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CANCELLERI DICEVA CHE IL M5S RISPETTA SEMPRE LE DECISIONI DEI GIUDICI, ORA SE NE FREGA DEL GIUDICE IN SICILIA

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

FAREBBE BENE A LEGGERSI LA SENTENZA PERCHE’ CI SONO ALTRI GUAI IN VISTA PER IL M5S

«Certo, rispettiamo sempre le decisioni dei giudici». Così lo sventurato Giancarlo Cancelleri rispose al Corriere della Sera il 14 settembre scorso   a chi gli chiedeva se il blog avrebbe pubblicato il provvedimento con cui il giudice sospendeva le Regionarie del M5S in seguito alla richiesta di Mauro Giulivi.
In effetti l’ordinanza il blog l’ha pubblicata, anche se in modo abbastanza nascosto da fare sì che non se ne accorgesse quasi nessuno.
Ma con l’annuncio del ricorso (tecnicamente, un reclamo) fatto oggi dal candidato governatore della Regione Siciliana non si può certo dire che il M5S stia rispettando la decisione del giudice.
Perchè il giudice ha disposto l’annullamento delle Regionarie del MoVimento 5 Stelle o, per essere ancora più precisi, “la sospensione dell’esecuzione delle determine del 4 luglio 2017 di individuazione dei “candidati più votati” alla “regionarie” siciliane limitatamente ai candidati alla Provincia di Palermo pubblicate sul sito internet del MoVimento 5 Stelle e quella del 9 luglio 2017 di individuazione del candidato alla presidenza della Regione siciliana”.
Cancelleri e il MoVimento 5 Stelle hanno risposto picche. E con motivazioni quantomeno curiose.
Il post con cui Cancelleri sul blog di Beppe Grillo spiega la nuova tattica dei pentastellati va letto infatti con attenzione:
I tempi per aspettare la fine del procedimento e per rinnovare le votazioni purtroppo non ci sono più. Inoltre anche il giudice nel decreto stabilisce che “nessuna statuizione può essere disposta nel presente giudizio” riguardo “all’an della celebrazione” e “alla modalità  di svolgimento” delle regionarie, cioè se e come le dovremmo fare.
Alla prima udienza dell’8 agosto la causa poteva essere decisa immediatamente ma la difesa del ricorrente ha chiesto un rinvio che il Tribunale ha concesso al 29 agosto.
In tale udienza, con un Giudice diverso, la causa è stata nuovamente rinviata al 6 settembre, quando è stata tenuta da un altro giudice ancora.
Quest’ultima si è riservata ed ha sciolto la riserva il 12 settembre rinviando la causa al 18 settembre. Oggi siamo fuori tempo massimo.
Ora, è interessante andare a vedere cosa dice per intero la sentenza citata da Cancelleri sul blog.
Ovvero il problema delle primarie e quello della raccolta firme
: “Deve distinguersi l’eventuale incidenza temporale dell’atto prodromico alla consultazione elettorale rappresentato dalle primarie, dall’adempimento di cui all’art. 14 bis co. 5 L.R. 29/1951. Mentre il primo adempimento costituisce procedimento rimesso alle determinazioni dell’associazione sia quanto all’an della celebrazione, sia quanto alle modalità  di svolgimento e per il quale nessuna statuizione può essere disposta nel presente giudizio, l’attività  di raccolta delle firme necessarie per la presentazione delle liste (adempimento da compiersi entro il trentesimo giorno antecedente a quello previsto per la votazione), sulla base di quanto allegato dalle parti, non risulta ancora avviata, proprio in ragione dell’incertezza sui candidati da inserire nelle liste provinciali e regionali.
Conseguentemente è certo che l’attività  di raccolta delle firme necessarie per la presentazioni delle liste dovrà  comunque compiersi (sia in caso di sospensione che di rigetto della domanda cautelare) nell’arco temporale che residua sino al termine ultimo fissato nella norma. Si tratta quindi di circostanza neutra nella comparazione degli opposti interessi”.

La giudice Spiga spiega al M5S in quella frase che non è possibile dire che siccome c’è da fare la raccolta firme allora non è più possibile rifare le votazioni.
E invece il M5S cosa dice?

