ma viste le fibrillazioni ad Arcore e dintorni (Marina e Piersilvio, dice il tam tam di Villa San Martino, sarebbero infuriati per il blitz della sorella) c’è da scommettere che per la prossima non ci sarà  da aspettare molto.

Ettore Livini

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ASSANGE TIRA IL PACCO A GRILLO,”DOVEVA ESSERE COLLEGATO, MA LO HANNO SCONSIGLIATO”: GLI AVRANNO DETTO CHI SONO GRILLO E CASALEGGIO?

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

NONOSTANTE LE TRUPPE CAMMELLATE DA TUTTA ITALIA, L’ADUNATA DI GRILLO SI FERMA A 40.000 PRESENZE, BEN LONTANE DAI 150.000 ANNUNCIATI… IL PRESTANOME DI CASALEGGIO SI CONSOLA ARRUOLANDO PERTINI E IL PAPA… MENO MALE CHE ALMENO DARIO FO QUALCOSA DI INTELLIGENTE DICE

Con quaranta minuti di ritardo Beppe Grillo sale sul palco del Vaffaday.
Ma ci sarà  spazio per tutto nel suo discorso, anche la richiesta di un impeachment per il presidente della Repubblica Napolitano. E sette punti programmatici tra cui un referendum per valutare se restare o meno nell’euro, ma anche rivedere i rapporti con l’Europa. E poi: “Siamo andati oltre la piazza, ma ricordatevi quando è nato il Movimento, è nato il 4 ottobre, il giorno di San Francesco, siamo arrivati prima del Papa Francesco. Anche lui è grillino”.
“Siamo in una piazza storica, l’ultimo che ha parlato da qui è stato Pertini che ha dato vita ad una rivoluzione contro Tambroni. E l’ultimo che ha fatto qui una performance è papa Ratzinger, ma c’era meno gente”.
Ironizza sulle tv e l’informazione (“I giornali vanno chiusi subito”) davanti a circa 40 mila persone invece delle 100-150 mila annunciate.
Poi si rivolge a Genova. “Questa è una città  che è oltre, abbiano inventato le banche, i porti, le assicurazioni, e tutto deve partire da qua la più grande rivoluzione culturale della politica”. Perchè siamo oltre il sogno”.
Rivendica che lui e il suo movimento sono “populisti e anche arrabbiati”.
“Tutti a casa” rumoreggia la piazza. E lui: “Sì, ma sono pieni di case”.
Poi attacca sull’affitto dei piazza della Vittoria per farne un parcheggio. Attacca Burlando che lo ha criticato per aver parteciato allo sciopero dei tranvieri mentre loro facevano gli accordi.
Poi si riferisce ai suoi fedelissimi, “perchè io comincio a sentire il peso degli anni”, insiste sulla necessità  di cambiare entro il 2050 tutte le fonti di energia.
E si spinge ancora più avanti: “Ogni cittadino, alla nascita deve poter avere nella Costituzione l’accesso gratuito a Internet”.
Ha insistito a lungo sull’euro, sulla necessità  di un referendum che stabilisca se stare dentro o fuori la moneta unica: ma dovrebbe valutare anche i rapporti con l’Europa.
Poi, prima di passare il microfono a quanti verranno dopo di lui, lancia una nuova provocazione” aboliamo anche le regioni, i comuni sotto i 5000 abitanti”.
Gli attacchi
Durante il suo intervento Grillo ripete molti dei concetti che ha già  espresso al suo arrivo in piazza ai microfoni di Sky:       “Dobbiamo vincere e vinceremo. Siamo entrati dentro e abbiamo tolto la finta sacralità  del parlamento: ci abbiamo messo dentro i cittadini”.
Così Beppe Grillo, arrivato in piazza della Vittoria era intervenuto sulla situazione politica e le tasse sulla casa: “Non sfasciamo più, non c’è più niente da sfasciare, diamo l’estrema unzione a questi cadaveri che si aggirano. Avete controllato se c’è sul marciapiede Casini che sta battendo? Non l’hanno visto”.
E, mentre sul palco in sua attesa, continua la musica: “I politici sono vigliacchi, non faremo mai alleanze con gli altri schieramenti politici” ha aggiunto.
L’impeachment di Napolitano
“Assolutamente sì, ci saranno passaggi formali in Parlamento per la messa in stato di accusa di questo signore, sicuramente non lo voteranno, lo bocceranno ma noi lo presenteremo, perchè ha una valenza politica per noi: noi vogliamo mandarlo via”.
Niente Assange
“Assange doveva essere qui con noi, inviando un videomessaggio, ma lo hanno sconsigliato. Lui è uno che rischia la pena di morte negli Stati”.
Così Beppe Grillo, spiegando che non ci sarà  l’annunciato videocollegamento con l’uomo di Wikileaks rifugiato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra.
Casaleggio: Italia senza democrazia
Sale anche Gianroberto Casaleggio sul palco del Vday. “Sono orgoglioso di essere populista e di essere qui insieme e decine di migliaia di populisti’ – ha esordito.
“Il potere deve tornare al popolo, le istituzioni devono tornare al popolo, non devono stare sopra il popolo. In questo mondo in Italia non c’è nemmeno la democrazia”.
Dario Fo: un urlo per Franca
Introdotto da Beppe Grillo, mentre un’ovazione lo salutava, scusandosi per il pesante colbacco nero che lo difende dalla gelida tramontana, il premio Nobel, a cui è affidato il finale del V-Day, prende la parola circa tre quarti d’ora prima del previsto per una “lectio” sulla cultura.
Parlando delle diseguaglianze: “Il paradiso è per i manigoldi e i potenti” e “sono convinto che tra un pò lo dirà  anche Papa Francesco” ha detto Fo, perchè “il debito maturato con la frode dei derivati e dei titoli spazzatura “continuano a pagarlo i disoccupati, le donne e i giovani. Una rapina portata a buon fine non per salvare il paese ma per salvare le banche e le multinazionali”.
Poi, passa a parlare della cultura negletta. Infatti i   responsabili culturali dei vari   governi che si sono succeduti alla guida dell’Italia “sempre meno hanno ritenuto importante investire in sapere”
E poi l’Ilva,   “C’è chi lucra sulla disperazione dei lavoratori dell’Ilva che devono scegliere se crepare di fame perchè perdono il lavoro o di veleno”. Si è chiesto se “esistano magistrati in grado di fermare i padroni di questa macchina di stragi. Sì che ci sono – ha detto – ma poi arrivano i politici che accettano denaro per convincere i lavoratori a tornare nell’ultima gabbia della mattanza”.
I deputati
Molti tra i presenti portano le maschere di Anonymous. Sono molti anche i deputati del M5S che in mezzo alla folla aggiornano sulle iniziative politiche e parlamentari del Movimento nei primi sei mesi di questa legislatura.
Di Battista ha fatto anche un po’ di autocritica: “Nei primi mesi non abbiamo comunicato bene, certo anche Beppe – ha aggiunto riferendosi a Grillo – è stato poco presente in questi mesi”.
La mattina
Dalle 8 sono arrivati i bus provenienti da ogni parte d’Italia, sette da Torino, più di 10 quelli da Roma e Milano, 3 da Firenze, in arrivo quelli da Bologna, Bari, Salerno, Modena, Empoli. Già  giunti i pullman dell’hinterland di Monza e della Brianza.
Tanti i ‘pentastellati’ arrivati con i treni da Veneto, Campania e Lazio.

