Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL M5S DI AVELLINO PRENDE LE DISTANZE E NE CHIEDE L’ESPULSIONE
Ieri è andata in onda un’interessante puntata di Report dedicata alla Lega e alla sua espansione nel Sud, che raccontava ad esempio come nelle liste della Lega il candidato più votato ad Avellino sia stato Damiano Genovese, esponente del Movimento Nazionale per la Sovranità .
Suo padre Amedeo è da anni all’ergastolo perchè ritenuto il capo del clan Partenio.
Il servizio raggiunge il suo acme di efficacia quando Gianluca Cantalamessa, segretario regionale della Lega per Salvini Premier, dice che non sapeva del padre di Genovese ma sostiene anche che il candidato ha ripudiato e ha preso le distanze dal padre mafioso.
Una storia ampiamente smentita dallo stesso Genovese, che alla stessa domanda risponde che non ha ripudiato niente e nessuno perchè suo padre è innocente ed è finito nei guai a causa di un pentito.
Ma il punto del servizio che sta facendo discutere oggi è un altro, ovvero il finale: Genovese si è presentato all’incontro con Report accompagnato da Fabio D’Alessandro, consigliere comunale del MoVimento 5 Stelle ad Avellino dove il sindaco eletto dai grillini è nel frattempo caduto.
Nel video D’Alessandro dice, riferendosi a Genovese: “Mi raccomando, non me lo massacrate quando montate il servizio, sennò veniamo a Roma… Non vi scordate che è sempre il figlio del boss“.
La “battuta” non sembra essere stata particolarmente apprezzata dal MoVimento 5 Stelle di Avellino, che ha segnalato il caso ai probiviri grillini “che decideranno sulla sua espulsione. Di certo non lo vedrete mai più ricoprire alcun ruolo da candidato con il M5S”.
(da “NextQuotidiano”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
L’INDAGINE DOPO L’AGGRESSIONE COMPIUTA A SETTEMBRE NEI CONFRONTI DI MANIFESTANTI ANTI-SALVINI
Su disposizione della magistratura barese è stata sottoposta a sequestro preventivo la sede di
CasaPound a Bari.
L’indagine riguarda l’aggressione del 21 settembre scorso compiuta da militanti del movimento di estrema destra nei confronti di manifestanti che avevano appena partecipato ad un corteo antirazzista. Nell’aggressione rimasero ferite tre persone.
Nell’inchiesta sono indagate 35 persone: 28 militanti del movimento di estrema destra rispondono di ‘riorganizzazione del disciolto partito fascista’ e ‘manifestazione fascista’ e dieci di loro di aver materialmente compiuto l’aggressione; sette manifestanti antifascisti sono invece accusati di violenza e minaccia a pubblico ufficiale.
Nell’aggressione rimase ferito Antonio Perillo, assistente parlamentare dell’eurodeputata Eleonora Forenza (anche lei presente al momento dell’aggressione)
Le indagini della Digos della Questura di Bari sono state coordinate dal procuratore aggiunto Roberto Rossi. Il provvedimento di sequestro è stato disposto dal gip del Tribunale di Bari Marco Galesi.
In particolare, la Procura contesta di “aver partecipato a pubbliche riunioni, compiendo manifestazioni usuali del disciolto partito fascista e di aver attuato il metodo squadrista come strumento di partecipazione politica”.
Le indagini erano andate subito in direzione dell’attacco premeditato. E il lavoro dei poliziotti della Digos ha confermato quella sensazione: secondo quanto ricostruito dalla procura, i militanti di Casapound si erano dati appuntamento proprio per “affrontare” i ragazzi dei centri sociali.
A incastrarli le immagini delle telecamere di sorveglianza. E quanto ritrovato nelle perquisizioni: dai manubri da palestra al busto di Benito Mussolini, dalla bandiera della X Mas al Mein Kampf di Adolf Hitler
(da agenzie)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
PER FRONTEGGIARE L’ENNESIMA EMERGENZA LA SINDACA FA APPELLO ALLE REGIONI ITALIANE… SCOPPIA LA POLEMICA POLITICA: “GESTIONE DILETTANTESCA, I GRILLINI STANNO TRASFORMANDO ROMA NELLA TERRA DEI FUOCHI”
La situazione rifiuti, a Roma, assomiglia sempre più ad un’emergenza. E dopo l’incendio scoppiato stamane nel deposito di rifiuti Ama in via Salaria, Virgilia Raggi chiede aiuto al resto del paese: “Sto andando a verificare di persona la situazione. Voglio lanciare un appello a tutte le città del Lazio e alle altre Regioni per collaborare in questo momento, soprattutto alla vigilia di Natale, per supportare Ama nel risolvere temporaneamente e nel minor tempo possibile questa situazione”.
La sindaca della capitale chiede dunque di aiutare la municipalizzata romana attraverso la ricezione dei rifiuti che venivano trattati nel Tmb Salario, alla periferia nord-orientale di Roma.
