Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
AVANTI PURCHE’ SI POSSA TORNARE INDIETRO, BASTA FARLO CREDERE AI GONZI
Una lettera di Giuseppe Conte riporta la distensione sulla Tav. Destinataria la Telt, che lunedì riunirà il Cda sui bandi.
Parola vista come la peste dai 5 stelle, che stanno combattendo con le unghie perchè vengano fermati. Mentre la Lega preme perchè arrivi un segnale di ripartenza dell’opera, che vuole realizzare a tutti i costi.
Il compromesso prevede che la Tav non si ferma.
C’è anche un espediente lessicale dietro la rinnovata intesa. Quella che Matteo Salvini chiama “pubblicazione dei bandi”, nella lettera di Giuseppe Conte prende la forma di “avviso di interesse a candidarsi”.
Bandi sì o bandi no, l’importante per il premier Giuseppe Conte era trovare una via per una tregua nel Governo, che non mettesse in difficoltà Luigi Di Maio, che sull’annullamento dei bandi si era speso senza se e senza ma.
Non è un caso se ieri i tecnici si affannavano a trovare una soluzione, chiamate su chiamate: “Se non li chiamiamo bandi, come possiamo chiamarli?”.
In una girandola di telefonate che ha coinvolto tutte le parti, il clima era questo. Ed è così che oggi fonti di Palazzo Chigi fanno trapelare che “i bandi non partiranno lunedì”.
La Telt, società metà italiana e metà francese che si occupa della realizzazione dell’opera, deve decidere in Cda sui 2,3 miliardi di lavori del tunnel di base della Tav. Sugli “avvisi di interesse a candidarsi” c’è una clausola di dissolvenza, che consente di tornare indietro, motivata dall’avvio della procedura di revisione del trattato italo-francese sull’opera.
Da M5s filtra che si tratta di un “avviso rivolto alle aziende a candidarsi per manifestare interesse” nei riguardi dell’opera.
In questo modo, secondo i grillini, “non vengono vincolati i soldi degli italiani”. Ma nei fatti l’opera non si blocca perchè l’iter prosegue come da programma precisando, ma già è la legge che lo dice, che si possa annullare entro sei mesi.
Salvini, un attimo dopo la notizia della lettera, è il primo a dichiarare. “Farò di tutto perchè la Tav si faccia. Ma una revisione è doverosa, con gli amici 5 stelle troveremo una soluzione”.
Perchè sull’opera non cede: “L’importante è che si dia un segnale di partenza”.
E tiene il coltello dalla parte del manico, perchè “se un accordo non si trova nel Governo si può trovare nel Parlamento o nel Paese” con un referendum, con un vantaggio per i Sì Tav.
Poi parla Luigi Di Maio è dice “questione risolta” e “andiamo avanti con altre opere”. Evidente che la tregua è solo temporanea, di Tav si sentirà ancora parlare domani e nelle settimane a venire.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
SEGNALI DI FUMO DI POSSIBILE RITORSIONE, MA CONTE, DI MAIO E TONINELLI FRENANO, TEMENDO DI FINIRE IN GALERA PURE LORO
Crisi di governo? Andiamoci piano. Perchè – come fonti divine ai pentastellati hanno fatto
trapelare – nel codazzo di Giggino Di Maio c’è qualcuno che pensa di mettere sul tavolo il salva-Salvini sulla Diciotti, visto che teoricamente al Senato un voto unito di M5s, Pd, Leu e altri potrebbe ottenere la maggioranza
E così c’è anche chi sta pensando in queste ore convulse a far arrivare al Carroccio un messaggio chiaro, dal momento che il processo al ministro della Nutella potrebbe finire con un risultato diverso dall’assoluzione, visto che in un dibattimento di discute di fatti veri e dimostrati, di documenti ufficiali e non è luogo di chiacchiere in libertà , selfie, menzogne e slogan.
Ovviamente questo desiderio che i grillini fanno trapelare avrebbe delle conseguenze: oltre ad una probabile crisi di governo anche alla mozione di sfiducia a Toninelli che vedrebbe tutto il centro-destra votare a favore.
Ma soprattutto sullo sfiondo c’è la ‘geniale’ (detto ironicamente) mossa di Conte, Di Maio e Toninelli che per salvare Salvini si sono auto-denunciati sulla Diciotti, assumendosi la responsabilità di ciò che aveva fatto il ministro.
