Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
DAVANTI A UN MILIONE DI PERSONE AL CONCERTO DEL PRIMO MAGGIO, IL CANTANTE ATTACCA IL PREMIER: “FA ELEMOSINE DA 80 EURO QUANDO IN ITALIA C’E’ BISOGNO DI LAVORO”
«Non vogliamo elemosine da 80 euro, vogliamo lavoro». 
L’attacco di Piero Pelù in piazza San Giovanni a Matteo Renzi è diretto: «Il non eletto, ovvero il boy-scout di Licio Gelli, deve capire che in Italia c’è una grande guerra interna, e si chiama disoccupazione, corruzione, voto di scambio, mafia, camorra, ‘ndrangheta. Il nemico è dentro di noi, forse siamo noi stessi. Gli unici cannoni che ammetto sono quelli che dovrebbe fumarsi Giovanardi».
Questa è solo una delle “posizioni forti” manifestate al Primo Maggio organizzato dai sindacati confederali, davanti a una folla che riempie piazza San Giovanni già dalla tarda mattinata.
Alle 21 c’era una platea di 700mila persone, e un’ora dopo erano già un milione.
Uno dei momenti più toccanti ha per protagonisti gli Statuto che ricordano le vittime della Thyssen Krupp e chiedono anche «un applauso per Patrizia Moretti, la mamma di Federico Aldrovandi per il coraggio con cui sta affrontando il dolore».
Ma il più clamoroso è stato l’intervento di Piero Pelù.
Che non ha risparmiato Berlusconi: «…maledette toghe rosse, ai servizi sociali l’avete mandato: giù le mani da Silvio e giù le mani da Marcellino Dell’Utri… Ti prego Marcellino torna in Italia ti aspettiamo a braccia aperte».
Il rocker fiorentino sale sul palco chiedendo un minuto di silenzio per i morti sul lavoro, per i disoccupati, per i lavoratori di Piombino, di Porto Marghera, del Sulcis, dell’Ilva per Mancini, quel poliziotto morto per fare veramente il suo dovere e per scoprire nelle terre dei fuochi quali erano i veleni che venivano interrati».
Appena tornato in camerino, Pelù spiega le sue dichiarazioni sul palco: «Pagherò le conseguenze di quello che ho detto ma non me ne frega nulla. Questi ragazzi hanno bisogno di sentire qualcuno che dica certe cose. Ormai i mezzi di distrazione di massa sono compatti sulla propaganda. Ci vuole una voce fuori dal coro».
E aggiunge con ironia: «Stasera non ho detto nulla, ero posseduto dal ribelle che è dentro di me e comunque la cartina di tornasole è mia madre: mi ha chiamato e mi ha confermato “hai detto tutto bene”»
Sandra Cesarale
(da “il Corriere della Sera”)
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Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
C’E’ ANCHE L’IDEA DI DARE PIU’ VISIBILITA’ A FRANCESCA PASCALE
Un “colpo grosso”. Da sparare negli ultimi dieci giorni di campagna elettorale, per tentare una
rimonta che, al momento, non c’è.
È questo che Silvio Berlusconi ha chiesto ai suoi, nelle riunioni continue che si sono svolte ad Arcore anche nel giorno della festa dei lavoratori.
L’intervento al Tg5 e a Studio Aperto in tema di lavoro, proprio nel giorno delle celebrazioni del Primo Maggio per un frontale sui sindacati, è solo l’inizio di una campagna elettorale non più tarata sui giudici.
Ai Tg Mediaset l’ex premier affida una proposta già lanciata durante la scorsa campagna elettorale: “Detassazione totale delle nuove assunzioni, zero tasse e contributi per chi assume giovani, disoccupati, cassintegrati”.
E’ il primo segnale che attesta un cambio di copione rispetto a quello anti-istituzionale dei giorni scorsi.
Perchè ormai a Berlusconi è chiaro che, se continua ad attaccare Napolitano e toghe, lo mettono sotto chiave.
Pare che la paura abbia indotto l’ex premier alla ragionevolezza: “Non vi preoccupate — ha detto ai suoi — d’ora in poi farò il bravo”. Ma serve altro.
Quello che nelle riunioni ristrette ha chiamato “colpo grosso”.