Il cui incendio, sostiene il vicepremier Di Maio in un’intervista all’Adnkronos, “ci crea grossi problemi e mette a rischio lo smaltimento dei rifiuti”.
Tesi sposata anche dal presidente dell’Ipsra, Stefano Laporta: “Una volta che l’incendio sarà spento si potranno verificare meglio le cause, ma anche le conseguenze che ritengo avranno un impatto sul ciclo dei rifiuti nella città di Roma nei prossimi giorni. Ma, questo lo potremo accertare solo nelle prossime ore. L’incendio è grave – spiega Laporta, a margine di una conferenza, ricordando l’arrivo delle festività natalizie – ma quello che preoccupa sarà la gestione del ciclo dei rifiuti a Roma nei prossimi giorni”.
Una situazione in cui la capitale versa da tempo, e che la giunta pentastellata si era promessa di risolvere, per ora con scarsi risultati. facili, dunque, gli attacchi delle opposizioni: “Ancora una volta, l’ennesima, viene confermata la dilettantesca gestione dei rifiuti dell’amministrazione Raggi” – dice Mariastella Gelmini, capogruppo di Forza Italia alla Camera dei deputati.”Il Movimento 5 Stelle chiacchiera tanto, vuole la differenziata al 100%, l’economia circolare, dice ‘no’ ai termovalorizzatori, e poi la Capitale d’Italia brucia e i romani sono costretti a respirare diossina e veleni di ogni tipo. Aspettiamo che il governo nazionale informi il Parlamento su questo ennesimo inaccettabile episodio. Aspettiamo che il vicepremier Di Maio dia un segnale di condanna in merito al lavoro della giunta grillina di Roma: se tace è complice di questo disastro”.
A rincarare la dose, sempre su sponda azzurra, è Maurizio Gasparri: “I Vigili del Fuoco, come sempre, si sono contraddistinti per efficacia e tempestività . L’opposto di quanto questa amministrazione ha fatto dal giorno del suo insediamento. Ormai, non solo per il grave incendio di questa notte, la situazione è da allarme rosso. La Roma grillina è ormai nelle cronache solo per fatti di degrado, malessere e inquinamento. I cittadini lo hanno capito e sono scesi più volte in piazza. Bisogna porre fine a questa lenta agonia e restituire alla Città una amministrazione che – conclude il senatore Fi – sappia portarla fuori dal gorgo grillino in cui sta sprofondando”.
Duri attacchi arrivano anche dal Pd, per voce della senatrice Monica Cirinnà : “Ecco cosa succede quando l’immobilismo e l’inerzia delle istituzioni non affrontano con serietà i problemi. La sindaca Raggi, al di là delle chiacchiere nulla ha fatto per lo smaltimento dei rifiuti nella città , rimandando di continuo ogni decisione, senza una strategia che affrontasse la questione in una visione organica e strutturata. Assente anche il ministro Costa. E i cittadini romani pagano vedono ora la Capitale trasformata nella “terra dei fuochi” dall’incompetenza e l’indolenza degli esponenti M5S”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
A ROMA BRUCIA UN IMPIANTO DI RIFIUTI SULLA SALARIA, NUBE TOSSICA SULLA CITTA’… COMITATO DI CITTADINI: “DA 7 ANNI DENUNCIAMO IL PERICOLO, NON CI HANNO MAI DATO ASCOLTO”
Un vasto incendio è divampato nella notte in un capannone adibito a deposito rifiuti
nell’impianto Ama di via Salaria a Roma.
Sul posto 12 squadre dei vigili del fuoco, per un totale di circa 40 uomini, e i carabinieri.
Le fiamme sono divampate in un capannone di circa duemila metri quadrati. L’odore di bruciato sprigionato dal maxirogo è stato avvertito anche nel centro della Capitale. Sulla zona si è sollevata un densa nube di fumo e l’odore acre è stato avvertito in diverse zone della città .
Sulla vicenda interviene il Campidoglio attraverso una nota: “In seguito all’incendio nell’impianto Tmb Salario, per ragioni precauzionali, in attesa dei dati delle misurazioni dell’aria da parte di Asl e Arpa Lazio, le raccomandazioni sono di chiudere le finestre laddove si percepisce odore, ma soprattutto evitare attività all’aria aperta ed evitare di consumare prodotti colti nell’area circostante all’incendio”.
La Procura di Roma ha avviato una indagine. In base a quanto si apprende il pm Carlo Villani, già titolare di un fascicolo sulla struttura nel quale si ipotizzava il reato di inquinamento ambientale e attività di rifiuti non autorizzata, si è recato per un sopralluogo sul luogo dell’incendio.
Al momento, spiega chi indaga, è ancora prematuro stabilire la natura doloso o colposa del rogo. A piazzale Clodio si attendono anche le informative delle forze dell’ordine intervenute.
Una enorme nube nera si sta stagliando su Roma dopo l’incendio scoppiato nelle prime ore del mattino all’impianto di trattamento meccanico biologico del Nuovo Salario.