L’auto-denuncia è stata inviata dalla Giunta per le Autorizzazioni a procedere alla procura di Catania e poi (indipendentemente dalla richiesta di archiviazione o meno) l’ultima parola spetterà allo stesso tribunale dei ministri che ha chiesto l’autorizzazione a procedere per Salvini.
Al di là degli aspetti tecnico-giuridici – ossia valutare come e quanto questa chiamata di correo sia riscontrata, ossia quando in concreto Conte, Toninelli e Di Maio siano responsabili del sequestro – è evidente che la la vicenda della Diciotti è stata letta come sequestro di persona prima, sarà letta come sequestro di persona anche adesso.
Il che significa che tra un po’ di tempo potrebbe arrivare una nuova richiesta di autorizzazione a procedere, ma questa volta per Conte, Di Maio e Toninelli. E allora scatterebbe la legge del taglione.
Hanno voglia i grillini di affrontare un processo dall’esito incerto? No ovviamente.
Perchè le chiacchiere sul popolo, la casta, la giustizia senza immunità , finiscono quando si tratta di badare ai propri interessi.
Quindi è una partita a scacchi. Che forse danneggerà la Lega. Forse M5s, forse entrambi.
(da “Globalist)
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Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
MAI FIDARSI DELLA PAROLA DI SALVINI, NEL CONTRATTO NON C’E’ SCRITTO CHE LA TAV SAREBBE STATA CANCELLATA
Per Luigi Di Maio Matteo Salvini è un traditore. Il capo politico del MoVimento 5 Stelle ritiene che il leader della Lega lo abbia fregato sul tema che lui stesso aveva definito irrinunciabile e nei retroscena di oggi ha molta voglia di mandare un segnale al Capitano:
Il vero obiettivo del presidente del Consiglio è quello di strappare una modifica dei bandi, rendere le scadenze e i termini meno stringenti, rafforzare la “clausola di dissolvenza” già prevista: consentirebbe almeno sulla carta al governo italiano di tirarsi indietro dall’assegnazione dei lavori entro sei mesi. E consegnerebbe ai 5 stelle un claudicante alibi da vendere ai propri elettori.
Tutto per aiutare Luigi Di Maio e lo stato maggiore del Movimento a uscire dal vicolo cieco in cui si è barricato, fino alla minaccia di una crisi di governo che, secondo il sottosegretario Stefano Buffagni, sarebbe «già aperta».
Tattica, scintille e guerra di posizione con l’oltranzista del sì Tav, Matteo Salvini.
Il capo del Movimento è infuriato, nessuna telefonata col collega vicepremier in queste ore campali.
«Prima di firmare il contratto — va ripetendo il ministro dello Sviluppo — Matteo mi aveva chiesto quale sarebbe stata la nostra battaglia irrinunciabile, gli avevo detto fin d’allora che era la Tav. Mi ha tradito».
Ma quello che dice Di Maio non è esatto perchè nel contratto Lega-M5S a proposito della TAV c’è scritto che i due alleati si impegnano a una ridiscussione integrale del progetto in accordo con la Francia.
Ridiscuterlo non vuol dire cancellarlo ma, appunto, rivedere i termini degli accordi per spuntarne di più vantaggiosi.
Quindi i casi sono due.
O Di Maio, come spesso gli cà pita, non ha capito quello che ha firmato.
O si è fidato della parola di Salvini (non scritta nel contratto) e allora è un fesso, non comprendendo il soggetto con cui ha a che fare.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
“SULLA DICIOTTI NESSUNO CONOSCEVA LE CARTE E SI VOTATO, SULLA TAV SI DISCUTE DA ANNI E NON SI CHIEDE L’OPINIONE DEI MILITANTI”
Una strategia pilatesta come nel caso della Diciotti? Perchè no: intanti i trucchetti li conosciamo
tutti.
“A Di Maio non interessa l’opera ma mantenere in vita il governo. E otterrà questo risultato facendo parlamentarizzare la questione Tav, che invece è questione di carattere puramente esecutivo ed attiene al ruolo specifico del governo: è il governo, infatti, che deve ora prendere su di sè la responsabilità di questa fase”.
