Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
IL SISTEMA VOLUTO DA DA SILVIO E MATTEO
CAMERA LISTE BLOCCATE
Il modello Renzi-Berlusconi si basa su cento collegi con capilista bloccati.
Nelle simulazioni fatte sui sondaggi che circolano oggi (con il Pd al 34,8% e M5S a 20,6%), in caso di vittoria Democrat, i nominati a Montecitorio sarebbero 100 su 340 per il Pd, 97 su 97 per M5s, 70 su 70 per Forza Italia, 60 su 60 per la Lega, 18 su 18 per Ncd/Udc, 17 su 17 per Fratelli d’Italia e 15 su 15 per Sel.
Ben oltre la metà della Camera sarebbe così nominata direttamente dalle segreterie del partito
SENATO NOMINATO
Saranno le Regioni a nominare i 100 senatori previsti dalla nuova riforma costituzionale già approvata in un ramo del Parlamento e oggi all’attenzione dell’aula di Montecitorio.
Anche qui il cittadino sarà espropriato della scelta di eleggere direttamente il proprio rappresentante a Palazzo Madama
PREMIO DI MAGGIORANZA
Scatta se un partito supera il 40% o se vince il ballottaggio (che si svolge tra i primi due partiti più votati al primo turno).
Consente alla lista vincitrice di ottenere i 340 deputati sui 630 necessari alla maggioranza.
SOGLIE DI SBARRAMENTO
Anche qui si è trattato con i partiti. La soglia inizialmente fissata all’8%, si è alla fine ridotta al 3%.
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
COPERTURE POLITICHE DI ESPONENTI UDEUR E PDL … NEGLI ATTI I NOMI DI COSENTINO E MASTELLA
Era il “sistema Zagaria“: un perverso intreccio di camorra, politica e imprenditoria che si era
impadronito degli appalti dell’ospedale di Caserta.
La struttura sanitaria era così diventata una sorta di succursale della fazione del clan dei Casalesi che prende il nome dell’ex primula rossa Michele Zagaria.
Ecco il “sistema” sgominato con i 24 arresti eseguiti dalla Dia di Napoli diretta da Giuseppe Linares.
Ai domiciliari, tra gli altri, l’ex consigliere regionale Pdl Angelo Polverino e l’ex manager dell’Asl di Caserta Francesco Bottino.
I due erano stati già arrestati in una precedente indagine sulle ramificazioni del clan Belforte nella sanità casertana.
Bottino, secondo gli atti a corredo dell’ordinanza di custodia cautelare notificata stamane, sarebbe stato indicato ai vertici dell’azienda sanitaria dall’ex sottosegretario Pdl Nicola Cosentino.
“Sistema Zagaria” si adoperava a nominare dirigenti amici in cambio del sostegno elettorale
Tra le persone arrestate c’è Elvira Zagaria, la sorella di Michele Zagaria. Per gli inquirenti, dopo la cattura del fratello era lei a gestire i proventi del “patto” in grado di controllare e gestire, in regime di assoluto monopolio, gli appalti e gli affidamenti diretti di lavori all’interno dell’ospedale “Sant’Anna e Sebastiano” di Caserta.
Le indagini avrebbero accertato che il “sistema Zagaria” era un sistema collaudato e appoggiato dalla politica, che si adoperava a nominare dirigenti sanitari compiacenti e che garantiva, a sua volta, un pieno sostegno elettorale al partito che lo sosteneva. Negli atti compaiono i nomi di Nicola Cosentino e Clemente Mastella.
Non sono indagati, ma gli inquirenti li ritengono i referenti dei politici locali protagonisti del “sistema”.
Inchiesta della Dda di Napoli, procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, pm Antonello Ardituro e Annamaria Lucchetta, culminata in 10 arresti in carcere e 14 ai domiciliari. Sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, corruzione, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e abuso d’ufficio, con l’aggravante del metodo mafioso.
Il sodalizio gestiva l’affidamento dei lavori pubblici autonomament
L’indagine è durata più di due anni ed è ricca di intercettazioni telefoniche ed ambientali, comprese alcune registrazioni audio-video eseguite anche all’interno dell’ospedale di Caserta.
Secondo l’ipotesi accusatoria, il clan Zagaria era pienamente operativo all’interno della struttura sanitaria attraverso una consolidata rete di connivenze e collusioni venutasi a creare — sotto la regia dei boss della camorra casertana — tra appartenenti al mondo della pubblica amministrazione, della politica e dell’imprenditoria.
Negli ultimi anni il sodalizio camorristico si sarebbe infiltrato nel tessuto politico-amministrativo dell’ospedale fino a diventare un complesso apparato in grado di gestire gli affidamenti dei lavori pubblici in assoluta autonomia.
