Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
OCCORRERA’ ANCORA USARE LA MASCHERINA E RISPETTARE IL DISTANZIAMENTO
No agli incontri in ambienti chiusi con persone non appartenenti allo stesso nucleo famigliare. Nessuna deroga al distanziamento sociale, da “rafforzare” in ragione della maggiore contagiosità della variante inglese di Sars-CoV-2.
E massimo rispetto dell’indicazione a lavarsi frequentemente le mani, in particolare prima di portarsele al volto.
Se si è tra i “fortunati” che si sono già sottoposti alla vaccinazione contro Covid-19, le misure anti-contagio da rispettare non cambiano di una virgola.
Le indicazioni fornite dai governi partono dalle evidenze portate alla luce dalla comunità scientifica. Sebbene siano in fase di consolidamento le prove che alcuni vaccini (quelli a mRna) proteggano all’80% dal contagio, la vaccinazione non deve essere vissuta come lo spartiacque oltre il quale è possibile abbassare la guardia nei confronti della pandemia. A maggior ragione se si è stati sottoposti soltanto alla prima iniezione
Nel Regno Unito e in Israele contagi in aumento dopo la prima vaccinazione
Il richiamo giunge dalle colonne del British Medical Journal. Punto di partenza è l’esperienza del Regno Unito, in cui oltre la metà degli adulti ha già ricevuto almeno una dose del vaccino contro Covid-19.
Ma anche dove l’Agenzia della Salute Pubblica ha evidenziato un “aumento notevole” delle infezioni negli over 70 che avevano ricevuto nei giorni precedenti la prima dose del vaccino AstraZeneca.
Un dato confermato anche in Israele, dove l’incidenza giornaliera è quasi raddoppiata nella prima settimana successiva alla vaccinazione. Evidenze che hanno indotto i sanitari dei due Paesi a sospettare che, una volta intrapreso il percorso di immunizzazione, i cittadini rischiano di abbassare la guardia nei confronti del virus.
“Le statistiche che giungono sia dal Regno Unito sia da Israele ci dicono che, dopo la prima iniezione, ci sono maggiori probabilità che le persone incontrino persone non appartenenti al proprio nucleo famigliare, spesso in cassa e riducendo il distanziamento sociale”, è il monito lanciato da James Rubin, docente di psicologia dei rischi per la salute all’University College di Londra, attraverso il British Medical Journal.
Per l’immunità possono servire fino a tre settimane
In calce all’articolo, oltre alla sua, la firma di altri tre sanitari (Julii Brainard, Paul Hunter e Susan Michie). Unanime la richiesta: aumentare i messaggi per evidenziare i rischi legati a questi comportamenti.
Anche se non è possibile conoscere con certezza le origini di questi aumenti dei contagi, è ragionevole pensare che alla base ci sia un allentamento delle misure di prevenzione del contagio.
Un qualcosa che non è al momento possibile permettersi, considerando che “lo sviluppo dell’immunità completa può richiedere fino a tre settimane”, ricorda Rubin.
Senza trascurare che, come tutti i farmaci, anche i vaccini contro Covid-19 potrebbero in alcuni casi non rivelarsi efficaci. Secondo gli esperti, un luogo e un momento opportuni per rimarcare l’importanza di rispettare la triade dei comportamenti anti-contagio sono rappresentati proprio dai centri in cui le persone si recano per vaccinarsi.
Sars-CoV-2: è possibile infettarsi anche dopo la vaccinazione
I vaccini anti-Sars-CoV-2 attualmente disponibili conferiscono una protezione che va dal 60 per cento di AstraZeneca (dopo la prima dose) a oltre il 90 per cento nel caso dei farmaci sviluppati da Pfizer-Biontech e da Moderna.
Questo vuol dire che, anche dopo la doppia vaccinazione, c’è una quota di persone che può ammalarsi, una volta entrata in contatto con il virus.
Trattandosi di un virus che si trasmette per via respiratoria, altamente contagioso, è necessario continuare a indossare le mascherine, rispettare il distanziamento sociale e lavare frequentemente le mani.