Su questo è concentrata la sua fervida fantasia. Perchè l’allarme rosso è già scattato: la campagna non decolla. I sondaggi sono “inchiodati” al 19 per cento. E le prime uscite televisive non sono servite se non a confermare che stavolta il “marchio” tira di meno. Per non parlare delle limitazioni negli spostamenti che gli impediscono di fare i comizi. E il fatto che, contrariamente alle previsioni, non può usare Cesano Boscone come un set da campagna elettorale.
Ecco la necessità di trovare qualcosa che, come ha detto ai suoi, “faccia il botto”.
È una novità assoluta. Perchè, nel corso di tutto il ventennio, l’ex premier ha utilizzato questo schema solo in occasione di elezioni politiche: il milione di posti di lavoro (e il contratto con gli italiani) nel 2001, l’abolizione dell’Ici (2006), l’abolizione dell’Imu (2013).
Mai, in occasione di elezioni europee, ha usato una mossa ad effetto che riguarda la politica nazionale. Non per garbo. Ma perchè è rischioso.
Gli elettori non sono fessi e sono consapevoli che una sparata del genere rischia di apparire fuori contesto, visto che i parlamentari eletti andranno a Strasburgo e non a Roma.
Ma stavolta è diverso. E il Cavaliere sente che è già l’ora del “tutto per tutto”.
Tutti i big sono mobilitati per fornire idee, spunti di riflessione, trovate creative.
Nel vertice di mercoledì a Grazioli, i capigruppo gli hanno suggerito una linea più dura sul governo e su Renzi anche senza mettere in discussione le riforme.
È soprattutto Renato Brunetta l’inarrestabile macchina di idee per cercare un frontale col premier.
Il suo suggerimento è di smontare gli “80 euro di Renzi” e di andarci giù come una clava sulla Tasi. Mentre l’altro falco, Daniele Capezzone, suggerisce sul fronte economico di sbandierare la promessa di innalzare le pensioni minime a 800-1000 euro e di andarci pesante sull’immigrazione.
Tutto utile, per carità . Ma l’ex premier ha spiegato che puntare tutto sull’opposizione dura al governo potrebbe essere un boomerang.
I report della Ghisleri dicono che non c’è niente da fare: Renzi piace all’elettorato di centrodestra. Attaccarlo un po’ sull’economia va bene (“Aumenta le tasse su casa e risparmi famiglia” dice al Tg5), ma troppo potrebbe addirittura risultare dannoso per Forza Italia.
E allora serve ben altro. Una fonte di rango dice a microfoni spenti: “L’idea ancora non c’è. Ma sarà qualcosa di enorme che faccia scandalo, costringendo tutti a parlarne per una settimana”.
Tra le tante suggestioni che circolano, ce ne è anche una che coinvolge Francesca. Non è quello “super”, ma è un “colpo” che il Cavaliere medita da giorni.
Proprio nel momento in cui Berlusconi rischia di apparire “recluso” a causa di spostamenti limitati, potrebbe risultare utile “aprire la casa”, puntarci i riflettori in modo da suscitare l’interesse pubblico.
E dunque sovraesporre l’angelo del focolare, la cui popolarità è elevatissima.
Il come è in via di definizione, ma l’idea di dare più ruolo e più visibilità a Francesca è un punto fisso.
In attesa del colpo vero: “Vedrete, vedrete — ha ripetuto Berlusconi si suoi — cosa vi combino negli ultimi dieci giorni”. Già .
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
“LE OFFESE AI MAGISTRATI CONTRASTANO CON IL PROGRAMMA”… LA PROCURA: COSI’ SI AVVICINA A UNA RICHIESTA DI REVOCA
Sono una cosa seria i servizi sociali, l’affidamento in prova di un condannato definitivo non è una scampagnata ma una forma di esecuzione della pena.
Invece Silvio Berlusconi, con le sue esternazioni e con il proprio comportamento successivi all’ottenimento del beneficio dell’affidamento in prova ai servizi sociali, «sta dimostrando incuranza» del significato di questa misura alternativa alla detenzione in carcere, ne «sminuisce la rilevanza», e così segnala che «non ne comprende la portata e i limiti»: ecco perchè il giudice di Sorveglianza di Milano ha respinto l’istanza con la quale l’ex premier e capo di Forza Italia si era spinto a chiedere ulteriori spazi di libertà personale e margini di manovra politica ancora maggiori di quelli concessigli dalle prescrizioni sottoscritte in aprile e già ampiamente comprensive delle sue esigenze elettorali di politico.
