Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL 18 APRILE RENZI ANNUNCIO’ IL “TUTTI A PIEDI”: AD OGGI I 44 SOTTOSEGRETARI MARCIANO ANCORA IN AUTO BLU
Vie d’uscita sbarrate. Fu un assalto, feroce, contro il potere periferico dove alloggiano i privilegi
non tanto periferici.
Era il 18 aprile, conferenza stampa in 140 caratteri in onore di Twitter: “Massimo cinque auto di servizio a ministero. Lo dico male: i sottosegretari vanno a piedi”, e lo disse, euforico, Matteo Renzi.
Oltre un mese e trascorso, ma i sottosegretari non vanno a piedi: “Non ci sono arrivate comunicazioni — spiega Ilaria Borletti Buitoni, Beni Culturali — e io viaggio sempre con il mio autista e sempre con una vecchia Alfa Romeo: ripeto, una vecchia Alfa Romeo. Questi sono benefici?”.
Quando l’ex sindaco di Firenze, fruitore di biciclette e intollerante al codazzo di scorta, pronunciò il tremendo anatema per i 44 viceministri e sottosegretari, il palazzo fu costretto a una svolta salutista.
Le reazioni non riuscivano a trattenere l’entusiasmo.
C’era Gioacchino Alfano (Difesa) che invocava un sentimento di sacrificio collettivo per affrontare con dignita l’allora passione pasquale.
C’era Roberto Reggi (Istruzione) che ragionava sui percorsi pedonali di Roma, che non sono comodi per le due ruote, ma per le due gambe si.
C’era Cosimo Ferri (Giustizia) che rammentava le sue traversate in treno verso la Calabria e lo stupore dei cittadini che l’accolsero in stazione.
Le repliche a Renzi furono splendide, e (forse) un po’ ipocrite.
Ma i 44 reduci, ancora combattenti, sono attori non protagonisti, e immobili.
Non sono responsabili (diretti). Perche il pasticcio e l’ennesima conseguenza di una burocrazia pesante e di una sindrome da annunci troppo leggera.
Per evitare noiose ricostruzioni filologiche, la faccenda va riassunta cosi: le regole per il taglio saranno contenute dal pacchetto di Carlo Cottarelli, il signor spending review; il testo spedito da palazzo Chigi e transitato al ministero per la Funzione Pubblica, in queste ore langue al Tesoro.
Il governo ha soltanto una speranza (esatto, una speranza), alimentata da una fiducia illimitata, per non perdere tempo: che i ministeri, dotati di buona volonta, anticipino le riduzioni previste.
Escluse le telefonate a Borletti e colleghi, chiunque puo notare l’andirivieni di auto blu agli ingressi dei dicasteri.
Eppure il proposito di Renzi, che lanciava una campagna elettorale ancora lontana, non era astruso, impossibile.
Perche in epoca di Renato Brunetta, si, esecutivo di Silvio Berlusconi, al ministero per la Funzione Pubblica c’erano sette berline, comprese l’ammiraglia per il ministro e la coppia per i sottosegretari.
E davvero un’opera titanica scendere da 7 a 5?
Quando fu interpellato, il viceministro Enrico Costa (Giustizia) pronostico un’agevole riabilitazione da auto blu: “Ho un mese all’attivo, non sara difficile disintossicarmi”. A palazzo Chigi sono comprensivi. Non c’e fretta.
Carlo Tecce
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL MAXI-PROCESSO DEL GIUDICE GRILLO
Muore miseramente nel blog-cestino di Grillo la carriera di una delle più valorose metafore italiane, il Processo, sia quello politico di Pasolini contro il Palazzo, sia quello sportivo di Sergio Zavoli alla tappa del Giro.
Mescolando Alcatraz con lo sputo in faccia, Grillo annette a sè anche il “Processo del Lunedì” di Biscardi, che fu il primo festival nazionale del libero insulto e divenne l’anello di congiunzione tra il bar e il tribunale.
E ricorrendo sia agli anonimi accusatori incappucciati del web sia alle celle segrete del castello di Lerici già destinate a Napolitano, a Renzi e al giornalista Tal dei Tali, Grillo riproduce pure il Tribunale del popolo delle Brigate rosse che uccisero Aldo Moro.
Ebbene, l’esito comico della metafora pasoliniana, che riassume gli ultimi quarant’anni della cultura e della sottocultura italiane, gioiose, catartiche, popolaresche e sanguinarie, rende grottesco ma non divertente il Processo che ora Grillo ci promette.
E’ vero che, chino sul plastico dove ha imprigionato i pupazzetti che riproducono in effigie i suoi nemici, più che ai terroristi che spararono alla nuca di Moro, Grillo fa pensare a certi bambini sadici che catturano e torturano le mosche e le lucertole.
Ma è altrettanto vero che nella sua idea di processo non c’è traccia, neppure sotto forma di orecchiata parodia, del confronto civile e solenne che, regolato dalla legge penale, in democrazia accerta la verità : «Alla fine gli iscritti certificati al M5S potranno votare per la colpevolezza o l’innocenza» scrive travestendo di procedura il suo ghigno.
Insomma questo processo-burla di Grillo non è il cerchio di fuoco di Di Pietro che sognava il governo dei giudici, ma la goliardia del sorvegliare e punire, non il feticcio della legalità del giustizialismo ma il manifesto sciocco del tagliatore di teste da videogioco, la promessa di sostituire la civiltà del Diritto con l’allegra inciviltà dello scaracchio e del dileggio: «Il processo durerà il tempo necessario, almeno un anno, le liste saranno rese pubbliche quanto prima e l’ordine in cui saranno processati gli inquilini del castello sarà deciso in Rete».
È dunque garantito almeno un anno di bip, chip, play, pause, score, leaderboard, winner, loser, tie e si capisce che questa Procedura Penale è opera del Cordero di Settimo Vittone, il famoso giureconsulto informatico Gianroberto Casaleggio: cliccate, accusate, sparate, condannate, arrestate e vaffanculo.
Così il blog di Grillo somiglia a quel sinistro appartamento immaginato da Friedrich Dà¼rrenmatt e messo in scena da Ettore Scola dove ogni sera una banda di pensionati frustrati processava qualcuno, e l’imputato innocente Alberto Sordi era convinto che fosse un divertente gioco, «la più bella serata della mia vita», fino a quando una risata epica di tre minuti non lo accompagnò… alla condanna.