Sebbene tutti i vaccini praticamente azzerino la possibilità di sviluppare una forma grave di Covid-19, adottare queste precauzioni è fondamentale per ridurre la circolazione del virus nella comunità e proteggere coloro che vaccinati non lo sono ancora. A partire – naturalmente – dalle persone più fragili.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
ALTRO INCREDIBILE FLOP DELLA REGIONE LEGHISTA: DA DUE GIORNI C’E’ IL PERSONALE PER FARE 800 VACCINAZIONI MA SONO SOLO UN CENTINAIO I CITTADINI CHIAMATI A PRESENTARSI
“Siamo sottoutilizzati”. A Iseo, in provincia di Brescia, le sedie del centro vaccinale ospitato nella
palestra della città sono rimaste vuote: per il secondo giorno di seguito sono state convocate soltanto 120 persone a fronte di una capacità di oltre 800.
E così nel palazzetto dove giocava la squadra di basket locale è stata attivata soltanto una delle otto linee possibili.
È l’ennesimo flop della campagna vaccinale lombarda, dopo i disagi dei giorni scorsi a Cremona, Como, Monza e Varese, dove il personale è stato costretto a chiamare i pazienti uno per uno al telefono.
Anche qui sulle rive del lago, Il problema non sono i vaccini che mancano “ma la gestione delle convocazioni — racconta il sindaco Marco Ghitti dopo aver ringraziato i volontari, i medici e gli infermieri che lavorano in questo centro — avere una potenzialità tale e vedersi sottoutilizzati sicuramente non fa piacere nè a me nè ai miei concittadini”.
E se il presidente della Lombardia Attilio Fontana ha scaricato tutte le responsabilità su Aria, chiedendo le dimissioni in blocco del consiglio d’amministrazione (cosa avvenuta oggi), in realtà i malfunzionamenti derivano anche da una serie di scelte prese da lui, insieme alla sua vice Letizia Moratti e a Guido Bertolaso.
I vertici regionali decidono di anticipare al 18 febbraio l’inizio delle somministrazioni agli over 80, e affidarsi ad Aria pur senza avere i tempi necessari per l’adeguamento del sistema informatico delle prenotazioni.
Per questo ancora oggi le agende con gli appuntamenti vengono fatte con la compilazione di file excel non integrati nella piattaforma: Ecco la ragione del caos di questi giorni. E delle immagini dei palazzetti deserti.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
ORA SIAMO DOPO NIGERIA E PERU’, VOLO IN PICCHIATA CHE CI FA PERDERE ALTRE 11 POSIZIONI DOPO IL CAMBIO DI GOVERNO
Al 40° posto su 53 Paesi, con un volo in picchiata di 11 posizioni. Nella Covid Resilience Ranking, la classifica stilata da Bloomberg sui luoghi del mondo dove la pandemia viene gestita in modo più efficace, l’Italia continua a non essere un esempio. Superato da Nigeria e Perù, al 38° e 39° posto, il nostro Paese non è uno dei migliori luoghi in cui vivere durante una pandemia. 994 casi su 100 mila abitanti registrati in un mese, un tasso di mortalità pari all’1,6%.
Ancora più in basso di Paesi come Pakistan e Portogallo, l’Italia registra un tasso di capacità di resilienza pari a 50.1, superando di poco Grecia e Iran. Allontanandosi di 28 unità dal punteggio ottenuto dalla Nuova Zelanda, prima nella classifica della rivista americana.
I dati raccolti dalle analisi della Johns Hopkins University si uniscono a quelli sulla vaccinazione calcolati da Bloomberg: per l’Italia si registra una copertura vaccinale del solo 6,7%. Nulla in confronto al 54,1 % di Israele, in cima alla classifica della resilienza. «L’Italia affonda 11 posizioni mentre il paese ha chiuso negozi, ristoranti e scuole per combattere una nuova ondata. Il suo governo sta pianificando una chiusura totale per Pasqua». La rivista americana parla del nostro Paese insieme a Repubblica Ceca, Polonia, Romani e Grecia, inserendola nell’elenco dei territori che continuano a perdere posizioni.