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ALFANO CONTRO RENZI: “VUOLE LA SEDIA DI LETTA?” , IL SINDACO FA RETROMARCIA: “NON E’ UN TUTTI A CASA”

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

LUPI: “FUORI DALLA CRISI O CI MANDERANNO TUTTI A CASA, ROTTAMATORI COMPRESI”… CUPERLO: “DA RENZI ASSIST A BERLUSCONI”… CIVATI: “RENZI GOVERNATIVO, MA NON DI DOMENICA”

Dopo le uscite dei suoi ministri, è Angelino Alfano in persona ad andare dritto contro Matteo Renzi: “Se ha l’obiettivo di prendere la sedia di Letta lo dica con chiarezza, senza girarci attorno come si faceva con la vecchia politica” dichiara il vicepremier e leader del Nuovo Centrodestra al Tg2.
Parole che, come quelle pronunciate in precedenza da Gaetano Quagliariello e Maurizio Lupi sono la ferma replica a Renzi, che in un’intervista a Repubblica ha avvertito il Nuovo centrodestra sul fatto che si farà  come dirà  il Pd essendo la nuova maggioranza tutta sbilanciata sul Partito democratico (“non tratto con chi ha 30 deputati”).
E, come i suoi ministri, anche Alfano spiega l’intervista di Renzi con la necessità  di alzare i toni nel rush finale delle primarie Pd. “Renzi sa che a una settimana dalle primarie deve spararla grossa per arrivare primo per quantità  di voti e di votanti. Per fortuna le primarie si stanno concludendo, visto che se ne parla da sei mesi. Finalmente dopo si potrà  parlare dei problemi dell’Italia”.
Da Venezia, dove interviene al Congresso del Psi, il ministro delle Riforme ribatte: “C’è un peso specifico e un peso politico”.
Quagliariello è comunque convinto che “dopo l’8 dicembre (giorno delle primarie Pd, ndr) le cose miglioreranno non peggioreranno”. Su Renzi che propone un super Mattarellum senza quota proporzionale, Quagliariello commenta: “Sulla legge elettorale dobbiamo fare qualcosa”.
Decisamente più diretto Maurizio Lupi: “Se Renzi ha il problema di sostituire Letta a marzo del 2014, nessuno ha paura delle elezioni. Ci dispiace per l’Italia, ma questo è un’altro ragionamento” dichiara il ministro per le Infrastrutture ospite de ‘L’Intervista’ di Maria Latella su Sky Tg24.
“La gente si aspetta che portiamo il Paese fuori da crisi – aggiunge Lupi -, altrimenti ci manderà  a casa, rottamatori compresi”.
La controreplica di Renzi da Pesaro, ennesima tappa del tour primarie. “Non stiamo dicendo al governo: ‘tutti a casa’” precisato il sindaco di Firenze alla platea del teatro Rossini, “non è in corso una competizione all’interno dei partiti”. Ma Renzi chiede di fare cose “mettendo da parte le ambizioni personali”. “Il Pd deve fare il Pd, basta ascoltare quello che dice Berlusconi, dobbiamo dire noi quello che c’è da fare”.
Cuperlo: “Da Renzi un assist a Berlusconi”.
“Quello di Renzi è un assist che si offre alla posizione di Berlusconi” commenta a In mezz’ora il candidato alla segreteria del Partito Democratico Gianni Cuperlo, “un po’ preoccupa che il candidato del Pd anche indirettamente rischi di fare sponda alla posizione di Berlusconi”.
Civati: “Ecco il Renzi della domenica”.
“Su Repubblica di oggi leggiamo il Renzi della domenica, quello governista tutti gli altri giorni della settimana: solo venerdì, durante il confronto su Sky, aveva garantito per l’ennesima volta il suo sostegno al governo, con posizioni interscambiabili con quelle di Cuperlo. Oggi, dopo aver inoltre candidato molti uomini vicini a Enrico Letta nelle sue liste, cambia verso e annuncia un ultimatum” dichiarato il candidato alla segreteria Pd Giuseppe Civati.
“Capisco bene che dopo il confronto televisivo Renzi sia preoccupato e cerchi di recuperare “audience”, ma sono fiducioso che gli elettori non si faranno abbindolare da queste giravolte dell’ultimo minuto, e l’8 dicembre sceglieranno la coerenza e il vero cambiamento”.
Franceschini: “So che non farà  cadere il governo, lo pungolerà  dall’esterno.
C’è un’intesa tra Enrico e Matteo, sono amici da tanti anni”, ha detto il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Dario Franceschini, aggiungendo che Renzi “guiderà  il partito e Letta il governo” in un anno, il 2014, fondamentale per le Riforme.
Lupi: “Renzi alza i toni per le primarie”.