Ammesso che quella di Grillo sia davvero arte comica diventata scienza politica, che ci siano dietro uno stile e una composizione da spettacolo iperbolico, di sicuro il contenuto delle sue immaginazioni è morale, e i commenti che le accompagnano traboccano indignazione etica contro i distruttori d’Italia, la casta, i giornalisti che disinformano, i ladri di Stato, i colpevoli di ogni genere: Grillo stana le serpi, scova le colpe e garantisce che il Processo «sarà uno sputo popolare».
È infatti lui il giudice di specchiata moralità che, come è noto, deve avere la fedina pulita, altrimenti non si è ammessi nella categoria, e Dio sa quanto ci piacerebbe applicare stesso principio ai politici.
Una volta al giudice era richiesto anche il certificato di buona condotta, ma Grillo ne sarebbe comunque esentato per meriti rivoluzionari.
Pure Robespierre e Danton non tennero una buona condotta, ma tutto si può dire tranne che non fossero all’altezza morale dell’appuntamento che la storia aveva preso con loro. Non è così per Grillo.
Come si sa è stato condannato per l’omicidio colposo di tre persone che viaggiavano in auto con lui: Renzo Giberti, 45 anni, la moglie Rossana Quartapelle, 34, il figlio Francesco, 9.
La Corte di Cassazione individuò «la colpa del Grillo nell’avere proseguito nella marcia, malgrado l’avvistamento della zona ghiacciata, mentre avrebbe avuto tutto lo spazio per arrestare la marcia, scendere, controllare o, quanto meno, proseguire da solo».
Nessuno pretende che a distanza di tanti anni Grillo si volti e si rivolti su quella colpa come su un letto di chiodi, ma la morte di tre persone causata da un comportamento colpevole può restare remota e vaga solo se l’omicida colposo non si avventa con furia sulle (presunte) colpe degli altri con annunzi squillanti e gloriosi di processi sommari.
Come si sa, Grillo riuscì ad aprire la portiera e a lanciarsi fuori mentre la Chevrolet precipitava in un burrone. È un omicida colposo ma non un assassino, come dice invece Silvio Berlusconi che non si dà pace perchè si specchia in Grillo e lo vede uguale a sè: un pregiudicato che diventa suo giudice dimenticando che la via dei processi è stretta, buia e sporca.
E non è finita.
Secondo Lello Liguori, l’ottantenne ex proprietario del Covo di Nord Est di Santa Margherita Ligure, il comico, negli anni in cui si esibiva a pagamento, «si faceva dare 70 milioni: dieci in assegno e 60 in nero».
E Pippo Baudo ha aggiunto a Daria Bignardi che faceva la cresta anche alla Rai. Calunnie? Di sicuro farsi pagare in nero è una pratica diffusa nel mondo dello spettacolo: «così fan tutti» diceva Craxi.
Ma solo Grillo promette «verifiche fiscali per tutti prima di mandarli affanculo» con tanti bei processi popolari, come se fossimo nell’Egitto di Mubarak, come se fossimo nella Romania di Ceaucescu.
Siamo invece in Italia dove abbiamo rispettato con discrezione la colpa di Grillo perchè la sensibilità è, come la giustizia, una bilancia che pesa anche i colori e la luce. Ma in democrazia anche colpe molto più piccole dovrebbero gravare come sassi nella coscienza e nella carriera di un “giudice” che manda gli altri a Processo.
Francesco Merlo
(da “La Repubblica“)
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Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
LA FILOSOFIA DELL’ISTRUZIONE RIDOTTA A “I CONTI DEVONO TORNARE”.. L’IDEA AZIENDALISTA DI UTILI E BILANCI
Nelle mense scolastiche menu differenziati in base al prezzo: il dolce solo ai bambini le cui famiglie
possono spendere 40 centesimi al giorno in più.
L’idea è del sindaco di Pomezia, Fabio Fucci (Cinquestelle).
Nella Scuola Spa i conti devono tornare. I piccoli italiani nel futuro saranno più vincenti. Ma, di certo, più soli e più cupi. Non è la prima volta che succede.
E, siccome siamo agli sgoccioli di una mefitica campagna elettorale, togliamo di mezzo subito un equivoco peloso (e penoso). Il fatto che Fabio Fucci, sindaco di Pomezia (due passi dalla Capitale), sia un militante del Movimento Cinque Stelle è, per quanto attiene alla storia che segue, del tutto irrilevante a nostro avviso.
Qui si discute dell’idea stessa di scuola che si è ormai impadronita non dei fedelissimi dell’ex comico ma di una fetta notevole dell’Italia: ossia un’idea aziendale, fatta di utili e di bilanci, che tralascia quasi in premessa quello che uno splendido film ci raccontava come il «capitale umano».
Accade dunque che, in questa scuola italiana gestita con cuore da manager, i bambini meno ricchi abbiano una refezione più scarsa.
Era già capitato ad Adro, per opera di quel sindaco leghista Lancini (poi arrestato per irregolarità sugli appalti e reintegrato in carica dal prefetto) che negava la mensa ai figli di genitori morosi, a quelli che insomma non pagavano in tempo la retta.
La sua iniziativa venne presto emulata da altri primi cittadini del Carroccio. E, storia di adesso, è arrivata infine alle porte di Roma, in quella Pomezia che è di fatto industriosa periferia e dormitorio della metropoli.
Negli asili e nelle elementari della cittadina, i genitori poveri devono scegliere se lasciare i loro bambini senza dolce o spendere quaranta centesimi in più a pasto: l’efficientissimo Fucci ha infatti avuto la trovata della doppia mensa.
Non volendo tagliare (bontà sua) quantità e qualità del pranzo ai bambini, ha deciso di concedere il dolce per merenda solo ai ricchi: gli altri, se lo portino da casa, se vogliono.
Il ministro Giannini, a Radio Capital, ha dichiarato di non conoscere bene il caso ma di essere «comunque per l’autonomia scolastica»: «Non mi sembra una situazione di discriminazione», ha aggiunto.
Sul suo profilo Facebook, Fucci ha ovviamente estratto l’argomento della polemica elettorale, sostenendo che lui questo provvedimento lo aveva varato addirittura il 27 dicembre 2013.
E soprattutto ha spiegato che l’idea gli è venuta parlando coi genitori che, s’intende, volevano provvedimenti più incisivi, «menù con quantità differenziate di cibo ».
Noi, francamente, ce ne infischiamo della tempistica. La sostanza ci appare più importante. E la sostanza che Fucci rivela è di grande interesse: perchè la scuola, in fondo, riflette un modo d’essere della società .
Questa è una società nella quale un buon numero di famiglie «benestanti» di Pomezia (o di Adro o di vattelapesca dove capiterà la prossima volta) trova legittimo e persino educativo che, nella sfera dei pubblici servizi, chi ha meno riceva meno a partire dalla più tenera età .