Un ruolo decisivo lo avrebbe svolto Elvira Zagaria: dopo la cattura del fratello e di tutti gli uomini della famiglia, e dopo la morte del marito Francesco Zagaria (solo omonimo di Michele), la signora Zagaria si era assunta il ruolo di amministratrice degli affari del clan.
L’aiuto della politica al cla
La vicenda però — come ricostruito dagli inquirenti — affonderebbe le radici nell’anno 2006, quando Francesco Zagaria, supportato dal segretario campano Udeur dell’epoca Antonio Fantini (ex eurodeputato Dc ed ex presidente della Regione Campania), riuscì a far nominare un uomo di sua fiducia come manager dell’ospedale di Caserta, Luigi Annunziata.
E’ la persona di cui parla Sandra Mastella in un’intercettazione diventata celeberrima (“per me è un uomo morto”) e finita agli atti dell’indagine che nel gennaio 2008 colpì il partito del Campanile e precedette di pochi giorni la caduta del governo Prodi. Annunziata infatti sta “tradendo” i desiderata dei Mastella, ma nel 2006 è ancora organico a un partito che continuava a vantare tra i suoi leader casertani il consigliere regionale Nicola Ferraro arrestato e poi condannato per concorso esterno in associazione camorristica.
Risale a quel periodo il momento in cui Francesco Zagaria, cognato di Michele, assume il controllo dell’assegnazione dei lavori pubblici nell’ospedale, mettendo in piedi un cartello di imprese camorristiche operante fino ai giorni nostri. Fantini e Annunziata sono deceduti negli ultimi anni.
Gli Zagaria cambiano casacca e passano col Pdl di Cosentin
Il gip condivide le tesi della Dda secondo cui, nel 2006, vi fu un duplice avvicendamento politico-mafioso all’interno dell’ospedale di Caserta, fino a quel momento “controllato politicamente” dall’Udeur: a Nicola Ferraro, secondo i magistrati rappresentante della fazione Schiavone del clan dei Casalesi, succede alla guida del partito in Campania Antonio Fantini, ritenuto “fedele” a Francesco Zagaria. Poi quando il partito di Mastella viene distrutto dalle inchieste di Santa Maria Capua Vetere e Napoli, gli Zagaria avrebbero cercato e ottenuto — secondo l’indagine — la “copertura politica” nel Pdl campano e nel suo leader Nicola Cosentino (in carcere da aprile e imputato in tre distinti procedimenti con accuse di camorra).
Cosentino sarebbe rimasto referente politico del “sistema” fino al suo primo arresto, nel marzo 2013, appena persa l’immunità parlamentare.
Ed a proposito degli intrecci con la politica, le intercettazioni hanno rivelato che gli imprenditori collusi avrebbero appoggiato i “cosentiniani” al Pdl nel congresso di Caserta del 6 ottobre 2012.
In quel periodo Cosentino era contrastato dall’ala dissidente rappresentata da Gennaro Coronella e Mario Landolfi.
Due uomini di Cosentino, il consigliere provinciale di Forza Italia Antonio Magliulo, e il consigliere regionale Angelo Polverino, si sarebbero impegnati in prima persona a dare “copertura politica” al “sistema Zagaria”.
Ed a rafforzare il quadro ci sono le dichiarazioni di numerosi pentiti che hanno fatto riferimenti precisi alle persone arrestate.
Bandi di gara truccati per agevolare il clan
L’inchiesta ha accertato che il centro nevralgico del “sistema” era nell’ufficio di Bartolomeo Festa, l’ingegnere dirigente dell’Unità Operativa Complessa di Ingegneria Ospedaliera, in carica dal 1 gennaio 2006 su “designazione” di Francesco Zagaria. Festa, coadiuvato da gran parte degli impiegati del suo ufficio, è accusato di aver truccato i bandi di gara e per favorire gli imprenditori del clan. Imprenditori che a loro volta dovevano periodicamente versare parte dei guadagni così ottenuti al clan degli Zagaria.
Tutti gli appalti inquinati. Sequestrati beni per oltre 12 milioni di euro
Risulterebbero inquinati diversi appalti e affidamenti diretti, e in particolare: la gara d’appalto per la tinteggiatura e lavorazioni accessorie del valore di 450.000 euro oltre Iva (ditta favorita: ditta individuale Luigi Iannone); la gara d’appalto per l’affidamento delle manutenzioni degli immobili consistenti in lavori edili e lavori affini del valore di 150.000 euro oltre Iva (ditta favorita: Odeia SrL); la gara d’appalto per l’affidamento del servizio di gestione e manutenzione degli impianti elevatori del valore di 1.189.500 euro oltre Iva (ditta favorita Komè SrL); gli affidamenti diretti di lavori svolti in mancanza dei necessari requisiti di legge sempre alle stesse ditte dal 2006 ad oggi, per un valore totale di oltre 3.000.000 di euro (ditte favorite: ditta individuale Luigi Iannone, ditta individuale Salvatore Cioffi, Odeia SrL, Piccolo, Dm Soffitti SaS); l’affidamento diretto della gestione del bar e delle macchine distributrici di bevande ed alimenti, con danno erariale stimato (per il consumo di forniture pubbliche e l’occupazione del suolo pubblico) in oltre 50.000 euro a far data dal 1 gennaio 2010 ad oggi (ditte favorite: ditta individuale Mario Palombi e Ivs Italia Spa di Bergamo).