Parola di Gregorio De Falco, senatore ex M5s ora nel gruppo Misto.
De Falco sembra far riferimento al passaggio contenuto nella lettera inviata dal vicepremier 5 Stelle ai parlamentari del Movimento in cui si fa cenno alla necessità di un “passaggio parlamentare per il no definitivo all’opera”.
“Così – ragiona il capitano di fregata – Di Maio scaricherà tutta la responsabilità sui gruppi parlamentari 5 Stelle i quali in Parlamento sulla Tav sono notoriamente in minoranza”.
Il senatore fa un confronto con quanto accaduto per il caso Salvini-Diciotti, sul quale il M5S ha, invece, interpellato la propria base per dirimere la questione: “In quel caso, sebbene si trattasse di rendere un giudizio su una vicenda complessa di cui all’esterno della Giunta per le immunità non si conoscono nè i fatti nè i documenti, si è chiesto agli iscritti rete di esprimersi, tramite un quesito suggestivo proposto tramite la piattaforma Rousseau. Il 40% di voti a favore del processo al ministro è stato un risultato addirittura inatteso”.
“Invece, nel caso del Tav Torino-Lione, opera di cui l’opinione pubblica discute da anni, non si chiede nulla alla rete, preferendo rivolgersi ai gruppi parlamentari del M5s, la cui posizione No Tav è notoriamente minoritaria in Parlamento. In tal modo Di Maio ottiene di non mettere in crisi il governo, sebbene accetti di mettere in minoranza i gruppi parlamentari”, conclude De Falco.
(da Globalist)
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Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
SE PARTONO I BANDI TUTTI I CONSIGLIERI GRILLINI SI AUTOSOSPENDERANNO
Potrebbe essere Chiara Appendino la prima vittima della TAV. La sindaca di Torino potrebbe trovarsi già lunedì con i consiglieri che reggono la sua maggioranza in Aula autosospesi dal MoVimento 5 Stelle.
All’assemblea congiunta di giovedì, il vicepremier M5S ha sentito che l’unico modo per ricompattare un gruppo troppo provato dai cedimenti nei confronti della Lega sarebbe fermare quei bandi che mettono a rischio – prima di tutto – la giunta torinese della sindaca, sondata ieri mattina dal premier.
Giuseppe Conte voleva sapere come reagirebbero i consiglieri M5S davanti all’avvio della procedura. «Si autosospenderebbero tutti», è stata la risposta.
Per i consiglieri nei giorni scorsi circolava anche l’ipotesi delle dimissioni, che avrebbe portato la giunta a cadere direttamente.
A quanto pare l’ipotesi è rientrata per mere ragioni di calcolo politico: «Non esiste che i parlamentari 5 Stelle si tengano la poltrona e che ci dimettiamo noi», ha detto Andrea Russi alla Stampa.
E se lunedì partissero? «Preferisco che cada il governo. Se i nostri parlamentari non si dimetteranno da sè, immagino che i territori amministrati dai 5 Stelle voteranno una sorta di sfiducia al governo. Di sicuro i nostri rappresentanti non avrebbero più la mia di fiducia».
Lui però è uno dei pochi a sbilanciarsi: gli altri, tra cui la capogruppo Valentina Sganga, non rispondono alle domande sulle dimissioni ma fanno capire che senza i No TAV il M5S è finito
La maggioranza sembra compatta: chi ha una posizione attendista, come Antonio Fornari («A livello locale abbiamo fatto quel che dovevamo, poi vedremo»), è dello stesso avviso: «Sono stato eletto a Torino e rispetto il mandato degli elettori».
Quindi se i bandi partono la prima mossa sarà l’autosospensione, per dare un segnale al MoVimento, poi i consiglieri si metteranno alla finestra e in ascolto. In attesa di un segnale da Roma.
Pronti a scatenare l’inferno.
(da “NextQuotidiano“)
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Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
GALLO ESORTA IL CDM A FERMARE I BANDI, NUGNES: “CERCARE ALTRE INTESE”
La battaglia No Tav sta restituendo compattezza al Movimento 5 stelle. 