“Capisco Renzi: a una settimana dalle primarie ha paura di essere il segretario eletto con il più basso numero di partecipanti e deve alzare i toni per portare a votare i suoi. Certo, se quei 300 deputati (e non senatori) fossero stati così sufficienti, allora perchè Bersani eletto da milioni di militanti del Pd alle primarie non aveva fatto il governo? Comunque, tra una settimana finalmente finisce pure il congresso del Pd e ognuno si può assumere le proprie responsabilità . Vogliamo aprire una crisi buttando l’Italia allo sbando, mentre noi parliamo di cose di Palazzo e perdiamo la ripresa? Se Renzi ha il problema di dover sostituire Letta dica che a marzo si vota perchè vuol diventare presidente del Consiglio. E’ legittimo. Non abbiamo nessuna paura. Ci dispiace per l’Italia”.
Quagliariello a Venezia.
A Venezia il Congresso del Psi rielegge segretario, a larghissima maggioranza, Riccardo Nencini. Presente il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello, che interviene e sottolinea quanto sia vitale cambiare l’architettura istituzionale del Paese. E su un altro cambiamento, il rimpasto del governo sostenuto dalla nuova maggioranza decretata dalla scissione del Pdl e dal passo indietro di Forza Italia, rimanda tutto all’esito del colloquio di lunedì tra il premier Enrico Letta e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
“Oggi opporsi alle riforme significa coltivare un sentimento antinazionale” spiega il ministro, ricollegando il tema delle riforme alle “ragioni antiche e attuali che mi portano” al Congresso del Psi. “Negli anni Ottanta un partito si accorse per primo che l’Italia, per rimanere grande, aveva bisogno di riforme – ricorda Quagliariello -. Quel partito era il Psi, il suo leader era Bettino Craxi. Quello che serviva negli anni Ottanta oggi non può essere evitato. Opporsi significa coltivare un sentimento anti nazionale”.
Il ministro prosegue: “Anche se il nuovo quadro politico non ci desse i due terzi dei parlamentari, resta l’esigenza delle riforme. Sul bicameralismo e sulla riduzione del numero dei parlamentari, faremo qualcosa prima di Natale, ma ovviamente in democrazia i numeri contano”.
Poi Quagliariello cita le primarie del Pd per lanciare l’idea dell’elezione diretta del capo del governo. “Se il Pd elegge direttamente il proprio segretario, perchè gli italiani non possono eleggere direttamente il capo dell’esecutivo o tramite il presidente del Consiglio o tramite il presidente della Repubblica?”. “In Italia – prosegue Quagliariello – corriamo il rischio di avere partiti liquidi e istituzioni che non funzionano”.
Da Venezia, anche Quagliariello tocca il tema della riforma della Giustizia, inserito ieri dal vicepremier e leader del Nuovo Centrodestra Angelino Alfano tra le riforme a cui il Pd non potrà  più dire di no dopo l’uscita di scena di Silvio Berlusconi. Per Quagliariello “serve una riforma della Giustizia penale e della giustizia civile. Vanno separate le carriere dei magistrati, ma prima ancora vanno separate le carriere dei magistrati e dei giornalisti”.
“La riforma sulla Giustizia è l’altra faccia della luna e della riforma dello Stato. Non c’è riforma dello Stato senza riforma della Giustizia” ripete a Venezia Quagliariello. “C’è chi ha dato appuntamento alla fine del 2014 per alcune riforme che urgono al Paese, tra cui quella della Giustizia e questa riforma serve a tanti, tanti cittadini. Quindi, perchè non ora? Questo tema entrerà  in quel contratto per l’Italia che noi vogliamo stipulare, perchè il 2014 sia un anno veramente di svolta”.
Sulla vicenda della seconda rata Imu, “devo dire che c’è stato qualche sindaco che ha avuto il coraggio di dire che alcuni comuni hanno anche fatto un po’ di caos – commenta Quagliariello -. E’ la classica vicenda del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, l’Imu dava 4 miliardi di gettito, ora 150 milioni, li troveremo. Quindi in questo caso il bicchiere non è mezzo pieno, mancano solamente alcune gocce per riempirlo del tutto e quelle gocce verranno trovate”.
E si arriva allo stato di salute del governo Letta. Queste le parole del ministro alla domanda sul rimpasto nell’attuale esecutivo. “Sono decisioni che verranno prese dal presidente del Consiglio dopo che avrà  sentito il presidente della Repubblica”. E i sottosegretari di Forza Italia ancora nel governo Letta? “Chiediamo a ‘Chi l’ha visto'” sorride Quagliariello.

