PRIMO MAGGIO, I SINDACATI: “BASTA ANNUNCI, RENZI CAMBI MARCIA”
E A MICROFONI SPENTI L’IRRITAZIONE E’ GRANDE
L’irritazione è grande, ma deve essere contenuta. Un primo maggio in chiaroscuro per i sindacati.
Da un lato un governo che aggiunge 80 auro alle buste paga dei lavoratori e che vuole riformare mercato del lavoro e pubblica amministrazione non può essere preso di petto.
Dall’altro l’annuncio di Palazzo Chigi che non ci sarà nessun tavolo di concertazione per mettere a punto il provvedimento di svolta sulla Pa è stato come gettare un sasso in un vespaio.
“La riforma della pubblica amministrazione ancora non c’è – ragionano i vertici della Cgil – per ora solo slogan e misure propagandistiche”.
Guai a parlare di arrabbiatura, perchè il livello dello scontro non può essere alzato fino al punto di non ritorno. A microfoni spenti si parla di “un’operazione alla Marchionne”, una volontà di “lottizzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione”, una serie di “annunci di cose senza contenuti, perchè senza i lavoratori quelle riforme non le puoi fare”, “un’operazione di marketing, perchè se rinnovavi i contratti fermi da sei anni altro che 80 euro in busta paga”.
Quando li accendi, il limite invalicabile è quello di uno scetticismo propositivo. Riforme vere, non “sorrisi e annunci”. E investimenti, “buona economia per creare lavoro, non più solo tagli e profitti.
I leader di Cgil, Cisl e Uil incalzano il governo usando le sue stesse parole d’ordine: “Cambi davvero marcia”. E incalzano un sistema imprenditoriale giudicato assente, concentrato su tagli e dividendi, miope nel non creare sviluppo e futuro, pronto più a delocalizzare che a investire.
È il ministro del lavoro Giuliano Poletti a rispondere, dicendo di comprendere i timori dei sindacati ma ribadendo di voler cambiare norme sulla carta buone ma che producono in realtà effetti non positivi.
La priorità del governo è “la disoccupazione giovanile”, ricorda il ministro, altrimenti la ripresa del paese non arriverà e il governo andrà comunque avanti con il Jobs Act dopo il decreto lavoro che alla Camera non è stato stravolto con gli emendamenti proposti dalla Commissione Lavoro.
A Pordenone si sono così svolti corteo e manifestazione, dove il vicino stabilimento Electrolux di Porcia diventa il “caso esemplare” per rappresentare la crisi industriale del Paese, di tutte le crisi aperte, un simbolo per quella che quest’anno è ancora “la Festa del lavoro che non c’è”.
Servono un governo e una politica che siano fatti “non solo di annunci ma di riforme per cambiare a fondo il Paese”, servono “qualche sorriso in meno e qualche speranza in più per il mondo del lavoro”, chiede la leader Cgil Susanna Camusso: “Il governo non pensi che si possa continuare, come è stato fatto in questi anni, con una politica che scarica i costi sui lavoratori e sui pensionati, che non ha creato posti di lavoro e che continua a impoverire il Paese”.
Servono investimenti e non nuove regole per il mercato del Lavoro dicono con forza i tre leader dei sindacati confederali: “Smettiamola di creare leggi. Una legge non crea lavoro, una legge può anche cancellare la speranza di lavoro”, avverte Camusso.
“Il lavoro non si crea con le nuove norme ma con la buona economia. Sono bugiardi se dicono il contrario”, dice per la Cisl Raffaele Bonanni.
E Per la Uil Luigi Angeletti insiste: nelle regole e nelle scelte di politica industriale “pessime idee hanno fatto troppi danni, creato molti disagi, danneggiato migliaia di persone”.
Bene il bonus in busta paga del Governo Renzi: “Un pò di redistribuzione fiscale” è la strada giusta, ma ora bisogna pensare anche a incapienti, precari, pensionati, avvertono i sindacati.
Renzi pensi anche “ai lavoratori più poveri, calpestati, sfruttati: un milione di persone abbandonate”, avverte Bonanni.
Non mancano le stoccate alle imprese. “Non può esserci crescita e sviluppo senza fabbriche”, dice Angeletti. Così non si esce dalla crisi “pensando che si impoveriscono ancora i lavoratori e si arricchiscono i profitti”, dice Camusso: bisogna superare “l’idea che per affrontare la crisi e per investire bisognava togliere risorse dai lavoratori con il risultato che abbiamo tanti imprenditori che vogliono togliere soldi ai lavoratori ma non mettono un soldo negli investimenti”.
E poi “che idea di Paese c’è se si va avanti solo con l’annunciare esuberi e ristrutturazioni per far aumentare il valore dei titoli in Borsa e distribuire maggiori dividendi”.
I sindacati si candidano ad un ruolo di alleati del governo per le riforme, ma chiedono “basta teatrini che non aiutano l’Italia”, come dice Bonanni: “Qual’è la discussione che c’è oggi nel Paese? C’è una idea vera? C’è una iniziativa per rendere la vita più facile per le nostre produzioni? Chi vuol rinnovare il Paese o fa questo o ci sta prendendo in giro”, avverte il leader Cisl.
Serve un esecutivo “che le cose le faccia”, insiste Angeletti, perchè “cambiare il Paese si deve e si può” ma si deve fare “insieme ai cittadini”, con “rispetto, umiltà , vera conoscenza dei problemi”.
Così anche per Susanna Camusso ora “bisogna avere il coraggio di passare ad una stagione vera di investimenti per il lavoro”.
(da “Huffingtonpost“)
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