Conosciamo le obiezioni e ci pare di sentirle: ci sono i furbi, i finti poveri, quelli che non pagano la retta e si comprano il Ferrarino. Sarà .
Ma ci sono sicuramente i bambini – ricchi o poveri che siano, bambini – che attingono da episodi così una lezione di ferinità che si porteranno appresso per la vita: i conti devono tornare, dal primo banco all’ultimo, come se i banchi fossero una catena di montaggio.
Forse i piccoli italiani, così montati nella nostra Scuola Spa, domani cammineranno nel mondo più vincenti: di certo, più soli e più cupi.
Goffredo Buccini
(da “il Corriere della Sera“)
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Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
IL GOVERNO RECLAMA AIUTI DALL’EUROPA, MA DIMENTICA DI AIUTARE I COMUNI SOTTO PRESSIONE
E’ ora di cena nella scuola primaria di via Dessiè, ad Augusta, enorme porto commerciale in provincia di Siracusa. Dalla guardiola del bidello, esce un volontario della Protezione civile con la casacca gialla fosforescente: in mano ha una bacinella carica di scatolette di lasagne.
Attorno decine di ragazzi scuri, alcuni scurissimi, una babele di lingue e di razze che si accalcano per le nostre lasagne. La maggioranza sono teenager, ma ci sono anche bambini di 11-12 anni. Probabilmente anche diversi «finti» minorenni.
Non è un centro di accoglienza accreditato, non è neppure un centro di accoglienza. Nelle classi con gli abbecedari alle pareti ci sono le brande per dormire. I disegni dei bambini sono appesi accanto ai vestiti dei migranti.
Si mangia seduti sulle coperte appoggiando il cibo sulla seggiola delle elementari. Fuori da ogni norma, quando la norma non c’è.
Dall’inizio dell’operazione Mare Nostrum la Marina Militare – le cui enormi navi non possono attraccare ovunque – ha fatto sbarcare ad Augusta 52 carichi di migranti, oltre 24 mila persone, tra le quali 2.400 bambini o ragazzini.
La legge prevede che i «minori non accompagnati» vengano affidati ai Servizi Sociali del Comune in cui vengono trovati.
Di certo nessuno poteva immaginare che un Comune in dissesto finanziario come Augusta, guidato da un commissario prefettizio perchè l’amministrazione è stata sciolta più di un anno fa per infiltrazioni mafiose si trovasse a gestire questa enormità di minori non accompagnati.
«L’unica soluzione che possiamo adottare – spiega il commissario prefettizio Maria Carmela Librizzi – è quella che si usa nel caso delle calamità : scuole e palestre per far in qualche modo dormire questi ragazzi evitando che rimangano al porto per mesi. Perchè nessuno, proprio nessuno li vuole».
Nelle aule della scuola di via Dessiè ce ne sono 160. Ne sono arrivati di 40 etnie diverse. Al momento ci sono soprattutto ragazzi siriani, del Ghana, del Gambia e del Bangladesh.
Di loro si occupano i volontari della Protezione civile di Augusta, ricevono ogni giorno le visite dei mediatori culturali, ma pare che non abbiano mai visto una donna bianca: «Perchè siamo qui? Ci hanno detto che ci portavano a scuola. E siamo in una scuola, ma non ci insegnano niente, non facciamo niente tutto il giorno!».
Nella scuola di via Dessiè, Yerry, 16 anni, è il più intraprendente. E’ partito dal Gambia a fine gennaio ed è ad Augusta da un mese. Fa la guida per la scuola. Ti mostra che è pulita, perchè qui vige il principio che prima riordini e poi mangi, e poi chiede: «Portami con te, a casa tua. Voglio solo stare con una famiglia italiana e andare a scuola. Education is important».
Ibraihim ha 13 anni e parla un inglese quasi incomprensibile. Mostra i vestiti, si alza la maglietta, si tocca i pantaloni. Traducono i compagni di stanza: è qui da 15 giorni, è arrivato che non aveva nulla e non ha abiti per cambiarsi. Solo la maglietta blu e jeans che gli hanno dato i volontari allo sbarco.
Con Wheed 17 anni del Pakistan e Mamun, 16, del Bangladesh il dialogo è una triangolazione tra arabo e inglese.
Sono tutte diverse e tutte simili queste storie, se non c’è posto per farsi carico di ogni dramma.
Il Comune di Augusta può fare proprio poco per questi ragazzi. Le palestre sono un doppio problema: i ragazzi mangiano e dormono sulle loro brandine nel campo da gioco sotto gli spalti, tutti assieme. I ragazzi di Augusta invece hanno perso le uniche due strutture che avevano per fare sport al coperto.
Man mano che si liberano letti, i ragazzi vengono spostati in strutture di prima accoglienza. Trenta ragazzi di Gambia, Mali e Senegal possono lasciare la palestra del Palajonio per il centro Papa Francesco di Priolo Gargallo, pochi chilometri da Augusta.
Salgono su un pulmino con le ciabatte ai piedi e un sacchetto della spesa che contiene tutte le loro cose. All’arrivo, prima dell’assegnazione della stanza, c’è la seconda identificazione. E foto per il tesserino con un cartello con la data dello sbarco. «In questo centro – racconta il responsabile Daniele Carrozza – dovrebbero stare un massimo di 72 ore, e invece ci stanno dei mesi».
Perchè per i minori non accompagnati nessuno paga e quindi nessuno li vuole.
«E’ un’emergenza – afferma Carrozza – che il governo non sta proprio gestendo. C’è una palese differenza tra il trattamento per i migranti adulti o minori accompagnati da genitori per i quali il ministero dell’Interno stanzia 35 euro al giorno, e i minori stranieri non accompagnati che sono di competenza del ministero del Welfare e per i quali vengono stanziati 20 euro al giorno per ragazzo. In teoria Regioni e Comuni dovrebbero integrare questa cifra, ma è chiaro che nessuno vuole farsene carico. E’ una sperequazione seria e grave».
Con i 20 euro al giorno un centro di prima accoglienza può garantire cibo, un letto, e qualche genere di prima necessità . Già le visite mediche per chi sta male sono un problema. «Ma come facciamo a non farle?».
Tra i 30 arrivati dal Palajonio c’è un ragazzo con una grande escrescenza su un orecchio. Dice che gli è venuta qualche mese fa e sta crescendo. Si può negare una visita dermatologica perchè i venti euro non bastano?
Le storie che raccoglie la psicologa di Terre del Hommes che si occupa di loro sono terribili.