Spiega che il motivo è proprio la raccolta delle firme:
La scadenza per presentare il simbolo è questo sabato 23 settembre e dobbiamo inoltre raccogliere 3.600 firme per la presentazione della lista. Per questo motivo il MoVimento 5 Stelle sarà  presente alle regionali siciliane del 5 novembre con il sottoscritto, Giancarlo Cancelleri, candidato alla Presidenza della Regione e con la lista, a me collegata, votata dagli iscritti il 4 luglio 2017.
Notate anche la furbizia comunicativa: da come è scritto, sembra che si debbano raccogliere le firme entro sabato 23 settembre.
Quel giorno è il termine ultimo per la presentazione dei simboli: la raccolta firme si potrà  avviare soltanto successivamente, per le liste c’è tempo fino al 5 ottobre.
Già  che c’è, Cancelleri dice che si devono raccogliere 3600 firme quando quello è il numero massimo di firme raccoglibili (quello minimo è del 40% più basso)
…e si mette nei guai da solo in Sicilia
Questo, unitariamente al fatto che ci vogliono al massimo 48 ore per ripetere le votazioni, fa comprendere quanto siano strumentali le motivazioni addotte dal M5S per spiegare perchè sta di fatto disattendendo le due determinazioni del giudice.
“Faremo ricorso”, dice Cancelleri, per far valere le ragioni del M5S.
Ma in una situazione in cui la giudice precedente ha accolto totalmente le richieste della parte avversaria, pare davvero curioso per il MoVimento 5 Stelle pensare di avere ragione.
Pare curioso anche dal punto di vista giuridico, se non altro perchè i probiviri ieri hanno ritirato il provvedimento contro Cristina Grancio per un vizio di procedura.
E la situazione della Grancio era abbastanza simile a quella di Giulivi dal punto di vista della contestazione disciplinare.
Ecco perchè il ricorso non sembra esattamente il modo per avere ragione, quanto piuttosto quello di perdere il tempo necessario per arrivare alla presentazione della lista elettorale senza dover prima far votare il blog su Giulivi.
«Un nuovo voto non mi fa certo paura», diceva Cancelleri al Corriere una settimana fa. Eppure il dato di fatto è che il M5S non vuole assolutamente ripetere quel voto. Preferisce perdere tempo, annunciare un ricorso che però non sospende giuridicamente gli effetti dell’ordinanza del tribunale di Palermo e di comportarsi come se il voto sospeso dal tribunale fosse invece perfettamente valido e non intaccato dalla decisione di nessun giudice.
In pratica il M5S se ne frega di quello che dice il tribunale anche se questo potrebbe significare alla fine della vicenda Giulivi dover pagare un prezzo molto più alto rispetto a una chiusura bonaria della questione con il rinnovo delle votazioni.
“Rispettiamo sempre le decisioni dei giudici”, diceva quello.

(da “NextQuotidiano”)

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SONDAGGIO TECNE’: M5S AVANTI DI POCO, FORZA ITALIA SUPERA LA LEGA E SALVINI SI E’ GIA’ FOTTUTO DA SOLO

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

COME HA DETTO CHE IL LEADER DEL CENTRODESTRA SARA’ CHI PRENDE PIU’ VOTI, FORZA ITALIA SALE E LA LEGA SCENDE

Il MoVimento 5 Stelle continua a essere il primo partito nelle preferenze degli italiani ma il centrodestra unito insieme arriva quasi al 36% dei voti.
Questi i risultati di un sondaggio Tecnè per TGCom oggi riprodotto da Libero, che certifica la leadership dei grillini con mezzo punto percentuale in più rispetto al Partito Democratico mentre Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia divisi sono molto più distanti ma uniti raggiungono quota 35,8%.
C’è da segnalare che il Carroccio oggi ha meno voti di Forza Italia su scala nazionale (e Berlusconi non ha ancora cominciato la sua martellante presenza televisiva che lo aveva portato a una clamorosa rimonta nel 2013).
Quindi la leadership del centrodestra, in base alle regole di cui parlano Meloni e Salvini, sarebbe ancora degli azzurri.
Anche altri sondaggisti incoronano il ritorno del Cavaliere.
Il quotidiano La Stampa ha sentito Antonio Noto di Ipr Marketing, che è ancora più“generoso”: «La scommessa del Cavaliere è recuperare quell’elettorato che già  gli aveva creduto: se ce la fa, può arrivare alla soglia psicologica del 20 per cento».
E a quel punto sarebbe irraggiungibile per gli altri fratelli coltelli del centrodestra.

(da agenzie)

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IL M5S HA SUPERATO LA LINEA DI CONFINE: PRIMARIE SGANGHERATE E UN DI MAIO SENZA PREPARAZIONE, STORIA E IDEE

