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REDDITO DI CITTADINANZA: IN MEDIA SARA’ DI 138 EURO A PERSONA

Gennaio 8th, 2019 Riccardo Fucile

LA MEDIA PER FAMIGLIA SARA’ DI 391 EURO… ALTRO CHE LE BALLE RACCONTATE DAL GOVERNO

Il sostegno medio del reddito di cittadinanza sarà  pari a 391 euro a famiglia e a 138 euro a persona.
E’ quanto evince l’ANSA da calcoli a spanne sulla platea di quasi 5 milioni di beneficiari singoli e di 1,7 milioni di nuclei familiari inserita nell’ultima bozza della relazione di accompagnamento al decreto atteso in settimana.
Anche nella nuova versione, lo stanziamento previsto per il prossimo anno per nove mesi di applicazione del reddito (da aprile a dicembre 2019) resta infatti pari a 6,1 miliardi.
Dividendo quindi l’ammontare del fondo per il numero stimato dei beneficiari e per gli interi potenziali nove mesi di percezione del sostegno si ottengono poco meno di 400 euro medi a famiglia e poco meno di 140 persona.
Il calcolo dell’ANSA si effettua dividendo lo stanziamento per il numero di destinatari e poi dividendo ulteriormente per nove, ovvero i mesi nei quali è stanziato il conquibus (il reddito di cittadinanza dovrebbe partire da aprile).
Intanto la Campania si conferma la prima regione per beneficiari del reddito di cittadinanza, visto che ci abita il 23% degli aventi diritto. Sono oltre 390mila le famiglie della Campania potenziali beneficiarie: stando alla prima bozza del decreto sulla manovra simbolo del Movimento 5 Stelle, il requisito di reddito per le famiglie che vorranno richiedere il RdC prevede un indicatore Isee inferiore a 9.360 euro annui.
Risiedono in Campania, la Regione che secondo le stime del governo avrà  il numero più alto di beneficiari del reddito, 391.300 nuclei familiari con un redditouguale o inferiore ai 9mila euro, 229.900 distribuiti tra Napoli e provincia, 20.900 ad Avellino, 13.200 a Benevento, 62mila a Caserta e 65.300 a Salerno.
Inoltre, secondo i dati disponibili sul sito del ministero del Lavoro, sono oltre 77mila le famiglie con un reddito nullo e ben 143.500 quelle con un Isee ordinario inferiore ai 1500 euro.
E’ a loro che andrà  la cifra più alta del reddito di cittadinanza. Il beneficio indicato prevede un’integrazione al reddito familiare fino alla soglia di 6mila euro da moltiplicare secondo una scala di equivalenza da calcolare in base al numero dei componenti della famiglia.

(da “NextQuotidiano”)

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COME LE IMPRESE SI FREGHERANNO IL REDDITO DI CITTADINANZA

Gennaio 8th, 2019 Riccardo Fucile

L’AGENZIA ANPAL: “SOLO IL 30% DEI FRUITORI DEL REDDITO DI CITTADINANZA POTRA’ ESSERE AVVIATO AL LAVORO”