«Un ragazzino di 16 anni – ricorda Carrozza – è stato 18 giorni in ospedale con una rabdomiolisi. Abbiamo scoperto che quella malattia era un conseguenza delle 50 elettrocuzioni che gli avevano fatto in una prigione libica, prima di attraversare il canale di Sicilia».
Alcuni ragazzi giocano a calcio nel cortile, altri dormono o stanno seduti sul letto tutto il giorno.
«Perchè la gente per strada quando ci vede scappa?» chiede uno dei ragazzini della scuola di via Dessiè.
Paura di questi adolescenti vestiti con gli abiti smessi dai nostri figli? O piuttosto la difficoltà di guardare? Di farsi carico di un problema?
L’Europa non aiuta abbastanza l’Italia nell’accoglienza dei disperati che attraversano il Canale di Sicilia, ma forse anche l’Italia non aiuta abbastanza le varie Augusta, Pozzallo, Porto Empedocle che si trovano sole nell’emergenza.
Questa mattina al porto di Augusta ci saranno altre due navi della Marina Militare, la Grecale e la Foscari. A bordo ci sono altri 500 migranti, tra i quali un centinaio di bambini piccoli e mamme.
Silvia Giralucci
(da “La Stampa”)
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Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
DOPO MESI IN CUI ERA DATO IN TESTA, IL PVV ACCREDITATO SOLO DEL 12,7%… L’AFFLUENZA CROLLA AL 35%, IN TESTA CDA E LIBERALI
In Olanda, dove per le Europee si è votato oggi anche se lo spoglio non inizierà fino a domenica
sera, gli exit poll danno il partito euroscettico di Geert Wilders al terzo posto, dopo mesi in cui aveva condotto i sondaggi.
Gli exit poll, diffusi dalla tv Nos, danno testa a testa i Cristiano-democratici del Cda e i liberali del D66: al Cda andrebbero 5 seggi, al D66 4, al PVV solo 3.
Al Pvv andrebbe il 12,7% dei consensi (meno 4,3%) dietro ai cristianodemogratici e alla sinistra liberale, entrambi in calo ma attorno al 15%.
Colpisce molto il flop dell’affluenza: si è presentato al voto solo il 35% degli aventi diritto.
Il Ppv, Partito per la Libertà , è nato nel 2004 da un gruppo di fuoriusciti del partito Liberale.
Obiettivo del movimento è l’uscita del Paesi Bassi dall’euro e un ritorno a una più forte sovranità nazionale.
Le sue posizioni sono di estrema destra, anti-Europa e anti-Islam.
Ha stretto un patto con il Front National di Marine Le Pen.
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Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL MOVIMENTO VITE SOSPESE: “E’ QUESTO IL CAMBIAMENTO? NON GUARDARE IN FACCIA I MALATI? E’ UGUALE AGLI ALTRI, FA SOLO PAROLE”
«Beppe Grillo è arrivato in piazza Montecitorio, era diretto al palazzo del Governo. Con le nostre carrozzine, e aiutati dai nostri accompagnatori, abbiamo cercato di avvicinarlo. Ma lui non ha voluto assolutamente parlare con noi, ci ha evitati e fatti allontanare».
Chi parla è Sandro Biviano, un giovane di Lipari, affetto da distrofia muscolare, che dal 22 luglio dello scorso anno è accampato insieme al fratello Marco, anche lui con la stessa malattia, e Roberto Meloni, anche lui disabile, a piazza Montecitorio.
Questi tre disabili da mesi vivono sotto la pioggia, sotto il sole, esposti alle intemperie per chiedere di poter accedere alle cure compassionevoli con cellule staminali mesenchimali adulte.
Ma i politici, i parlamentari, gli esponenti delle istituzioni passano davanti alla loro tenda e non si fermano neanche a guardarli, tantomeno ad ascoltarli.
E anche per i media, giornali e Tv, Rai in primis, sono «invisibili».
Quando ieri mattina hanno visto l’auto con Beppe Grillo, Sandro, Marco e Roberto hanno sorriso.
Loro erano convinti che il leader del Movimento si sarebbe fermato se non altro per ascoltarli.
Non chiedevano di più che essere ascoltati, e magari anche una parola di conforto. In questi mesi, da quando sono accampati sull’asfalto, le loro condizioni di salute si sono molto aggravate.
E i fratelli Biviano sono gravati anche dalla consapevolezza di aver lasciato a casa, a Lipari, le loro due sorelle, anch’esse affette da distrofia muscolare, anche esse in pericolo di vita.
«Invece Grillo non solo non si è fermato e ci ha impedito di avvicinarci, ma quando è uscito, da una porta di servizio, ci ha guardati malissimo. Una delle ragazze che ci hanno accompagnati, è riuscita ad avvicinarsi un po’ di più inseguendo la sua auto, e gli ha dato una delle nostre magliette con scritto “Non ho più voglia di morire”. Ma lui l’ha buttata via», racconta Sandro Biviano, che aggiunge: «Mi chiedo come possa un uomo non fermarsi di fronte alla sofferenza dei suoi simili. Pensavamo che Grillo fosse diverso, molti di noi avevano creduto nel cambiamento che aveva promesso nella sua campagna elettorale. È questo il cambiamento? Non guardare in faccia i malati? Sono deluso, molto deluso. Anche lui, come gli altri, fa solo parole. Ma non ho intenzione di fermarmi: la nostra protesta continuerà . Abbiamo deciso di andare a seguire Grillo durante uno dei suoi comizi in piazza, e questa volta la nostra voce si leverà alta. Questa volta ci sentirà ».
Movimento Vite sospese
(da “Iene sicule”)
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Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
“NON HO LA BACCHETTA MAGICA, SU MOLTE COSE OCCORRE MEDIARE”… “MI SONO DIMESSO DALL’AZIENDA DI FAMIGLIA, COME MI E’ STATO CHIESTO”
“Devo assolutamente dare dei dati e delle date. O do delle date o il Parlamento, che non è il mio Parlamento, non me lo porto dietro. O lo metto in forcing, o non tocco palla”. Matteo Renzi dopo oltre un’ora di intervista arriva all’ammissione: su molte delle cose che avrebbe voluto fare è costretto al compromesso: “Non ho la bacchetta magica”.
Mancano quattro giorni alle europee e il presidente del Consiglio riceve a Palazzo Chigi una vera e propria delegazione del Fatto Quotidiano: il direttore, Antonio Padellaro, il vice direttore Marco Travaglio, il direttore del fattoquotidiano.it, Peter Gomez, il giornalista d’inchiesta Marco Lillo e la cronista politica, Wanda Marra. Un’intervista d’eccezione per la quale Palazzo Chigi mette a disposizione “la saletta ovale” al quarto piano.