Le voci dissonanti rispetto alla linea indicata da Luigi Di Maio sono poche e gli ortodossi, guidati da Roberto Fico, sono sempre più convinti che non ci siano passi indietro possibili. Il presidente della Camera, a Napoli per un convegno, ha spiegato che il no alla Tav “non è un atto ideologico” ma “una battaglia identitaria del Movimento 5 Stelle”.
Il Movimento 5 stelle è No Tav o non è, in altre parole, secondo la terza carica dello Stato “nel 2005 la prima riunione non del Movimento perchè non esisteva, ma dei meet up che nascevano fu fatta a Torino perchè quel giorno c’era la grande manifestazione per dire no alla Tav – racconta Fico – eravamo un centinaio di persone, oggi alcuni non ci sono, c’era anche Beppe Grillo, finì la riunione e andammo tutti alla manifestazione No Tav”.
Le carte dicono, prosegue Fico, che non si deve andare avanti. “Abbiamo visto tutte le relazioni che sono negative senza contare che, non solo in Italia, ogni volta purtroppo che un’opera va avanti in un certo modo crescono anche le spese che in questo momento non sono a bilancio”.
Secondo Fico “la legislatura è saldamente in piedi, c’è la nostra Carta costituzionale, la nostra Repubblica e semmai avverrà qualcosa la parola passerà sempre al Presidente della Repubblica, non al presidente della Camera”.
Il deputato considerato più vicino a Roberto Fico, Luigi Gallo, esorta il Consiglio dei ministri a bloccare i bandi della Tav in un messaggio su Facebook, costringendo Salvini a scoprire le carte.
“Il Cdm può fermare i bandi del Tav con un decreto. Il Presidente del Consiglio ha certificato con chiarezza che l’analisi costi benefici sul Tav è fondata ed ha la responsabilità di convocare il Consiglio dei Ministri per non buttare i soldi degli italiani in un’opera che crea molti più danni che benefici. Gli azionisti di maggioranza di questo governo ci sono, se Salvini non vuole partecipare è chiaro che sarà lui ad aprire la crisi di governo disconoscendo il contratto che regge questa maggioranza, su cui il Parlamento ha votato la fiducia e che è stato sostenuto tanto dagli iscritti del M5S quanto dai militanti della Lega”.
Fuori dalla linea di Luigi Di Maio si conferma Paola Nugnes: intervistata da QN, dice che ora è il momento per il Movimento di cercare un’alleanza con il Pd, “in Parlamento avremmo quattro anni per sovvertire il calo dei consensi. Se, al contrario, cade il Governo e si va a elezioni – spiega la senatrice Nugnes – per il Movimento è la fine”.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
CONTE INVIA LA LETTERA A TELT CERCANDO UNA VIA DI FUGA PER RINVIARE TUTTO A DOPO LE EUROPEE
Una lettera è stata inviata da Palazzo Chigi alla Telt per autorizzare l’approvazione di avvisi per i 2,3 miliardi di lavori del tunnel di base della Tav con la clausola di dissolvenza che sarà motivata dall’avvio della procedura di revisione del trattato italo-francese. §
Come anticipato ieri dall’Huffpost, è questa la strada che Giuseppe Conte ha deciso di percorrere per trovare una mediazione all’interno del Governo, in stallo sulla Torino-Lione.
La Lega insiste perchè i bandi partano e si prosegua con la realizzazione dell’opera, il Movimento 5 stelle è fortemente contrario.
La terza via, quella dei bandi che possono essere cancellati, potrebbe mettere pace dentro l’esecutivo.
Un portavoce di Telt conferma di aver ricevuto il documento da Palazzo Chigi. Il Cda dell’azienda è chiamato a riunirsi lunedì mattina per dare il via libera ai bandi da 2,3 miliardi di euro per i lavori di scavo del tunnel di base.
(da agenzie)
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Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
58 ANNI, DI THIENE, LEONE DI SAN MARCO SUL PROFILO FB DOVE SE LA PRENDE CON GLI IMMIGRATI
Pietro Dal Santo, 58 anni, di Thiene, venetista convinto, socio di un birrificio della zona, è l’uomo
che ha investito ieri un bambino di 14 mesi mentre era in fuga da un posto di blocco con il suo camion a Marostica.
Secondo una prima ricostruzione il piccolo, trasferito in ospedale con l’elicottero, era nel passeggino: ha subito l’amputazione di una gamba.