Sul fronte delle vaccinazioni Stati Uniti, Regno Unito ed Emirati Arabi Uniti coprono almeno un quinto di popolazione scalando la classifica nell’ultimo mese trascorso, mentre Australia e Cina svettano ai primi posti. Qui il virus è stato quasi del tutto eliminato.
Dall’altra parte i Paesi europei sembrano condurre una strategia anti virus al ribasso. «Stanno pagando il prezzo per un lancio caotico di vaccini, con 9 dei 10 cali più significativi di marzo, e con città come Parigi bloccate di nuovo» spiega Bloomberg. Israele rimane l’esempio per tutti: «La metà della popolazione israeliana di 9 milioni di persone ha ricevuto due dosi di un vaccino Covid e la vita di coloro che sono stati vaccinati si sta normalizzando rapidamente». Il riferimento è al Green Pass rilasciato agli immunizzati per accedere a palestre, hotel e piscine. Discoteche e bar sono di nuovo in attività con una qualità della vita senza paragoni rispetto alla maggior parte dei Paesi ancora in lotta.
(da Open)
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Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
COSA NON SI FA PER AMMICCARE A QUALCHE REAZIONARIO OMOFOBO E FRUSTRATO
Per capire quanto possa essere aggiornato il dibattito sulla legge anti-omofobia in Italia, basta
seguire alcuni spezzoni del Maurizio Costanzo Show di ieri sera.
Giorgia Meloni da Costanzo è sollecitata più volte sulla necessità , in Italia, di avere una legge che punisca chi manifesta odio nei confronti della comunità LGBT.
Lo spunto, secondo Costanzo, sta proprio nell’episodio che si è verificato presso la stazione di Valle Aurelia a Roma, dove un ragazzo è stato aggredito da una terza persona semplicemente perchè si stava baciando con il proprio partner. Una vicenda su cui, tra le altre cose, anche la Meloni aveva avuto modo di esprimere solidarietà .
Ma una cosa è predicare, un’altra è razzolare. E allora, incalzata da Costanzo sulla necessità di avere una legge che finalmente possa contrastare concretamente il fenomeno dell’omofobia dilagante nel nostro Paese, la leader di Fratelli d’Italia non ha di meglio da fare che ripetere una bufala della propaganda contro il ddl Zan.
«Non è possibile picchiare due ragazzi perchè si stanno baciando e chi lo ha fatto deve avere una pena esemplare — ha detto la Meloni, evidentemente in difficoltà sotto lo sguardo severo di Maurizio Costanzo -. Cosa diversa però è utilizzare questo argomento che io condivido per fare altro, perchè una cosa è dire combattiamo la violenza, un’altra è dire andiamo dai ragazzini di sette anni alle scuole elementari e fargli scambiare i vestiti per spiegargli cosa sia l’omosessualità ».
Cosa dice il ddl Zan, davvero
Non c’è un singolo passaggio del ddl Zan — il cui iter, tra le altre cose, è fermo in parlamento proprio a un passo dalla sua approvazione — in cui si parli di bambini che devono scambiarsi i vestiti per capire cosa sia l’omosessualità a scuola.
Il provvedimento, invece, non è altro che un’aggiunta di tutela per tutte quelle componenti della società che, al momento, sono già coperte contro l’odio razziale.
Di fronte all’evidenza, Giorgia Meloni non ha fatto di meglio che insistere sulla solita propaganda e sugli slogan che hanno una distanza siderale con la realtà . Ma, evidentemente, è il linguaggio che meglio funziona tra la sua base.
Nella mattinata di oggi, tra l’altro, dopo la performance di Giorgia Meloni al Maurizio Costanzo Show, è intervenuto nel dibattito pubblico anche il deputato del Pd Alessandro Zan. Quest’ultimo ha evidenziato come la leader di Fratelli d’Italia abbia diffuso false informazioni in televisione — con a disposizione una vastissima platea -, senza l’opportuno contraddittorio: “È vergognoso che Giorgia Meloni continui a distribuire fake news sulla legge contro omotransfobia in TV nazionali, senza contraddittorio politico, speculando sui diritti dei bambini e sulle paure dei genitori. Una malafede pericolosa e insopportabile”
Ma davvero la legge Zan obbligherebbe i bambini a travestirsi?