Berlusconi – per nulla imbarazzato dalle polemiche sollevate dalle sue affermazioni televisive contro la sentenza che l’ha condannato («un colpo di Stato»), contro i servizi sociali che pure ha cercato per non finire arrestato («ridicoli»), o contro il presidente della Repubblica («profondo rosso») – aveva prospettato un calendario di appuntamenti elettorali ai quali voleva partecipare benchè essi fossero in programma o fuori Milano (dove può fare ciò che desidera dalle 6 alle 23) o fuori Roma, o a Roma ma in giorni diversi dal martedì-mercoledì-giovedì consentitigli negli stessi orari.
E in particolare domandava l’autorizzazione a poter essere presente fisicamente (e non soltanto su un videoschermo o via telefono) sia a prossimi comizi o eventi di partito a Bari, Genova e Parma, sia a interviste giornalistiche negli studi di In mezz’ora di Lucia Annunziata su Rai3 e di Virus di Nicola Porro su Rai2.
Non è proprio aria per ulteriori deroghe, è però il succo che si può trarre dalla risposta del giudice di Sorveglianza.
E non soltanto perchè Berlusconi, sebbene appena all’inizio del percorso, già vuole di più. Ma soprattutto perchè a danneggiare il condannato Berlusconi è il politico Berlusconi.
Il giudice Beatrice Crosti, infatti, richiama e condivide alcune delle perplessità esposte dal procuratore generale Antonio Lamanna nel parere contrario: le «continue offese all’ordine giudiziario» in tv e sui giornali appaiono al pg «in aperto contrasto con presupposti e finalità » del programma di reinserimento sociale di un condannato per frode fiscale a 4 anni di reclusione, ridottisi a 10 mesi e 15 giorni solo a causa dello sconto di 3 anni dell’indulto del 2006 e di altri 45 giorni di liberazione anticipata.
Chi (come Berlusconi) definisce «mostruosa» la sentenza che l’ha condannato in via definitiva, o «ridicoli» i servizi sociali per un uomo politico del suo rango, fa qualcosa che «equivale a non rispettare le prescrizioni impostegli» e «le regole della convivenza civile», al punto da dare l’impressione di «una adesione più formale che sostanziale» al progetto di reinserimento sociale. In linea con questi rilievi del pg, il giudice di Sorveglianza non ammette dunque deroghe, per il futuro, alle prescrizioni-standard date al condannato Berlusconi al momento del suo affidamento ai servizi sociali, deroghe che altrimenti per il pg avrebbero avuto l’effetto di «vanificare la misura».
Per il presente, invece, nessuna autorità giudiziaria milanese aziona sinora alcun intervento peggiorativo delle condizioni di Berlusconi, pur se si può cogliere una sfumatura di differenza tra la Procura generale, per la quale i margini di manovra lasciati a Berlusconi «sono sinora mal utilizzati» dall’ex premier e perciò lo starebbero «avvicinando sempre più a una richiesta di revoca del beneficio», e invece il giudice di sorveglianza Crosti, che sul punto per ora non si esprime.
Luigi Ferrarella
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Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
LE CONFIDENZE AI FEDELISSIMI: “AVETE VISTO? DICEVANO CHE AVREI FATTO L’ANIMATORE”… IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA GLI BLOCCA IL COMIZIO A BARI… INVADERà€ LE TELEVISIONI
Lo show mancato del Condannato. È questo innanzitutto che brucia a Silvio Berlusconi, appena
informato della decisione sullo svolgimento dei suoi servizi sociali.
L’Alzheimer è un dramma a porte chiuse, da affrontare con pudore e impegno. Niente cravatta, niente bagno personale, l’ingresso con un badge, il servizio a tavola, niente scorta. A caldo, ha incassato la notizia in silenzio. Uno choc dal sapore surreale.
L’ex Cavaliere alle prese, per quattro ore a settimana, con venti suoi coetanei malati di Alzheimer.
E senza poter spendere una sola immagine di questa assistenza per una campagna elettorale rivolta soprattutto agli anziani (e ai proprietari di cani e gatti).
“Avete visto? Dicevano e scrivevano che avrei fatto l’animatore, raccontato barzellette, che sarebbe stata una buffonata, una passerella divertente. Invece dovrò occuparmi di persone colpite da demenza senile, avete capito?”.
