Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
LA STRATEGIA DI DI MAIO NON LO HA PORTATO A PALAZZO CHIGI, MA IN COMPENSO HA APERTO GLI OCCHI A MOLTI SUOI ELETTORI CHE ADESSO POTREBBERO CAMBIARE LE SCELTE
Il MoVimento 5 Stelle ha preso (insieme al Partito Democratico) una bella botta dalle elezioni in
Friuli Venezia Giulia, dove ha conseguito risultati inferiori a quelli delle elezioni politiche di due mesi prima ma anche peggiori rispetto al voto del 2013: la regione è in controtendenza (per ora) rispetto al resto d’Italia.
«La strategia dei due forni scelta da Luigi Di Maio non ha pagato e molti elettori del Movimento 5 Stelle hanno perso entusiasmo e sono rimasti a casa», dice Marco Valduzzi dell’Istituto Cattaneo al Corriere della Sera, che dedica alla vicenda un approfondimento.
Secondo Swg, in Friuli Venezia Giulia, il 59% degli elettori che due mesi fa aveva votato M5S domenica scorsa è rimasto a casa. Astensione. Una tendenza quasi doppia rispetto al Molise, dove gli elettori rimasti a casa erano stati il 37%.
«Le rilevazioni che stiamo facendo in questi giorni –racconta Risso al Corriere, per Swg – dicono che il Movimento 5 Stelle sta perdendo uno o due punti rispetto al picco toccato nei primi giorni dopo il 4 marzo. Siamo tornati di fatto sugli stessi livelli dei risultati delle Politiche».
Non solo: «In Friuli Venezia Giulia – dice Risso – il 42% degli elettori del Movimento 5 Stelle dice di aver fiducia in Matteo Salvini. La base voleva,anzi vuole ancora, un governo con la Lega».
Insomma, l’esecutivo con M5S, Lega e (forse) Fratelli d’Italia era quello a cui puntavano gli elettori grillini, in massima parte vicini alla sensibilità della destra economica nonostante un equivoco soprattutto giornalistico (a cui hanno abboccato molti politici) li dipingesse come di sinistra.
I tentativi di Di Maio con Salvini hanno certificato questa realtà e la sconfitta finale, seguita dalla trattativa con il Partito Democratico, ha deluso molti fans del M5S.
Che alle prossime elezioni potrebbero fare un’altra scelta.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
MATTARELLA PUNTA A UN ESECUTIVO ISTITUZIONALE CHE LAVORI ALLA LEGGE DI BILANCIO PER PORTARE ALLE URNE A GENNAIO O FEBBRAIO…MA M5S E LEGA DOVREBBERO FORNIRE UN APPOGGIO
Un governo istituzionale guidato da una figura apolitica che lavori alla legge di bilancio e affronti le scadenze europee, per poi tornare al voto il prima possibile con o senza una nuova legge elettorale.
Questa è l’ipotesi a cui il presidente della Repubblica sta lavorando e che sarà probabilmente oggetto delle prossime consultazioni con i partiti.
L’unica scelta rimasta dopo il fallimento delle ipotesi di alleanza del MoVimento 5 Stelle con la destra e con la sinistra del Parlamento, che verrà sancita dalla Direzione PD dove i renziani, in grande maggioranza, chiuderanno a ogni possibilità di accordo con i grillini.
Ma anche una strada non facilmente percorribile per il Capo dello Stato perchè un governo del genere dovrebbe avere il voto, o per lo meno l’astensione, della Lega e/o del MoVimento 5 Stelle per avere i numeri necessari alla Camera e al Senato.
Ma, appunto, il MoVimento 5 Stelle si è già schierato per il voto anticipato (a giugno, anche se non ci sono i tempi) e si prepara a una campagna elettorale dove il “ballottaggio” sarà tra Di Maio e Salvini.
Il Capitano ha invece chiuso in più occasioni al governissimo in tutte le salse e siccome ha lo stesso problema dei 5 Stelle — ovvero cominciare una lunga rincorsa per accaparrarsi i voti dei grillini in uscita dopo il tentativo di accordo con il PD — è difficile che la sua posizione cambi senza nulla in cambio.