La Procura ha disposto il sequestro di quattro imprese e ha notificato a undici indagati un decreto di sequestro preventivo per 18 immobili, 11 terreni, 1 box auto, 3 autovetture e diverse quote societarie, per un valore stimato complessivo di oltre 12 milioni di euro.
Vincenzo Iurillo
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
LA LEGGE TRUFFA PASSA PER UN PELO NONOSTANTE IL SOCCORSO AZZURRO
In aula a palazzo Madama è cominciata la votazione degli emendamenti.
La modifica presentata dall’esponente della minoranza Miguel Gotor, che puntava a modificare la proporzione tra nominati ed eletti con il sistema delle preferenze a favore di questi ultimi, è stata bocciata con 170 voti contrari: i sì sono stati 116, 5 le astensioni.
L’emendamento, sottoscritto da 29 senatori dem, era stato al centro della spaccatura tra minoranza e la linea di Matteo Renzi.
La proposta avrebbe legato l’entrata in vigore dell’Italicum all’approvazione della riforma costituzionale (attualmente in discussione alla Camera) che supera il bicameralismo perfetto.
Oltre alla cancellazione dei capilista bloccati, l’emendamento avrebbe stabilito al 40% la soglia per il premio di maggioranza (in un testo 1 stabilita al 37%) da assegnare alla lista e lo sbarramento al 3% (mentre nella versione iniziale era fissato all’8%), come prevede l’accordo di maggioranza.
Il Senato ha respinto anche il secondo emendamento Gotor: la proposta è stata bocciata con 168 no, 3 astensioni, mentre 108 senatori hanno votato a favore.
Ricordiamo che i senatori sono 315 più 6 senatori a vita e la soglia di maggioranza è fissata a 162, quindi si è arrivati a pochi voti in più.
Il governo partiva da 175 voti teorici (Pd, Ncd, Scelta civica e parte del Gruppo delle autonomie). A favore del governo anche i 60 senatori di Forza Italia e 3 ex grillini. In teoria il governo quindi doveva arrivare a circa 240 voti, ne ha persi circa 70 per strada.
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
I RIBELLI CONTRAPPONGONO LA COSTITUZIONE AI RICHIAMI ALLA DISCIPLINA… ZANDA SPIAZZATO: “INCREDIBILE UN DISSENSO COSI’ ORGANIZZATO”
«Ci siamo consegnati a Berlusconi, anzi a Verdini che è il vero consulente del Pd sull’Italicum,
e non soltanto».
La minoranza dem – guidata dalla falange bersaniana con Miguel Gotor e Maurizio Migliavacca e dai civatiani – tira le somme alla fine di una giornata in cui il partito è piombato nel caos.
I dem si spaccano nell’assemblea dei senatori, dove gli appelli di Renzi e del ministro Maria Elena Boschi all’unità , gli ammonimenti del premier («Grave se mancano i voti del Pd sulle riforme»), la mozione di sentimenti dei renziani, restano lettera morta.
In 29 sciamano dall’auletta dove è riunito il gruppo a Palazzo Madama e più che le parole, vale la faccia del capogruppo Luigi Zanda che aveva sperato fino all’ultimo si sgretolasse l’opposizione interna: «Non immaginavo un dissenso organizzato…», mormora Zanda.
Ma sulla richiesta della minoranza di cancellare i capilista bloccati, Renzi non sente ragione.
Non si cambia, sta nel Patto del Nazareno, nell’accordo con Berlusconi incontrato a Palazzo Chigi ieri mattina poco prima di vedere il gruppo dem.
La sinistra del Pd annuncia che non darà tregua: non voterà l’Italicum e consegna un documento contro.
Lo dice Gotor. Lo spiega Paolo Corsini citando l’articolo 67 della Costituzione, quello che recita “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”.
Vale più della disciplina e dell’obbedienza al partito. Doris Lo Moro mette sul tavolo le dimissioni da capogruppo in commissione affari costituzionali: «Voterò con la minoranza del partito, non posso essere incoerente».
Lo scontro esplode. Renzi tenta di convincere: «Cara Doris, comprendo e apprezzo il tuo travaglio… ma la questione dei capilista nominati non è poi decisiva».
Per i renziani i dissidenti «hanno passato il segno». Andrea Marcucci parla a Bersani nella speranza che la falange bersaniana al Senato torni a più miti consigli: «La minestra votata anche da Bersani in prima lettura alla Camera era molto meno saporita».
