Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
VOTA DIVERSAMENTE CHI ANCORA NON L’HA RAGGIUNTA…NCD SI SPACCA, SACCONI E SALTAMARINI SI DIMETTONO DALLE CARICHE INTERNE
Con la quarta votazione a Camere congiunte, Sergio Mattarella supera il quorum, incassa 665 voti e diventa il nuovo presidente della Repubblica italiana.
Ferdinando Imposimato ha ottenuto 127 voti, Vittorio Feltri 46, Stefano Rodotà 17, Emma Bonino, Antonio Martino, Giorgio Napolitano e Romano Prodi 2.
I voti dispersi sono stati 14, le schede bianche 105, le nulle 13.
A seguito dell’appello del premier, alla fine l’Ncd del ministro Angelino Alfano ha dato il contrordine e detto sì a Mattarella.
Ma i mal di pancia interni si sono sprecati e i malumori sono usciti subito allo scoperto. In disaccordo con la svolta, il capogruppo di Area popolare a Palazzo Madama, Maurizio Sacconi, ha presentato le dimissioni da presidente dei senatori di Ncd.
L’ex ministro, infatti, era stato fra i più convinti, nei giorni scorsi, a non cedere al candidato presentato dal Pd.
In mattinata, prima dello scrutinio, la riunione dei gruppi di Area popolare aveva sancito ufficialmente il via libera – senza unanimità e con lo stesso Sacconi assente – al candidato unico lanciato dal Pd di Renzi.
I grandi elettori di Ncd e Udc si sarebbero espressi per alzata di mano.
E il pollice verso sarebbe arrivato da cinque moderati: Barbara Saltamartini (che voterà scheda bianca e che si dimetterà da portavoce di Ncd), Gabriele Albertini, Antonio Azzolini, Carlo Giovanardi e il viceministro Enrico Costa.
Ma non è tutto: anche Nunzia De Girolamo, presidente dei deputati di Ncd, avrebbe espresso irritazione per il cambio di linea e starebbe valutando l’ipotesi di lasciare l’incarico di capogruppo a Montecitorio.
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
BERLUSCONI E ANGELINO NAZARENI DI COMPLEMENTO… FI PRIMA MINACCIA L’AVENTINO, POI CI RIPENSA
Succede alla sei della sera. 
La pioggia non cade più e Sergio Mattarella nei calcoli degli sherpa renziani supera il muro dei 600 voti.
Dalle parti di Sel, dove i vendoliani sono raggianti manco dovessero votare l’erede di Che Guevara, ironizzano: “Magari prende 666 voti”.
Il numero della Bestia. Non proprio il massimo per un cattolico praticante come Mattarella.
Stavolta i 101 sono al contrario. Non franchi tiratori. Ma soccorritori. Addizione, non sottrazione. Dentro il Pd, Lorenzo Guerini prevede al massimo trenta defezioni isolate, per mal di pancia vari. Nulla di organizzato.
L’amaro pomeriggio del Nuovo Centro Destra
Nella noia e nell’attesa di un’elezione che appare ormai scontata, gli unici brividi arrivano da Ncd, il partitino ministeriale di Angelino Alfano.
Un ultrà renziano di primissima fila, spavaldo, confida ai cronisti: “Domani mattina alle nove arriverà una dichiarazione congiunta di Berlusconi e Alfano che dicono sì a Mattarella”.
In realtà , il ministro dell’Interno cede prima. Ed è proprio Renzi, in un colloquio teso, a rinfacciargli il delicato ruolo ricoperto al Viminale.
“Ma ti rendi conto, tu sei il ministro dell’Interno come fai a non votare il capo dello Stato? Dovrai avere con lui un contatto costante”.
Risposta: “Ma io sono un grande elettore, ho il diritto di decidere cosa fare”.
I toni si alzano e “Angelino” cerca di fare la faccia feroce: “Matteo sinora ci hai sempre trattato con sufficienza. Se vuoi meritarti la nostra considerazione il primo passo fallo tu. Fai un appello e poi vediamo”.