(da “La Repubblica“)

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RENZI, ULTIMATUM A LETTA: “TRE CONDIZIONI PER FAR DURARE IL GOVERNO O IL PD USCIRA’ DALLA MAGGIORANZA”

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

L’INTERVISTA A “REPUBBLICA” CHE FA DISCUTERE: RENZI METTE PALETTI SU RIFORME, LAVORO ED EUROPA… “NOI ABBIAMO 300 DEPUTATI, ALFANO 30”

Un patto con Letta per arrivare al 2015. Con tre punti qualificanti: riforme, lavoro ed Europa. Ma se il governo non realizzerà  questi obiettivi, allora il Pd “separerà  il suo destino da quello della maggioranza”.
Matteo Renzi pianta i suoi paletti. Il sindaco ricorda che l’esecutivo è sostenuto in primo luogo dai democratici e l’agenda per il 2014 deve essere concordata in primo luogo con loro. Alfano si deve adeguare: “Ha trenta deputati, noi ne abbiamo trecento. Se non è d’accordo, sappia che poi si va a votare. Io non ho paura delle elezioni, lui sì”.
Il 9 dicembre farà  cadere il governo?
“Macchè, sarà  l’occasione per risolvere i problemi. Se non lo si fa, siamo finiti”.
Nel senso che Letta sarebbe finito?
“Nel senso che all’opposizione c’è una tenaglia composta da Berlusconi e Grillo. E il Cavaliere la campagna elettorale la sa fare. Se il governo è tentennante, la nostra marcia verso le elezioni si trasformerà  in un corteo funebre. Dobbiamo cambiare verso”.
Come?
“Napolitano ha chiesto a Letta di tornare alle Camere. Non è un passaggio scontato, ma politico. Deve ridisegnare il suo programma. E Letta deve sapere che il suo esecutivo ora è incentrato sul Pd. Ha cambiato forma, le larghe intese originarie non ci sono più”.
Queste sono parole non fatti
“Il fatto è che il Pd ha trecento deputati e Alfano ne ha trenta. Con tutto il rispetto per Scelta Civica e per il Nuovo centrodestra, il governo sta in piedi grazie a noi. Alfano dice che può far cadere Letta. Bene, così si va subito al voto. Io non ho paura. Lui sì. Perchè sa che Berlusconi lo asfalta”.
Ma lei è sicuro che tutti e trecento la seguiranno?
“Le cose da fare le decideranno gli italiani che parteciperanno alle primarie. Difficilmente qualcuno si tirerà  indietro. Ma se c’è chi punta a spaccare il gruppo, sappia che la conseguenza saranno le elezioni anticipate”.
E allora lei come pensa di utilizzare tutta questa forza?
“Aspettare l’8 dicembre per la verifica di governo non è stata una concessione. Chi vince impone la linea. Saremo leali ma conseguenti. Offro una disponibilità  vera, un patto di un anno. E quindi proporremo tre punti che noi consideriamo ineludibili”.
Cioè?
“Nessuno ha la bacchetta magica. Per il Pd il 2013 è stato l’anno della pazienza e della responsabilità . Il 2014 deve essere quello del coraggio e delle decisioni. Il primo punto che porremo saranno le regole del gioco. Si mandino in pensione i saggi che vanno in ritiro a Francavilla e la proposta di modifica dell’articolo 138. Il ministro Quagliariello ha presentato una proposta per il superamento del bicameralismo. Io dico: niente scherzi. Il Senato non ha bisogno di arzigogoli, lo si azzera e diventa la Camera delle Autonomie locali. Aboliamo enti inutili come il Cnel, rivediamo il Titolo V della Costituzione. Non servono i saggi per questo, ma le centinaia di migliaia di persone che voteranno nei gazebo”.
E secondo lei la gente che va a votare nei gazebo è interessata alla Camera delle Autonomie?
“Se riusciamo a fare quel che ho detto e a metterlo in cantiere prima delle europee, si può risparmiare un miliardo. Cinquecento milioni li mettiamo sulla tutela del territorio e altri 500 a favore della disabilità . A queste cose la gente è interessata”.
Nel pacchetto entra anche la legge elettorale?
“Certo. Va bene qualsiasi riforma. Purchè si faccia e purchè garantisca il bipolarismo e la governabilità “.
Le va bene anche il Super-Porcellum?
“E no. Chi vince, deve vincere. Chi vince, governa 5 anni senza inciuci”.
Il Mattarellum?
“Ma deve essere corretto. Quel 25% di recupero proporzionale deve diventare un premio di maggioranza”.
Qual è il secondo paletto che vuole piantare?
“L’economia. Partiamo dal “Job act”. Semplificazione delle regole nel lavoro, garanzie a chi non ne ha. Aumentare la capacità  di attrarre investimenti stranieri. La disoccupazione non fa più notizia, ma noi siamo il partito del lavoro. Costringere sindacati e Confindustria a fare rappresentanza e non a occuparsi di formazione professionale”.
Ecco un nuovo attacco alla Cgil.
“Ma la parte più seria è già  uscita da quel settore. Certo, anche loro devono cambiare. Ogni volta che in tv trasmettono una riunione a Palazzo Chigi nella sala Verde con 40 sindacalisti e imprenditori, aumenta dell’0,1% l’astensionismo”.
La formulazione della nuova Imu va cambiata?
“Con i comuni hanno fatto un pasticcio, siamo alle barzellette. Capisco quei sindaci che hanno messo in bilancio certe risorse e ora il governo gliele leva. Ma non c’è dubbio che chi ha una casa grande e bella debba pagare di più di chi ne ha una piccola e brutta. La verità  è che hanno fatto una gigantesca ammuina per accontentare Brunetta”.
La farebbe una patrimoniale?
“Ora sarebbe un errore politico, le tasse vanno abbassate non aumentate. La si può chiedere solo dopo che la Pubblica Amministrazione ha dato il buon esempio. Poi, però, c’è il terzo punto”.
Ossia?
“L’anima del Paese. Letta vuole gestire il semestre europeo, allora si diano contenuti. Spendiamo meglio i fondi comunitari. Investiamo anche su scuola, immigrazione e diritti”.
Intende diritti civili?
“Guardi, io sono tra i più prudenti nel mio partito. Ma le Unioni civili e la legge contro l’omofobia non sono più rinviabili”.
In sostanza lei propone un patto a Letta e Alfano ponendo queste tre condizioni.
“Ad Alfano no. Ripeto noi siamo trecento, loro trenta. Mica ce l’ha ordinato il dottore di stare insieme”.
Insomma il vicepremier si deve adeguare.
“Se ha proposte migliorative… ma non è che non trattiamo più con Berlusconi e ci mettiamo a mediare con Formigoni e Giovanardi. Alfano ha chiesto tempo per superare il problema Berlusconi. Va bene, ma se si risolvono i problemi del Paese. Non è importante chi segna il goal, ma vincere la partita. Insomma, ci devono essere i fatti. Ora si deve salvare il Paese”.
Il Nuovo centrodestra chiede la riforma della giustizia.
“Sarebbe un bene. Ma non mi pare che ci siano le condizioni. E comunque la nostra riforma della giustizia sarebbe molto diversa dal Lodo Alfano”.
Può essere utile un rimpasto per sancire la nuova fase?
“A me interessa che le cose si facciano”.
Quindi si voterà  nel 2015?
“Letta e Napolitano hanno fissato quella data. Ma se nel 2014 non si fanno queste cose, ci portano via di peso. La sinistra è finita e vincono Berlusconi e Grillo”.
Al contrario, se si fanno quelle cose qualcuno le potrebbe dire di far slittare il voto al 2016.
“Se si porrà  il problema, lo discuteremo. Per me si vota nel 2015. Ma insisto: questa è la volta buona che ci si arriva avendo realizzato la riforma elettorale e tutto il resto. Altrimenti il Pd non potrà  che separare il suo destino da quello di questa maggioranza”.
Cioè lei aprirebbe la crisi?
“No, io voglio aprire i cantieri per dare lavoro. Ma se si va a votare ci deve essere un Pd forte”.
Dovrà  fare i conti anche con Napolitano. Il presidente della Repubblica spesso ha coperto Palazzo Chigi con il suo ombrello istituzionale.
“Il capo dello Stato fa bene il suo ruolo. Ma nel rispetto dei ruoli, mi limito a far presente che un Pd forte fa bene anche alle Istituzioni”.
Tra una settimana le primarie. Ha paura di un flop astensionismo?
“Andranno a votare meno persone rispetto all’ultima volta. l’astensionismo cresce nel Paese e cresce nel Pd. Ma se anche andasse a votare un milione di persone, sarebbero le primarie più grandi d’Europa. Non nascondo che sarebbe bello arrivare a due milioni. per questo sabato metteremo 1000 tavolini in mille piazze italiane. Diremo che stavolta si può voltare pagina”.