Lo strascico di tensioni finirà in un sabotaggio del candidato di Renzi per il Quirinale? I renziani lo temono e denunciano.
La minoranza nega e contrattacca: «Si è visto che il Patto del Nazareno varrà anche per il Quirinale », rincara Gotor.
Tra la sinistra dem e Stefano Esposito, il senatore che ha presentato il maxi emendamento-ghigliottina, volano parole grosse.
Esposito accusa «i cattivi consiglieri di Bersani, quelli che l’hanno fatto perdere nel 2013, i Gotor». Passano le ore e i toni si alzano. I dissidenti tuttavia fanno sapere di essere saldamente ancorati nella “ditta”, nel partito.
Solo Civati e i suoi sembrano tentati dalla scissione, da un movimento a sinistra con Sergio Cofferati, Maurizio Landini e Nichi Vendola.
La fronda dem sull’Italicum poi si riduce a 26, perchè tre senatrici (Puppato, Idem e Albano) si sfilano.
Corradino Mineo, civatiano, svela la lamentela di Renzi contro il lettiano Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio di Montecitorio, che aveva a sua volta pesantemente attaccato il premier.
«Mi ha detto Boccia – è lo sfogo di Renzi – che faccio come l’Isis». «Matteo fa la vittima per strappare un applauso ai senatori, tutto pur di vincere», chiosa Mineo. «Boccia chieda scusa», è la reazione dei renziani.
C’è un’atmosfera pesante tra i Democratici. Vannino Chiti – che è stato ricevuto qualche giorno fa da Renzi proprio per parlare della nuova legge elettorale – ammette di essere sconcertato: «Mi sembrava che Matteo si fosse convinto a dare ascolto a noi della minoranza contro i capilista bloccati. Se si va avanti così i cittadini non eleggono più le Province, non eleggeranno il nuovo Senato e neppure i parlamentari… Evidentemente Berlusconi non ha voluto sentire ragione».
Nel Pd ci si guarda in cagnesco. Alfredo D’Attorre, deputato bersaniano, ironizza: «Elezioni anticipate? Se ci fossero, Renzi rivedrebbe Palazzo Chigi in cartolina».
Poco vale il lavoro dei pontieri. Francesco Verducci invita a non essere autolesionisti: «È come quella moglie che per fare un dispetto al marito… Ma il nuovo Italicum è una buona legge».
Renzi garantisce: «La minoranza non si caccia». Ma non deve esagerare e «si deve votare insieme ».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica“)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
PRONTA LA ROSA DEL PATTO PER IL COLLE: FINOCCHIARO, AMATO E CASINI… VERDINI CHIARISCE AI SUOI: “IN GIOCO C’È LA DELEGA FISCALE CONGELATA PER B.”
Per comprendere la giornata campale di ieri, vissuta fra tre Palazzi (Chigi, Madama e Grazioli), e in cui il patto del Nazareno ha scritto la sua macabra pagina decisiva, bisogna partire dalle tenebre di una Roma uggiosa e fredda.
Quando alle nove di sera, un berlusconiano di altissimo rango, sfinito e soddisfatto, fa la sintesi del Grande Scambio.
Ecco il senso autentico del Nazareno: “La questione è umana più che politica. Altrimenti perchè il presidente (Berlusconi, ndr) sull’Italicum al Senato avrebbe dovuto perdere un pezzo di consenso e un pezzo di Forza Italia per dire di sì a Renzi sul premio di lista?Qui non c’è solo il Colle all’orizzonte, il progetto è più complesso e ampio, non guardate solo il dito del Quirinale, sforzatevi di vedere la Luna. Renzi è debole, non tiene più il Pd e con questo governo deve reggere agli altri urti della crisi, che non mancheranno . Poi, certamente al Colle andrà una persona che ci soddisferà . Uomo o donna? Se lo dico indovinate subito”.
L’ammissione di Denis sull’articolo 19 bis
Dalle tenebre passiamo quindi al pomeriggio, alcune ore prima.
Palazzo Grazioli, la residenza privata di Silvio Berlusconi a Roma. I senatori azzurri sono riuniti nel solito parlamentino. Tra di loro, ovviamente, i tumultuosi ribelli del pugliese Raffaele Fitto. Scoprono che l’ex Cavaliere non c’è. È rimasto sopra, nel suo studio. Protestano. Gridano: “Liberatelo, non lo fate scendere giù perchè sapete che potrebbe cambiare idea sulla legge elettorale”.
La ratifica del “suicidio di Forza Italia”, frase di Fitto medesimo, è sorvegliata dal renzusconiano Denis Verdini e dal capogruppo di Palazzo Madama, Paolo Romani.
I fittiani sono crudelmente efficaci: “Con questa legge e con il premio di lista, non arriviamo nemmeno al ballottaggio, ci avete svenduti a Renzi”.