Le pressioni su Alfano sono tremende. Si fa vivo, con una telefonata, persino Giorgio Napolitano: “Nella tua posizione devi votare”.
In cuor suo, l’ex delfino (senza quid) di B. sa che non schioderà mai dall’amata poltrona ministeriale ma deve conciliare il suo cerchiobottismo centrista con la rabbia berlusconiana e con le faide interne di Ncd.
I socialisti di Cicchitto e Sacconi, per esempio, sono fuori dalla grazia di Dio.
I più duri. Si sentono traditi da Renzi sul loro “compagno” Amato e non hanno dubbi. Rompere.
La filorenziana Lorenzin è sul fronte opposto. Rimanere.
Poi ci sono i democristiani del sud. I siciliani in primis, capitanati da Castiglione: “Sergio lo votiamo certamente”.
Ed è a quel punto che si supera il primo ostacolo. Non più Aventino. Bensì scheda bianca.
Una sorta di libertà di coscienza: “Chi vuol votare Mattarella faccia pure”. Gli alleati dell’Udc, Casini e Cesa, con cui Ncd ha fatto gruppi comuni, sono già d’accordo.
La linea l’ha dettata, riferiscono, De Mita in persona: “Dobbiamo sostituire Berlusconi nel patto del Nazareno”.
L’attivismo di Gianni Letta
A dare man forte alla linea trattativista è soprattutto Gianni Letta. È lui che prende il posto di Verdini e tiene aperto un canale con il premier.
Letta propugna la dottrina aziendalista di Confalonieri. Per la serie: “Silvio non ci conviene rompere, buttiamo giù il rospo Mattarella”.
Il Condannato è ad Arcore , reduce dalla giornata di servizi sociali a Cesano Boscone. Ed è ancora sotto choc.
Non si capacita del “tradimento di Matteo”. I sostenitori del mezzo sì a Mattarella (scheda bianca), se non di un voto a favore, gli sussurrano che in fondo “nel 1997, Mattarella non votò per l’arresto di Previti per l’inchiesta Imi-Sir”.
È il tema del salvacondotto che ritorna. La fatidica Salvasilvio del 3 per cento e l’agibilità politica.
Alle otto di sera, gli alfaniani non sono contenti del tiepido appello renziano e fanno slittare la riunione a stamattina.
Berlusconi e Alfano si sentono in tardissima serata. La risposta al premier è prevista oggi. Due le ipotesi. Scheda bianca per entrambi. Oppure Ncd sì e Forza Italia scheda bianca.
Tramonta l’ipotesi fuga non i malumori
Tra gli azzurri, lo smarrimento da caos è totale. La minaccia dell’Aventino viene archiviata con sprezzo e con scherno dal capo dei ribelli pugliesi, Raffaele Fitto: “Non votare è un atto sudamericano”.
Loro in aula ci saranno comunque. Tentati dal voto per Mattarella. Il toscanaccio Bianconi infierisce: “I nazareni dovrebbero dimettersi e fare il pellegrinaggio a Santiago de Compostela per espiare i peccati ai danni del centrodestra”.
Vincenzo D’Anna, altro ribelle azzurro: “Io non prendo ordini da chi ha sbagliato tutto”.
Nel frattempo undici senatori di Ncd, siciliani e calabrasi, di dichiarano pubblicamente per Mattarella.
Pronostica un berlusconiano: “Se noi arriveremo a quaranta schede bianche sarà già tanto”. Nel voto a Mattarella si concentrano tre sentimenti: la vendetta antinazarena, l’umore antiberlusconiano di ritorno, l’orgoglio trasversale dei democristiani del sud. Nel Pd le uniche tensioni sono tra giovani turchi e bersaniani.
Per i primi, Stefano Fassina rinfaccia a Miguel Gotor di spargere voci false su franchi tiratori dei “turchi”: “Non è vero e tu stai mettendo le mani avanti ”.