Maurizio Del Conte, l’attuale presidente dell’Anpal, l’Agenzia che si occupa delle politiche attive del lavoro, in procinto di lasciare il suo incarico, spiega oggi in un’intervista rilasciata a Repubblica che intravede nel meccanismo di incentivi alle assunzioni legato al Reddito di cittadinanza un pericolo.
E punta il dito sul bonus che va alle imprese da 5 ad addirittura 18 mensilità :
«Ho l’impressione che le aziende continueranno a reclutare tramite i canali da sempre a loro familiari. E poi spingeranno il candidato a iscriversi ai centri per l’impiego così da assicurarsi le mensilità  rimanenti del sussidio».
In ogni caso si tratta di un’assunzione in più. «Che ci sarebbe stata comunque. Incentivi così ideati finiscono per creare “selezione avversa”. Favoriscono cioè i più facili da collocare, magari neodiplomati o neolaureati già  adocchiati dalle aziende e poi presi non appena ricevono il Reddito, così da intascare le 18 mensilità  piene».
Significa che negli altri casi il bonus non funziona
«Il premio è tanto meno appetibile quanto più le mensilità  residue ancora da percepire del Reddito si assottigliano. E questo accade soprattutto in un caso: i disoccupati di lunga durata».
È dunque sbagliato?
«Piuttosto è il risultato di uno strumento ibrido: contrasto alla povertà , ma anche politica attiva. Come Anpal, stimiamo che solo il 30% della platea interessata al Reddito di cittadinanza potrà  essere avviata al lavoro. Con risultati tutti da verificare, visto l’anello debole».
Quale sarebbe?
«I 550 centri per l’impiego esistenti. Il problema qui non sono solo i collocatori che mancano da sostituire con i navigator, qualunque cosa siano. Ma l’intera infrastruttura: computer, software, metri quadri, ma anche uscieri, esperti informatici e di normative. Oltre alla condivisione di dati che non esiste e non si potrà  avere per aprile. Nelle bozze di decreto che ho potuto vedere di tutto questo non si parla. Manca l’unico piano che conta. Ci sono solo 250 milioni per assunzioni che non si sa chi dovrà  fare».

(da “NextQuotidiano”)

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SI ANNUNCIA UNA PIOGGIA DI RICORSI SUL PALETTO DEI 10 ANNI DI RESIDENZA PER IL REDDITO DI CITTADINANZA

Gennaio 8th, 2019 Riccardo Fucile

E’ L’EFFETTO PARADOSSALE DI DISCRIMINARE TUTTI… PRECEDENTI SENTENZE HANNO GIA’ BOCCIATO IL REQUISITO DEL PERMESSO PROLUNGATO PER ACCEDERE AL WELFARE