L’odore acre sta interessando in particolare le zone Trieste-Salario, Africano e Montesacro, con grande preoccupazione dei residenti, ma viene segnalato ovunque in città fino a Trastevere.
La nube è visibile da diverse parti della città e le foto stanno facendo il giro dei social, oltre che delle chat di WhatsApp, soprattutto quelle dei genitori dei bambini delle scuole che si trovano intorno.
Secondo il presidente del III Municipio Giovanni Caudo l’incendio è particolarmente grave, un fumo denso si propaga nell’aria, al momento la nube si dirige lontana dalle case ma l’odore acre di bruciato si sente nelle diverse aree del municipio.
Per precauzione l’asilo a ridosso dell’impianto è chiuso. I vigili del fuoco ci hanno avvisato che non ci sono allarmi da nube tossica.
L’assessora Montanari ha convocato una cabina di regia per l’emergenza a cui partecipano la Protezione Civile, il Dipartimento Tutela Ambientale di Roma Capitale e tutti gli attori interessati, per provvedere al monitoraggio della qualità dell’aria e prendere eventuali provvedimenti a tutela della salute delle persone. All’incontro è presente anche la Regione Lazio.
La priorità del Campidoglio ora è valutare tutte le opzioni sul campo per evitare che i rifiuti che fino a questa mattina venivano lavorati dal TMB Salario si riversino sulle strade fuori dai cassonetti.
Adriano Travaglia, presidente del comitato Villa Spada all’esterno del TMB Salario, ha un diavolo per capello: “Fin dal 2011 combattiamo questa battaglia nessuno ci ha mai creduto lo abbiamo detto a tutti i tavoli e ultimamente anche alla Camera e al Senato. L’assessore all’Ambiente del Comune, Montanari, uscendo da qui ha detto che adesso aprirà un tavolo di crisi, ma quando glielo abbiamo chiesto noi di mettersi attorno al tavolo non ci hanno voluto dare retta. Siamo preoccupatissimi per la salute di tutti i cittadini. Questo danno ambientale causato da loro, avrà conseguenze su di noi per anni”.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
SALVINI E DI MAIO DISPOSTI A TAGLIARE SOLO 3,5 MILIARDI PER NON PERDERE VOTI, TRIA INSISTE PER SCENDERE SOTTO IL 2%
No, caro governo italiano, non basta affatto. Il lavoro di smontaggio e riscrittura della manovra così non va. A due giorni dal faccia a faccia tra il premier Giuseppe Conte e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker, è Bruxelles a rompere quel clima di distensione nato al G-20 di Buenos Aires di fine novembre.
Due dichiarazioni fotocopia, da parte degli uomini che guidano la trattativa – il commissario agli Affari economici Pierre Moscovici e il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis – puntellano un cambio di passo netto, con i tratti decisi dell’interventismo nel cuore del problema, cioè i numeri che non tornano.
Un atteggiamento maturato – spiegano a Huffpost fonti vicine alla trattativa – dal fatto che nelle ultime ore i funzionari europei hanno guardato dietro i ponteggi del cantiere italiano.
E lì hanno trovato solo prove di maquillage.
Bruxelles ha lanciato un segnale chiaro, politico innanzitutto. “Siamo estremamente attenti e solidali nei confronti degli italiani quando sono in difficoltà , ma le regole vanno rispettate. Quello che ci attendiamo è che, se ci sono nuove proposte, tengano conto di queste cose”, ha detto Moscovici.
Dombrovskis ha tirato le conclusioni del ragionamento: “In assenza di una correzione sostanziale siamo pronti a fare i passi ulteriori” della procedura.
Il tono e il senso delle parole utilizzate rendono evidente come la Commissione europea abbia lanciato una sorta di ultimo avvertimento al governo gialloverde.
A Roma la situazione è precipitata nel caos.
La nuova legge di bilancio è avvolta da polvere densa perchè i passi dei capocantieri, da Conte a Di Maio, Salvini e Giovanni Tria, sono frenetici e in direzione spesso contraria sui due punti chiave, cioè il tetto del deficit e lo sgonfiamento di quota 100 e del reddito di cittadinanza.
Anche la riunione, senza i due vicepremier, convocata in serata a palazzo Chigi per mettere a punto le misure collaterali ma non per questo meno spinose – a iniziare dall’ecotassa e dalle pensioni d’oro – alla fine non si è tenuta.
Problemi di orari riferiscono fonti di palazzo Chigi per motivare il rinvio. Ma è un evidente segnale che la situazione è in alto mare.
C’è lo scollamento interno, innanzitutto, perchè i due vicepremier hanno portato a termine la cessione di parte della loro sovranità a Conte, lasciandolo con il cerino in mano: prima nella dimensione dell’atto politico, con tanto di comunicato stampa, ora anche nei numeri.
Hanno cioè ribadito al presidente del Consiglio che al massimo si possono recuperare 3,5 miliardi dallo sgonfiamento delle due misure cardine della manovra.