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

C’E UNO CHE NON VALE PIU’ UNO, INFATTI VALE MENO DI ALTRI

Ambizioso, sveglio, ben educato, persino bellino, senza preparazione, storia e idee politiche che non siano state vidimate da Grillo e rivisitate dalla Casaleggio Associati, il trentunenne Luigi Di Maio è di fatto il primo candidato premier dell’epopea vincente e opaca del Movimento Cinque Stelle.
Alle sgangherate primarie grilline parteciperà  anche qualche altro figurante, ma la strada è tracciata. Il «movimento-partito-spersonalizzato» diventa personale. E chi meni davvero le danze è difficile da capire.
Indifferente all’idea di essere considerato il ripetitore automatico di voci che arrivano da stanze lontane e impenetrabili, con in tasca un diploma di liceo classico insufficiente ad archiviare il suo corpo a corpo con i congiuntivi, a chiarirgli il ruolo di Che Guevara o la distinzione tra il Cile e il Venezuela, il vice presidente della Camera, inflessibile con gli indagati che non siano lui, populisticamente tenero con gli «abusivi per necessità », si sente all’altezza di guidare il Paese, trasformandolo da «bad nation» a «smart nation» di stampo nordeuropeo, e di sedersi allo stesso tavolo di Putin, della Merkel e di Macron.
Una sensazione sciocca ed esaltante, di cui Di Maio, l’Uomo del Futuro, non riesce più a fare a meno. L’autostima evidentemente non gli manca. In bocca al lupo.
La scelta Grillo-casaleggesca di puntare su una propria creatura da laboratorio, senza metterla a confronto con esponenti qualificati della società  civile o anche solo con i parlamentari che hanno condiviso lo stesso percorso dell’Uomo del Futuro, segna, in modo paradossale, l’attraversamento di una linea di confine.
Perchè paradossale? C’è uno che vale più degli altri.
Ma, a guardare il suo curriculum, al di là  della dialettica spigliata, è uno piuttosto qualunque. E’ stato scelto lui o la sua disponibilità  a essere consigliato e guidato?
Nei mesi che precedettero la rielezione di Giorgio Napolitano alla presidenza della Repubblica, i Cinque Stelle puntarono su Stefano Rodotà  e Milena Gabanelli.
Un modo per segnalare il distacco dalle logiche di Palazzo, affidandosi alla credibilità  di candidati che di certo non si sarebbero fatti condizionare da una telefonata milanese.
Ci voleva coraggio. Quattro anni dopo quel coraggio non c’è più.
È sempre stato chiaro che il grillismo, anche nella sua dimensione più ingenuamente rivoluzionaria, prosperava in virtù di una spensierata rozzezza fondata su una presunta superiorità  di valori.
Oggi però il Movimento 5 Stelle è un partito vero e proprio, acerbo, ondivago, apparentemente pronto a consegnare al candidato premier anche la leadership politica da sempre in mano a un estenuato Grillo, costringendo parlamentari come Roberto Fico a prendere le distanze da questa svolta al ribasso e spingendo Alessandro Di Battista (più carismatico e consapevole dei propri limiti del multiforme amico Di Maio) a non fare ombra al Candidato Unico.
Addio democrazia orizzontale.
Una differenza con gli altri partiti però rimane. Nessuno sa – dall’Europa allo ius soli – quale sia la visione politica (sempre che esista) del vice presidente della Camera.
Così come nessuno sa – ci ha pensato ieri il Financial Times a sollevare la questione – quale sia la visione politica di Davide Casaleggio.
Per capirlo servirebbe un esperto di algoritmi applicati alla teolinguistica.
Secondo il filosofo canadese Alain Denault «viviamo in un’epoca in cui si deve portare il marchio a livello di evangelizzazione», un meccanismo che la Casaleggio Associati conosce bene e che spinge diritti alla mediocrazia.
Pochi invisibili guidano una massa di formiche efficienti convinte di essere libere.
Per questo è stato costruito un premier in pectore abituato a cambiare opinione quando la cambia la maggioranza? Dubbio atroce.
Non sarà  una tardiva sindrome di Ambra Angiolini?
Solo che Ambra si occupava di tv e, uscita dal sofisticato circo di Boncompagni, si è emancipata grazie al talento.
Invece Di Maio, programmato da Milano, vorrebbe occuparsi di tutti noi. Gli basterebbe che il suo ego la smettesse per un attimo di agitarsi come un ossesso per capire che non è pronto.
Il Movimento 5 Stelle doveva essere il trasparente rifugio dei cittadini, è diventato una straordinaria dependance dell’enigmatico Casaleggio junior.
E nessuno ci ha ancora spiegato come si sia passati da Zagrebelsky a Di Maio, senza dire per lo meno: scusate, questa è la politica e anche noi ci dobbiamo adeguare.

(da “La Stampa”)