“Dove siamo qui?”, chiede Renzi arrivando. “In una delle sale del Dagl”, gli rispondono i funzionari. “Bello”, dice lui.
I giornalisti ai due lati del tavolo, lui a capotavola. “Scusate, mi tolgo la giacca”, dice. E resta in maniche di camicia. Ognuno ha portato il suo dossier e le sue pezze d’appoggio.
Soprattutto, Travaglio ha con sè un vero e proprio faldone: sono le 3300 domande che gli sono state mandate per Renzi via Facebook dai lettori del giornale.
A guardare questa campagna elettorale, l’impressione è che manchi una parte del partito che non si è impegnata troppo. Non è che dopo che lei li ha rottamati hanno deciso di aspettare i risultati per rottamare lei?
Il risultato elettorale vi stupirà . I sondaggi non si possono dire, ma tutti gli indicatori dicono che sarà molto positivo. Per il resto, non è vero. C’è un sacco di gente che fa campagna elettorale. Il Pd si è ripreso la piazza. Non da solo perchè Grillo se l’è tenuta, anche se ha fatto qualche piazza in meno e qualche spettatore in meno. E ricordo che abbiamo scelto di non mettere il nome Renzi nel simbolo, anche se avrebbe significato due punti in più.
Perchè vuole dare il Daspo ai condannati e con il peggio di tutti, Berlusconi, volete fare la riforma della Costituzione?
Nell’intervista al Fatto di Capodanno rilanciai l’accordo con Beppe Grillo (l’avevo già fatto il 15 dicembre), proponendo di fare le riforme con lui, e la sua risposta fu — diciamo — aulica. Ebbe un’espressione indecente. Il giorno dopo la risposta di Grillo ho scritto una lettera a tutti i partiti: siete disponibili a fare le riforme? Così si fa. Tant’è vero che anche voi che avevate scritto che la mia celeberrima visita ad Arcore era stato un clamoroso errore sottolineaste che la legge elettorale non potevo non farla con Berlusconi.
La legge elettorale infatti, non le riforme costituzionali…
Stiamo parlando non del presidenzialismo o della riforma del governo, ma del Cnel, del Senato, del Titolo V. Sul Senato, le discussioni in corso sono veramente marginali: stiamo discutendo se una parte dei suoi membri debbano essere eletti dalle Regioni o indicati dai consiglieri regionali. Perchè Grillo non ci sta? Perchè ha fatto ostruzionismo sulle Province.
Grillo voleva abolirlo il Senato. E sulle Province le viene imputato di aumentare moltissimo i costi delle strutture. E come mai nel suo governo e nelle liste per le europee avete delle persone sotto inchiesta?
Io sono profondamente garantista. Ma sono quello che quando si è trattato di votare per Genovese, ho detto che bisognava farlo subito. Sono perchè la legge sia uguale per tutti. Per me finchè non sei condannato sei innocente. Barracciu, De Filippo, Del Basso de Caro e Bubbico e anche Renato Soru tra i candidati alle europee sono innocenti.
Anche per il Fatto sono innocenti. Ma è un problema di messaggi. Quali messaggi si danno così?
È una valutazione che rispetto, ma sono su posizioni diametralmente opposte a voi. Io sul punto la legge è uguale per tutti, mi faccio sbranare. Ho detto di sì all’arresto di Genovese, perchè era la richiesta di magistrati dello Stato italiano, che come tali vanno rispettati. Non c’era fumus persecutionis e allora noi abbiamo detto sì all’arresto. Io non cambierò mai idea su una persona in base a un avviso di garanzia. Poi, se uno è condannato, se ne va.
Ma non c’è nessuna democrazia al mondo in cui funziona così. E poi ci sono condannati iscritti al vostro partito come Greganti. E la Marcegaglia, la cui azienda è condannata per aver pagato tangenti all’Eni, lei l’ha messa Ad dell’Eni.
Metto a verbale che la mia posizione non è unica al mondo. È quella di tutti i paesi civili. Certo, c’è una diversa sensibilità morale in altri paesi, quelli anglosassoni e non solo. Dove chi copia una tesi di laurea se ne va. Ma non è un problema solo della politica. Perchè la stampa italiana ha ramificazioni che in altri paesi non ci sono? C’è una morale che si costruisce con la scuola, con l’educazione.
Ma anche con segnali da parte del governo. Vi siete trincerati dietro la presunzione di innocenza.
Io ho difeso il principio di non colpevolezza. In questo sono più fedele alla Costituzione di voi. Ma per tornare alle domande: sono rispettoso di tutto e di tutti. Ma sono l’unico candidato non pregiudicato. Per arrivare a Greganti, parlo della vicenda Expo: è fisiologico che uno cerchi di rubare, è patologico che non glielo si impedisca. Il punto drammatico rispetto alla patologia del paese è che questi siano gli stessi di 20 anni fa e che un paio di personaggi almeno fossero noti alle cronache. Io dico: mai più.
E la nomina della Marcegaglia?
Emma Marcegaglia non ha alcuna pendenza giudiziaria, essendo la responsabilità penale personale.
È stato condannato suo fratello come persona fisica e l’azienda in quanto azienda ha avuto una condanna per tangenti all’Eni. Le condanne le prendono anche le società .
Emma Marcegaglia è stata condannata sì o no? È una valutazione di opportunità .
Noi abbiamo raccontato che — grazie alla sua assunzione nell’azienda di famiglia — per dieci anni prima da presidente della Provincia e poi da Sindaco — ha avuto la possibilità di maturare la carriera pensionistica e un Tfr. Cosa per altri non possibile.
Non volevo dirlo, e invece lo dico. Ho deciso di fare una cosa che mi costa: ero in aspettativa nella mia azienda di famiglia. Marco Lillo mi ha chiesto di dimettermi. E io un mese fa l’ho fatto. Anche se è stato un atto di attenzione, e non c’era nulla di giudiziario. È un’azienda in cui io ho sempre lavorato. Ho fatto l’università da studente lavoratore. Consegnavo i volantini e distribuivo gli elenchi telefonici. Ebbi una lite violenta con Lamberto Dini che mi disse: ‘Ma questo lo consideri lavorare?’. E io dissi “Certo”.
Lei abolirà il vitalizio per i parlamentari?
Sono convinto che è una cosa che va fatta e che siamo sulla strada per farla. Il regime vitalizio dal 2012 è cambiato, anche se, è vero, non abbastanza.
Come le è sembrato Grillo a Porta a Porta?
C’erano due grandissimi professionisti, che non a caso alla fine si sono dati il Cinque.