Scrive oggi Umberto Rosso su Repubblica che Mattarella lo sa bene. Ecco perchè si prepara ad un terzo giro di consultazioni al Quirinale, da gestire quindi in prima persona, probabilmente da lunedì prossimo, dopo la riunione della direzione del PD che oggi certificherà il nulla di fatto anche sulla residuale ipotesi di una maggioranza fra i democratici e il M5S.
Sulla scrivania del presidente nello Studio alla Vetrata stavolta dunque ci sarà un’alternativa, secca, il governo di tregua o le elezioni.
Il presidente vuol verificare chi sta di qua, ovvero con gli interessi del Paese, oppure dalla parte del ritorno puro e semplice al voto in nome di un regolamento di conti fra i partiti.
E sull’onda di un’emergenza istituzionale che si profila, il presidente starebbe pensando anche ad un appello, un pressante richiamo ai partiti, nessuno escluso, che stanno trascinando il Paese in un tunnel che pure agli occhi del Colle appare ormai quasi senza via d’uscita.
Spiegare pubblicamente che i giochi sono finiti.
Sul Colle stanno valutando quando far scattare questo “rien ne va plus”. Forse, potrebbe essere contenuto nello stesso annuncio del capo dello Stato del nuovo giro di colloqui.
Per spiegare al Paese le ragioni dell’ennesima chiamata al Quirinale dei partiti, saremmo al quinto round fra incontri diretti del capo dello Stato ed esplorazioni dei presidenti delle Camere, e metterli “in mora” rispetto alle loro responsabilità .
Incapaci di trovare una maggioranza e un premier condiviso. Un nome “terzo”, nè Salvini nè Di Maio, verrà al quel punto avanzato da Mattarella. Fuori, quasi certamente, dalla ridda di ipotesi che girano (da Cassese a Pajno), puntando su uno dei presidenti delle Camere.
Se anche questo tentativo dovesse in qualche modo fallire, l’esecutivo rimarrebbe in carica per gestire gli affari correnti in attesa di elezioni in autunno, scavalcando così l’estate e le ragioni che sconsigliano un voto balneare.
Oppure, extrema ratio, potrebbe rimanere in carica il governo Gentiloni, a dimostrazione del fatto che in Italia non c’è nulla di più definitivo del provvisorio.
Intanto Marzio Breda, quirinalista del Corriere della Sera, immagina un mandato che si fondi sull’idea di una riedizione del patto del Nazareno allargato alla Lega (che però fino a ieri gridava «maiconil Pd»): “Mattarella potrebbe prenderlo in considerazione soltanto quando ne avesse verificato di persona la praticabilità . Per inciso: qualcuno sospetta che l’improvvisa disponibilità di Matteo Renzi per un esecutivo che modifichi la legge elettorale e faccia una riforma della Costituzione nasconda appunto un accordo già concertato con l’ex Cavaliere
Sia come sia, il punto è cosa succederà dopo.
Anche se ci sono già le prime proposte di modifica della legge elettorale, che però puntano a dare un premio di maggioranza ignorando i rilievi della Corte Costituzionale sull’Italicum e sul Porcellum (e quindi si rischia una bocciatura e un ritorno al Rosatellum) difficilmente saranno le elezioni a riportare la stabilità nel paese.
Quel che si rischia, al netto di modifiche fantasiose della legge elettorale, è un voto che a ottobre o a dicembre confermi più o meno i risultati del 4 marzo, con un aumento di deputati e senatori per la Lega e per il M5S senza però che questo concorra ad arrivare al magic number per uno dei due schieramenti.
A quel punto non ci saranno più scuse per chi ha voluto le urne: dovranno risolvere la situazione cedendo qualcosa: il M5S a Berlusconi o la Lega alla frantumazione della coalizione di centrodestra
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
POI CONSIGLIA RENZI: “PARLI DIRETTAMENTE, INVECE CHE PER INTERPOSTA PERSONA”…. “SALVINI NON TUTELA GLI ITALIANI, LI PRENDE IN GIRO”
Un’intesa coi 5 stelle? Sbagliata perchè le loro proposte sono fondate su una fuga dalla realtà e dalla
responsabilità .