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IL GELO DI FICO, ANTAGONISTA MANCATO: LASCIAMO L’HIGHLANDER DA SOLO

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

E’ STATO UNO DEI MILITANTI FONDATORI, MA SENZA IL CORAGGIO DELLA SFIDA

Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare.
E così Roberto Fico – uno dei più sinceri militanti storici del Movimento – ha scelto (dopo lungo tentennare) di stare fuori.
A qualcuno che gli è vicino ha detto «lasciamo solo l’Highlander, ne resterà  solo uno, lui». Un’espressione amara, che sta a dire: se la cantino e se la suonino, a questo punto.
Il dilemma esistenziale di Fico è sempre stato questo, in tutti questi anni: concepito nel laboratorio di Gianroberto Casaleggio – era uno di quelli più di casa a Milano fin dalle origini, parliamo del 2005 – è stato però, anche, un militante reale, che nel Movimento ha creduto, e ha condotto battaglie vere: per l’ambiente, nella terra dei fuochi, contro la camorra.
Tanto attivista lui quanto in giacca e cravatta Di Maio, il giovane ragazzo spazzola (a Napoli, nel meetup, lo chiamavano così quando andava a mettersi, tutte le settimane, sotto l’ala di Fico).
Di Maio che – partito da fondatore di un meetup minore (Fico nel 2005 fondò quello di Napoli, Di Maio nel 2007 quello di Pomigliano), ha finito per relegarlo al ruolo di antagonista: nel senso di «antagonista di Di Maio», ma anche di «militante antagonista».
È così che Fico s’è trovato infine a coprire anche lui una casella, che faceva comodo alla Casaleggio, un mero, prestabilito e immutabile ruolo in un casting: il puro, quello un po’ di sinistra, vicino agli immigrati, ai movimenti di base, ai lavoratori.
Ha accettato, lo volesse o meno, di coprire il Movimento in una fettina di mercato.
È diventato ingranaggio, di una «politica fatta solo per i media», quella che ha sempre denunciato in Di Maio e le sue copertine su Vanity Fair.
In questo modo anche la sua disillusione – che ormai è totale, dicono lavori da giorni a un post finale, e mediti persino di disertare Rimini – non è mai diventata sfida vera per cambiare il corso delle cose, semmai un’illusione ottica, che copriva l’impossibilità  di mutare i meccanismi-Casaleggio.
Il che smorza certe aspettative o i ritratti che lo accreditano «capo» di quelli che potrebbero davvero contendere il Movimento a Di Maio.
È vero, guidò la rivolta dei parlamentari – arrivarono a essere una settantina, contro Di Maio. Molti, il caso più emblematico è Laura Castelli, sono poi passati con Di Maio. Fico no, Fico è stato coerente; ma inerte.
Fino a ieri mattina ha chiesto che cambiasse la regola (raggelante, per chi credeva nel Movimento in buonafede) che fa coincidere il candidato premier e il «capo politico». Cosa che Grillo non gli ha concesso (anche perchè Grillo vuole togliersi dalle grane processuali ed economiche che la figura di «capo» e «garante» gli crea).
A quel punto la scelta di Fico era: mi candido, ma così legittimo qualcosa in cui non mi riconosco più, oppure non mi candido e taccio, perchè «questo non è più il mio Movimento», ma in questo modo comunico il senso di una resa forse definitiva? L’alternativa di un perdente.
Ha scelto la seconda, alla fine; ma senza alcuna grandezza tragica.
Probabilmente farà  la sua guerriglia, ma nulla potendo, in realtà . Una guerriglia su tutto e su niente: se Di Maio ha condiviso in pieno (anzi, anticipato) la linea-Minniti sui migranti, Fico ha «condiviso in pieno le parole di Gino Strada» contro Minniti.
Se alla Casaleggio la Lega non è mai parsa ostile, anzi, a Fico sì, «noi non siamo questa roba».
Tutto giusto, tutto sensato, ma mai la forza di trasformarlo in lotta politica. Non per carrierismo, Fico non è un arrivista, sebbene anche lui prima della politica fosse a reddito zero, e dire addio dev’essere umanamente difficile.
Forse più per carattere, umani limiti che infine qui crudelmente s’appalesano.
Sulle regole ad hoc ha fatto parlare Luigi Gallo, un milite ignoto (che guarda caso l’altro giorno era con lui, a Villaricca, Napoli, proprio a fare una di quelle battaglie che sanno di un Movimento che non c’è più).
Su altre cose, in queste ore, ragiona cupo: «È stato più difficile di quanto pensassimo sottrarsi ai palazzi e alle consuetudini dei loro dintorni».
Oppure: «Tolte le carriere e tolti i soldi — quelli veri — dalla politica, le debolezze umane sono le nostre possibili trappole, e ognuno di noi è chiamato a farci i conti personalmente».
Già , ognuno con le sue.