Briciole perchè in questo modo il deficit scenderebbe appena dal 2,4% al 2,2%, troppo poco per convincere Bruxelles che si è cambiata rotta sulla natura della spesa.
E così il premier si ritrova in mano una carta che non può esibire sul tavolo con Juncker perchè è una carta incandescente agli occhi del suo interlocutore.
E non è neanche stabile perchè Tria, dal canto suo, vorrebbe che pesasse molto di meno del 2,2% e anche di quel 2% che Conte ritiene invece una soglia valida.
Per il ministro dell’Economia bisogna andare necessariamente sotto il 2%, anche l’1,9% basterebbe pur di dare sostanza agli auspici-moniti di Dombrovskis che chiede una “correzione sostanziale”.
E poi c’è la quadra che non torna sui numeri e soprattutto su chi, tra Salvini e Di Maio, deve rinunciare a qualcosa per mettere in cascina quantomeno un risparmio di 3,5 miliardi.
La Lega è disposta a restringere quota 100 di 1,7 miliardi, portando la spesa per il 2019 da 6,7 a 5 miliardi.
I 5 Stelle, dal canto loro, sono ancora alle prese con un restringimento difficile perchè togliere 1,5 miliardi dai 9 previsti implica necessariamente uscire dallo schema dei 780 euro e della platea di 5 milioni di beneficiari.
Uno sconfinamento rischioso che si colloca in un altro momento di tensione tra i due partiti di governo, quello su chi deve diventare il punto di riferimento delle imprese.
Nel risiko della manovra l’unica frontiera che tiene uniti Salvini e Di Maio è il no a una riscrittura della manovra imposta da Bruxelles.
Non a caso il Carroccio ha rivendicato e ribadito che quota 100 si farà per tre anni: ci sarà sì un risparmio nel 2019, ma non si rinuncerà alla misura nel 2020 e nel 2021, come invece auspicherebbe la Commissione europea, secondo quanto rivelato da Repubblica.
Un impegno che implica un aumento dei costi nei due anni successivi al prossimo, dando vita a un altro fronte con l’Europa, che vuole invece il controllo della spesa e dei conti.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
CON TUTTI I PROBLEMI DELLA SCUOLA, IL MINISTRO BUSSETTI PENSA A RACCOGLIERE VOTI TRA I GENITORI CON “MENO COMPITI PER LE VACANZE”, COSI’ STANNO TUTTI A CONTEMPLARE IL PRESEPE
Quanti compiti posso assegnare, caro Babbo Natale, ai miei studenti per le prossime vacanze
natalizie?
Se suggerirò un romanzo da leggere e una versione di latino a Peppino, mentre alla classe di Rosa darò da ripassare il teorema di Pitagora perchè con il touch screen che ha ricevuto per il compleanno ricorda difficilmente le regole della geometria, non riceverò io i regali sperati?
Simile al cavolfiore bollito, il mio cervello stanco cerca di individuare il problema dei compiti e quanto questi possano offuscare le luci dell’alberto addobbato in sala.
Avrei piuttosto avuto bisogno sul finire del 2018, caro Babbo Natale, di una diagnosi, di una diagnosi qualsiasi sul disagio e i problemi che l’istruzione oggi attraversa dalla scuola all’università , fosse pure servita a lenire il mio sconforto.
Questo è rappresentato dallo scarso investimento del governo nell’istruzione, in ogni ordine a grado, dalla scuola all’università ; il magmatico e sempre disatteso sistema di reclutamento dei docenti e la loro irrisoria paga, rispetto alle funzioni loro richieste. Preparati, colti, buoni ascoltatori, facilitatori, meglio se con nozioni di psicologia dello sviluppo e del diritto di famiglia, mantengo ancora l’apparenza di una normale vita quotidiana nella scuola.
I genitori che conosco non descrivono come doloroso il trascorre del tempo a studiare con i propri figli, ottimo esercizio empatico e cognitivo per stimolare rapporti e ravvivare ruoli e memorie a rischio.
Incontrando oggi il Garante per l’infanzia, il Ministro dell’Istruzione scopre e teme la fatica dell’apprendere. I compiti assegnati agli studenti per la pausa natalizia sono l’ultimo problema.
Le vacanze sono occasione per trascorrere del tempo con la famiglia – per chi una ne ha – e giorni di serenità – per chi può permetterseli.
Il Natale fatto di tradizione, con l’albero, il Bambino Gesù nel Presepe, lo stare in famiglia non sarà certo profanato dallo stolto pedagogo, incurante degli affetti domestici.
Lo studio e le sue regole sono questioni da approfondire con i pedagogisti, mentre la circolare ricevuta oggi dai docenti è una bonaria campagna di consensi.
Per uno studente iscritto alla scuola lo svolgimento di compiti e lo studio sono dimensioni che gli sono affidate per costruire saperi, sviluppare proprie competenze acquisendone di nuove.
Gli insegnanti che danno dei compiti, anche durante le Vacanze di Natale, sanno calibrare l’impegno richiesto.