Ed è a questo punto che il Cerbero dell’infernale Nazareno, ovvero Verdini, cala sul tavolo da gioco la verità : “Qui c’è in ballo l’agibilità del nostro leader, cui tutti dovremmo essere grati per quello che ha costruito in vent’anni. Non dimenticate che Renzi ha congelato l’articolo 19 bis (del decreto attuativo della delega fiscale, ndr)”.
È la sola e unica chiave per decifrare le convulsioni di ieri sull’Italicum . Ed è la chiave della Salvasilvio, la norma ad personam che perdona chi froda il fisco sotto il 3 per cento dell’importo dichiarato.
Il paradiso dell’ex Cavaliere, che non sarebbe più condannato e decaduto. Una questione umana, appunto. Più che politica. Il resto è teatrino.
Meno cinquanta, l’inciucio scricchiola
Alla fine restano sul campo 18 no dei senatori azzurri (dieci secondo i vertici). In ogni caso, Berlusconi perde un pezzo di partito.
Così come lo perde, in maniera simmetrica, l’amico Matteo, con la fronda dei bersaniani. Meno cinquanta, o giù di lì, al Senato.
Sono queste tutte le conseguenze che originano dunque dall’incontro in mattinata. Il nono della serie, in un anno di Nazareno. Berlusconi e Renzi suonano la loro Nona in un clima comunque teso.
La debolezza di “Matteo”: “Silvio mi puoi salvare solo tu”. E il nervosismo di “Silvio”, consapevole del peso della scelta: “Matteo, sai che sul premio di lista mi salta il partito”.
L’abbraccio finale del patto segreto del Nazareno si consuma in un’ora circa. Con loro: Luca Lotti e Lorenzo Guerini per il premier, Gianni Letta e Denis Verdini per l’ex Cavaliere.
Partito della Nazione o colpo grosso di Bersani?
Sul Quirinale, all’uscita, il portavoce del Nazareno, Guerini, annuncia che non si è detto nulla. E che il colloquio decisivo è previsto per martedì prossimo, 27 gennaio, prima della riunione generale del Pd. In realtà il presidente amico del patto e garante del Grande Scambio è sancito per il momento da una rosa di tre, massimo quattro nomi: Giuliano Amato, Anna Finocchiaro, Pier Ferdinando Casini. Qualcuno aggiunge Sergio Mattarella.
Le quotazioni vedono la Finocchiaro in ascesa (“Uomo o donna? Se lo dico indovinate subito”).
Ma il Colle dovrebbe essere solo la prima tappa per rivoluzione il paesaggio politico nei prossimi mesi. Governo
Renzusconi? Partito della Nazione? Quello che è chiaro è che ieri Renzi e Berlusconi hanno legato i loro destini in modo indissolubile.
E solo una carta Prodi o Bersani dal quarto scrutinio in poi, quando per il Quirinale è prevista la maggioranza assoluta, potrebbe far saltare tutto.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
BATTAGLIA DI CAVILLI A PALAZZO MADAMA… PARTITI SPACCATI. IL VOTO DECISIVO RIMANDATO A OGGI
Senato stracolmo, tardo pomeriggio. Il cicaleccio cala, la curiosità diventa silenzio. 
Tutti ad ascoltare Giulio Tremonti, e la sua sintesi di una giornata, forse di una stagione politica: “Sulla legge elettorale c’è un’altra maggioranza, quindi un altro governo. Se ci fosse un presidente della Repubblica…”.
L’ex superministro si risiede ridendo, accanto al leghista Roberto Calderoli. Ha consumato il suo frammento di vendetta, nell’aula in cui gira tutto al supercanguro, o tagliola, prossimo venturo: il maxiemendamento del democratico Stefano Esposito, di fatto l’intero Italicum riscritto secondo il Nazareno rinfrescato, da approvare per far cadere in un amen il 90 per cento degli emendamenti alla legge elettorale.
L’ennesimo sfregio del duo Renzi-B. a detta delle opposizioni tutte, di certo stratagemma indispensabile per Pd e Forza Italia.
Per tenersi a galla tra mille correnti, il divin Matteo e l’eterno Silvio si devono affidare allo stesso emendamento-boa .
Ma palazzo Madama rimane trincea, dove si combatte tra parecchi cavilli, citazioni dotte e qualche urlaccio.
Sempre nell’attesa (dei rivoltosi) di contarsi sull’emendamento del ribelle dem Gotor contro i capilista bloccati.
Si parte alle 17.30, in ritardo di un’ora, con il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi. Vestita di scuro, al microfono declama la lista degli emendamenti bocciati dal governo. Dall’elenco si salva solo il maxiemendamento di Esposito, noto come deputato piemontese pro Tav.
Ma la partita inizia davvero nel segno di Calderoli: signore dei regolamenti del Senato, prima di Natale contro l’Italicum aveva scagliato scatoloni di emendamenti.