Claudio Tito
(da “La Repubblica”)

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LA CADUTA DELL’UBIQUO COTA: IL SOGNO DELLA MACRO-REGIONE INFRANTO NELLA GRANDE ABBUFFATA

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

SCONTRINI E RIMBORSI AFFONDANO IL MODELLO LEGHISTA

Gli esegeti ancora s’interrogano, a quattro giorni di distanza dal fattaccio, su quale sia stato il passaggio dell’intervento di Mercedes Bresso che ha scatenato l’ira del consigliere dei Fratelli d’Italia Franco Maria Botta, figlio di Giuseppe, capocorrente della Dc torinese negli anni della Prima Repubblica.
Il Botta figlio (nomen homen) si è avventato sul microfono della Bresso, prontamente bloccato dai colleghi prima che il parapiglia si concludesse con la generale caduta a terra, plastica rappresentazione del livello raggiunto dall’istituzione regionale complessivamente intesa.
È il crollo del mito del Territorio, la fine dell’idea ingenua che per il solo fatto di essere lontani da Roma si diventa onesti.
E invece, nella terra del leghista Roberto Cota, si scopre che il palazzo della Regione è solo un bonsai della Montecitorio degli anni peggiori.
Dalla macro-regione del Nord alla mega-abbuffata.
Chissà  che cosa avrebbe pensato, nel momento della fatidica caduta dopo la baruffa sabauda, il Botta padre, buonanima. Uomo d’altri tempi, quando i notabili democristiani venivano accusati di corruzione perchè prendevano le mazzette dai signori dell’autostrada di Aosta.
Del figlio sappiamo invece che è accusato di aver speso il denaro del contribuente principalmente a tavola e che ama il pesce.
In due anni s’è letteralmente mangiato 41mila euro, 56 al giorno, al ristorante «La Gola», uno dei sette peccati capitali.
Quando nella campagna elettorale del 1948 il Pci accusava la Dc di sperperare il denaro pubblico, scriveva sui manifesti “Via il regime della forchetta” ma tutti sapevano che si trattava di una metafora.
Nella Prima Repubblica, si lucrava sulle grandi infrastrutture: il reparto alimentari era considerato disonorevole. Nel febbraio del 1968 il sindaco democristiano di Torino, il professor Giuseppe Grosso, ritirò le deleghe al suo assessore al personale perchè non lui ma il segretario aveva accettato tre forme di provolone da un padre riconoscente per l’assunzione del figlio.
Oggi invece Giuseppe Novero, consigliere leghista, detto «barba Toni», zio Toni, resiste imperterrito sul suo scranno anche se è accusato di aver acquistato con il denaro pubblico notevoli quantitativi di gorgonzola.
Repubblica che vai, formaggio che trovi
Lo stupidario delle spese pazze del Piemonte è bipartisan con la vistosa eccezione del gruppo del Pd, non si sa se perchè davvero più onesto degli altri o se dotato di una segreteria amministrativa più efficiente.
Plausibilmente sono valide ambedue le spiegazioni. «La realtà  – dice una fonte interna – è che il gruppo del Pd è formato da gente con una certa esperienza». Accade che i neofiti siano ingenui. Andrea Stara, infatti, eletto nel gruppo di Mercedes Bresso e un passato nei Comunisti Italiani, non sa come sia possibile che per la sua attività  politica la collettività  abbia dovuto acquistare un tosaerba, una sega circolare e i Dragon Ball.
Disboscare gli antichi privilegi della casta è certamente un’opera meritoria ma non era questo il senso dell’espressione. In ogni caso il consigliere Stara dice di non sapersi spiegare l’accaduto (che è effettivamente abbastanza inspiegabile).
Se ne deduce che ha acquistato una sega circolare a sua insaputa
Triste è il destino dell’avvocato Roberto Cota, il leghista dal volto umano che presiede la giunta.
Nel 2010 era calato a Torino dalla fatal Novara per far assaggiare ai rammolliti salotti torinesi la rabbia della provincia gonfia di rancore. Non gli è andata bene.
Ancor prima che fosse certificata la truffa della lista di pensionati che lo fece vincere senza averne i requisiti (una storia di firme false) è andata in crisi la sua operazione politica.
Il primo assessore alla sanità  è stato travolto da uno scandalo con incredibile velocità . Al suo posto Cota ha sistemato un manager Fiat, il novarese Paolo Monferino. Animato dalle migliori intenzioni, Monferino ha resistito fino al marzo scorso quando è stato sbalzato di sella come il cowboy nel rodeo, per l’evidente impossibilità  di portare a termine la sua riforma. Non è la stessa cosa costruire i camion all’Iveco o organizzare l’acquisto delle flebo: la politica è un mestiere.
Rimane il buco nel bilancio, eredità , a dire il vero, di una lunga gestazione, iniziata negli anni delle giunte a guida Dc, proseguita con gli scandali della giunta del forzista Enzo Ghigo, transitata senza sensibili miglioramenti per la giunta di sinistra di Mercedes Bresso e miseramente schiantatasi con l’amministrazione Cota.
«In tre anni il federalismo in versione leghista ha fatto salire l’indebitamento da 4,5 miliardi a oltre 9», spiega il capogruppo del Pd, Aldo Reschigna.
Altro che Roma ladrona. Il biellese Quintino Sella piangerebbe di disperazione scoprendo che mentre cresceva un simile buco, l’assessore leghista al bilancio, Giovanna Quaglia, acquistava tisane e cappotti a spese del contribuente.
Così, sull’onda dello scandalo, il centrosinistra piemontese, sconfitto nel 2010, prepara la riscossa e tenta la spallata con le annunciate dimissioni di massa.
Ieri 170 esponenti delle istituzioni locali hanno chiesto il ritorno in campo di Sergio Chiamparino, oggi alla guida della Compagnia di San Paolo.
Il governatore, invece, si dice «sereno» e, naturalmente, scarica sulla segretaria.
Cota appoggia Matteo Salvini nella gara in discesa alla conquista della segreteria leghista. Ma il sostenuto non sembra apprezzare: «Cota? Lo stimo. Le mani sul fuoco ho smesso di metterle quando avevo sei anni, la volta che il mio migliore amico mi rubò il pallone». Un trauma.
Si ruba anche al Nord. E fin dalla più tenera età .