Alla scuola non mancano questi bravi maestri. Alla scuola manca un ritmo e una continuità che le diano ordine. Per questo va fuori tempo. L’impressione che la vita acceleri ed essa le passi accanto, anche il Santo Natale.
Non è più possibile un’esperienza di durata, gli stessi docenti diventano transitori a causa dell’ingranaggio delle cattedre e delle ore di insegnamento.
La necessità di istruire è un invito a incarnare una coscienza critica, la cui perizia non consiste nel sapere manipolare l’immaginario del dovere ma rivelare la radicale falsità di queste strategie.
La Convenzione sui Diritti dell’Infanzia (1989) all’art. 3 recita: «Gli Stati parti si impegnano ad assicurare al fanciullo la protezione e le cure necessarie al suo benessere, in considerazione dei diritti e dei doveri dei suoi genitori, dei suoi tutori o di altre persone che hanno la sua responsabilità legale, e a tal fine essi adottano tutti i provvedimenti legislativi e amministrativi appropriati».
Sono questi provvedimenti appropriati il segnale che attendo da Babbo Natale.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
I RENZIANI SI RIUNIRANNO OGGI PER SCEGLIERE IL PROPRIO CANDIDATO
Matteo Renzi non si ricandiderà al vertice del Partito democratico.
È lo stesso ex premier a scriverlo in un post su Facebook: “Candidati al congresso, mi hanno scritto in tanti. Grazie del pensiero, ma non lo farò. Ho vinto due volte le primarie con il 70% e dal giorno dopo mi hanno fatto la guerra dall’interno. Mi sentirei come Charlie Brown con Lucy che gli rimette il pallone davanti per toglierlo all’ultimo istante. Non mi ricandido per la terza volta per rifare lo stesso. Chiunque vincerà il congresso avrà il mio rispetto e non il logorio interno che ho ricevuto io”. Non si ricandida ma ritira fuori la storia del lanciafiamme, cosa che fa capire quanto l’ex segretario sia ancora avvelenato.
“Il mio errore più grande è stato non ribaltare il partito. Non entrarci con il lanciafiamme come ci eravamo detti. In alcuni casi il PD ha funzionato, in altre zone è rimasto un partito di correnti. Ritengo che le correnti siano il male del partito”.
Ovviamente, l’ex premier non tira i remi in barca, ma preannuncia quello che farà nei prossimi mesi: “A fine gennaio uscirà un mio libro, per Marsilio, e girerò tutto il Paese, specie i piccoli borghi di provincia, per parlare e per ascoltare. Come ai vecchi tempi. Negli stessi giorni partirà un progetto di WebTV al quale sto lavorando da mesi per rilanciare i nostri contenuti e non lasciare la rete in mano alle Fake News. Continuerò a incoraggiare i comitati civici e a riunire il meraviglioso popolo della Leopolda, simbolo di chi ci crede e si impegna. Io continuo a combattere: non corro per il congresso ma non vado in pensione, resto in campo, sorridente e tenace”.
La chiusura della telenovela arriva al termine di una giornata in cui si inseguono tra i suoi le voci di una diretta Facebook fissata per le 18, preannunciata proprio per chiudere qualsiasi spiraglio alla sua (ri)discesa in campo, dopo il passo indietro di Marco Minniti.
Poi, poco prima dell’ora prefissata, sulla sua pagina appare solo il trailer del suo documentario su Firenze, che parte sabato prossimo. “Diretta annullata”, appare sui telefonini di chi chiede spiegazioni.
Ed è di nuovo caos, fino al post definitivo.
Sarà il summit dei renziani convocato per domani alle 13 nella Sala Berlinguer, al gruppo Pd di Montecitorio, a decidere cosa fare in vista del congresso.
Senza un’indicazione dall’alto e senza un’alternativa in grado di fornire garanzie sul futuro della linea politica e, perchè no, anche sui destini personali, il corpaccione residuo dei renziani si guarda attorno spaesato, più propenso a rimandare una decisione su chi sostenere al congresso o perfino a tenersi al di fuori della contesa. In attesa di un’opzione che, stando così le cose, più che essere scongiurata sembra rafforzarsi: la nascita di un nuovo partito.
Renzi non scrive nulla in proposito, rigettando la patata bollente nelle mani del prossimo segretario.
“Con che lista ci presenteremo alle Europee e alle Politiche? — sono le parole affidate ancora a Facebook — Qualcuno vorrebbe liste superando il simbolo del Pd, altri chiedono un fronte repubblicano, altri di aprire a Leu, qualcuno a Più Europa, alla società civile, al movimento dei sindaci, ai Gilet Gialli (che in Italia peraltro sono al Governo). A me sinceramente sembra giusto che questa decisione sia presa da chi rappresenterà la nuova leadership del Pd. Altrimenti che facciamo a fare le primarie?”.
Tra i renziani che non vogliono rimanere in tribuna a godersi lo spettacolo, sono almeno tre le posizioni che si contano nel chiacchiericcio parlamentare e che si confronteranno alla riunione di domani.