Ma è stato convincente?
Per me no. Ma non doveva convincere me. Però, a vedere i sondaggi non ha spostato molto. Ha fatto il 27% di share, moltissimo (io mi aspettavo di più anche di più). D’altra parte è arrivato in taxi, con il plastico, tornava da Vespa dopo 30 anni. Geniale. Io pagavo il biglietto per lui. Ma da quando fa politica mi risparmio i soldi. Solo che le domande sulle pendenze giudiziarie e le vicende patrimoniali a lui non si fanno. È stata una performance straordinaria dal punto di vista della tv. Ma se vuoi cambiare l’Italia devi votare Pd.
Le consiglieremmo di non fidarsi dei sondaggi. Bersani pensava di aver vinto l’anno scorso. C’è un elettorato molto mobile
Io allora dicevo “occhio”. E oggi ai miei ho detto di “correre”. Ma c’è un Pd molto più in salute.
Gli 80 euro sono un impegno che lei ha mantenuto. Ma dal 2015 sarà mantenuto come nel 2014?
Sì. E ci tengo a dire che lo faccio per far ripartire l’economia e un po’ di giustizia sociale. Non come misura elettorale. Vi racconto come sono le coperture. C’è una tassazione sulle banche al 26%, da cui arriva un miliardo e 800 milioni, dalla spending 2 miliardi e 100 milioni. Di questi 396 vengono dalla difesa. E 300 milioni di recupero dall’evasione. Poi c’è la revisione della spesa sotto il profilo politico. Tagliando le Province, pensiamo di risparmiare 500-600 milioni, anche se ne abbiamo indicati solo 100. Ed è importante far cambiare verso all’Europa.
Come?
Queste elezioni sono importanti non per quanto prendo io, ma per capire se l’Europa cambia verso. Abbiamo vinto se noi diventiamo il gruppo di testa del Pse. Adesso, in testa ci sono i tedeschi. Abbiamo 70 seggi, dobbiamo prenderne più di 90. Se cambia l’Europa cambia anche l’ Italia, ma se l’Italia cambia, cambia anche l’Europa. E poi i Cinque Stelle che fanno? Se M5s prenda come lo scorso anno il 25 per cento, ne prende 20 di seggi . E quei 20 dove vanno? Con chi? Con Schulz, con Tsipras, con Juncker? Con qualcuno devono andare. Non possono fare una battaglia di testimonianza , non possono salire sul tetto. Casaleggio al Fatto ha detto “ciò che è virale è vero”: per me è agghiacciante.
Lei arrivò a sfidare Grillo al dialogo sulle riforme, in cambio della rinuncia ai rimborsi elettorali e promise di abolire il finanziamento pubblico dei partiti. Grillo ha restituito 42 milioni di soldi pubblici e i suoi parlamentari metà del loro stipendio. Lei su questo e sulla riduzione delle indennità pensa di andare avanti?
Grillo ha portato un assegno a Vespa, io porto il libretto degli assegni di quello che il governo ha fatto: la vendita delle auto blu, il tetto agli stipendi dei manager. Poi ci sono le riforme che sono ancora a metà e sono a metà perchè Forza Italia ci ha chiesto di andare a dopo le elezioni e M5s ce l’ha chiesto di fatto con l’ostruzionismo.
Ma insomma perchè non rinunciate anche voi al finanziamento pubblico? Perchè non l’avete fatto voi?
Il governo precedente ha fatto una legge sul finanziamento pubblico ai partiti. Entra in vigore dal 2017. Non si può pensare che mi abbiano dato la bacchetta magica per fare tutto quello che voglio io. Dirò di più: io le riforme costituzionali le avrei fatte dando più poteri ai sindaci non ai consiglieri regionali. Se arrivo a questo livello di compromesso — alto — lo faccio perchè devo trattare anche con gli altri. Comunque, il finanziamento è a decrescere fin quasi alla scomparsa. È vero, più lentamente di come avrei voluto io.
Potreste non prenderlo.
L’abolizione del finanziamento è ancora una mia idea e anche l’unico modo per recuperare la dignità dei partiti. Ma ci vuole anche una democrazia. In un partito, come l’M5S, in cui lo statuto lo scrivono il fondatore e suo nipote non ci sto. Questo è un Partito Democratico: non è un partito che espelle la Salsi perchè va in tv e poi manda Grillo a Porta a Porta, Casaleggio a in Mezz’ora, Di Maio ovunque.
Lei ha dichiarato che vuole recuperare i delusi dei Cinque Stelle. Ma per esempio lei era per le preferenze e i collegi uninominali e sta facendo una legge totalmente diversa.
Sono ancora a favore di preferenze e collegi uninominali. Ma la legge che si può fare ha determinate caratteristiche. Io ritengo una priorità il ballottaggio.
Ma perchè per le liste delle europee non avete fatto le primarie?
Ci sono le preferenze, non servono le primarie.
Ma vi venivano meglio le liste.
Facciano le primarie per i Cinque Stelle. Qualcuno di voi conosce un candidato di Grillo alle europee?
No (generale)
E parlate di primarie a me?
Dare delle date alle sue riforme visto che non è riuscito a farle, non è stato prendere in giro i cittadini?
La riforma del lavoro ha garantito a Electrolux di tenere 1200 persone. E quel giorno i Cinque Stelle si sono tolti la camicia. Io devo assolutamente dare dei dati e delle date. O do delle date o il Parlamento che non è il mio Parlamento dietro non me lo porto. O lo metto in forcing o non tocco palla. Ho detto marzo per la riforma del lavoro e l’ho presentata. Abbiamo convertito il decreto legge ed è iniziato il cammino del disegno di legge delega. La legge elettorale è passata in prima lettura alla Camera e in Senato tutti hanno chiesto di farla dopo la riforma del Senato. E questa si è scelto di tenerla ferma fino a dopo le elezioni. Per aprile avevo detto riforma della Pa. E l’ho annunciata.
A proposito di cose non fatte: non avrebbe dovuto dimezzare gli F35?
Dal 2012 al 2014 si sono siglati degli accordi. L’idea che si possano dimezzare oggi alla luce degli accordi che ci sono è più complicato. Abbiamo bisogno di ridurre l’impatto della spesa militare. Il punto è come. Certo, gli F35 sono una battaglia anche simbolica.
Il suo problema è aver avuto le elezioni vicine.
Se non avessi avuto le elezioni subito avrei fatto le riforme costituzionali. Ma in 80 giorni si è fatto quello che nessun governo ha fatto prima. Venerdì mattina faccio un’altra televendita. Come fate a negare il cambiamento radicale nella politica italiana degli ultimi 80 giorni?