Si tratta ovviamente di una enorme falsità . Anzi: se mai in un universo parallelo esistesse qualcuno discriminato o oggetto di violenza perchè etero, verrebbe tutelato dalla nuova legge perchè al comma 1 dell’articolo 604-bis del codice penale alle parole “propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” viene aggiunto “oppure fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.
Si tratta di modificare il decreto legge 122 del 1993, la cosiddetta legge Mancino. Insomma tutelare non solo chi è vittima di reati di violenza di matrice omofoba ma anche punire la violenza contro le donne.
Meloni questo a Costanzo però non lo dice, come non dice come mai nel nostro Paese se le norme sono già sufficienti episodi come quello di Valle Aurelia sono all’ordine del giorno.
Il resto della legge poi estende la condizione di “particolare vulnerabilità ” alle vittime di violenza fondata “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”, istituisce una giornata nazionale contro l’omofobia e prevede una ulteriore dotazione di 4 milioni di euro per il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità . Ma per spiegare a cosa serve la legge Zan bastano le parole che all’epoca usò il suo relatore, Alessandro Zan, per controbattere a Salvini che usava le medesime argomentazioni di Giorgia Meloni:
“Questa non è una legge liberticida. Non abbiamo inventato nulla, c’e’ la legge Reale-Mancino del 1975 che è legge dello Stato. Prevede una tutela rafforzata per le vittime, persone e gruppi sociali, che oggi son maggiormente oggetto di violenza”, spiegava il deputato del Pd e relatore alla Camera del provvedimento contro l’omotransfobia e la misoginia, presentando il testo base all’esame della commissione Giustizia a Montecitorio. Il testo base, precisava Zan, “è un’integrazione perche’ contiene una parte penale di una legge che già esiste”
Alessandro Zan, durante la conferenza stampa alla Camera, precisava che la legge Reale-Mancino “ha una giurisprudenza consolidata che ha stabilito un bilanciamento tra un principio sacrosanto che e’ la liberta’ di espressione e quello della tutela della lesione della dignita’ umana. Per noi la liberta’ di espressione e’ un principio sacrosanto ma la liberta’ di espressione non e’ istigazione all’odio”. Il relatore concludeva: “Io non sono a favore dell’azione penale ma l’azione penale e’ un deterrente perche’ ci sono fatti di violenza e abbiamo il dovere di intervenire contro l’odio e lo stigma sociale. Poi dobbiamo anche fare azioni positive di contrasto sociale e culturale all’esclusione”.
Cosa ha fatto Fratelli d’Italia per ostacolare la legge sull’omofobia
Come sappiamo, tra i primi oppositori del ddl Zan c’è proprio Fratelli d’Italia. E non solo a parole, visto che Giorgia Meloni, il 16 luglio scorso, scese in piazza brandendo il microfono e parlando così: “Le discriminazioni verso gli omosessuali? Per me le discriminazioni vanno sempre combattute, ma non possiamo dire che oggi nella realtà italiana siano discriminati, abbiamo fatto passi da gigante in questo tema”.
Passi da gigante? Come quelli fatti da quell’uomo che ha attraversato i binari per andare a colpire il giovane Jeanne Pierre, reo di aver baciato il suo ragazzo nella stazione Valle Aurelia.
E non ci sono solamente le manifestazioni di piazza della scorsa estate. Il partito guidato da Giorgia Meloni, ha lasciato il segno anche in Parlamento.
Come ricorda il Sole 24 ore, infatti, proprio nei giorni della manifestazioni contro il ddl Zan, Lega e Fratelli d’Italia presentarono 975 (sì, novecentosettantacinque) emendamenti al disegno di legge contro l’omotransfobia. I due partiti sovranisti, ne parlano come di una legge bavaglio per un problema che non esiste. E anche in Europa la situazione non è migliore. Solo dieci giorni fa, era l’11 marzo 2021, sempre i partiti guidati da Meloni e Salvini hanno votato contro la risoluzione per una “Unione Europea zona di libertà per le persone Lgbtqi”. Il motivo? Sostenevano che si tratti solamente di strumentalizzazione contro Ungheria e Polonia.