(da “La Stampa”)

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PARLAMENTARI M5S CONTRO CASALEGGIO: “E’ L’ARTEFICE DI QUESTO PASTICCIO”

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

DI MAIO CANDIDATO UNICO: NEL MIRINO LE REGOLE CAMBIATE NEGLI ULTIMI GIORNI… LA BASE E’ SCONCERTATA

Non doveva finire così. Lo sconforto che si respira nelle stanze del M5S alla Camera e al Senato consegna l’impressione che qualcosa sia davvero andato storto, che il meccanismo si sia inceppato malamente.
I dipendenti compulsano ossessivamente la rete e i social network per capire quale sia l’umore degli italiani di fronte a questo enorme pasticcio della votazione online. L’hashtag #gigginarie rimbalza impietoso da un profilo all’altro, il sarcasmo e gli sfottò annacquano ovunque qualsiasi parvenza di credibilità .
La base del M5S è incredula, una grossa fetta dei parlamentari si lamenta nelle chat e per la prima volta il bersaglio diventa Davide Casaleggio.
Qualcuno anche nello staff e nella fedele cerchia di Luigi Di Maio, leader già  consacrato, storce il naso.
È lui, il figlio del fondatore, l’erede della società  di consulenza che decide le strategie del M5S e gestirà  la votazione sulla piattaforma Rousseau, a essere considerato il principale responsabile di queste primarie sconnesse e surreali.
Anche perchè, appunto, sarebbe dovuta andare diversamente. Il 5 settembre era ancora in piedi l’ipotesi di votare secondo il metodo adottato nel 2013 per le candidature al Quirinale: primo turno aperto, secondo turno ristretto alla rosa dei più votati. Poi qualcosa è cambiato.
Il terrore di altri attacchi hacker ha condizionato la decisione di Casaleggio jr e lo ha convinto a puntare sul metodo delle autocandidature.
Di fatto una garanzia maggiore per Di Maio, perchè ha tagliato di netto le ambizioni di tutti i suoi più forti competitor. Il risultato però è sotto gli occhi di tutti. Di Maio veleggia verso la vittoria senza un vero e proprio sfidante, ma contro sette comparse convinte a partecipare per evitare la farsa della gara in solitudine del futuro candidato.
Tutti i protagonisti di questa storia un po’ sgangherata tacciono o quasi.
Alessandro Di Battista si sfila e lo fa con un annuncio che crea un altro scompiglio. «Tra poco si inizierà  a votare e invito alla massima partecipazione».
Tra poco? Si scopre così che non è escluso che il voto, previsto con tanto di proclamazione per sabato a Rimini, nel secondo giorno di festa del M5S, possa essere anticipato.
Aspettare ancora quattro giorni – è il timore di Casaleggio – significa dare il tempo agli hacker di fare quello che vogliono e alle voci più critiche, che si stanno alzando dalla pancia del M5S, di ingigantirsi.
Roberto Fico, il grande atteso, lo sfidante che alla fine non è stato tale, continua ad opporre un insistito silenzio a Casaleggio jr, a Grillo e allo staff, che fino all’ultimo hanno sperato nella sua candidatura per scongiurare questo epilogo.
Escluso dal palco di Rimini, Fico, secondo alcuni parlamentari a lui vicini, potrebbe anche non presentarsi alla kermesse.
Sarebbe un gesto clamoroso, forse il preludio di un addio o di una nuova battaglia da combattere con l’armatura del dissidente. Un suo post, comunque, è atteso a ore.
Mai come ora, però, il M5S si è chiuso a qualsiasi domanda di chiarimento, insensibile alle accuse di opacità .
Ma così funziona ormai nella creatura di Grillo all’alba di un nuovo inizio con Di Maio candidato e capo politico.
Una prospettiva che per i custodi dell’ortodossia o i semplici nostalgici delle origini è indigesta. L’unico a dirlo apertamente resta il deputato Luigi Gallo.
Chiede ai candidati di rifiutare il ruolo di capo politico: «Auspico che prima della votazione si separino» le cariche. «È la cosa più sana, che tranquillizzerebbe tutta la comunità  del M5S».
Chiede insomma che capo politico resti Grillo, come garanzia di unione.
Ma il comico, ormai leader riluttante, non vuole, e lo ha detto anche a Fico. Non vuole più caricarsi di responsabilità  politiche, delle beghe interne, nè vuole vagare per le aule di giustizia di ricorso in ricorso. «Se ne occuperà  Di Maio».
Ieri, intanto, è rimasto a Roma, all’Hotel Forum. Nessuno gli ha fatto visita fino a sera. Tutti i contatti sono stati telefonici. Grillo però non resiste al gesto teatrale e cala le lenzuola dalla finestra per simulare una fuga.
E così, forse inconsapevolmente, svela il desiderio di non rimanere più prigioniero del suo Movimento.