Il leghista contesta l’ammissibilità del canguro, lo classifica come “l’emendamento che regge il Nazareno”. Chiede “almeno la possibilità ” di sub-emendamenti al testo.
“Ci dia un’ora presidente” invoca. L’esortazione è diretta alla rossissima Valeria Fedeli, pd, vicepresidente che fa le veci di Pietro Grasso, ora presidente supplente della Repubblica.
Al leghista si associano tutte le opposizioni, con lunghi interventi in cui si parla anche di crisi economica.
Fedeli e l’ostrusionismo pomeridiano
Evidente la strategia: ostruzionismo sempre e comunque. La Fedeli risponde con tono calmo. Occhi puntati soprattutto verso i 5 Stelle. Ma dai loro banchi non arrivano colpi di teatro. Soprattutto, il Movimento non vuole scoprire le carte sulla linea in aula.
“L’emendamento Gotor non sarà mai messo ai voti” twitta Vito Petrocelli. Per poi ironizzare : “Ghedini, Verdini e gli altri abituali assenteisti che sono venuti a fare in aula?”.
Ad occhio, a tenere compatte le fila dei lealisti di Forza Italia. Ma i frondisti fittiani sono vivaci. Ciro Falanga è quasi perfido: “Mica penserete che io voglia contrastare la maggioranza del mio partito?”.
Vincenzo D’Anna (Gal) è un torrente. Cita Protagora, poi s’innalza: “Vi ricordare quell’opera, la Merda d’artista fatta di feci? Voi della maggioranza che volete inscatolare?”.
Poi virerà in vernacolare: “Questo sistema elettorale è una fetenzia”. Ovazioni.
L’ex cantore di Silvio Sandro Bondi appare stanco, mentre la Boschi e Luca Lotti parlano fitto. La Fedeli rivaleggia su voto e ordini del giorno con le opposizioni e in particolare con i leghisti , i più rumorosi.
Tra i banchi del Carroccio spuntano cartelli contro la legge Fornero. I commessi rimuovono, la presidente non ferma i lavori. Calderoli insiste: “Il maxiemendamento è stato presentato fuori dei termini”.
Loredana De Petris (Sel) si sgola: “State oltrepassando ogni limite”. Doris Lo Moro, tra i 29 firmatari dem dell’emendamento Gotor: “Il maxiemendamento Esposito è inammissibile, è un ordine del giorno fatto di enunciazioni di principi”. Applausi. Ma Fedeli respinge: “L’emendamento Esposito è ammissibile”.
Il deputato piemontese risponde a Calderoli: “Non si permetta di darmi del bugiardo”.
Tra una discussione e l’ altra piove una penna contro la Fedeli, tirata (pare) dal leghista Stefano Candiani. Lei, stoica, tira dritto. Si limita a chiedere: “Ditemi chi l’ha tirata”.
I leghisti, discolacci, alzano tutti la mano.
Si arriva alle dichiarazioni di voto sul primo emendamento, proprio a firma Calderoli. Endrizzi (M5S) resta sul vago: “Per ora diciamo no, su altri emendamenti vedremo che possibilità ci sono”. Tradotto, sull’emendamento Gotor decideranno in base alle mosse di Pd e Forza Italia. Ma il voto favorevole è possibile.
Si ricomincia stamani alle 9:30
Tra i sì a Calderoli arriva quello di Francesco Campanella, del neonato coordinamento degli espulsi dall’M5S, pronto a trasformarsi in gruppo (sono in 12).
Si arriva alle 20.30, con Calderoli che fa l’ultimo dispetto e rinuncia al voto sul suo testo.
Si ricomincia oggi alle 9.30. Voto finale previsto per la prossima settimana.
Luca De Carolis
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
MAGGIORANZA NECESSARIA AL SENATO 162: SENZA I DISSIDENTI PD ALL’ESECUTIVO MANCANO 10-15 VOTI… E SILVIO ASPETTA IN CONTROPARTITA LA SALVA-BERLUSCONI
Silvio Berlusconi benedice l’Italicum e Forza Italia si spacca.
Con 19 senatori (su 60) fedeli a Raffaele Fitto pronti a votare contro.
Situazione speculare, nel beffardo gioco delle convergenze parallele, a quella del Pd. Dove 29 dissidenti confermano il dissenso, aggregato intorno all’emendamento Gotor, certificando la frattura.
Risultato: sulla legge elettorale i conti non tornano. Perchè senza il soccorso azzurro, la nuova legge elettorale non passerebbe.
E il dato politico è lampante: su un provvedimento qualificante di iniziativa del governo, Matteo Renzi rischia di perdere la sua ‘autosufficienza’ parlamentare proprio in quel Senato che, ironia della sorte, alla Camera si sta votando per abolire.
Mentre il discusso Patto del Nazareno potrebbe subentrare, di fatto, alla maggioranza che il 25 febbraio 2014 diede la fiducia al governo.