(da agenzie)
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Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
TRA LE VARIE IPOTESI SI PUO’ FARE STRADA IL “GRANDE TESSITORE”
Se la candidatura di Mario Draghi al Colle dovesse risultare più difficile del previsto dopo aver assunto la guida di un governo il cui scopo (gestione della pandemia, Recovery Plan) non si può esaurire al febbraio 2022, oltre alla pletora di candidati targati PD (Veltroni, Franceschini, Castagnetti, Gentiloni, Prodi, Sassoli ed altri ancora) restano sul campo tre ipotesi:
A) rinnovo “alla Napolitano” cioè per un anno di Mattarella — ipotesi possibile ma piuttosto difficile, Mattarella ha già fatto sapere di non essere interessato al bis, anche se sarebbe l’unica carta che gli attuali partiti possono giocare per evitare elezioni anticipate e tenersi stretto il seggio fino al 2023.
B) Cartabia, ma i partiti se la sentono di dare il potere quirinalizio per sette anni a una professoressa che per loro è sostanzialmente una sconosciuta e molto probabilmente tale rimarrà anche dopo questa breve parentesi governativa insieme?
C) un esponente gradito anche al centrodestra; sarebbe una vera novità , la prima volta da tempo immemorabile. Qui i candidati sono pochissimi, ci spera molto Silvio Berlusconi ma tutti sanno (anche lui in verità ) che la sua candidatura risulterebbe troppo divisiva e non avrebbe i voti necessari in questo Parlamento.
Restano Letizia Moratti (molto dipenderà anche da come si sta comportando ora in Regione nella grande confusione della sanità lombarda) e soprattutto Gianni Letta che alla vigilia degli 86 anni è più lucido e tonico che mai. E sta tessendo una tela che tocca anche buona parte del Pd, il gruppo di Di Maio e, ovviamente, i centristi.
Resta una certa freddezza con la Lega di Salvini e questo potrebbe costituire un vero ostacolo. Ma da qui a febbraio prossimo ci sarebbe tutto il tempo di ricostruire buoni rapporti favoriti anche dalla svolta governista ed europeista di Matteo Salvini. E chi li conosce, giura che la cosa farebbe piacere a entrambi.
(da TPI)
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Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
CHI E’ LA NUOVA CAPOGRUPPO PD IN SENATO: INSEGNANTE MILANESE CON TRASCORSI ALL’ESTERO
Si autodefinisce una donna “con spirito gipsy”, per via di una costante ricerca di “nuovi orizzonti e
nuove esperienze”. Ma stavolta per Simona Malpezzi, 48 anni, si tratta in fondo di un ritorno a casa: perchè la neo capogruppo al Senato del Pd, che prende il posto di Andrea Marcucci, ai vertici della rappresentanza dem a Palazzo Madama c’era stata già : era infatti stata la vice di Marcucci dall’inizio della legislatura sino al febbraio del 2020. Adesso un upgrade molto discusso, nel bel mezzo della battaglia interna al Nazareno sulla questione femminile.
Milanese di Cernusco sul Naviglio, ma cresciuta nel piccolo paese di Pioltello, Malpezzi studia Lettere Moderne e si laurea alla Cattolica con una tesi su Amintore Fanfani.
Già dai tempi dell’università , evidentemente, coltiva la passione per la politica oltre a quella per l’insegnamento: dal 1997 è docente di scuola superiore, ma a quest’attività affianca quella di organizzazione di esperienze all’estero e si dedica ai temi della lotta alla dispersione scolastica, dell’alternanza scuola lavoro e dell’orientamento.
Nel 2005 si trasferisce in Germania con il marito Thomas e le figlie e insegna lingua e cultura italiana presso la Volkshochschule di Aschaffenburg in Baviera, dove è animatrice della comunità italiana e partecipa al Mà¼tterzentrum della città , un luogo di incontro e di condivisione per mamme.