Il gruppetto familiare si trovava nei pressi di una curva nella quale è sopraggiunto il camion, che viaggiava ad alta velocità . Il bambino è stato sbalzato dal passeggino a causa dell’urto ed è finito a terra in gravissime condizioni.
Pietro Dal Santo stava scappando da un posto di blocco che aveva forzato poco prima: fermato ma a quanto pare piuttosto ubriaco, ha finto di prendere la patente e il libretto e ha spinto sull’acceleratore scappando verso la curva dove poi ha incontrato la famiglia con il bambino.
Trecento metri dopo è finito contro la panchina dove si trovava la famiglia: padre, madre, un altro bambino di 4 anni e il bimbo oggi in ospedale.
Pietro Dal Santo ha provato a scappare ancora, stavolta a piedi, subito dopo lo schianto, ma è stato catturato dai carabinieri che non sono però riusciti a sottoporlo al test alcolemico per via del suo rifiuto, che comporterà un’ulteriore denuncia.
Non appena la notizia si è diffusa in molti si sono presentati nei commenti dei giornali online veneti per chiedere vendetta accusando “gli extracomunitari”:
Invece Pietro Dal Santo è molto conosciuto in quell’area della provincia di Vicenza. Racconta oggi Repubblica che gli ultimi post sul suo profilo Facebook sono gli auguri ricevuti il 17 febbraio scorso, dopo aver compiuto 58 anni
Per il resto è una cascata di interventi con il leone di San Marco sullo sfondo. Se la prende con clandestini e comunisti, non nasconde la sua fede venetista e soprattutto la sua passione per la birra. In più di un’occasione si fa immortalare alle sagre della zona a bere, promuovendo spesso il marchio di un birrificio locale.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 9th, 2019 Riccardo Fucile
COSTRINGEVA I LAVORATORI A RESTITUIRGLI DUE TERZI DEL SALARIO
Pagava pastori e operai 25 euro al giorno per lavorare nelle sue proprietà fino a 13 ore. Cioè, meno di due euro all’ora.
C’era chi accudiva il gregge di pecore d’inverno, senza un riparo, senza luce e senza acqua. Questo è quanto sostengono i carabinieri e la procura dopo un’indagine a Valledolmo.
Finisce agli arresti domiciliari Gianfranco Pulvino, notaio del paese. Ad arrestarlo sono stati i carabinieri della compagnia di Lercara Friddi.
L’ordinanza è del tribunale di Termini Imerese dopo un anno di indagini coordinate dalla procura. Il notaio, 53 anni, è molto conosciuto in zona ed è il professionista di riferimento tra Valledolmo e Lercara Friddi. Le accuse nei suoi confronti sono pesanti: sfruttamento del lavoro, caporalato ed estorsione in concorso con un proprio collaboratore, L.f., quest’ultimo indagato.
I carabinieri sul territorio si sono accorti di alcuni agricoltori, undici in tutto, che partivano la mattina alle 6,30 e si ritiravano alla sera. Il notaio è gestore di un’azienda agricola intestata alla madre e ha terreni tra Valledolmo, Caltavuturo, Sclafani Bagni e Vallelunga Pratameno.
I militari hanno notato che gli operai erano al servizio del notaio e hanno avviato le indagini. L’inchiesta è partita nel luglio 2018 dagli investigatori della compagnia dei carabinieri di Lercara Friddi, coordinati dal maggiore e comandante Vincenzo Sieli, ed è terminata nel gennaio 2019. Gi operai verranno sentiti presto.
E poi ci sono stati gli accertamenti sulla busta paga: l’importo indicato era quello previsto dal contratto nazionale del lavoro (65 euro). Ma, poi, il notaio e il suo fidato collaboratore avrebbero ottenuto i due terzi di quella paga indietro sotto le minacce di licenziamento.
Ad accompagnare i lavoratori in banca, per riconsegnare gli assegni, sarebbe stato il braccio destro di Pulvino. Spiegano dai carabinieri: “Giocava sul fatto che si confrontava con padri di almeno tre figli e in condizioni di analfabetismo”.
Ma il notaio avrebbe pensato anche agli imprevisti e aveva fornito un vademecum in cui indicava cosa dire in caso di controlli ispettivi da parte degli organi di vigilanza.
(da agenzie)
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