Renzi da Fazio? Ha fatto bene, È meglio che parli direttamente, piuttosto che per interposta persona.
Parola del ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda, che al Corriere della Sera parla della situazione politica a 360 gradi.
Su un eventuale accordo con il Movimento 5 stelle, Calenda dice:
È sbagliata, perchè le loro proposte sono fondate su una fuga dalla realtà e dalla responsabilità . Il rischio è di finire come su Ilva dove Emiliano insegue i 5 Stelle per chiuderla senza dare valide alternative e lasciando il conto ai cittadini. Fare la ruota di scorta ad un governo Di Maio mi sembra fuori dalla realtà . Renzi ha avuto ragione.
Sull’uscita di Renzi in tv, commenta:
È meglio che Renzi parli direttamente, piuttosto che per interposta persona. Anzi, per il Pd credo proprio ci voglia una segreteria costituente della quale Renzi faccia parte insieme a Paolo Gentiloni, a Enrico Letta e agli altri ex segretari del Pd. Che ci si confronti in una sede ristretta e poi si esca con una posizione unica.
Calenda ne ha anche per Matteo Salvini:
Noi tutti governiamo per tutelare anzitutto gli italiani. Poi però devi saperlo fare. Sparare slogan, farsi i selfie davanti alle fabbriche e poi dimenticarsene non è tutelare gli italiani: è prenderli in giro.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
L’EX SEGRETARIO METTE MARTINA DAVANTI A UN BIVIO: RELAZIONE MORBIDA O CONTA IN ASSEMBLEA
Parliamoci chiaro, in premessa, per i non addetti allo psicodramma democratico: l’ipotesi, quella di un accordo politico con l’M5s, è caduta nel corso della diretta di Fabio Fazio domenica scorsa, col grande ritorno di Matteo Renzi.
Quel che è accaduto oggi ne rappresenta, semplicemente, il secondo prevedibile atto: la battaglia per il controllo del Pd, o di ciò che resta del Pd, e su quali basi.
È questo il senso della “conta per evitare la conta”, ovvero del documento preparato dal mite Lorenzo Guerini e sottoscritto dal grosso dei parlamentari e senatori di stretto rito renziano, ma anche di meno ortodossi come Andrea De Maria e Carla Cantone: 80 deputati e 39 senatori, ovvero la maggioranza della direzione.
Il documento, a leggerlo con attenzione, non è incendiario, anzi è una quasi banale presa d’atto di ciò che la cronaca politica ha certificato: “no a un governo a guida Di Maio o Salvini” e disponibilità “insieme a tutte le altre forze politiche, per riscrivere insieme le regole del nostro sistema politico-istituzionale”.
Praticamente ciò che disse Dario Franceschini, dopo il voto, quando propose una legislatura costituente.
E allora, sempre per parlarci chiaro, quale è il fattore scatenante di tanta tensione, e di una attesa della direzione come se fosse l’Armageddon? È il fattore Renzi.
O meglio, la dinamica di un partito che ha tentato il renzicidio passando per l’accordo di governo con i Cinque Stelle più che per la democrazia di partito, tranne poi prendere atto che l’ex segretario nè è morto nè ha scelto la via dell’esilio.
Anzi, in tre giorni, ha picconato un accordo che passava sulla sua pelle e ha messo nero su bianco i numeri i numeri della sua maggioranza tra i gruppi parlamentari e in direzione, appunto di ciò che resta del Pd.
Può piacere o no, ma è la fotografia di una leadership e, al tempo stesso, l’assenza di una alternativa, perchè in fondo (e non da oggi) il Pd è diventato il Pdr, nel senso di partito di Renzi. Ma questo è un altro discorso.
Tornando alla direzione, alla “conta per evitare la conta”.