L’impegno attivo in politica dal 2009, prima nella segreteria cittadina di Pioltello e poi nel consiglio comunale dello stesso paese. Il grande salto nel 2013, grazie a Matteo Renzi, di cui è grande sostenitrice sin dalle prime Leopolde.
E’ l’ex sindaco di Firenze a volerla in parlamento, nelle elezioni che vedono l’allora segretario Pierluigi Bersani fallire l’assalto alla premiership. Rimasta una fedelissima di Renzi per tutta la legislatura scorsa, nella quale è deputata e membra della commissione Istruzione, Malpezzi passa al Senato nel 2018, ottenendo l’incarico di sottosegretaria ai rapporti con il Parlamento che ricopre tuttora.
Non segue Renzi nella scissione che fa nascere Italia Viva, ma rimane nel Pd di Zingaretti, aderendo alla corrente di Base riformista, costituita da tanti ex fedelissimi del leader di Rignano. L’ultimo traguardo in questi giorni, dopo che il neosegretario Enrico Letta chiede due capigruppo di sesso femminile in parlamento, costringendo Andrea Marcucci a un passo indietro. Ecco l’ascesa di Simona, la presidentessa “gipsy”.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
L’AUSTRIA CONTESTA LA RIPARTIZIONE DI 10 MILIONI DI DOSI EXTRA E BLOCCA L’INTESA… IL CAOS ASTRAZENICA CONTINUA
Come se non bastassero le differenze di vedute sul regolamento sugli export, quelle sul certificato vaccinale, ora al menu del summit europeo in videoconferenza si aggiunge un’altra pietanza indigesta.
Gli Stati membri non riescono a trovare un accordo sulla distribuzione dei nuovi 10 milioni di dosi concordati dalla Commissione Europea con Pfizer-Biontech.
Da ieri sera a Bruxelles si tenta di trovare una soluzione nel comitato direttivo che deve decidere la ripartizione. Ma, a quanto si apprende, nemmeno la riunione di stamattina ha risolto l’enigma. L’ostacolo maggiore sta nell’offensiva del cancelliere austriaco Sebastian Kurz, che giorni fa, insieme ai leader di Lettonia, Bulgaria, Slovenia, Repubblica Ceca e Croazia, ha inviato una lettera a Palazzo Berlaymont per contestare la distribuzione dei vaccini in Europa.
Litigare per 10 milioni di dosi sembra un dettaglio. E invece è indicativo della temperatura altissima nei rapporti tra i leader europei, tutti sotto stress in patria per una campagna vaccinale ancora troppo lenta nel vecchio continente.
La stessa mossa di Kurz viene criticata dall’opposizione e dai media in Austria come un tentativo di coprire le carenze della macchina vaccinale austriaca, prendendosela con Bruxelles.
In effetti, la scorsa settimana, ai rilievi del cancelliere, la Commissione Europea ha risposto che sono stati i paesi membri a scegliere un meccanismo “flessibile” per la ripartizione dei vaccini. Meccanismo che ha consentito a paesi come l’Austria o la Bulgaria di puntare sulle fiale più economiche di Astrazeneca, che però ha drasticamente tagliato le forniture all’Ue.
Germania, Francia e altri Stati hanno invece accettato di spendere di più per Pfizer-Biontech, Moderna. Dunque, cosa vuole Kurz? Tempo fa il cancelliere di Vienna è stato anche protagonista, insieme alla Danimarca, di un’altra mossa ‘ostile’ verso Bruxelles, recandosi in Israele per trattare con Benjamin Netanyahu sulla fornitura di vaccini. Un’iniziativa che non pare aver risolto i problemi dell’Austria e che adesso appare ancor di più come un tentativo di reazione alle critiche in patria.
Fatto sta che Kurz blocca l’accordo sulla distribuzione delle nuove dosi di Pfizer. A Bruxelles speravano di raggiungere un’intesa prima del Consiglio Europeo, per evitare che anche questo argomento appesantisse la discussione tra i leader. Non andrà così. Angela Merkel, Mario Draghi, Emmanuel Macron e tutti gli altri dovranno occuparsi anche di questo.
Mentre è ancora battaglia con Astrazeneca sulle dosi mancanti.