I servizi sociali saranno pure una misura soft. Ma lo svolgimento scelto a Cesano Boscone è decisamente hard. Per B., la solita rabbia venata di amarezza e rassegnazione. “Io sono innocente ma vogliono zittirmi e umiliarmi. Non ci riusciranno, vedranno chi è Silvio Berlusconi”.
Ed è per questo che un berlusconiano di rango spiega: “La vera reazione di Berlusconi potremo saperla solo il 9 maggio. Lui è uno abituato a tutto, vedrete riuscirà ancora a sorprenderci”.
Arrivato a Roma, nella sua residenza di Palazzo Grazioli, l’ex Cavaliere ha anche riunito un vertice di partito. I capigruppo parlamentari, Brunetta e Romani, Verdini e Gianni Letta, finanche due ex an come Gasparri e Matteoli.
Il punto sul voto del 25 maggio e soprattutto sulle riforme con Renzi. Per il patto del Nazareno, riferiscono i presenti, “la fumata continua a essere bianca”. Si vedrà , alla prova dei fatti in Senato.
La campagna elettorale, invece, rischia di diventare una via Crucis, a causa delle restrizioni della condanna e dei permessi negati dai magistrati.
Il comizio a Bari, previsto domenica prossima, sarebbe già saltato.
Un forfait imposto che fa aumentare la rabbia provocata dall’assistenza ai malati di Alzheimer. I suoi fedelissimi parlano pubblicamente di “campagna elettorale già falsata”.
Al contrario, sono confermate le ospitate da Virus domani sera, su Raidue, e domenica da Lucia Annunziata, su Raitre. Una campagna tutta in video, tra programmi televisivi e messaggi da registrare (anche oggi) e spedire in varie parti d’Italia.
Resta l’incognita, fortissima, sui toni da usare contro la sentenza, contro i magistrati e contro Napolitano. L’ex Cavaliere già una settimana fa aveva promesso ai suoi legali di rispettare i vincoli del tribunale di Sorveglianza. Poi è andata come è andata.
Come dicono i suoi “Berlusconi in campagna elettorale è sempre stato uno squalo che sente il sangue a miglia di distanza”.
Adesso, però, la campagna per le Europee gli riserva lo scomodo ruolo del “cane bastonato” (si chiama effetto underdog) costretto a inseguire i battistrada davanti. Altri due veri “animali” della propaganda elettorale: Matteo Renzi e Beppe Grillo.
A differenza loro, Berlusconi, per la prima volta, sembra avere un carisma appannato. Nell’analisi dei flop televisivi a preoccupare non è tanto il crollo dello share nei talk-show specializzati (l’elettore medio berlusconiano in genere guarda altro ma poi vota lo stesso B.) ma quello registrato domenica pomeriggio su Canale 5, nel contenitore di Barbara D’Urso.
Quello è il pubblico di Berlusconi, fatto per lo più di anziani.
Un segnale molto pericoloso.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
E A MICROFONI SPENTI L’IRRITAZIONE E’ GRANDE
L’irritazione è grande, ma deve essere contenuta. Un primo maggio in chiaroscuro per i sindacati.
Da un lato un governo che aggiunge 80 auro alle buste paga dei lavoratori e che vuole riformare mercato del lavoro e pubblica amministrazione non può essere preso di petto.
Dall’altro l’annuncio di Palazzo Chigi che non ci sarà nessun tavolo di concertazione per mettere a punto il provvedimento di svolta sulla Pa è stato come gettare un sasso in un vespaio.
“La riforma della pubblica amministrazione ancora non c’è – ragionano i vertici della Cgil – per ora solo slogan e misure propagandistiche”.
Guai a parlare di arrabbiatura, perchè il livello dello scontro non può essere alzato fino al punto di non ritorno. A microfoni spenti si parla di “un’operazione alla Marchionne”, una volontà di “lottizzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione”, una serie di “annunci di cose senza contenuti, perchè senza i lavoratori quelle riforme non le puoi fare”, “un’operazione di marketing, perchè se rinnovavi i contratti fermi da sei anni altro che 80 euro in busta paga”.
Quando li accendi, il limite invalicabile è quello di uno scetticismo propositivo. Riforme vere, non “sorrisi e annunci”. E investimenti, “buona economia per creare lavoro, non più solo tagli e profitti.