Già , il Pd. Ci saranno i traditori?
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
QUANDO ANTONINO FINI’ NELLE CARTE DELLA DIA PER ALCUNI INVESTIMENTI IN IMMOBILI DI PREGIO A CORTINA, INDAGATO PER RICICLAGGIO E ARCHIVIATO
La moglie dell’ambasciatore aveva pagato l’anticipo per le sue casette a Cortina e voleva indietro i soldi dall’avvocato Antonino Mattarella.
Invece dei soldi però arrivava una telefonata da Trapani che le consigliava di stare tranquilla se no avrebbe perso i soldi e che “il fratello non voleva scandali”.
Dove “il fratello” era Sergio Mattarella, candidato dal Rottamatore Renzi al Quirinale. Secondo la Dia, quel siciliano era probabilmente Giuseppe Ruggirello, in affari con Antonino Mattarella e allora consigliere e socio della Banca industriale trapanese, morto nel 1995.
“Nel 1993 Ruggirello Giuseppe—scrive la Dia—è stato deferito, insieme a tutti i membri del cda dell’Istituto alla Procura di Trapani per aver agevolato concessioni creditizie senza le adeguate garanzie nei confronti di persone indicate come appartenenti alla mafia, tra le quali Pace Francesco,’braccio destro’ del mafioso Minore Antonino e Agate Mariano”.
La vicenda è descritta nell’informativa della Dia di Padova del 20 maggio 1997 diretta al giudice istruttore Otello Lupacchini.
È bene precisare che non ha avuto alcun seguito giudiziario ma merita di essere raccontata per conoscere meglio la famiglia del possibile futuro presidente.
Dopo la storia degli assegni di Antonino Mattarella a beneficio della società di Enrico Nicoletti per 750 milioni di vecchie lire di cui abbiamo dato conto ieri oggi tocca agli affari in Veneto con i siciliani.
L’indagine parte dalla denuncia del sindacalista Vincenzo Antonio Carfì che consegnava nel 1995 un “prospetto sui possedimenti di Mattarella Antonino.
Dal documento in argomento si rileva che era socio al 50 % della Immobiliare Boncompagni 16 Srl,proprietaria in Roma di un attico del valore di lire 1,5 miliardi e di una villa in Ansedonia del valore di lire 800 milioni, nonchè socio al 60 per cento nominale (100 reale) della Sigi Srl che controllava la Iniziative Turistiche Coryinesi e al 40 per cento la Multi hotels Italia Spa.
La Iniziative Turistiche Cortinesi Srl veniva indicata quale proprietaria di un immobile in Cortina del valore di 4/5 miliardi.
La Multihotels Italia era indicata quale proprietaria di un albergo (il Cristallino), in vendita con la formula della multiproprietà che avrebbe comportato, al termine delle vendite, un fatturato finale di lire 34 miliardi”.
La Dia riscontra che la Sigi Srl “è rappresentata da Mattarella Antonino che, il 24 settembre 1990, deteneva azioni pari al 52% dell’intero capitale sociale”.
La Sigi “nel 1986 — scrive la Dia — controllava sia la Multihotels Italia, operante anche a Marilleva, sia la Iniziative Turistiche Cortinesi (proprietaria di un fabbricato in via Roma a Cortina, ndr), sia la Promotel che aveva rilevato i debiti della Cortina Sport Spa proprietaria dell’immobile Mirage”.
La Dia poi racconta le vicende del processo per abuso edilizio per l’hotel Mirage, che non coinvolge Mattarella e scrive “in tale occasione il procuratore di Belluno, Gianni Griguolo, produceva un fax datato 15 ottobre 1996 del pm della Dda di Roma Andrea De Gasperis, il quale comunicava che quell’Ufficio stava procedendo nei confronti di Antonino Mattarella, Giuseppe Ruggirello, Riccardo Lo Faro, Enrico Nico-letti e Mario Chiappini” per riciclaggio e reimpiego di capitali con aggravante di mafia ex articolo 7.