Una buona parte di renziani, se ancora si possono chiamare così, è pronta a convergere sulla candidatura di Martina, contando sui buoni auspici di Matteo Richetti e, soprattutto, di Graziano Delrio, il cui telefono in questi giorni è rimasto sempre parecchio caldo.
Appare però poco credibile l’ipotesi circolata in queste ore di affidare a Maria Elena Boschi la presidenza dell’assemblea nazionale, coerentemente con l’idea dichiarata da Martina ieri a In mezz’ora di individuare per quel ruolo una figura femminile. L’immagine dell’ex ministra e sottosegretaria appare ancora troppo ingombrante per un ruolo di garanzia come questo. E non è nemmeno detto che lei voglia spendersi in prima persona in questa fase.
C’è poi chi non vuole arrendersi all’idea di affidare ad altri la propria rappresentanza. I capifila di questa posizione sono Stefano Ceccanti e Andrea Romano, che spiega: “Un confronto politico autentico è indispensabile al Pd. Se un’area ampia decide di non impegnarsi attivamente nel congresso, perchè non vede rappresentate le proprie posizioni, la discussione rischia di essere monca. Per questo abbiamo bisogno di schierare un nostro candidato”.
Ma il tempo scorre: le candidature, con tanto di firme, devono essere sul tavolo della commissione nazionale per il congresso entro mercoledì a mezzogiorno.
Non potendo avere la pretesa di contendere a Zingaretti e Martina la segreteria, l’obiettivo minimo è quello di non apparire come la ridotta del renzismo, peraltro apocrifa.
L’identikit che circola è quindi quello di un candidato giovane, meglio se donna, che sia in grado di convogliare su di sè i voti degli iscritti di fede renziana e abbia anche l’appeal necessario ad attrarre il popolo delle primarie.
Infine, un po’ a sorpresa, c’è una terza frangia — molto minoritaria, va detto — che potrebbe perfino sostenere Zingaretti.
È l’ipotesi sulla quale, sin dall’inizio, spingeva Luca Lotti, ma che non ha mai convinto Renzi. Se Lotti non compirà in prima persona un passo che possa allontanarlo dal suo amico Matteo, non si può escludere che altri a lui vicini possano invece perseguire questa strada.
(da “Huffingtonpost”)
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Dicembre 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA SEDIA DEL GOVERNO RAZZISTA E’ RIMASTA VUOTA
La sedia italiana è rimasta vuota. Desolatamente vuota. 
Fuga da Marrakech e da un impegno condiviso da 164 Paesi. Tra questi, non c’è l’Italia.
C’era la cancelliera tedesca Angela Merkel, e altri capi di Stato e di Governo che hanno detto sì all’adozione del Global Compact per un patto mondiale per la gestione “sicura, ordinata e regolare” dei flussi migratori.
Di quel patto l’Italia non fa parte. “Noi non dobbiamo soccombere alla paura o alle false narrative”, ha commentato il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, denunciando le “numerose bugie” diffuse su questo accordo, che dovrà essere ora ratificato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 19 dicembre.
Il patto punta a realizzare 23 obiettivi, partendo dalla raccolta dei dati come base per le politiche da implementare.
L’azione mira a contrastare i fattori negativi e strutturali che impediscono alle persone di costruire e mantenere mezzi di sostentamento nei paesi di origine. Il patto, inoltre, intende ridurre i rischi e le vulnerabilità che gli individui affrontano nelle diverse fasi della migrazione.
Il Global compact è un “percorso per prevenire la sofferenza e il caos” a beneficio di tutti, ha rimarcato il numero uno del Palazzo di Vetro prima della votazione.
Guterres ha ricordato che oltre 60.000 migranti sono morti dal 2000 mentre cercavano di lasciare i loro Paesi, definendo questa catastrofe “una fonte di vergogna collettiva”. Il segretario generale dell’Onu ha quindi sottolineato che il Global compact non darà alle Nazioni Unite la possibilità di imporre politiche migratorie agli Stati membri e non è un trattato legalmente vincolante.
La maggior parte della migrazione non avviene dal sud al “nord globale” ma tra Stati nel sud, ha aggiunto spiegando che non è vero che gli stati industrializzati non hanno bisogno dei migranti.
Alla protezione e al rispetto dei diritti umani, quindi, deve essere abbinata l’assistenza rispettando, proteggendo e rispettando gli individui che abbandonano il proprio Paese e che hanno bisogno di assistenza nel loro percorso. L’intesa punta ad occuparsi anche delle legittime preoccupazioni degli Stati e delle comunità , riconoscendo che le società stanno subendo cambiamenti demografici, economici, sociali e ambientali connessi a fenomeni migratori.
Il Global Compact for Migration si sforza di creare condizioni favorevoli che consentano a tutti i migranti di arricchire le società attraverso le loro capacità umane, economiche e sociali. Oggi, evidenziano le stime dell’Onu, ci sono oltre 258 milioni di migranti in tutto il mondo che vivono fuori dal loro Paese di nascita.