Il decreto sul reddito di cittadinanza lavora di fino per aggirare un rischio cause sul fronte del comportamento discriminatorio, tema su cui da almeno un trentennio lo Stato è costretto a difendersi da “grandinate” di ricorsi.
Nella bozza in circolazione si punta a mantenere lo stesso trattamento per italiani e stranieri, con un effetto che ha del paradossale: più discriminazione per tutti.
“E’ una vera beffa che per non essere accusati di comportamento discriminatorio, si arrivi a discriminare tutti con il paletto dei 10 anni consecutivi di residenza per italiani e stranieri — dichiara Morena Piccinini presidente del patronato Inca Cgil — Questo significa, ad esempio, che i giovani che sono emigrati e che volessero tornare in Italia, dovranno aspettare 10 anni prima di poter godere di questo beneficio. Quanto agli stranieri, è chiaro che rispettare questo parametro per loro è più difficile”.
Piccinini non si sbilancia sul futuro, bisognerà  leggere il testo definitivo prima di decidere il da farsi.
Ma un fatto è certo: finora le richieste dei lavoratori su trattamenti paritari in fatto di welfare hanno sempre avuto ragione nelle sedi giudiziarie. Sia quelle italiane che quelle europee.
Per Bruxelles l’architrave è il Regolamento 2011/98/UE, che all’articolo 12 chiede agli stati membri di riservare ai cittadini stranieri lo stesso grado di protezione sociale dei cittadini nativi, come definito dal Regolamento 883/04.
Mentre in Italia, naturalmente, tutto ruota intorno ai principi scolpiti nel testo costituzionale.
“La Carta dice chiaramente che non si può creare una società  dell’apartheid — dichiara Luca Santini, avvocato del lavoro impegnato in Cgil — I diritti e le prestazioni vanno riconosciuti in modo equanime. La bozza di decreto che circola in questi giorni fa uno sforzo in questo senso. Secondo me, comunque, il vero dato su cui riflettere è l’armamentario di imposizioni e restrizioni, rischio di decadenze e sanzioni con un effetto fortemente coercitivo”.
Per gli stranieri torna il requisito del permesso di soggiorno di lungo periodo, che fu l’ultimo escamotage introdotto dai governi a partecipazione leghista dopo che i tentativi di inserire altri tipi di limitazioni venivano “impallinati” uno dietro l’altro dalle decisioni dei Tribunali.
Peccato che anche questo requisito sia stato in passato dichiarato illegittimo in una famosa sentenza della Consulta, la 306 del 2008.
In quella sede i giudici costituzionali ritennero “manifestamente irragionevole” subordinare l’erogazione di una prestazione assistenziale al possesso di un titolo che “richiede per il suo rilascio, tra l’altro, la titolarità  di un reddito”.
Per avere quel permesso, infatti, bisogna dimostrare la disponibilità  di un reddito di quasi 6.000 euro l’anno (per l’esattezza 5.889 euro), pari all’importo annuo dell’assegno sociale.
Si deve poi conoscere l’italiano e sottoporsi a dei test. Capita spesso che lavoratori regolarmente residenti, in possesso di tutti i requisiti, sbaglino i test e non ottengano il permesso “a tempo di lungo periodo (di fatto a tempo indeterminato). Dunque, se la bozza resterà  invariata, ci si ritroverà  nella “manifesta irragionevolezza” di poter concedere un reddito a chi già  guadagna almeno 6.000 euro l’anno, ma non a chi guadagna meno, pur essendo regolarmente residente in Italia.
La sentenza del 2008 smonta anche un altro “paletto” che sembra tornare nella bozza del decreto di oggi. Riguarda la reciprocità  tra Paesi come principio guida per erogare un servizio.
Nel testo, infatti, si consente l’accesso al reddito di cittadinanza a cittadini “provenienti da Paesi che hanno sottoscritto convenzioni bilaterali di sicurezza sociale”.
Ebbene, per i giudici costituzionali questo parametro non sembra accettabile “visto che il legislatore italiano ha fatto propria — si legge nella sentenza — la regola dell’universalità  dei diritti umani”.
Va detto, tuttavia, che ogni sentenza è un caso a sè, e che la prescrizione di un lungo periodo di residenza è ormai entrata stabilmente nella legislazione sociale sia degli enti locali che dello Stato. I 10 anni consecutivi sono previsti anche per ottenere la pensione sociale. Anche se in quel caso si parla di anziani ultra65enni, mentre con il reddito di cittadinanza si vincolano giovani e intere famiglie che, magari, si sono spostate proprio per cercare lavoro.
Finora, tutte le volte che sono stati inseriti vincoli rigidi, i giudici hanno dato ragione ai lavoratori.
E’ successo per tantissimi benefit, dal bonus bebè all’assegno per le famiglie numerose, fino agli assegni di maternità .
Uno degli ultimi casi ha riguardato il Comune di Adro, in provincia di Brescia. L’amministrazione leghista – quella che aveva addobbato la scuola pubblica con il simbolo del sole delle Alpi, quella che prima di altri aveva escluso dalla mensa scolastica i bimbi delle famiglie che non pagavano, che ha intitolato una scuola all’ideologo della Lega Gianfranco Miglio — ecco quella Adro istituì un contributo al canone di locazione per le famiglie povere solo italiane.
Ci sono voluti 9 anni di contenzioso legale arrivato fino alla Cassazione per giungere al parere definitivo. La sentenza 18 giugno 2018 n. 16048 boccia il sindaco della cittadina. Per la verità  la decisione di allargare il beneficio agli stranieri era arrivato prima. Ma il sindaco aveva pensato bene di far pagare agli italiani il beneficio da erogare agli stranieri, chiedendo indietro una parte della quota.
Su questo la Cassazione è stata chiarissima: non si possono aiutare dei poveri facendo pagare altri poveri.