E alla prossima conta. Perchè già si intravede la prossima: se il reggente Maurizio Martina dovesse fare una relazione dura, invotabile per i renziani, per certificare la spaccatura, allora accadrà questo: il presidente del partito Matteo Orfini il minuto dopo convocherà l’assemblea del partito per il primo fine settimana utile, il 12 maggio, perchè viene meno quel presupposto di gestione condivisa (da parte del reggente) sulla base del quale si era deciso di rinviare l’appuntamento.
E a quel punto o si elegge il segretario o si indicono le primarie.
E l’assemblea, a sentire i renziani, non è un pranzo di gala: “Martina ha due strade, o sta morbido domani e lo votiamo tutti, altrimenti si va in assemblea e si sa come entra ma non si sa come esce”.
Ecco. E c’è un passaggio, nella e-news di Matteo Renzi a fine giornata, che sembra un dettaglio ma è sostanza politica, perchè fa capire quali siano le basi politiche del ritorno dell’ex segretario e della battaglia per la guida del Pd.
Questo: “Qualcuno dei nostri amici e compagni di partito — come Piero Fassino a Porta a Porta — ha chiesto al Pd di allearsi con il Movimento Cinque Stelle per un nuovo bipolarismo centrosinistra-centrodestra. A me sembra un errore. Chi ci ha votato, lo ha fatto sulla base di una proposta radicalmente alternativa al Movimento Cinque Stelle”.
Ed è il punto di fondo su cui, come si dice in questi casi, i renziani chiederanno “chiarezza” già in direzione e, semmai, in assemblea. E, quando sarà , al congresso.
È un punto politico e culturale. E tocca corde sensibili nel popolo democratico: diventare un partitino proporzionale dell’establishment che, con la benedizione di Mattarella, si rassegna all’idea che il Pd sia una costola della Casaleggio Associati o tenere viva l’idea della vocazione su cui è nato il Pd, provando ad essere un soggetto maggioritario nel sistema politico italiano?
Posta così, l’elettore medio del Pd, risponderebbe: la seconda che hai detto.
In verità , la sensazione è che questo ritorno di Renzi sia all’insegna di una nuova linea col Pd che, per la prima volta, si è sottratto alla dinamica politica del presidente della Repubblica ed è pronto anche all’ipotesi di un ritorno alle urne.
È la dinamica di un partito che si tira fuori dall’attuale quadro, ponendosi non sull’Aventino ma all’opposizione del nuovo sistema politico, provando a interpretare il ruolo di forze anti-establishment. Fuori.
Nell’illusione, calcolo o speranza di rimettersi, da lì, en marche.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
L’UFFICIO DI PRESIDENZA DELLA CAMERA DIMINUISCE LE PENALI PER CHI NON SI SERVIRA’ DEI DIPENDENTI STORICI DEI GRUPPI PARLAMENTARI… M5S E LEGA GETTANO LA MASCHERA: DEVONO SISTEMARE I LORO PORTABORSE
“Questi sono solo i primi passi di una nuova stagione politica: sta iniziando la Terza Repubblica”, si
felicita su Facebook Riccardo Fraccaro del M5S. Il quale l’ha denominata “operazione taglia-privilegi”, anche se la manovra varata dall’Ufficio di presidenza della Camera a guida Cinque Stelle – con l’apporto fondamentale della Lega – fa in realtà due cose: finisce per colpire l’anello debole della catena del mondo parlamentare (i cosiddetti “allegati A” e “allegati B”, nome burocratico affibbiato ai dipendenti dei gruppi parlamentari di lunga data) e in più abbassa la sanzione per chi non si servirà di questi lavoratori.
E chi beneficerà più di tutti della sforbiciata alla penale? Proprio il M5S.
Per la prima parte dell’operazione invece, quella più a impatto mediatico, cioè il ricalcolo dei vitalizi degli ex parlamentari con il metodo contributivo, è stata aperta una istruttoria: ma si sa, ci vorranno anni per arrivare al risparmio stimato di 18,7 milioni di euro ogni 12 mesi.