PALLOTTOLIERE IN TILT
A Palazzo Madama, siedono in tutto 321 senatori (315 eletti e 6 a vita).
La soglia di maggioranza è 162.
Sommando i seggi del Pd (108), di Scelta Civica (7), del Nuovo centrodestra (36) e una parte del gruppo Per l’Autonomia, l’esecutivo può contare su 169 voti (tanti votarono la fiducia all’esecutivo Renzi) che salirebbero fino ad un massimo di 175 se tutti i 6 senatori a vita votassero a favore della nuova legge elettorale.
Nella migliore delle ipotesi, quindi, 13 in più del minimo necessario per ottenere il via libera all’Italicum.
Ma vanno sottratti i 29 dissidenti della minoranza Pd: hanno già dichiarato che non voteranno il maxi-emendamento “canguro” (che permetterebbe di neutralizzare tutte le proposte di modifica, compresa quella di Gotor) presentato dal senatore Stefano Esposito.
Di fatto, la maggioranza si fermerebbe a 146, cioè 16 in meno della soglia di 162 necessaria per ottenere il via libera.
E dopo il tentativo fallito di coinvolgere i 17 senatori ex 5 Stelle (12 hanno dichiarato che sosterranno il testo dei dissidenti del Pd) per tamponare le defezioni.
A disposizione del governo ne restano solo 5, che alzerebbero l’asticella a 151. Comunque troppo pochi.
DA RENZI UNA CAMBIALE A B.
Dopo giorni di tensioni e roventi polemiche interne, Berlusconi ha deciso di assecondare i desiderata del premier. Mettendo a disposizione i suoi voti (decisivi) per consentire all’Italicum di uscire indenne dal guado del Senato.
Ufficialmente per sostenere il “tentativo per raggiungere il bipartitismo”.
Ma, in realtà , per intascare dal premier una cambiale che metterà all’incasso al momento giusto.
Per giocare da protagonista la partita del Colle e, più avanti, quella per lui ancor più decisiva dell’agibilità politica, anticamera necessaria per il ritorno sulla scena politica (Renzi ha fissato per il 20 febbraio il consiglio dei ministri della delega fiscale contenente la norma salva-Berlusconi).
Una posta talmente alta da valere il rischio della spaccatura di Forza Italia.
La fronda che fa a capo all’europarlamentare Raffaele Fitto, strenuo oppositore dell’Italicum e del Patto del Nazareno, è infatti di 19 senatori.
La parte restante del gruppo — pari a 41 parlamentari — dovrebbe invece sostenere l’ultima versione della legge elettorale.
Ieri, in Transatlantico alla Camera, l’ex governatore della Puglia, dopo aver incontrato Berlusconi a Palazzo Grazioli, ha ribadito il suo no: “Berlusconi sta facendo un errore, questo è un suicidio per Forza Italia”.
NAZARENO DI MAGGIORANZA
Insomma, alla fine passa la linea Verdini. Il primo effetto si tradurrebbe nella mutazione genetica della maggioranza che, sull’Italicum, si prepara ad essere rimpiazzata dal Patto del Nazareno.
Una maggioranza non più trainata dall’asse Renzi-Alfano, dalla quale il governo ha ottenuto la fiducia, bensì da quello Berlusconi-Renzi.
Come certifica, del resto, il capogruppo di FI a Palazzo Madama, Paolo Romani: “Oggi (ieri, ndr) il premier non può dire di avere una sua autonomia al Senato. Da questo momento è cambiato completamente il meccanismo della politica”.
Salvo che le trattative della notte, lasciate aperte dallo slittamento a stamattina dell’esame degli emendamenti, non sortiscano effetti a questo punto improbabili, con il sostegno di Forza Italia e qualche altro voto raggranellato raschiando il fondo del barile, il pallottoliere potrebbe superare alla fine anche quota 200.
Sufficienti per permettere a Renzi, la prossima settimana, di twittare l’ennesimo successo del suo governo: il via libera del Senato all’Italicum.
Ma resterà da vedere se il gioco è valso la candela.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 21st, 2015 Riccardo Fucile
RENZI NON HA I NUMERI PER L’ITALICUM, BERLUSCONI CONCEDE TUTTO, MA LA CONTROPARTITA E’ IL COLLE E LA SALVA SILVIO
Il prezzo è il Quirinale. O meglio: il Nazareno al Colle. 
Matteo Renzi e Silvio Berlusconi inizieranno a sfogliare i petali della rosa dei nomi nel prossimo incontro già fissato per martedì a palazzo Chigi.
Ma è in nome del grande obiettivo che Silvio Berlusconi accetta di offrire un “soccorso” a Renzi sulla legge elettorale. E dice sì a una legge che fa esplodere la rivolta in Forza Italia: “Mi raccomando — dice all’uscita da palazzo Chigi — niente scherzi sul Quirinale”.