I Cinque Stelle hanno 9 milioni di voti.
Ho rispetto per chi vota Cinque Stelle, per chi vota Forza Italia e per chi non vota per me. Non ho la puzza sotto al naso. Questo passaggio è decisivo per chi guida l’Europa. Il fatto che abbiano 9 milioni di voti è sociologicamente interessante. Ma io a Grillo ho chiesto “vieni a costruire, vieni a vedere le carte”. Lui non ha voluto. Si può dare una risposta o con una distruzione senza prospettiva, o con la costruzione di una sinistra europea. Io lavoro per questo. Avrò vinto le elezioni se il Pd sarà il primo raggruppamento. E avrò perso se avrò preso meno voti di Bersani e Franceschini.
Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
ARRESTATO L’EX PRESIDENTE DELLA BANCA LIGURE E ALTRI PROFESSIONISTI: L’ACCUSA E’ ASSOCIAZIONE A DELINQUERE, TRUFFA E RICICLAGGIO
Compravendite di edifici che nel giro di un solo giorno fruttavano 15 volte il valore
dell’investimento.
L’uomo dalle mani d’oro del mercato immobiliare era il faccendiere Ernesto Cavallini, persona a cui Banca Carige ha continuato a rinnovare il credito, nonostante condanne e fallimenti.
Ad acquistare gli immobili, a un prezzo gonfiato e fuori mercato, erano le società del comparto assicurativo di Carige, che a giudizio di Bankitalia hanno accumulato danni per almeno 100 milioni di euro.
Adesso, dice un’inchiesta della Guardia di Finanza, il mistero è svelato: non erano cattivi investimenti, ma operazioni concertate a cui partecipavano anche i vertici del gruppo-bancario assicurativo della gestione dell’ex presidente Giovanni Berneschi, che con quei soldi hanno investito in Svizzera.
Nei confronti dei destinatari dell’ordinanza emessa dal gip del tribunale di Genova, vengono ipotizzati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, truffa aggravata, riciclaggio e intestazione fittizia di beni.
Berneschi è stato arrestato questa mattina dalla Guardia di finanza che sta eseguendo 7 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di soggetti coinvolti in una presunta truffa all’istituto bancario Carige. Berneschi, che è vicepresidente dell’Abi, è ai domiciliari.
Gli altri arrestati sono Ferdinando Giovanni Menconi, ex amministratore di Carige Vita Nuova (domiciliari), 71 anni; Ernesto Cavallini, imprenditore immobiliare (domiciliari), 70 anni; Davide Enderlin, svizzero, 42 anni, avvocato (in carcere); Sandro Maria Calloni, imprenditore, 65 anni (in carcere); Andrea Vallebuona, commercialista di Genova, 51 anni (carcere), Francesca Amisano, nuora di Berneschi 47 anni (carcere).
Le indagini che hanno portato all’arresto di Berneschi e degli altri indagati hanno preso il via dalla relazione della Banca d’Italia depositato in procura nel settembre 2013 e sul quale sono ancora in corso le indagini e gli accertamenti da parte della Gdf.
Secondo la procura esisteva un comitato d’affari «in cui Berneschi e Menconi pianificavano le operazioni finanziarie sfruttando i loro ruoli nel cda di Carige Nuova» mentre Vallebuona, Amisano, Enderlin, Calloni «si prestavano a effettuare attività di investimento e riciclaggio» con «complesse operazioni immobiliari e finanziarie».
Secondo la procura, Berneschi e Menconi «avvalendosi dei loro rispettivi ruoli di potere» hanno convinto il cda di Carige Vita Nuova a «effettuare due operazioni finanziarie» che secondo gli inquirenti configurano la truffa.
La prima operazione è avvenuta nel 206 e secondo la procura è prescritta mentre la seconda «è consistita nell’indurre la Carige Vita Nuova tramite una perizia gonfiata realizzata tramite lo stesso commercialista Vallebuona ad acquistare una quota della Assi 90, partecipata dalla svizzera Balitas a un prezzo di 5.600.000 euro risultata essere superiore di 45 volte il valore nominale».
Una cifra destinata ai reali beneficiari Berneschi e Menconi «soci occulti della Balitas».
Per la Guardia di finanza «Giovanni Berneschi, attuale vicepresidente di Abi e della Cassa di Risparmio di Carrara aveva creato un management fortemente condizionato dal carismatico leader ventennale sia del gruppo bancario che assicurativo».
Dal 2006 al 2009, secondo la Guardia di finanza, gli acquisti «gonfiati di società facenti capo a persone compiacenti hanno fatto in modo che fossero portati in Svizzera circa 21 milioni di euro».
Di questi, «parte è stata impiegati per un investimento immobiliare in territorio elvetico i cui effettivi titolari erano i vertici del gruppo Carige».
Figura centrale dell’inchiesta sarebbe il faccendiere milanese Ernesto Cavallini. La procura di Genova indagava sulle strane compravendite immobiliari orchestrate dall’immobiliarista Cavallini, come ad esempio quella di un complesso edilizio acquistato e rivenduto in un solo giorno a Carige Vita a un prezzo quindici volte superiore (da 650mila euro a 8,9 milioni di euro).
Il denaro o parte di esso ricavato con questo genere di plusvalenze sarebbe stato portato illecitamente in Svizzera.
(da “il Secolo XIX“)
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Maggio 22nd, 2014 Riccardo Fucile
L’EX DISOBBEDIENTE, LA CORSA CON TSIPRAS E LA VITA IN FAMIGLIA A PALERMO: “I POLITICI ASCOLTINO FRANCESCO. HO CHIUSO LA PARTITA IVA, NON REGGEVO”
“E i figli come sono: ribelli? «No: ri-belli. Nel senso che sono bambini bellissimi…». È tutto in questa risposta, tenera tenera, il «nuovo» Luca Casarini. L’uomo che visse due volte.
Nella prima vita era un no-global molto attaccabrighe che si fiondava in tutte le rivolte di piazza da una parte all’altra del pianeta finendo in manette a Istrana e in Messico, a Trieste e Copenaghen, in Israele e a Torino.
Nella seconda non è che da incendiario sia diventato pompiere («incendiario, sinceramente, non mi sono sentito mai e pompiere oggi men che meno: solo che, andando verso la cinquantina, sono un po’ cambiato») però dopo aver messo su famiglia, ha deciso di dare battaglia in maniera diversa.
Fino a candidarsi al voto di domenica, nella circoscrizione di centro, con «L’altra Europa per Tsipras», la lista di quanti, nella scia del greco Alexis Tsipras, combatte l’anti-europeismo demagogo e populista teorizzando «un’Europa diversa, dei diritti e non delle banche».