Sempre che prima non venga dichiarata incostituzionale, come è noto a tutti.
Per spiegare questa storia bisogna fare un bel passo indietro. Anno 1993, piena Tangentopoli.
I vari partiti presenti in Parlamento da anni si servivano di dipendenti (esperti di diritto pubblico e amministrativo, giornalisti, personale di segreteria) nei modi più disparati: pagandoli in nero, servendosi di società prestanome e cooperative.
Per provare a fare un po’ di ordine di fronte alla giungla, si decise di istituire un albo ad esaurimento con la delibera 79/93, che allora si compose di poco più di 150 persone.
Così si costrinsero i partiti, almeno formalmente, a separare il finanziamento istituzionale ai gruppi con quello diretto al partito in quanto tale.
Di legislatura in legislatura si è andati avanti così, un po’ all’italiana, senza sanare mai la posizione di queste persone, ad oggi 87 “allegati A” e 63 “allegati B”. Chi, in base alla propria rappresentanza parlamentare, decideva di non attingere a questo bacino, si vedeva addebitare una penale: 65mila euro per ogni “allegato A” non assunto, 30mila per gli “allegati B”.
I dipendenti dei gruppi sin da subito chiesero di aprire una selezione pubblica per stabilizzare il loro ruolo, senza successo.
Di sicuro l’operazione dell’Udp guidato da Fraccaro favorisce il M5S stesso: le multe scendono rispettivamente a 55mila e 20mila euro per “allegato” non optato. Per dire: il Movimento, primo gruppo parlamentare, dovrebbe prendersi 31 persone dal bacino “allegati A”; se non lo farà , pagherà 310mila euro di multe in meno rispetto a prima.
Risparmio che aumenta anche alla luce del drastico taglio degli “allegati B” passati da 108 a 63, sempre grazie alla modifica voluta dal M5S.
Sullo sfondo c’è il nuovo statuto dei Cinque Stelle che obbliga i gruppi parlamentari a destinare almeno il 50 per cento delle risorse per il gruppo alla Comunicazione. Affidata al portale Rousseau, gestito dalla Casaleggio associati.
Intanto l’associazioneche riunisce questi lavoratori ha inviato una lettera a Roberto Fico e agli altri membri dell’Ufficio di presidenza, chiedendo di aprire una trattativa formale.
Nella speranza di non essere, alla fine, le uniche vittime del taglio ai “costi della politica”.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 3rd, 2018 Riccardo Fucile
BLITZ DELLA FINANZA NELL’INCHIESTA PER CORRUZIONE CONTINUATA
Corruzione per la realizzazione di falsi atti in materia di lavoro in nero.
E’ questo l’ambito dell’inchiesta che stamattina ha prodotto un’operazione dei militari del nucleo economico e finanziario della Guardia di finanza di Catania.
Nel blitz sono state coinvolte nove persone, tra queste l’ex deputato regionale dei centristi Marco Forzese (candidato ma non eletto alle ultime Regionali), l’ex consigliere di Forza Italia Antonio Nicotra e poi Domenico Amich, direttore dell’Ufficio Territoriale del Lavoro di Catania, la responsabile dell’Ufficio Legale del medesimo Ispettorato, Franco Luca, direttore sanitario dell’Asp di Catania, due professionisti e due imprenditori
L’accusa a vario titolo è di corruzione continuata, soppressione di atti, falsità materiale e ideologica di atti pubblici in relazione a condotte illecite verificatesi all’interno dell’Ispettorato territoriale del lavoro di Catania tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018.
Sono i reati per i quali i finanzieri del comando provinciale di Catania hanno eseguito nove provvedimenti firmati dal Gip e richiesto dalla procura della Repubblica: quattro sono agli arresti ai domiciliari e cinque gli indagati sospesi perchè sottoposti ad “interdittiva”.
I miliari della Guardia di finanza stanno compiendo delle perquisizioni nella sede dell’ufficio provinciale del lavoro alla ricerche di atti da sequestrare.
(da agenzie)
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