Paolo Griseri
(da “La Repubblica“)

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IL PAPA’ GIRA IN FERRARI, MA PER L’UNIVERSITA’ E’ POVERA

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

ROMA, SEI STUDENTI SU DIECI MENTONO SUL REDDITO PER OTTENERE BORSE DI STUDIO E TRASPORTI GRATUITI

La studentessa col papà  che gira in Ferrari ma dichiara 19mila euro di reddito lordo.
La ragazza che “dimentica” un tesoretto familiare da 600mila euro e ne denuncia appena 14 mila all’anno.
La laureanda con villa e piscina annessa (tra l’altro: non risultava neanche al catasto) che si fa passare per indigente e presenta una dichiarazione da circa 5mila euro.
Sono soltanto i casi più eclatanti ma la bugia, tra gli universitari romani, sembra diventata la regola.
Tutti a mentire, nascondere, ridimensionare proprietà  e conti in banca per accaparrarsi borse di studio, alloggi, mensa e trasporti gratuiti o facilitati e altre agevolazioni.
Furbetti di oggi che rischiano di diventare i grandi evasori di domani. Un malcostume purtroppo dilagante, stando ai controlli delle Fiamme Gialle in collaborazione con gli atenei romani e la regione Lazio. I dati sono sconcertanti: il 62 per cento delle autocertificazioni Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) sono bugiarde
Qualcuno si è aggiudicato un taglio della retta fino a 1.700 euro, qualcun altro una borsa di studio di 26mila euro. Falsi poveri con la laurea in frode fiscale. E qualcuno ha indetto addirittura uno sciopero della fame contro le multe da 5mila euro che sarebbero state inflitte per un errore del sistema elettronico.
Cifre che fanno riflettere. Nel 2013 i militari del generale Ivano Maccani, comandante provinciale della Guardia di finanza, hanno passato al setaccio 546 fascicoli scoprendo ben 340 irregolarità . Su un totale di quasi 196mila iscritti ai tre atenei capitolini, l’83 per cento ha presentato la richiesta per le facilitazioni (corredata di una documentazione che, spesso, è stata smentita dagli accertamenti) e, di questi, il 16 per cento è stato inserito nelle prime tre fasce di reddito «protette ».
Tanto per dare un’idea, la studentessa con villa è piscina si è trovata catapultata, dopo le verifiche delle Fiamme Gialle, dalla prima alla sessantesima fascia.
«Chi si appropria di benefici a cui non ha diritto ruba gli aiuti a chi ne ha bisogno», ricorda Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio. «I dati sono sconcertanti ma dimostrano che qualcosa si può fare. Viviamo in una regione che, negli ultimi anni, ha ridotto il diritto allo studio: a giugno non erano state neanche state saldate le borse di studio del 2009, ma nel 2014 saremo in pari coi tempi».
Ai controlli non sfuggono gli studenti stranieri: su circa 7mila iscritti, il 90 per cento ha fatto richiesta dei benefici e, tra questi, il 15 per cento ha dichiarato un reddito inferiore ai mille euro. Luigi Frati, il rettore della Sapienza, delinea uno squarcio di speranza: «Nel 2009 alla nostra università  c’era il 25 per cento di evasione. Ora su 20mila controlli effettuati nel 2012, sono saltati fuori appena 114 casi, meno dell’uno per mille. Le sanzioni sono salate e voglio che sia chiara una cosa: non ci saranno condoni»
I controlli della Finanza non sono casuali ma mirati e scattano dopo un lavoro di verifiche incrociate sulle banche dati: università , catasto, anagrafe tributaria. I “furbetti” sono avvertiti.
E, nel frattempo, le Fiamme gialle continuano a lavorare anche sugli affitti per studenti in nero. Tra pochi giorni un camper delle Fiamme gialle inizierà  a girare negli atenei per raccogliere le denunce.
Chi smaschera un padrone di casa disonesto verrà  premiato: potrà  pagare un canone basato sulla reddita catastale e risparmiare il 60 per cento della spesa.

Massimo Lugli
(da “La Repubblica“)

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“BERLUSCONI PAGO’ I TESTIMONI”: PER I GIUDICI DEL RUBY BIS DEVE ESSERE INDAGATO PER CORRUZIONE

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

“HA DATO I SOLDI AI TESTIMONI PER MENTIRE”….”IL PAGAMENTO MENSILE DI 2.500 EURO A SOGGETTI CHE DEVONO TESTIMONIARE IN UN PROCESSO DOVE CHI ELARGISCE LA SOMMA E’ IMPUTATO E’ UN FATTO ILLECITO E UN INQUINAMENTO PROBATORIO”