I leader di Cgil, Cisl e Uil incalzano il governo usando le sue stesse parole d’ordine: “Cambi davvero marcia”. E incalzano un sistema imprenditoriale giudicato assente, concentrato su tagli e dividendi, miope nel non creare sviluppo e futuro, pronto più a delocalizzare che a investire.
È il ministro del lavoro Giuliano Poletti a rispondere, dicendo di comprendere i timori dei sindacati ma ribadendo di voler cambiare norme sulla carta buone ma che producono in realtà effetti non positivi.
La priorità del governo è “la disoccupazione giovanile”, ricorda il ministro, altrimenti la ripresa del paese non arriverà e il governo andrà comunque avanti con il Jobs Act dopo il decreto lavoro che alla Camera non è stato stravolto con gli emendamenti proposti dalla Commissione Lavoro.
A Pordenone si sono così svolti corteo e manifestazione, dove il vicino stabilimento Electrolux di Porcia diventa il “caso esemplare” per rappresentare la crisi industriale del Paese, di tutte le crisi aperte, un simbolo per quella che quest’anno è ancora “la Festa del lavoro che non c’è”.
Servono un governo e una politica che siano fatti “non solo di annunci ma di riforme per cambiare a fondo il Paese”, servono “qualche sorriso in meno e qualche speranza in più per il mondo del lavoro”, chiede la leader Cgil Susanna Camusso: “Il governo non pensi che si possa continuare, come è stato fatto in questi anni, con una politica che scarica i costi sui lavoratori e sui pensionati, che non ha creato posti di lavoro e che continua a impoverire il Paese”.
Servono investimenti e non nuove regole per il mercato del Lavoro dicono con forza i tre leader dei sindacati confederali: “Smettiamola di creare leggi. Una legge non crea lavoro, una legge può anche cancellare la speranza di lavoro”, avverte Camusso.
“Il lavoro non si crea con le nuove norme ma con la buona economia. Sono bugiardi se dicono il contrario”, dice per la Cisl Raffaele Bonanni.
E Per la Uil Luigi Angeletti insiste: nelle regole e nelle scelte di politica industriale “pessime idee hanno fatto troppi danni, creato molti disagi, danneggiato migliaia di persone”.
Bene il bonus in busta paga del Governo Renzi: “Un pò di redistribuzione fiscale” è la strada giusta, ma ora bisogna pensare anche a incapienti, precari, pensionati, avvertono i sindacati.
Renzi pensi anche “ai lavoratori più poveri, calpestati, sfruttati: un milione di persone abbandonate”, avverte Bonanni.
Non mancano le stoccate alle imprese. “Non può esserci crescita e sviluppo senza fabbriche”, dice Angeletti. Così non si esce dalla crisi “pensando che si impoveriscono ancora i lavoratori e si arricchiscono i profitti”, dice Camusso: bisogna superare “l’idea che per affrontare la crisi e per investire bisognava togliere risorse dai lavoratori con il risultato che abbiamo tanti imprenditori che vogliono togliere soldi ai lavoratori ma non mettono un soldo negli investimenti”.
E poi “che idea di Paese c’è se si va avanti solo con l’annunciare esuberi e ristrutturazioni per far aumentare il valore dei titoli in Borsa e distribuire maggiori dividendi”.
I sindacati si candidano ad un ruolo di alleati del governo per le riforme, ma chiedono “basta teatrini che non aiutano l’Italia”, come dice Bonanni: “Qual’è la discussione che c’è oggi nel Paese? C’è una idea vera? C’è una iniziativa per rendere la vita più facile per le nostre produzioni? Chi vuol rinnovare il Paese o fa questo o ci sta prendendo in giro”, avverte il leader Cisl.
Serve un esecutivo “che le cose le faccia”, insiste Angeletti, perchè “cambiare il Paese si deve e si può” ma si deve fare “insieme ai cittadini”, con “rispetto, umiltà , vera conoscenza dei problemi”.
Così anche per Susanna Camusso ora “bisogna avere il coraggio di passare ad una stagione vera di investimenti per il lavoro”.
(da “Huffingtonpost“)
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Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
QUARTA FORZA IN EUROPA, I VERDI SI PRESENTANO IN ITALIA CON CANDIDATI TRASVERSALI E SIMBOLI DELLA LOTTA AI VELENI DELL’ILVA
Nell’Italia dove conta più apparire che essere, dove si concede più credito alle parole e alle
promesse che ai fatti concreti, la presenza alle elezioni europee di una lista che punta sui contenuti non dovrebbe passare inosservata.