(da “Huffingtonpost”)

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DICONO DI AVER ABOLITO LA POVERTA’ MA A ROMA MUORE UN ALTRO CLOCHARD COSTRETTO A DORMIRE SULLE SPONDE DEL TEVERE

Gennaio 8th, 2019 Riccardo Fucile

E’ LA QUARTA VITTIMA NEL GIRO DI POCHI GIORNI, IN FIAMME IL GIACIGLIO… COMUNE E STATO NON SONO IN GRADO DI RESTITUIRE UN MINIMO DI DIGNITA’ E ACCOGLIENZA A ESSERI UMANI

In fiamme all’alba un rifugio di fortuna lungo il Tevere all’altezza di ponte Sublicio, in zona Testaccio a Roma. Sul posto vigili del fuoco e polizia.
Spento l’incendio i pompieri è stato trovato il corpo carbonizzato di un uomo, un senza fissa dimora. Trovata una valigia, pentolame e altri effetti personali. Sul posto per i rilievi la polizia scientifica. Da accertare le cause del rogo.
All’alba Ieri in corso d’Italia, sempre in pieno centro un’auto pirata ha falciato e ucciso Nereo, un senzatetto che viveva in zona.
Sono ancora in corso le indagini per rintracciare l’automobilista che ha investito il 73enne senza fermarsi a prestare soccorso. La sua morte ha suscitato una forte ondata di commozione e una gara di solidarietà  per adottare Lilla, il suo inseparabile cane.
Il 4 gennaio un senzatetto è stato trovato morto, sempre sulle sponde del Tevere, anche in questo caso si ipotizza che sia stato stroncato dall’ondata di gelo che in quei giorni aveva colpito la capitale. §
Lo scorso due gennaio invece aveva perso la vita a causa del freddo   Beniamino, un polacco di 50 anni, il corpo era   su una panchina di piazza Lotto, a Tor Marancia. Mentre risale al 30 dicembre il decesso di Davide, “il clochard colto” trovato morto, molto probabilmente anche lui stroncato dal freddo, in via Peano, in zona Marconi.
E poi dicono che hanno abolito la poverta’…

(da agenzie)

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GERMANIA, LEADER DEL PARTITO NEONAZISTA MASSACRATO DI BOTTE

Gennaio 8th, 2019 Riccardo Fucile

FRANK MAGNITZ E’ UN PARLAMENTARE DI PUNTA DI AFD A BREMA… RITORNO AL PASSATO: CHI SEMINA ODIO GENERA ODIO E SI ARRIVA ALLA GUERRA CIVILE

Lunedì sera il parlamentare dell’Afd Frank Magnitz è stato violentemente picchiato da tre uomini mascherati nel centro di Brema, mentre tornava a casa.
Gli aggressori hanno continuato ad infierire con un bastone sul capo regionale della destra populista quando era già  a terra finchè non è intervenuto un operaio di un cantiere a salvarlo. Il sessantaseienne è stato ricoverato con ferite gravi.
La magistratura indaga e la polizia parla di motivazioni “politiche”. L’Afd ha pubblicato una foto di Magnitz in cui si vedono profonde ferite alla testa: secondo il partito, il parlamentare sarebbe vivo solo per l’intervento dell’operaio.
Magnitz è gestore immobiliare. Ex membro del partito comunista tedesco Dkp, successivamente elettore della Cdu, ha sostenuto in passato di essere diventato militante della destra neonazista.
Molti politici si dicono sconvolti del gravissimo episodio: il ministro degli Esteri socialdemocratico Heiko Maas e l’ex leader dei Verdi Cem Oezdemir sostengono che “non c’è giustificazione per la violenza”, per il segretario generale della Cdu Paul Zemiak “la violenza non può mai sostituire il dialogo”.