Per i giudici di Milano i dubbi sono pochi e le prove sono tante.
Berlusconi, questo dice la quinta sezione penale, ha tentato di inquinare i processi che riguardavano Ruby Rubacuori. Ha pagato o manipolato i testimoni. Voleva raccontassero in aula una montagna di bugie, quindi la procura deve intervenire su quest’uomo — attenzione — «gravemente indiziato».
Deve procedere — e il fascicolo toccherà  al procuratore aggiunto Ilda Boccassini per i reati di corruzione giudiziaria, per rivelazione di atti segreti, per falsa testimonianza.
E deve coinvolgere nell’inchiesta penale le varie pedine, avvocati compresi, che l’ex presidente del consiglio ha sacrificato e sta sacrificando nella sua partita, disperata e perdente.
TRENTATRÈ INDAGATI
I tre condannati di ieri rappresentano «il passato». Si spiegano i sette anni sia il «burattinaio» Emilio Fede, sia il suo «compare» Lele Mora, perchè «intrattenevano rapporti finalizzati a selezionare e procurare» come dicevano, nel linguaggio criptico, «i programmi», e cioè le ragazze, «che piacevano» al produttore, cioè a Berlusconi.
I giudici condannano a cinque anni Nicole Minetti, l’ex consigliere regionale, «favoreggiatrice della prostituzione altrui», e molto attiva su vari fronti, spogliarelli compresi, per un mix di «fiducia-amicizia-interesse amore (?)» verso Berlusconi.
Ma tutto ciò che li riguarda è stra-noto, già  esaminato: quello che importa di più di questa sentenza è il futuro, perchè manda in procura «gli atti» che riguardano 33 persone.
E a parte Berlusconi, «l’utilizzatore finale del sistema prostitutivo», ci sono ben tre avvocati, e cioè Niccolò Ghedini, Pietro Longo, Luca Giuliante.
Poi diciannove ragazze, che hanno preso soldi e si sono «vendute» al cliente, ma l’hanno negato in aula. Nonostante le sei testimoni delle feste a luci rosse siano state esplicite, ci sono persone, dal giornalista Carlo Rossella al cantante di strada Mariano Apicella, che sembravano vivere ad Arcore con il paraocchi. Un quartetto, infine, composto da Ruby, il suo povero papà , il convivente Luca Risso, la sua ex fidanzata Serena Facchineri, che «fiutano » l’affare e bussano a quattrini.
I FALSI TESTIMONI
La versione «cene eleganti» si è già  sgretolata nelle aule dei due processi innescati da Karima El Mahroug detta Ruby. Ma è in quest’ultimo, sul «sistema prostitutivo di Arcore», le ragazze hanno potuto parlare di più.
In che modo? Tantissime, nonostante il vocabolario da favelas, usavano la ricercata espressione «cene conviviali». Dicevano bugie simili, ma ogni volta che si entrava nei dettagli, notano i giudici, si contraddicevano. Ioana Visan, detta Annina, dimenticando di dover parlare di «burlesque», ha detto «Pigalle», e, ignorando che fosse un quartiere di Milano, lo descriveva come «un balletto molto carino».
Per Barbara Faggioli il bunga bunga diventa «un salottino ». Però, come s’è lasciata sfuggire una, ballavano «rimanendo in intimo, cioè reggiseno e mutande». Dov’è dunque l’eleganza berlusconiana?
QUEI SEIMILA EURO
Roberta Bonasia, la porno-infermiera spedita da Lele Mora anche in Sardegna, è una che «nega di aver mai dormito ad Arcore e di aver ricevuto denaro».
I giudici in poche pagine distruggono radicalmente, e senza scampo, la sua versione fasulla. E siccome notano che, come lei, nessuna ragazza affronta davanti al collegio il binomio sesso&denaro, ricordano una sfilza di parole pronunciate lontano dall’aula giudiziaria, sotto intercettazione: «Cinque, più quell’altri mille, quindi sei», diceva una, soddisfatta del compenso. Molto più di Marysthelle Polanco, finita al ribasso: «(Berlusconi) mi ha abbassato di mille euro, cavolo, mi sta dando 4mila, ultimamente». «Amò, io non voglio andare là  gratis», dice Iris Berardi a Aris Espinoza, che risponde: «Lo so, amò, nessuno».
E siccome «c’era poca benzina», tante vogliono fermarsi per la notte, perchè quella è — parole di Nicole Minetti — «la botta grossa».
LE PARTI CIVILI
Berlusconi, che appare come «il mattatore » delle serate hard, in realtà  viene costantemente munto. Queste diciannove lo sanno bene: ma mentono nonostante siano smentite anche da varie testimoni dirette. Tra le quali le parti civili Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadil.
La loro sofferenza, per essere entrate in quel tipo di serata («Dobbiamo darla?»), è evidente ai giudici, che infatti prevedono un «riconoscimento del danno », da liquidarsi in sede civile da parte dei tre condannati.
Tante frasi restano dello stile delle serate: «Roba sana, roba di prima qualità », così definiva Mora le giovanissime Ambra e Chiara, che Berlusconi chiamava a sua volta «bambine».
Quanto a Fede, i giudici lo bacchettano per come, uno come lui, parla della sua amica Imane Fadil: «Vorrei fargli capire che non è la mia donna, capito? Frega un cazzo a me, hai capito?», perchè tutto fa brodo per servire Berlusconi.
LE DATE DI RUBY
È in questo contesto («il puttanaio»), che arriva Ruby: la quale, secondo l’ex direttore del Tg4, «puzzava di lepre». Ma, stando ai giudici, sapeva fare i conti, visto che, in una telefonata a Luca Risso, parla di «Gesù» (Berlusconi) e della sua capacità  economica, che gli avrebbe permesso «di pagare persone per smentire».
Una frase utile ai magistrati: «l’intera vicenda — scrivono — può trovare spiegazione solo se finalizzata ad occultare la vera natura delle relazioni intercorse tra Karima e l’ex premier».
Anzi, ripercorrendo le tante bugie dell’ex minorenne scappata di casa, spiegano che «in un diverso sistema processuale — si legge così nella sentenza firmata Annamaria Gatto, Manuela Cannavale e Paola Pendino — la condotta serbata in udienza dalla teste sarebbe ritenuta oltraggio alla corte».
In America, insomma, Ruby sarebbe già  dietro le sbarre. Da sola?
AVVOCATI O COMPLICI?
«Le motivazioni della sentenza Ruby bis per quanto attiene l’asserita attività  di inquinamento probatorio, sono totalmente sconnesse dalla realtà  e dai riscontri fattuali», contrattacca ieri il tandem difensivo Ghedini-Longo.
Ma promuove ancora una linea difensiva, appiattita sul ritornello «sono solo cene eleganti», che è già  stata sconfitta. Infatti, i giudici ricordano che il 14 gennaio 2011 Barbara Faggioli, fedelissima di Berlusconi, fa partire una catena di convocazioni: «Mi ha chiamato il presidente adesso, da un numero sconosciuto, eh (…) siccome lui ha un incontro con gli avvocati».
Questa convocazione di ragazze sottoposte a perquisizione era per il pubblico ministero Antonio Sangermano «un’anomalia». Per i giudici — visto che non c’è un verbale, ed è stato un incontro collettivo di testimoni, che poco dopo cominciano ad essere pagati con almeno 2mila 500 euro al mese — comunque non «non può essere ritenuta (…) legittima o rientrante nei diritti della difesa (…)». Anzi, «è un fatto illecito. Un inquinamento probatorio».
QUANDO RUBY PARLO’
C’è un terzo avvocato a rischio.
Ruby, ancora minorenne, tra il 6 e il 7 ottobre 2010, viene convocata Milano da Luca Giuliante, penalista e politico di Forza Italia. Anche qui, zero verbali. Zero rispetto delle procedure. E una decina di giorni dopo, ecco Nicole Minetti che chiama Marystele Polanco: «’sta stronza della Ruby (…) ci ha sputtanato (…) vado da quello che la segue», e c’è — dice a Fede «da mettersi le mani nei capelli».
Tutto questo ben prima che il 28 ottobre Repubblica renda nota l’espressione più cliccata del 2010, «bunga bunga». Questi i fatti e, adesso, come insegnava Giovanni Falcone, «Follow the money», segui il denaro: può fare e far fare altrimenti il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati, a Milano?