Perchè il “sì” non è gratuito. Anzi, è particolarmente oneroso.
Eccola, la trattativa arrivata al dunque. Palazzo Chigi, attorno a Mezzogiorno.
Da un lato ci sono Denis Verdini e Gianni Letta. Dall’altro Lorenzo Guerini.
La consuetudine tra il premier e l’ex premier consente, dopo pochi minuti dall’inizio dell’incontro, di superare preamboli e giri di parole.
È così che Matteo Renzi, con stile diretto, chiede a Berlusconi il sostegno totale sulla legge elettorale, non solo sui punti pattuiti nelle scorse settimane, ma anche su quelli dove non era previsto il sostegno di Forza Italia.
Chiede cioè di votare il cosiddetto l’emendamento Esposito. Perchè, aggiunge, altrimenti non c’è più maggioranza. E a quel punto rischia di saltare tutto: legge elettorale, riforme, e si arriva all’elezione del capo dello Stato in un clima incandescente.
Blindare l’Italicum invece le riforme significa poi far arrivare il Nazareno al Colle.
Ragionamento, quello sul Colle, particolarmente esplicito nelle parole di Berlusconi, nel corso del vertice.
Anche se, all’uscita, il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini spiega che non si sarebbe parlato di Quirinale ma solo di riforme.
A conferma dell’asse tra i due, l’incontro si conclude con l’impegno a un nuovo incontro, già la prossima settimana, per entrare nel merito dei nomi.
Al momento la “rosa” concordata da Berlusconi con Alfano e, ovviamente, nota anche al premier è composta da tre petali. Giuliano Amato, che è la best option del Cavaliere; Pier Ferdinando Casini, nome che compatta l’area dei moderati; Anna Finocchiaro, l’unico nome di sinistra gradito al centrodestra.
Mentre, al momento, Sergio Mattarella avrebbe un veto non solo da Berlusconi ma soprattutto da Alfano, che considera un cattolico di centrosinistra al Colle un ostacolo per il suo disegno di costruzione del Ppe in Italia.
E se di “nomi” si parlerà soprattutto nel prossimo vertice è anche perchè tutto l’incontro odierno è servito alla trattativa sulla legge elettorale.
E allora, ecco cosa è successo.
L’accordo (fino a ieri) prevedeva che Forza Italia avrebbe votato la legge elettorale in modo spacchettato: sì ai capilista bloccati, no al premio di lista al partito essendo la sua posizione favorevole al premio di coalizione, come nella prima versione dell’Italicum.
Renzi chiede invece un sostegno a tutta la legge elettorale perchè, con l’opposizione della sinistra del suo partito, non ci sono più i numeri.
Di fatto, invoca un soccorso azzurro in nome della rottura a sinistra.
Propone cioè uno schema in cui, per dirla con un bersaniano di rango, “da un lato c’è il partito del Nazareno, dall’altro la minoranza di sinistra”. Oggi al Senato e domani al Quirinale.
Il “soccorso”, per Berlusconi, è particolarmente costoso.
Sembrano dettagli, ma è sostanza. Dice un azzurro di rango: “Secondo l’ultimo sondaggio il centrodestra è solo 4 punti sotto il centrosinistra. Con una coalizione ce la giochiamo. Con una legge elettorale che prevede il premio di lista, è la sconfitta sicura”.
E c’è anche un secondo motivo per cui la richiesta è onerosa. E riguarda la tenuta dei gruppi di Forza Italia.
A Renzi, Berlusconi spiega che, con queste richieste, si spaccano come una mela. Previsione che trova conferma nella riunione che, dopo poche ore, convoca Fitto con i suoi venti senatori: “Se Berlusconi vota con Renzi il premio di lista — dice — noi comunque votiamo contro”.
Ecco perchè Berlusconi, dopo l’incontro con Renzi, chiede tempo, per una verifica coi suoi.
A palazzo Grazioli si consuma l’ultimo dramma.
Perchè, per molti, l’Italicum così articolato è “la sconfitta elettorale per legge”.
Ma l’ex premier dice sì dopo una riunione dei senatori a palazzo Grazioli da tregenda. La posta in gioco è il Quirinale.
Che è sinonimo di “agibilità politica”. Il che significa, in primo luogo, che la “salva-Silvio” resterà congelata fino al prossimo capo dello Stato.
La prima rassicurazione per Berlusconi che sarà un grande elettore di un nome che dà “garanzie” è anche nelle parole al vetriolo che ha ascoltato da Matteo Renzi riguardo all’atteggiamento della sinistra del Pd: “Il premier – dice un azzurro di rango – con loro non vuole trattare”.
Domani alla Camera si riuniranno 150 parlamentari di area bersaniana, duri e dialoganti.
Al quarto scrutinio i voti di Pd senza sinistra, Forza Italia e Ncd sono sufficienti a portare al Colle il garante del Nazareno.
(da “Huffingtonpost”)
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