(da “La Stampa”)

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MAFIA CAPITALE, ALTRA TRANCHE: VERSO IL PROCESSO ANCHE IL DIRETTORE DE “IL TEMPO”

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

CHIOCCI ACCUSATO DI AVER AIUTATO CARMINATI A ELUDERE LE INDAGINI AVVISANDOLO DI INTERCETTAZIONI IN CORSO

La procura di Roma ha chiuso un’altra tranche dell’inchiesta «Mafia Capitale». Questa mattina il Ros dei carabinieri ha notificato 28 avvisi di conclusione delle indagini – atto che di norma precede la richiesta di rinvio a giudizio – tra gli altri, a Massimo Carminati, Luca Odevaine, Gennaro Mokbel, Franco Panzironi, Giovanni Fiscon e al direttore de «Il Tempo» Gian Marco Chiocci.
Luca Odevaine, è accusato dal procuratore aggiunto Paolo Ielo, e dai pm Luca Tescaroli, Giuseppe Cascini di traffico di influenze illecite.
Secondo gli atti, «in concorso con Silvio Pranio, prometteva indebitamente a Luca Odevaine – nella qualità  di pubblico ufficiale affinchè sfruttasse le relazioni che intratteneva con il prefetto Rosetta Scotto Lavina (direttore centrale dei servizi civili per l’immigrazione e l’asilo) – l’anticipazione del denaro necessario ad acquistare e modificare dei pullman da trasferire in Venezuela, quale prezzo della mediazione illecita verso il prefetto, finalizzata a ottenere l’attribuzione della qualifica di centro di accoglienza richiedenti protezione internazionale (Cara) a beneficio del proprio albergo Park Hotel Paradiso».
Il direttore de Il Tempo Gian Marco Chiocci è accusato di aver aiutato Carminati a eludere le indagini della procura di Roma, che dal 2012 indagava su quella che all’epoca dei fatti era ritenuta una cupola mafiosa.
Stando al capo d’imputazione Chiocci avrebbe aiutato «Massimo Carminati a eludere le investigazioni dell’autorità  giudiziaria che procedeva nei suoi confronti per i delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e di corruzione, comunicandogli per il tramite di Salvatore Buzzi, di aver appreso in ambienti giudiziari dell’indagine e di attività  di intercettazione e di riprese video in corso».

(da “La Stampa”)

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WIKILEAKS SVELA COME MOSCA CONTROLLA WEB E TELEFONI DEI CITTADINI: DECINE DI DOCUMENTI INCHIODANO PUTIN