La Danimarca, primo paese a sospendere l’intera somministrazione di questo vaccino, fa sapere che non la riprenderà prima della metà di aprile. Dalla Commissione invece fanno sapere di essere pronti alle vie legali, ma – da sottolineare – la decisione spetta agli Stati membri.
Sono mesi che il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel minaccia il ricorso all’articolo 122 del Trattato dell’Unione per tutelare gli Stati contro l’azienda anglo-svedese. Ma finora la minaccia è rimasta lettera morta: al momento prevale l’esigenza di ottenere anche le poche dosi promesse da Astrazeneca, piuttosto che ingaggiare un conflitto con l’azienda.
Ma si vedrà . Stasera al Consiglio europeo interviene Joe Biden. Le aspettative dei giorni scorsi erano altissime, ma potrebbero restare deluse. Da quanto si è appreso ieri, il presidente Usa non farà promesse precise sull’esportazione del surplus di dosi degli Stati Uniti verso l’Europa. Tanto che, stamane, nel discorso al Parlamento tedesco, Merkel ha detto: “I siti di produzione britannica producono per la Gran Bretagna, gli Stati Uniti non esportano, dunque noi dobbiamo fare affidamento su ciò che possiamo produrre in Europa”. Cosa per la quale, si sa, serve tempo: almeno un anno. Ma, dice Merkel, “dobbiamo prevedere che il virus, con le sue varianti, ci terrà occupati per lungo tempo, la questione scavalca l’anno in corso”.
Tutto conforta la tesi per cui questo summit potrebbe non essere decisivo per l’Ue, pur denso di discussioni importantissime e nevralgiche per capire lo stato dell’Unione. Anche la trattativa con Boris Johnson per una divisione delle dosi di Astrazeneca tra Regno Unito e Unione è appena iniziata, ne è stata data notizia ieri con un comunicato alquanto vago. Il clima è pesante.
Ne dà conto anche il presidente dell’Europarlamento David Sassoli, nel suo tradizionale discorso in apertura del summit, invitando però a non aggravare ulteriormente la situazione attaccando l’Europa, pur con tutti gli errori commessi nella gestione della campagna vaccinale.
“Sarebbe irresponsabile usare le paure e la fatica dei cittadini per mascherare le nostre debolezze o le nostre inefficienze nazionali – dice Sassoli – Sarebbe irresponsabile nascondersi dietro gli altri per coprire le proprie mancanze. Conosciamo tutti la tecnica di decidere insieme a Bruxelles e poi dire alla gente a casa che la decisione ci è stata imposta e che da soli avremo fatto meglio. Dopo le nostre azioni dell’ultimo anno, avevo sperato che fossimo andati oltre. Sembra che non sia così. Alcuni comportamenti invece incoraggiano a pensare che il sistema europeo sia in crisi. E sappiamo tutti che è un errore. Certamente il nostro sistema e le nostre istituzioni, possono e devono essere migliorate. Ma per meritare fiducia, serve unità e trasparenza. Attaccare noi stessi non ha senso. Nè ha senso pensare che altri stiano facendo molto meglio, o riscrivere la storia sulla base del senno di poi”.
Sembra che parli a Kurz, artefice dell’ultimo scontro in corso, uno dei tanti.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
“VERIFICA SU EFFETTI COLLATERALI”
La Danimarca prolunga la sospensione della somministrazione del vaccino contro il coronavirus di
AstraZeneca per altre tre settimane. La decisione ”è stata presa sulla base di presunti effetti collaterali″, ha detto Tanja Erichsen dell’Agenzia danese per i medicinali durante una conferenza stampa.
“Vorrei sottolineare che non sto parlando di normali coaguli di sangue – ha continuato – Non si può escludere che ci sia una connessione tra il vaccino e i casi molto rari di coaguli di sangue”, ha detto. La pausa durerà almeno fino al 18 aprile.
La notizia era stata anticipata dall’emittente televisiva “Tv2”: “L’interruzione nella somministrazione del vaccino di AstraZeneca sarà prolungata sino a metà aprile”, ha riferito l’emittente, citando diverse fonti.