Ma che c’entra, uno come lui, con un’intellettuale «liberal» quale Barbara Spinelli? «Sempre stato a favore di un’alleanza fra ribelli e democratici. E poi Barbara è Barbara. Sono affascinato da lei».
Non sarà un po’ imborghesito, come accusano certi gruppuscoli duri e puri dell’estrema sinistra? «Ma va! Lo so io cosa ho in banca… Del resto Marcos diceva: “a destra mi danno del rivoluzionario, a sinistra del riformista: forse ho ragione”. Io resto in trincea sul fronte delle diseguaglianze, della povertà con cui fanno ormai i conti 120 milioni di europei e quasi un terzo degli italiani. Uso una parola antica: contro le ingiustizie. Non possiamo accettare che 43 milioni di persone, nella Ue, vivano in miseria»
Lui la vede tutti i giorni, dice. Nei quartieri più infelici di Palermo.
Lasciato il Veneto («Ho costretto mia moglie a vivere sette anni a porto Marghera, appena lei ha avuto un contratto di ricerca in Sicilia, siamo venuti via») vive oggi alla Kalsa, nel cuore della città antica e popolare: «Mi sono battuto per anni per tutti i Sud del mondo. Era scritto che dovessi venire a vivere nel Mezzogiorno»
Com’è stato il passaggio da un dialetto all’altro, dal «pesse» al «pisci», dai «folpi» ai «purpi»? «Nessun problema». Prima parola imparata? «Minchia». Conosceva già , la Sicilia? «Più che altro ero venuto a Comiso, contro la base Nato…». Ammicca: «Una visione un po’ ristretta».
Molto più complicati, più che quello familiare, sono stati altri traslochi: dai centri sociali al romanzo «La parte della fortuna» edito da Mondadori, dalle «tute bianche» alla contestazione dell’oppressione fiscale, dagli scontri di piazza alla partita Iva: «Mi ha cambiato la prospettiva. Il piccolo artigiano, il piccolo imprenditore, il piccolo autonomo è l’ultimo anello della catena, lavora 24 ore su 24, non stacca mai ed è attaccato da tutte le parti. È spesso, davvero, un sottoproletario dei tempi moderni». Dice che l’ha chiusa, lui, la partita Iva: «Non ero in grado di reggere. Adesso, a 700 metri dal Politeama, abbiamo aperto con alcuni amici uno spazio “co-working”. Dividiamo le spese, il telefono, gli spazi… Mettiamo insieme le idee…».
Basta a «calari ‘a pasta», cioè a dar da mangiare? «A intermittenza. Quanto possa essere pesante il lavoro a intermittenza lo provo io stesso tutti i giorni. Pensare di risolvere i drammi del lavoro solo con la precarietà non ha senso. Se tu mi fai il decreto Poletti che prevede il lavoro a intermittenza pagato tre euro all’ora e ti dà la possibilità di lavorare due mesi e poi stai fermo un mese e poi ne lavori altri due da un’altra parte, quando stai fermo cosa mangi, come paghi il mutuo, come ti fai carico delle bollette? Non puoi fare un decreto come quello senza ragionare sulla “flexsecurity” e il reddito minimo garantito».
“A proposito, quella è una battaglia di Grillo: che ne pensa? «Metto tutto insieme, le cose che mi piacciono e quelle che non mi piacciono. La somma è che lui non mi piace. Vuole mandar via tutti, avere il voto di tutti… La democrazia non è questa cosa qui. La democrazia è scontro ma anche confronto. È terribile questa idea di voler rappresentare tutti. Vuole piacere ai poliziotti ma anche ai no-tav. Come fa? È un populista. Come Berlusconi. O Renzi. Magari si attaccano fra di loro e si dicono cose tremende ma sono tutti “pop”. Noi siamo rock».
Casarini finì nelle case di tutti gli italiani, attraverso i tiggì, nei giorni del G8 a Genova. Portavoce dei «Disobbedienti», spiegava la strategia così: «Quando un giornalista mi telefona e mi chiede di dargli qualcosa da prima pagina, rispondo: “A Genova dichiariamo guerra ai grandi del mondo”. E quello lo mette in prima pagina. Oppure tiriamo fuori la storia degli “uomini topo”, che sono già al lavoro, sempre a Genova, a scavare nei sotterranei. E loro abboccano».
Tredici anni dopo quelle giornate di violenza, il leader del movimento di ieri che i «giovani internazionalisti» di oggi accusano nella loro forum community d’esser dalla parte della «piccola borghesia imprenditorial-affaristica di stampo veneto», dice che lui non la capisce la rabbia di Grillo: «Quale visione ha della società ? Quale? La rabbia di Grillo è una cattiva consigliera. È un elemento giusto perchè bisogna arrabbiarsi davanti alle ingiustizie ma è sempre foriera, senza una visione, di storture…
E guai a ricordargli che anche la rabbia dei black block a Genova non aveva un disegno se non la violenza, lo sfascio delle vetrine, la demolizione delle auto parcheggiate, l’assalto alle filiali delle banche: «Certo, sono stati fatti degli errori. Ma quelle furono giornate buie. Guardiamo i processi: quelli che hanno spaccato e torturato le persone se la sono cavata con una tirata d’orecchi, quelli che hanno spaccato solo “cose” si son beccati 14 anni di galera».
Lui, racconta, è uscito assolto dopo otto anni con formula piena: «Mi avevano accusato di cospirazione contro lo Stato. Manco fossi un generale golpista…»
Fatto sta che ancora oggi è così legato a quella stagione che quando ha saputo di lui Andrea Camilleri, polemicamente… «No, no, con Camilleri credo che ci siamo chiariti. Del resto, non ha fatto forse un appello per votare per la nostra lista? C’è bisogno di sinistra».
Renzi non lo è? «Votando Renzi si vota Schulz, votando Schulz si vota Junker… Le larghe intese stanno mutando la natura della sinistra europea. Del resto, su un sacco di temi, a partire dai diritti e dall’attenzione alla povertà , all’emarginazione, alle periferie, all’immigrazione mi trovo molto meglio con tanti cattolici che non con gli esponenti del Pd. Prenda il traffico di armamenti: c’è solo il Papa a denunciare questo traffico». Ha preso una cotta? «No. Ma è stato straordinario il suo viaggio a Lampedusa. Così come la telefonata a Pannella sulle carceri. Un Papa che si occupa delle carceri! Peccato che, nel loro cinismo, i politici non lo ascoltino per niente…».
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera”)
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