Invece accade che la nuova aggregazione ecologista “Green Italia – Verdi europei” sia finora snobbata dai media nazionali, pur avendo in sè degli elementi innovatori rispetto ai tradizionali partiti verdi del passato.
In particolare il recupero di temi non solo strettamente ambientalisti ma anche di tutela dei beni artistici del nostro Paese, una modernizzazione green che sappia coniugare tutela ambientale e paesaggistica con occupazione e impresa, elaborando un nuovo modello di sviluppo avanzato che faccia emergere idee e talenti.
La lista è espressione del partito Verde Europeo che rappresenta il quarto gruppo per numero di deputati nel parlamento di Bruxelles.
Nel Meridione spicca la candidatura dell’allevatore tarantino Vincenzo Fornaro che da anni si batte per difendere l’agricoltura e la zootecnia del suo territorio dai veleni dell’Ilva.
Grazie al coraggio e alla determinazione di Fornaro la Procura della Repubblica di Taranto ha scoperchiato il pentolone del malaffare che ha portato alla richiesta di rinvio a giudizio di 53 persone tra cui il presidente della regione Puglia Nichi Vendola, il sindaco di Taranto Stefano e il presidente della Provincia Florido.
Sono presenti anche rappresentanti della battaglia che i campani stanno facendo per bonificare la Terra dei fuochi in nome della conversione ecologica e strategica per far nascere una nuova economia pulita.
Green Italia ricorda come 3,5 miliardi di euro destinati alla conversione industriale in aree in crisi, non sono mai stati utilizzati dall’Italia.
Altro elemento di spicco è il capolista nelle Isole, Fabio Granata, solide radici a destra e da sempre sensibile alla difesa dei beni artistici della Sicilia: “Ci proponiamo come forza in grado di aggregare tutti i siciliani che sono stanchi della rivoluzione di Crocetta promessa e mai avvenuta. Penso al clamoroso voltafaccia sul no ai Muos su cui il presidente ha fatto tutta la campagna elettorale e che ora lo vede fra i sostenitori”.
Punti di forza del programma l’abbandono delle politiche di austerity, la green economy e il rilancio per la Sicilia delle attivita’ legate alla cultura, al turismo, alla bellezza dell’isola.
Un tentativo intelligente di gettare le basi di una forza verde trasversale su un progetto comune.
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Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
“RENZI PARLA E BASTA, MA GOVERNARE L’ITALIA NON E’ COME FARE TEATRO”
Attore teatrale, drammaturgo, scrittore, Moni Ovadia adesso sta girando come una trottola il Nordovest d’Italia, dov’è candidato alle elezioni europee nella lista «Un’altra Europa con Tspiras»: «Io sono per natura un ribelle, ma stavolta noi rappresentiamo il buon senso; la nostra affermazione sarà utile anche per il centrosinistra, servirà a svegliarlo dal suo torpore».
E domenica Barbara Spinelli e altri candidati della lista saranno a Ventotene, dove vennero confinati dal regime fascista Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, e dove scrissero il manifesto “Per un’Europa Libera e Unita”.
«Il documento politico più attuale che ci sia sull’Europa», assicura Curzio Maltese
Moni Ovadia, nel merito: perchè bisognerebbe votare per voi?
«Siamo l’unico voto utile, perchè nel Parlamento europeo ci saranno due grandi blocchi entrambi non credibili: da un lato i populisti di ogni risma, compresi i neofascisti, tutta gente che ha una sostanziale repulsione per l’Europa; e al centro un grande partitone».
Lei mette insieme i popolari e i socialisti?
«Governano insieme, in Italia e in Europa. Una Grosse Koalition ogni trent’anni ci può stare, ma quando diventa routine provoca un cortocircuito nella dialettica democratica. Senza contare che questo partitone è liberista, vota provvedimenti da macelleria sociale».
E voi siete l’alternativa a entrambi questi blocchi…
«Non imboccheremo mai la deriva populista, non abbiamo la vocazione a farci bypassare dagli elettori».
Questa è per Renzi?
«Ovvio. Mi spiace dirlo, ma tecnicamente Renzi è un notorio bugiardo, ha mentito ai suoi elettori e al suo Paese, quando giurava che non sarebbe andato a Palazzo Chigi senza passare dal voto».