“Dall’incarto processuale”, prosegue la Dia, “emerge che il 26 gennaio 1990 viene stipulato in Roma un preliminare tra la Pro-motel Srl, rappresentata da Antonino Mattarella e la signora Maria Grazia Battistini, moglie dell’allora Ambasciatore d’Italia a Lisbona, nel quale la prima promettedi cedere due unità immobiliari con altrettanti posti macchina, ubicati nell’immobile Mi-rage, al prezzo di 618 milioni di lire. Tra le parti scaturì un contrasto per l’inadempienza della Promotel Srl che non riusciva a rogitare. Il pm di Belluno, ravvisando nel comportamento del Mattarella Antonino l’ipotesi del reato di truffa aggravata, trasmise gli atti all’a.g. di Roma. La Battistini — prosegue la Dia — si prodigò al fine di ottenere la restituzione dell’intera somma già versata, e riferì al pm di aver ricevuto una telefonata da parte di certo “Ruggirello” qualificatosi come direttore della società di consulenza finanziaria Gepi Spa di Trapani, il quale, affermando che si trattava di una telefonata circolare a tutti i creditori del Mattarella Antonino la invitava a’pazientare sulla sistemazione delle vicende patrimoniali del Mattarella, avvertendo con tipico stile mafioso che era meglio non fare scandali perchè altrimenti avremmo rischiato di perdere tutto ed anche perchè il fratello non voleva scandali …’”.
La Dia non esplicita chi è il fratello ma in un altro passo ricorda “l’onorevole Sergio Mattarella”.
“Peraltro tale circostanza — prosegue la Dia — è stata ribadita dalla Battistini il 12 aprile 1995 nel dibattimento quando aggiungeva inoltre che nella telefonata erano state esternate velate minacce alla carriera del marito”.
In Sicilia il detto “ambasciator non porta pena” non vale.
Marco Lillo
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
SU MATTARELLA, IMPOSIMATO E DINTORNI
Prima o poi doveva capitare. Ci tocca giustificarci per il peccato mortale di dare troppe notizie. Alcuni
commentatori sul nostro sito, che evidentemente preferisco non sapere e dunque hanno sbagliato giornale, ma anche Giuliano Ferrara e Giampiero Mughini, non si danno pace perchè il Fatto ha raccontato gli altarini e gli scheletri negli armadi dei candidati al Quirinale.
Compresi quelli di Imposimato, il prediletto del M5S di cui secondo qualche buontempone saremmo l’house organ.
E soprattutto quelli di Mattarella, che oggi — salvo sorprese — dovrebbe essere eletto capo dello Stato.
Apriti cielo, lesa maestà .
Se la prendono con noi che facciamo il nostro mestiere, anzichè con i lecchini preventivi dei giornaloni che si portano avanti col lavoro e allungano le lingue per beatificare il futuro presidente come un genio, un eroe, uno statista di fama planetaria, dalla “schiena dritta”, anzi “di fil di ferro”, “sobrio” come e più di Monti, capace perfino di “sorridere” (così almeno giura un compagno di scuola scovato prodigiosamente dalla Stampa), senza spiegare come fu che cotale pepita d’oro sia rimasta per tutti questi anni a prender polvere e muffa nelle soffitte del Palazzo. Abbiamo già detto e ripetiamo volentieri che Sergio Mattarella è un brav’uomo e non risulta aver commesso reati (è stato assolto nell’unico processo subìto).
Ma in Italia ci sono decine di milioni di brav’uomini e brave donne come lui, magari anche un po’ meno incolori, inodori e insapori, che però non diventeranno mai presidenti della Repubblica, e nemmeno di una bocciofila, perchè per diventare capo dello Stato si richiede forse qualcosa in più.