La cifra è destinata ad aumentare per l’aumento della popolazione e della connettività , l’ulteriore sviluppo del commercio, l’allargamento delle disuguaglianze, gli squilibri demografici e i cambiamenti climatici.
Nel settembre 2016 l’Assemblea Generale ha deciso, attraverso l’adozione della Dichiarazione di New York per i rifugiati e i migranti, di sviluppare un patto globale per una migrazione sicura, ordinata e regolare.
L’iter per sviluppare il patto è cominciato ad aprile 2017. Il 13 luglio 2018 gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno finalizzato il testo del “Global Compact per la migrazione sicura, ordinata e regolare”.
Alla vigilia della conferenza di Marrakech la rappresentante speciale Onu per le migrazioni Louise Arbour ha risposto alle critiche, insistendo sul fatto che il documento non è legalmente vincolante.
§La tensione sul patto è salita anche in vari Paesi europei, minacciando la stabilità del governo del Belgio e spingendo alle dimissioni il ministro degli Esteri slovacco. Il Belgio è tra i sette Paesi che Arbour ha descritto come “impegnati in ulteriori decisioni interne” sull’accordo, con Italia, Bulgaria, Estonia, Israele, Slovenia e Svizzera.
L’Italia che, con la sua assenza, sposa di fatto le ragioni che hanno spinto alla “diserzione” gli Stati Uniti. Gli Usa sono tornati anche venerdì ad attaccare il Global Compact, definendolo un “tentativo delle Nazioni Unite di far avanzare una governance globale a spese della sovranità degli stati”. Dall’altra parte della barricata, sul fronte del “sì”, è in prima linea Angela Merkel.
La leader di Berlino ha definito il Global Compact una “pietra miliare” verso l’adozione di un approccio multilaterale al fenomeno migratorio. Per Merkel l’intesa rappresenta un grande passo nella lotta contro i trafficanti di esseri umani.
Le migrazioni, ha voluto sottolineare, sono un fenomeno normale e “quando sono legali sono anche una cosa positiva”, di cui Paesi quali la Germania possono trarre beneficio.
Per la cancelliera, la gestione di un fenomeno globale quale quello delle migrazioni non può essere affidata a Paesi singoli ma solo alla comunità internazionale nel suo insieme.
“L’adozione del Global Compact per una migrazione sicura, ordinata e regolare di oggi è un traguardo storico per i bambini migranti e per gli Stati”, gli fa eco Laurence Chandy, direttore Dati, Ricerche e Politiche dell’Unicef. L’accordo è stato contestato dagli Stati Uniti, che non lo firmeranno. Stessa posizione di Australia, Repubblica Dominicana, Austria, Lettonia e dei quattro di Visegrad, Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia.
L’assenza italiana è la conferma di quanto più volte rimarcato da HuffPost: l’esistenza di due inconciliabili linee di politica estera nel Governo gialloverde.
Ricostruire per credere: due mesi fa, durante i lavori dell’Assemblea generale dell’Onu a New York, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi aveva annunciato che “quello che faremo a Marrakech è di importanza fondamentale”, e che “l’Italia è soddisfatta dal processo negoziale in corso, la bozza finale rappresenta un compromesso molto buono”.
Anche l’ufficio stampa dell’Ouu, in un comunicato ripreso dall’Ansa , aveva scritto che il premier Conte durante un incontro col Guterres (27 settembre alle Nazioni Unite) aveva assicurato che l’Italia avrebbe sottoscritto il patto e aveva dato la sua parola sulla partecipazione dell’Italia alla Conferenza di Marrakech.
Circostanza ribadita ad HuffPost da autorevoli fonti al Palazzo di Vetro. Non basta. il 21 novembre, il titolare della Farnesina, era tornato a difendere il patto sostenendo che “non sarà un atto giuridicamente vincolante” e che “nel documento ci sono princìpi di responsabilità condivisa nella gestione degli oneri dell’immigrazione”.
Sulla stessa linea si era schierato anche il sottosegretario agli affari Esteri Manlio Di Stefano (Movimento 5 Stelle): “Siamo fiduciosi — aveva dichiarato – che il Global compact sarà uno strumento utile per massimizzare l’impatto delle risorse disponibili nella gestione dei flussi migratori”.
Sei giorni dopo, il ministro dell’Interno e vice premier stoppa tutti e dichiara di essere contrario al Global Compact, perchè metterebbe sullo stesso piano “i migranti cosiddetti economici e i rifugiati politici che il documento implica un rischio di “immigrazione incontrollata”, mentre altri esponenti della Lega hanno sostenuto le posizioni del ministro affermando che il documento implica un rischio di “immigrazione incontrollata. Impossibile per gli stati limitare i flussi migratori.
E nello stesso giorno del dietrofront sul Global Compact, il titolare del Viminale rincara la dose, annunciando che l’impegno dell’esecutivo è quello di ”raddoppiare i centri d’espulsione”.