Piero Colaprico
(da “La Repubblica”)

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“HOTEL DI LUSSO E CESTINI NATALIZI”: INCHIESTA SUI 2 MILIONI DI EURO SPESI DAGLI EX CONSIGLIERI PD IN RAGIONE LAZIO

Dicembre 1st, 2013 Riccardo Fucile

FINORA ERA FINITO INDAGATO SOLO IL TESORIERE DEL GRUPPO

Una fattura in cui il 3 di 3.000 euro si trasforma magicamente in un 8.
Ricevute di un hotel quattro stelle di Rieti datate gennaio 2011 che avevano come giustificativo “Presentazione del libro di Reichlin”, evento avvenuto tre mesi prima (22 ottobre 2010).
Scontrini da 1.200 euro per le bevande consumate in due giorni al convegno «La politica agricola del Pd».
E ancora, cesti natalizi, contributi a giornali, tv locali e associazioni.
Quasi a scoppio ritardato, oltre un anno dopo la caduta della giunta Polverini e gli arresti dei capigruppo Pdl e Idv, Franco Fiorito e Vincenzo Maruccio, la procura di Rieti accende un faro sulla gestione dei contributi al gruppo del Pd alla Regione Lazio nella legislatura 2010-2012.
Più di 2 milioni di euro ricevuti nel 2011 sui quali stanno indagando gli uomini del nucleo tributario della finanza di Rieti che sono tornati la scorsa estate a bussare alle porte del Consiglio regionale.
L’ultima visita è della scorsa settimana: le Fiamme gialle hanno chiesto l’inventario dei beni del Pd per capire se cellulari e iPad acquistati con i soldi pubblici fossero stati tutti restituiti dai consiglieri decaduti.
Nessuno di loro è stato ricandidato in Regione ma gli echi della passata legislatura non si sono ancora spenti.
Ed è solo una coincidenza se nel giorno in cui anche la Corte dei conti torna indietro a quegli anni con giudizi severissimi («La Regione Lazio è stata per 10 anni un ente insolvente, chiudendo il 2012 con un buco di 4 miliardi») emerge la notizia dell’indagine di Rieti.
Mentre i magistrati contabili sollevano la questione di legittimità  costituzionale di tutte le leggi che, a partire dal 1997, hanno reintrodotto il finanziamento pubblico ai partiti abolito col referendum del 1993, l’inchiesta reatina promette sviluppi «a stretto giro».
Per il momento, l’unico indagato è l’allora tesoriere del gruppo Pd, Mario Perilli, ma le verifiche sono su tutte le spese dei 14 ex consiglieri Pd.
Falso e peculato i reati ipotizzati. Insieme a lui, nell’informativa che la Guardia di finanza a giorni consegnerà  al procuratore capo Giuseppe Saieva, ci sono i nomi di altri tre ex consiglieri regionali – Enzo Foschi, attuale capo segreteria del sindaco di Roma Ignazio Marino, Esterino Montino, sindaco di Fiumicino e Giuseppe Parroncini – e di altre dieci persone tra commercianti, ristoratori e imprenditori.
Gli ex consiglieri citati si difendono: «Abbiamo agito sempre in trasparenza».
A parte Perilli, nessuno dei nomi che compaiono nell’informativa è, almeno per ora, iscritto nel registro degli indagati.
L’inchiesta ha preso le mosse all’inizio dell’anno, dopo la denuncia di Gianfranco Paris, avvocato reatino, candidato alle regionali del 2010 con la Lista Bonino- Pannella che, sul suo blog, aveva pubblicato una lista molto circostanziata sulle spese del gruppo Pd in Regione, e in particolare su quelle di Perilli, sindaco di Fara Sabina (Roma) prima dell’incarico in Regione.
L’elenco riguardava spese sostenute nelle zone dove Perilli aveva ricevuto il maggior consenso elettorale: da Rieti a Passo Corese. Ci sono per esempio 6.000 euro liquidati all’associazione “Fara Music” nel gennaio del 2011 per l’organizzazione del convegno “Sviluppo del territorio e musei locali” o i 4.300 euro a uno studio fotografico di Passo Corese per l’organizzazione di un altro incontro del gruppo.
Non mancano poi i finanziamenti a giornali ed emittenti televisive: al Nuovo Paese Sera (dove per un periodo ha lavorato la figlia di Perrilli) il gruppo Pd ha versato 24mila euro.
Nella lunga lista sono finite anche le immancabili cene e pranzi elettorali: dall’enoteca “Tuscia” dove sono stati spesi 8.000 euro ai 9.800 nel ristorante “La Foresta” di Rocca di Papa.

Federica Angeli e Muro Favale
(da “La Repubblica“)

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