Probabilmente Mattarella sarà un discreto presidente, com’è stato un discreto politico, un discreto ministro, un discreto giudice costituzionale. Come sempre, lo giudicheremo da quel che farà .
Poteva andare peggio? Certo, molto peggio: basta scorrere il lombrosario degli altri candidati della Casta.
Poteva andare meglio? Certo, molto meglio: basta scorrere la lista dei candidati preferiti dagli italiani nei sondaggi, da Rodotà a Prodi a Zagrebelsky.
Personaggi diversi fra loro, ma inattaccabili sia personalmente sia per legami familiari e frequentazioni.
Ricostruire la biografia completa di Mattarella, andando oltre le agiografie dei turiferari, è per Mughini roba “da Gestapo”.
Per altri, nessuno dev’essere chiamato a pagare “le colpe dei padri, dei fratelli, dei coniugi, dei nipoti”. Il che è vero, se parliamo di un privato cittadino.
È falso se parliamo di un aspirante presidente della Repubblica.
Tantopiù nel caso di Mattarella, di cui viene continuamente ricordato come un merito il fratello ucciso da Cosa Nostra.
Manco ne avesse solo uno, di fratello. Noi ne abbiamo scoperto un secondo: Antonino, che da atti giudiziari risulta in rapporti d’affari con Enrico Nicoletti, cassiere e non solo della Banda della Magliana.
E ci è parso giusto ricomporre il quadro famigliare completo. Poi, di queste informazioni, ciascuno farà l’uso che crede.
Nessuno vuole mandare in galera o punire Sergio Mattarella perchè ha accettato contributi elettorali da un imprenditore mafioso, perchè è stato eletto in Trentino con firme false o per gli affari discutibili del fratello vivo.
Ma è giusto che la gente sappia tutto di lui, specie i grandi elettori che oggi dovranno scegliere se votare per lui o per un altro candidato privo di quei talloni d’Achille.
Nelle democrazie, non nel Terzo Reich, funziona così.
Jimmy Carter, l’uomo più potente del mondo ai suoi tempi, dovette rispondere dei traffici e perfino del tasso alcolico di suo fratello Bill.
Margaret Thatcher finì al centro di polemiche per i business controversi del marito e poi del figlio.
Yitzhak Rabin dovette lasciare la guida del governo israeliano per gli affari della moglie.
L’attuale premier Bibi Netanyahu ha passato guai infiniti per le spese allegre della signora Sarah.
Il penultimo presidente della Repubblica tedesco Christian Wulff ha dovuto prima difendersi dalle accuse sul passato a luci rosse della seconda moglie e poi dimettersi per presunti favori a lui e alla consorte: nella Germania della Merkel, non della Gestapo.
E persino in Italia il presidente Giovanni Leone dovette lasciare anzitempo il Quirinale per una campagna politico-giornalistica sulle presunte magagne dei suoi familiari.
Oggi si parla molto del padre di Renzi, imputato per bancarotta fraudolenta, e di quello della Boschi, vicepresidente della Banca Etruria.
Il privato, per l’uomo pubblico, non esiste. Soprattutto se l’interessato siede ai vertici dello Stato.
E l’obiezione “non è mai stato condannato” — tipicamente giustizialista, anche se la usano i presunto antigiustizialisti — vale meno di una cicca: esistono fatti, circostanze, parentele, amicizie, frequentazioni, rapporti, conflitti d’interessi che non sono rilevanti sul piano penale, ma lo sono su quello morale, o politico, o della prudenza e dell’opportunità .
In un paese di ricattatori e di ricattati, basta poco, pochissimo, per accumulare dossier e condizionare un potente.
L’unico modo per sventare i ricatti e tenerne al riparo le istituzioni è pubblicare tutto, cosicchè chi può ne faccia tesoro ed escluda dalle cariche pubbliche personaggi magari individualmente ineccepibili, ma potenzialmente ricattabili.