Lei però nel 2006 è stato eletto consigliere comunale a Milano con il Pd…
«Mi ero detto: vuoi vedere che il progetto di Veltroni ci porta fiori dalla palude? E invece subito dopo le elezioni è cominciato il balletto con Berlusconi: un suicidio politico, e Renzi sta facendola stessa cosa».
E adesso ha scelto Tsipras.
«Candidarmi mi è già costato tre spettacoli, per via della par condicio. Non ci guadagno niente,anzi ci rimetto. Ma lo faccio molto volentieri».
Lei ha dichiarato che, una volta eletto, rinuncerà al seggio a Bruxelles. Perchè?
«L’ho detto prima che cominciasse la campagna elettorale, non voglio fare da specchietto per le allodole. Come la Spinelli e Prosperi, mi sono messo in lista per sostenere un’idea in cui credo molto, per dare una mano a un progetto. E senza avere ambizioni personali».
Come sta impostando la campagna elettorale?
«C’è un tema che più di tutti mi sta a cuore: il lavoro. Il centrosinistra parla di flessibilità , e il risultato per l’occupazione è zero. Noi vogliamo che per creare lavoro l’Europa investa cento miliardi l’anno per dieci anni. Siamo anche per una Costituzione votata dai cittadini e per costruire in tempi brevi l’unità politica dell’Europa».
Non teme che quest’avventura sarà un altro buco nell’acqua per la sinistra radicale?
«Il nostro è un progetto europeo che ha una sua forza, per questo mi sono candidato. E al centro del progetto c’è Tsipras: in Grecia ha dimostrato che un partito di sinistra-sinistra può diventare maggioranza».
Dunque è ottimista sul risultato?
«Forse riusciremo a essere il terzo schieramento, io ci credo. E in Italia andremo ben oltre il quattro per cento».
Che cosa glielo fa pensare?
«Il paese è troppo conciato. E Renzi sta facendo il gioco delle tre carte, lo stesso di Monti e di Letta. Il premier parla bene, ma – lo dico da esperto e con verve – governare l’Italia non è come fare teatro».
Rodolfo Sala
(da “La Repubblica“)
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Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
IL VICECOMMISSARIO ROBERTO MANCINI, 54 ANNI, È DECEDUTO IERI… PER ANNI HA SCRITTO RELAZIONI E PERIZIE SULLO SMALTIMENTO DI RIFIUTI NEL NAPOLETANO
“Venerdì stavo morendo. I medici hanno avvisato mia moglie che probabilmente non avrei
superato la nottata, ma grazie anche a tutti voi ce l’ho fatta. Per ora”.
È l’ultimo messaggio “postato” sulla sua pagina Facebook da Roberto Mancini il 14 aprile scorso.
Roberto è il poliziotto, vicecommissario, che per primo ha indagato sulla Terra dei Fuochi.
Ieri ha perso la sua battaglia più importante, quella contro il tumore che da anni gli divorava la vita.
Poliziotto fino in fondo, Roberto Mancini fu chiamato dalla Commissione di indagine sul ciclo dei rifiuti a metà degli anni Novanta. Girò le terre della Campania dove il clan dei “casalesi” era padrone del business monnezza e affondò mani e piedi, e non è una metafora, in terreni contaminati dal morbo.
Le discariche del broker dei rifiuti Cipriano Chianese, quelle dove erano sepolti i fanghi della bonifica dell’Acna di Cengio, i fossi dove erano stati interrati rifiuti nucleari. Roberto era un vero segugio e produsse informative di centinaia di pagine che si rivelarono preziose per il lavoro della Commissione e per l’azione della magistratura.
“Nel 1996 portammo il pentito Carmine Schiavone in volo sul casertano — ha raccontato nelle interviste che ultimamente concedeva alle tv di mezzo mondo — individuammo un allevamento di bufale i cui terreni erano contaminati. Sequestrammo cinque siti, a distanza di due ore la camorra ci bloccò la strada che portava in quei luoghi con cumuli di monnezza. Sapevano tutto, erano potentissimi. Interravano i rifiuti a 20 metri, ma i carotaggi sono stati fatti a sette metri, dove c’era solo terra di riporto”.