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

E’ IL MODELLO DI DEMOCRAZIA CHE PIACE A SALVINI, QUELLO DELLA MANO LIBERA ALLA POLIZIA DI REGIME

E’ un primo squarcio in un mondo completamente opaco e difficile da penetrare. Quello delle aziende russe che forniscono tecnologia per consentire agli apparati del Cremlino di sorvegliare le comunicazioni telefoniche e via internet dei loro cittadini, accedendo ai dati delle chiamate dei cellulari e della navigazione in rete.
Ad aprire questo squarcio è WikiLeaks, che oggi pubblica in collaborazione esclusiva con Repubblica e con la testata francese Mediapart, trentaquattro documenti — tutti, ad eccezione di uno, in lingua russa – che permettono di ricostruire le soluzioni tecnologiche sviluppate da “Peter-Service”, azienda leader con quartier generale a San Pietroburgo.
E’ la prima volta, in dieci anni della sua esistenza, che l’organizzazione di Julian Assange rivela file provenienti dalla Russia, anche se nel 2010, quando ha pubblicato i 251.287 cablo della diplomazia Usa, WikiLeaks ha fatto emergere importanti informazioni sul regime di Putin, dipinto a tinte fosche dai cablogrammi come uno “stato mafia”.
Si tratta di file di natura estremamente tecnica e ora che questi file sono nel pubblico dominio sarà  possibile fare verifiche approfondite.
Dalla fatturazione alla sorveglianza.
Fondata nel 1992, inizialmente per fornire alle aziende di telecomunicazioni il software per la fatturazione, Peter-Service è diventata una grande azienda con oltre mille e duecento dipendenti, una presenza estesa che va da Mosca fino a Kiev, in Ucraina, e clienti come MegaFon, uno dei più grandi gestori russi di telefonia mobile.
Pare curioso che un’impresa creata per occuparsi di questioni di natura amministrativa come le fatturazioni sia poi finita nel grande gioco delle intercettazioni, ma in realtà  programmi di sorveglianza come la raccolta dei metadati telefonici (chi chiama chi, a che ora, per quanti minuti, da dove) si sono sviluppati proprio a partire dall’esigenza di fatturare le chiamate.
Presto, informazioni come i dati del traffico telefonico che, in passato potevano tutt’al più interessare i contabili, sono diventate il petrolio dell’era digitale e hanno portato ad accumulare immensi giacimenti che fanno gola a qualsiasi apparato statale: dalle forze dell’ordine ai servizi di intelligence.
I file pubblicati oggi da WikiLeaks coprono un arco temporale esteso: dal 2007 fino al giugno 2015 e descrivono le soluzioni software messe a punto da Peter-Service per consentire alle “agenzie dello stato” di accedere ai dati del traffico telefonico cellulare e a quelli della navigazione internet.
Nei documenti non si menzionano affatto i servizi segreti dell’Fsb, eredi del Kgb, si parla solo di agenzie di stato, una formula che certamente include le forze dell’ordine, che utilizzano i metadati per le intercettazioni legali, ma che non chiarisce quali altri apparati statali accedano a quei dati attraverso le soluzione dell’azienda di San Pietroburgo.
Il software dell’azienda russa ha diverse componenti, ma ce ne sono alcune fondamentali, come il sistema “Drs” (Data Retention System) per la conservazione dei dati del traffico telefonico.
Le leggi russe consentono di mantenerle immagazzinate per tre anni, un limite enorme, se si considera che dopo lo scandalo innescato dai file di Snowden, la Corte di Giustizia europea ha dichiarato non valida la Direttiva per la conservazione di questi dati (che prevedeva un limite massimo di due anni), allo stesso tempo il tetto di tre anni appare quasi mite se si considera che in Italia si sta pensando di estenderlo a sei anni.
Il sistema DRS della Peter-Service consente alle agenzie di stato russe di interrogare il database di tutti i dati immagazzinati alla ricerca di informazioni come le chiamate fatte da un certo cliente di una compagnia telefonica, i sistemi di pagamento usati, la cella a cui si è agganciato l’utente. I manuali pubblicati da WikiLeaks contengono le immagini delle interfacce che permettono di fare ricerche dentro questi enormi giacimenti di dati, in modo che l’accesso sia semplice e intuitivo.
Per registrare e monitorare i dati del traffico internet, invece, Peter-Service ha messo a punto uno strumento chiamato Tdm (Traffic Data Mart), che permette di interrogare il database in cui sono immagazzinati i dati del traffico internet degli utenti in modo da capire che siti visita, se frequenta forum, social media, se in particolare accede a pagine con contenuti terroristici o violenti, quanto tempo passa su un certo sito e da quale dispositivo elettronico vi accede.
Nel segno dello zar
Le leggi in materia di intercettazioni in Russia sono molto severe e le aziende sono tenute a rispettarle, ma come fa notare WikiLeaks, più che una vittima del regime di Putin, Peter-Service appare come un’azienda convinta del valore strategico di questo business.
In una presentazione aziendale disponibile pubblicamente sul sito della società  e che risale al 2013 – pochi mesi dopo che le rivelazioni di Snowden avevano fatto emergere programmi di sorveglianza di massa tipo Prism – Peter-Service traccia una visione per il futuro della Russia in materia di controllo dei dati.
Citando figure apprezzate da Vladimir Putin, come lo zar Alessandro III – secondo cui la Russia è sola e non ha amici, a parte due soli alleati: il suo esercito e la sua flotta – Peter-Service argomenta che Mosca deve mettersi in condizioni di sfruttare meglio la potenza dei dati e di far affidamento solo su se stessa. “Chi controlla le informazioni, controlla il mondo”, conclude Peter-Service, sottolineando quanto il potere dell’America del presidente Obama sia fondato sulla sorveglianza di massa della NSA, rivelata da Snowden.
Dando la priorità  alla produzione di tecnologie dall’impatto politico”, spiega Peter-Service, “Obama manipola le coscienze in nome del soft power. Ha visto in programmi come Prism una sorta di sfera di cristallo, attraverso cui è possibile capire tutti i segreti del mondo”.

(da “La Repubblica”)

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CATANIA, ALTRA RISORSA ARIANA VIOLENTA UNA DOTTORESSA DELLA GUARDIA MEDICA

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

MA MINNITI NON DOVEVA GARANTIRE LA SICUREZZA? NEANCHE NEGLI OSPEDALI SI PUO’ PIU’ STARE TRANQUILLI?… ARRESTATO IL VIOLENTATORE: E’ UN GIOVANE NULLAFACENTE ITALIANO CON PRECEDENTI PENALI