È questo il compito della libera stampa: scavare, passare ai raggi X, informare, mettere sull’avviso, fornire a chi di dovere tutti gli strumenti affinchè — diceva Einaudi — possano “conoscere per deliberare”.
Se poi scelgono la persona sbagliata, non potranno dire che nessuno li aveva avvertiti.
Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
CINQUESTELLE SENZA STRATEGIA, MINORANZA PD ESULTA PER NULLA, VINCE SOLO IL BARO CHE GIOCA SU PIU’ TAVOLI… E POI BASTA CON LE IPOCRISIE: MATTARELLA NON E’ LA “MADONNA DELLA TRASPARENZA” DA PORTARE IN PROCESSIONE
Tra poche ore un vecchio notabile siciliano che ha talmente un seguito nella sua terra di origine da farsi presentare in Trentino alle politiche del 2001 (con 18 inquisiti locali, rei di aver falsificato le firme di presentazione della lista e che se la sono cavata solo grazie alla prescrizione) raccoglierà oltre 600 voti e diventerà Presidente della Repubblica.
Un successo di Renzi?
No, semplicemente la sconfitta di quella Corte dei miracoli che in teoria rappresenta l’opposizione al suo regime.
Opposizione esterna e opposizione interna.
Renzi non ha mai perseguito la finalità costituzionale di un presidente scelto anche con le minoranze, ha indicato un solo nome, prendere o lasciare.
Renzi non voleva un candidato di prestigio che potesse oscurare la sua immagine e ha scelto il notabile più anonimo che fosse disponibile sulla piazza.
Non c’entra nulla il Patto del Nazareno violato, il premier oggi sta con Bersani come ieri con Silvio e domani con il diavolo: lo guida esclusivamente la personale convenienza, del resto se ne fotte.
Fa sorridere sentire Vendola contento di votare per un vecchio democristiano che voleva che Scalfaro raddoppiasse il mandato (come se non avesse già fatto abbastanza danni in sette anni).
E’ incredibile assistere ai contorcimenti dei Cinquestelle che hanno perso l’occasione di rompere il fronte avversario, proponendo Prodi fin dalla prima votazione, per insistere su un impresentabile Imposimato e restare col cerino in mano con le loro ridicole consultazioni on line.
E’ patetico Alfano che si fa ricattare dal bullo che ruba le merendine, quando basterebbe denunciarlo e mandarlo a casa: ma la dignità non alberga nell’Ncd e si preferisce pagare il pizzo pur di mantenere il locale aperto.
E’ ridicolo Berlusconi che cambia idea nel giro di 24 ore, sballottato delle correnti interne come su una nave in mezzo alla tempesta : un capitano che da un anno cede sulla rotta e che si fa fregare da un mozzo che si crede un pirata, finendo per non avere neanche più il controllo della ciurma ammutinata.
E nessuno di questi “illuminati” oppositori che abbia avuto il coraggio e l’intelligenza politica di dire una semplice verità : che Mattarella non è quella “madonna della trasparenza” quale Renzi vuol far apparire.
Basta leggere la storia del contributo elettorale accettato da un boss mafioso, le voci sul padre, le storie sul fratello e sul nipote, il figlio sistemato alla corte della Madia, come rivelato da pochi media indipendenti.
Bastava per 48 ore indicare questi fatti reali come motivo per il no a Mattarella e la sinistra avrebbe annaspato: invece tutti zitti per timore che il bullo gli portasse via le merendine.
Era l’occasione perchè tutte le opposizioni (anche quelle interne) individuassero un nome alternativo e Renzi stasera sarebbe tornato a scrocco a casa di Carrai, invece il bulletto continuerà a taglieggiare gli italiani e a favorire i poteri forti che lo proteggono.
Capitani di sventura che dovrebbero ora avere il coraggio di scendere a terra e dedicarsi al giardinaggio.
Sono gli Schettino del centrodestra, solo che l’inchino fatale lo hanno fatto a un rottame alla deriva, non al Giglio.
Scendete da bordo, cazzo.
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