“Stiamo riattivando questi centri in varie Regioni e identificando nuove strutture per raddoppiarne il numero – ha spiegato il vicepremier leghista intervenendo al ‘Morning Show’ di Radio Globo – In 6 mesi abbiamo riavviato una macchina completamente bloccata. Entro l’inizio dell’anno vedremo i primi risultati per raddoppiare i posti disponibili nei centri d’espulsione”
Quella sedia vuota a Marrakech non è un fatto incidentale, contingente, nè può essere giustificato con la volontà del Governo di investire del tema il Parlamento. Sotto accusa è il “sovranismo” made in Italy, un tratto distintivo, specie sul dossier migrazioni, del Governo gialloverde. Un Governo, quello guidato da Giuseppe Conte, insediatosi a giugno, che “si è subito distinto per una gestione repressiva del fenomeno migratorio”: l’attacco al governo è di Amnesty International, che nel suo ultimo rapporto – “La situazione dei diritti umani nel mondo. Il 2018 e le prospettive per il 2019”- non risparmia anche altre critiche al Governo italiano, in particolare su razzismo, vendita di armi e sgomberi forzati. Amnesty International Italia segnala inoltre il “massiccio ricorso” da parte di alcuni candidati e partiti politici a “stereotipi e linguaggio razzista e xenofobo per veicolare sentimenti populisti, identitari nel corso della campagna elettorale” di quest’anno.
Nel 2018 gli sgomberi forzati “sono continuati”, colpendo soprattutto famiglie rom e gruppi di rifugiati e migranti, “senza l’offerta di alternative abitative adeguate da parte delle autorità “.
La “linea dura” dettata dal nuovo esecutivo sugli sgomberi “rischia di fare aumentare nel 2019 il numero di persone e famiglie lasciate senza tetto e senza sistemazioni alternative”.
Nel corso del 2018 è proseguita la fornitura di armi a paesi in guerra come Arabia Saudita e Emirati Arabi Uniti, esportazioni che violano la legge e il Trattato internazionale sul commercio delle armi” ratificato nel 2014.
A settembre è partita la sperimentazione sulle pistole a impulsi elettrici (Taser) in dotazione alle forze di polizia, per le quali l’organizzazione ha espresso preoccupazione sui rischi per la salute”. Pubblicato in occasione del 70 anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani, il documento denuncia che “le autorità hanno ostacolato e continuano a ostacolare lo sbarco in Italia di centinaia di persone salvate in mare, infliggendo loro ulteriori sofferenze e minando il funzionamento complessivo del sistema di ricerca e salvataggio marittimo”.
Il 2018, in Europa e in Asia centrale, “è stato caratterizzato dall’aumento dell’intolleranza, dell’odio e della discriminazione, in un contesto di progressivo restringimento degli spazi di libertà per la società civile”, con “i richiedenti asilo, rifugiati e migranti respinti o abbandonati nello squallore mentre gli atti di solidarietà sono stati vieppiù criminalizzati”, sottolinea AI. “A guidare questa tendenza sono stati, in un modo o nell’altro, Ungheria, Polonia e Russia mentre nel più ampio contesto regionale in Stati come Bielorussia, Azerbaigian e Tagikistan vi sono stati nuovi giri di vite nei confronti della libertà d’espressione”, si legge nel documento. “In Turchia – prosegue Amnesty – ha proseguito a espandersi un clima di paura”.
Tuttavia, Amnesty sottolinea che in Europa “l’ottimismo è rimasto invariato e sono cresciuti attivismo e proteste: un coro di persone ordinarie dotate di una passione straordinaria chiede giustizia e uguaglianza”.
Il 2018 è stato, del resto, “un anno di fiere battaglie per i diritti delle donne contro le politiche oppressive e sessiste”, nel quale “attiviste di ogni parte del mondo sono state in prima linea nella battaglia per i diritti umani”, nonostante “l’azione di leader che si definiscono ‘duri’ che promuovono politiche misogine, xenofobe e omofobe ha messo in pericolo libertà e diritti conquistati tempo addietro”.” Nel 2018 abbiamo visto molti di questi autoproclamati leader mettere a rischio il principio di uguaglianza”, annota Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International.
“Loro pensano che le loro politiche li rendano ‘tosti’ ma si tratta di poco più che tattiche da bulli che cercano di demonizzare e perseguitare comunità già marginalizzate e vulnerabili”.
Le Centinaia di manifestazioni e fiaccolate svoltesi oggi in tutta Italia — promosse da un vastissimo arco di associazioni e Ong, tra le quali Oxfam Italia, ActionAid, Amnesty International Italia, Caritas ed Emergency – a sostegno dei diritti delle persone e di una politica inclusiva verso i più deboli tra i deboli, i rifugiati e i migranti, danno conto che anche nel Belpaese un “mondo solidale” esiste e continua a portare avanti una battaglia di civiltà . # Diritti A Testa Alta: molto più di un hashtag. Un impegno che continua a vivere oltre le fiaccolate che hanno illuminato oggi tante piazze italiane.
(da “Huffingtonpost”)
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