Ha ventisei anni, è di Santa Venerina, nella vita è nullafacente, si chiama Alfio Cardillo ed ha piccoli precedenti penali, il giovane che ieri notte ha violentato una dottoressa di 51 anni in servizio alla guardia medica di Trecastagni nel Catanese. L’uomo è stato arrestato in flagranza di reato mentre, seminudo, ha tentato di sottrarsi alla cattura da parte di un equipaggio del nucleo radiomobile dei carabinieri della compagnia di Acireale, allertati da un anonimo telefonista che aveva udito delle strane grida all’interno della struttura saniataria.
La vittima   risiede in un paese della cintura dell’Etna.
Cardillo ieri sera ha iniziato intorno alle 23 a molestare la dottoressa della guardia medica: inizialmente solo con dei complimenti, poi invece è diventato sempre più pesante sino a quando non ha ha messo a soqquadro l’intera astanteria, rompendo suppellettili che si trovavano nello studio del medico.
Poi ha sequestrato e violentato la dottoressa che era in servizio. Un passante, sentendo urla di donna provenire dallo stabile della   guardia medica, ha avvisato i carabinieri che sono subiti intervenuti.
La dottoressa, che sarebbe riuscita a fuggire, è stata soccorsa da militari dell’Arma che hanno fatto irruzione nella guardia medica e arrestato il 26enne. Sull’accaduto ha aperto un’inchiesta la Procura di Catania.
Alfio Cardillo per impedire che la dottoressa potesse dare l’allarme, appena entrato nella guardia medica ha rotto il telefono fisso dell’ufficio e disattivato il pulsante che fa scattare l’emergenza alla sala operativa del 112.
Secondo una prima ricostruzione dei carabinieri, la dottoressa sarebbe rimasta sequestrata dall’uomo nella guardia medica per 2-3 ore e sarebbe stata violentata più volte.
L’allarme è scattato quando la donna è riuscita a liberarsi e urlare e un vicino di casa che ha sentito le sue grida ha fatto intervenire i carabinieri. “L’ho sentita gridare ‘aiuto, aiuto’ e ho immaginato che cosa stesse accadendo, per questo ho chiamato i carabinieri che sono arrivati in pochissimo — racconta la signora Michgela Lombardo che abita dinanzi la guardia medica — ho svegliato mio marito che si è affacciato dal balcone – ha aggiunto — abbiamo visto la dottoressa uscire urlando assieme a un uomo con i pantaloni ancora abbassati. Sono arrivati i carabinieri che hanno soccorso la donna chiamando un’ambulanza e arrestato l’uomo”.
Sul caso interviene il manager dell’Asp di Catania, Giuseppe Giammanco: “Atto ignobile, offensivo della dignità  della persona, perpetrato ai danni di un medico, una collega, nell’atto di compiere il proprio dovere di aiutare i cittadini. Abbiamo già  dato mandato al nostro legale per la costituzione di parte civile a tutela dell’Azienda e, soprattutto, dei lavoratori”.
Ma il sindacato dei medici Cimo solleva il tema sicurezza: “Avevamo paventato la possibilità  che prima o poi ci potesse scappare il morto. Non è ancora accaduto ma si è arrivati allo stupro. Avevamo scritto ai prefetti di tutte i capoluoghi di provincia e non uno si è degnato di risponderci. Alla politica regionale diciamo che non intendiamo più attendere, inermi e passivi, di vedere accadere ulteriori episodi di questo tipo e all’assessore regionale della Salute chiediamo di sospendere il servizio di guardia medica fino a quando non saranno garantite le più basilari condizioni di sicurezza. Se non siete in grado di garantire la nostra sicurezza, chiudete le guardie mediche”.

(da agenzie)

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IL TRIBUNALE CONFERMA: SOSPESE LE PRIMARIE IN SICILIA DEL M5S, IN BILICO LA CANDIDATURA DI CANCELLERI

Settembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

ORA E’ CORSA CONTRO IL TEMPO: ENTRO SABATO VANNO DEPOSITATI I SIMBOLI, ENTRO IL 6 OTTOBRE LE LISTE

Il tribunale di Palermo sospende l’esito delle Regionarie.
La sentenza, depositata poco fa, conferma la decisione in via cautelare che era stata adottata il 12 settembre, accogliendo il ricorso dell’attivista Mauro Giulivi, che era stato escluso dalla lista dei candidati per non aver sottoscritto in tempo utile il codice etico.
Il giudice, Claudia Spiga, blocca il provvedimento del movimento a carico di Giulivi e decide di sospendere l’esecuzione della determine del 4 luglio con cui sono stati individuati i 16 candidati più votati a Palermo, inseriti nella lista per l’Assemblea regionale.
Ma non solo: stop anche all’esito del secondo turno che ha incoronato Giancarlo Cancelleri come concorrente per la presidenza della Regione.
La candidatura di Cancelleri è in bilico.
Lo staff di M5S, in queste ore, sta decidendo a Milano il da farsi.
Due le possibili soluzioni. La prima è una ripetizione delle selezioni on-line, sia di primo che di secondo grado.
Ma dovrebbe rimettersi in moto, in tempi da record, la macchina organizzativa.
Il termine per la presentazione dei simboli è fissato per sabato, mentre le liste provinciali (e il listino del candidati presidente) vanno depositati entro il 6 ottobre.
Una seconda soluzione, suggerita da alcuni legali, è quella di una espulsione di Giulivi che comporterebbe una sopravvenuta “carenza di interesse” da parte del ricorrente e potrebbe sanare ex post la situazione: ma sarebbe una via d’uscita da approfondire giuridicamente e di certo comporterebbe un danno d’immagine per il movimento.
A stretto giro di posta arriva il commento di Giulivi: “Adesso – dice – spero solo che il movimento rispetti le sentenze della magistratura come ha sempre detto di voler fare”.

(da agenzie)

argomento: Giustizia | Commenta »

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