La Danimarca, come diversi altri Paesi europei, aveva sospeso l’uso del vaccino AstraZeneca dopo il riscontro di alcuni casi di coaguli di sangue. La decisione sull’ulteriore utilizzo di questo vaccino deve essere presa entro la fine della settimana.
Negli altri Paesi, invece, la somministrazione è partita dopo gli ulteriori approfondimenti dell’Ema che hanno tranquillizzato sulla prodotto di Oxford. L’agenzia europea del farmaco, infatti, ha affermato che i benefici del vaccino continuano a superare i potenziali rischi. Gli esperti stanno continuando a valutare attentamente i casi, molto rari, di coaguli nel sangue.
(da agenzie)
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Marzo 25th, 2021 Riccardo Fucile
QUANDO ARCURI E’ ANDATO VIA SI FACEVANO 200.000 VACCINAZIONI AL GIORNO, DOPO TANTE FANFARE OGGI SIAMO AD APPENA 218.000 AL GIORNO E CURCIO RISPOLVERA LE PRIMULE DI ARCURI IN OGNI CITTA’
Diversamente dal suo governo, Draghi ispira simpatia. Sia per quel che ha fatto per l’euro, sia per la gatta da pelare che s’è preso.
L’altro giorno poi, quando ha confessato alla stampa di temere “future delusioni pari all’entusiasmo di oggi”, la simpatia è diventata empatia. Perciò ci permettiamo di suggerirgli un messaggio chiaro e netto alle penne alla bava: “Ragazzi, piantatela di leccarmi i piedi e tutto il resto”.
Passare dal servo encomio al codardo oltraggio è un attimo. Ma purtroppo il vaccino anti-saliva è di là da venire.
La Stampa titola: “Draghi vuole riaprire le scuole”. E ci mancherebbe. Purtroppo, essendo il capo del governo e non un passante o un Bertolaso, se vuole riaprire le scuole le riapre. O non era lui che “parla solo di fatti e non di annunci”?
Sui vaccini, il problema è noto: ne arrivano pochi; e i medici rispondono alle Asl, che dipendono dalle Regioni. Quindi il mantra del “cambio di passo” perchè “Draghi accelera”, “accentra”, “striglia le Regioni”, “mobilita i farmacisti”, “schiera l’esercito”, “vaccina nelle aziende” è un pessimo servizio alla verità , ma pure a lui.
Accentrare non può, salvo abolire le Regioni con una riforma costituzionale (tempo minimo un anno): può raccomandare ai presidenti di fare i bravi e seguire le linee guida del governo.
Accelerare è un bel verbo per titoli di giornale e di tg, ma se Big Pharma ci tiene in pugno grazie agli euroaccordi-capestro e molte Regioni sono un casino, bisogna solo sperare che col tempo le cose migliorino (quando Arcuri lasciò, 210 mila vaccinati al giorno; l’altroieri 218 mila).
Mobilitare l’esercito, già peraltro mobilitato dal governo precedente per i compiti logistici, non ha alcun senso: nessuno si farebbe vaccinare da uno solo perchè è maresciallo o generale o esibisce qualche mostrina in meno di Figliuolo (di più è impossibile). I farmacisti non sono abilitati a vaccinare senza formazione, serve sempre un medico. Idem per le aziende.
Ricordate le famigerate Primule di Arcuri, pensate per dare a ogni città un grande padiglione-hotspot per concentrare vaccinatori e vaccinati in aggiunta ai 3mila punti indicati dalle Regioni, risparmiando risorse, personale, tempo ed energie?
Tutti giù a ridere e a strillare allo spreco, senza sapere quante fossero nè quanto costassero (il prezzo l’avremmo scoperto dopo la gara: il bando ne prevedeva da un minimo di 21, una per Regione, a un massimo di 1500).
Ora Fabrizio Curcio, capo della Protezione civile dei Migliori, tomo tomo cacchio cacchio si vende al Corriere l’ideona di “un hotspot per i vaccini in ogni città ”. Ma tu guarda: è primavera e rispuntano le Primule.
§Il grande cambio di passo sarà chiamarle Margherite, o Gerani, o Tulipani, o Narcisi Tromboni.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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