Roberto Mancini ha sempre detto che i magistrati che indagavano sul business rifiuti erano entusiasti delle sue informative, ma poi quei dossier vennero chiusi in un cassetto.
“Ne persi le tracce fino al 2010 quando la Dda di Napoli mi convocò come testimone”.
Un lavoro duro, che a Roberto è costato la vita. Un lavoro che per lo Stato non esiste. “Mi hanno riconosciuto — diceva Roberto — un equo indennizzo (e rideva quando pronunciava l’aggettivo “equo”, ndr) di 5 mila euro”.
Una miseria, certamente molto meno dei soldi che negli anni delle eterne emergenze rifiuti in Campania hanno guadagnato consulenti, prefetti, viceprefetti, commissari che poco o nulla capivano, infilati nei Commissariati straordinari.
Gente che si è arricchita, politici trombati che hanno ricostruito la loro carriera politica.
“Ho passato la vita a combattere la criminalità organizzata”, disse Roberto in una intervista a Servizio pubblico, “ora passerò i giorni che mi restano a combattere lo Stato”.
Quello Stato che non gli riconosce il lavoro svolto per una importante Commissione del Parlamento italiano. Per questa ragione gli amici di Roberto, poliziotti, attivisti dei movimenti ambientalisti, giornalisti, gente comune, si sono mobilitati e hanno lanciato una petizione su Change.org   che ha già raccolto cinquantamila firme.
L’obiettivo è il giusto riconoscimento del lavoro svolto da un funzionario di polizia onesto e capace.
Roberto Mancini lascia una moglie e una figlia giovanissima.
I funerali del vicecommissario si svolgeranno sabato 3 naggio a Roma alle 11:30 nella Basilica di San Lorenzo.
Enrico Fierro
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 1st, 2014 Riccardo Fucile
COME IL PD, PER ALLARGARE IL CONSENSO, HA DOVUTO ASSUMERE ALCUNI VALORI DI BERLUSCONI
Quando l’esperienza storica del cosiddetto socialismo reale si era ormai esaurita con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, alcuni storici tra cui David Sassoon, nella scia di riflessioni acute dovute a Hobsbawm, formularono una interessante diagnosi: che cioè il più importante risultato, soprattutto in Europa, del socialismo reale, era stata la nascita a Occidente dello «Stato sociale».
Era stata quella la risposta quasi obbligata, e alla fine vincente, alla sfida «rivoluzionaria», nella contesa tra i due sistemi che divisero l’Europa in due campi per tantissimo tempo.
Era accaduto cioè che, nei Paesi nei quali l’esperienza comunista avviatasi nel 1917 era parsa per un certo tempo attraente e quasi vincente ma da un certo punto in poi declinante, furono nondimeno assunti orientamenti che miravano a togliere terreno all’avversario, ma al tempo stesso modificavano l’assetto economico e sociale: per l’appunto lo «Stato sociale».
In un certo senso si trattava di un successo del sistema sconfitto ma che era nondimeno riuscito a modificare l’avversario. (Non a caso da anni in Occidente — scomparsa l’esperienza del socialismo reale — si mira sempre più a mettere in discussione e possibilmente demolire lo «Stato sociale». Ma per fortuna la partita è ancora aperta).
Questo modello, che Arnold Toynbee avrebbe definito «sfida e risposta», lo si può osservare, nel più piccolo contesto della realtà italiana dell’ultimo tempo, nel curioso fenomeno del grande successo e apprezzamento che l’attuale presidente del Consiglio consegue presso il più autorevole esponente del centro destra, il leader storico e tuttora operante di Forza Italia.
Lunedì sera la emittente televisiva LA7 ha trasmesso un’intervista al leader di Forza Italia, concessa al giornalista Formigli, in cui campeggiava la reiterata domanda «Renzi le piace?» e la esplicita dichiarazione dell’anziano leader: «Renzi starebbe bene in Forza Italia»
Non giova lasciarsi andare a moralismi: si tratta invece di valutare un’opinione degna di attenzione e di estremo interesse.
È questa infatti la principale vittoria conseguita dal leader del centro destra. Egli ha ottenuto che il Partito democratico, per riuscire finalmente a conseguire (questo per lo meno attualmente si pensa) un consenso significativo, per riuscire insomma a «sfondare », ha dovuto, nella persona del suo attuale leader, assumere i valori fondamentali della parte avversa.
Grande Toynbee.
Luciano Canfora
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