(da agenzie)

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LA SIBERIA DEL M5S: IL CONTO DEI CACCIATI DAI GRILLINI

Gennaio 8th, 2019 Riccardo Fucile

PER ALCUNI IL GIUDICE HA ORDINATO IL REINTEGRO… C’E’ CHI HA CHIESTO UN MILIONE DI EURO DI DANNI

In una bella infografica pubblicata a corredo di un articolo di Carmine Caruso, il Giornale riepiloga il computo totale dei cacciati, fuoriusciti, allontanati, sospesi ed espulsi dal MoVimento 5 Stelle a partire dal 2012, in quella che impropriamente definisce “La Siberia di Casaleggio” anche se nè Davide nè Gianroberto sono mai stati negli organi che decidono le sanzioni nei confronti degli iscritti (ma il ruolo di Casaleggio Senior nelle prime cacciate grilline, quelle con timbro dell’avvocato Montefusco, è indubbio).
Si parte da Valentino Tavolazzi, storico cacciato da Grillo e Casaleggio con un p.s. per aver partecipato a un convegno (!), si passa per Favia e Salsi e si approda alle prime mitiche epurazioni dei senatori nel 2013 e nel 2014, si aggiungono poi alcuni iscritti cacciati in altre occasioni.
Con qualche errorino: il professor Antonio Caracciolo, sospeso dalle comunarie M5S, è stato successivamente reintegrato con Roberto Motta e Paolo Palleschi (con trentamila euro di spese di lite a carico dei grillini) e successivamente, così come altri sanzionati e nominati nella tabella (Riccardo Nuti) ha fatto causa per il simbolo al “nuovo” M5S di Di Maio.
Nella lista mancano anche i 23 di Napoli Libera successivamente reintegrati dal giudice (in sei hanno chiesto risarcimenti per un milione di euro), così come mancano alcuni grillini cacciati dagli enti locali — come quello beccato a rubare in palestrONESTAH! — e la grande mattanza di fine 2014 che ha portato all’epurazione di un centinaio di militanti siciliani e romani (quelli del Gruppo 878).
Ma si capisce: con tutti questi cacciati è facile perdere il conto…

(da “NextQuotidiano”)

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LA CHIUSURA DELL’AGENZIA DI STAMPA ASKANEWS PER I DEBITI DI PALAZZO CHIGI

Gennaio 8th, 2019 Riccardo Fucile

CENTO DIPENDENTI A SPASSO PERCHE IL DIPARTIMENTO EDITORIA DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO NON PAGA IL DEBITO

Askanews nasce nel 2009 dalla fusione tra TmNews (rilevata al prezzo simbolico di un euro)e Asca, testata già  di proprietà  di Luigi Abete. L’agenzia di stampa è ormai prossima alla chiusura e, scrive il Giornale, nella decisione rilevano anche i cinque milioni di euro che non ha mai ricevuto da Palazzo Chigi:
Nella storia dell’agenzia di stampa Askanews, infatti, il paradosso è che ad essere insolvente per quasi cinque milioni di euro — non è solo genericamente lo Stato, ma più precisamente Palazzo Chigi.
E sedendo Di Maio sulla poltrona di vicepremier l’incredibile contraddizione tra il dire e il fare è ancora più eclatante.
Con un dettaglio mica di poco conto: a non voler onorare il debito — a fronte di un servizio già  erogato tra il 2017 e il 2018 — è il Dipartimento per l’editoria guidato dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Rocco Crimi, un altro esponente della prima ora del M5s.
Insomma, che nella vicenda i Cinque stelle abbiano un ruolo centrale è del tutto evidente, con buona pace della vicinanza espressa dal presidente della Camera Roberto Fico che si dice «preoccupato per Askanews» e per i suoi lavoratori che «hanno fatto in questi mesi sacrifici importanti che non si possono ignorare»
Ancora una volta come sul dl sicurezza o sul tema migranti — l’impressione è che si sia davanti alla solita «divergenza parallela» che permette al M5s di sostenere una tesi e il suo esatto contrario.
Al di là  delle promesse elettorali e della solidarietà  di circostanza, infatti, la sostanza è una: nonostante un credito con Palazzo Chigi di quasi cinque milioni, Askanews ha avviato le procedure per il concordato preventivo, con buona pace dei circa cento dipendenti (tra giornalisti e poligrafici).

(da “NextQuotidiano”)

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