Marzo 28th, 2021 Riccardo Fucile
UNO STUDIO DEL MINISTERO DELLA SALUTE SU CUI PESANO DUE INCOGNITE: LE VARIANTI E LA DURATA DELL’IMMUNITA’
Le incognite sono numerose. Ma è ipotizzabile una ripartenza dell’Italia verosimilmente per agosto,
alla condizione di riportare al più presto i contagi a 50 ogni 100 mila abitanti a settimana (oggi sono oltre 4 volte tanti), vaccinare 500 mila persone al giorno e riaprire gradualmente tenendo l’Rt a 1 in modo da bilanciare l’effetto vaccini con l’allentamento delle misure. I nuovi decessi si attesterebbero tra i 10 e i 30mila, con una letalità del virus simile all’influenza.
Il ritmo dei vaccini
Sono i risultati dello studio elaborato da un gruppo di esperti del ministero della Salute, dell’Istituto superiore di Sanità e della fondazione Bruno Kessler, pubblicato qualche giorno fa e che segnano un road map in positivo.
Se le vaccinazioni andranno avanti a ritmo sostenuto (che vuol dire come minimo quello attuale, ma servirà un enorme sforzo per recuperare i ritardi accumulati da gennaio a oggi), la campagna si chiuderà in 13 mesi totali.
Dunque, data la partenza a gennaio, per l’inizio del 2022. Così sarà evitato l’80 per cento dei potenziali decessi che si avrebbero in assenza di vaccini.
In questa situazione, le misure di contenimento potranno essere eliminate del tutto in 12 mesi (sempre per inizio 2022).
Per arrivare infine a una situazione «Zero-Covid» (con due settimane consecutive senza contagi) ci vorranno invece, in tutto, 18 mesi.
Questi sono i dettagli dello scenario migliore, quello che delinea l’uscita dell’Italia dalla pandemia. Quando è solido? Impossibile dirlo. Perchè ci sono variabili molto concrete che potrebbero definire scenari molto più negativi.
Si parte dall’ipotesi che si riesca a somministrare 4 dosi di vaccino al giorno per ogni mille abitanti (240 mila al giorno in totale), che si arrivi a coprire il 75 per cento della popolazione, che le fasce deboli siano protette in via prioritaria, che i vaccini prevengano anche l’infezione (non solo la malattia) e che il loro effetto duri almeno un paio d’anni.
Dunque, il primo aspetto da valutare è: riusciremo a tenere un ritmo di vaccinazioni adeguato e sostenuto? Fino ad oggi, di fatto, la campagna ha viaggiato circa alla metà di questo traguardo: ci sarà dunque la necessità di recuperare, salendo per un certo periodo a 500 mila dosi al giorno, per arrivare ad aver vaccinato circa il 75 per cento della popolazione entro luglio.
Se la campagna vaccinale procedesse invece al ritmo di 2 dosi al giorno per ogni mille abitanti (e qui si delineano gli scenari peggiori), la campagna durerebbe 2 anni, la mortalità salirebbe e per allentare del tutto le misure di contenimento servirebbero 21 mesi.
Durata e varianti
Sull’aumento del ritmo delle vaccinazioni, arma primaria per uscire dalla pandemia, il governo può intervenire. Le variabili che creano maggiori incognite quindi sono altre, quelle sulle quali non ci sono ancora certezze medico-scientifiche.
La prima: quanto dura l’«immunità » su chi viene vaccinato? Se l’effetto del farmaco scomparisse prima di un anno, o addirittura dopo 6 mesi, a partire dal prossimo autunno, o comunque dalla fine dell’anno, ci sarebbe nuovamente la necessità di misure di contenimento forti per evitare una ripartenza del virus (e la mortalità rischierebbe di essere quadrupla rispetto allo scenario di riferimento).
Anche in questo caso però la rapidità del ritmo di vaccinazione sarebbe decisiva, «perchè se la prima campagna vaccinale durasse 13 mesi – scrivono gli studiosi – anche con una copertura breve sarebbe possibile avviare una seconda campagna di vaccinazione mantenendo comunque l’epidemia sotto controllo». Si sposterebbe soltanto in avanti l’obiettivo ultimo di arrivare alla situazione «Zero-Covid».
(da “Il Corriere dela Sera”)
argomento: emergenza | Commenta »
Marzo 28th, 2021 Riccardo Fucile
“SPOSIAMO LA LINEA DELLA PRUDENZA, ACCOMPAGNATA DA AIUTI ALLE CATEGORIE”
Loro si smarcano dagli avventurieri della Lega, almeno in questo caso: Forza Italia ha un atteggiamento responsabile e realista. Con 24mila contagi al giorno è davvero difficile programmare riaperture per le prossime settimane. Per questo sposiamo la linea della prudenza -quella da sempre portata avanti dal presidente Berlusconi- che però deve essere ad ogni costo accompagnata da aiuti concreti e immediati alle categorie ulteriormente interessate dalla proroga delle restrizioni”.
Lo afferma Roberto Occhiuto, capogruppo di Forza Italia alla Camera
“I nostri ministri -ricorda- hanno chiesto e chiederanno con forza un nuovo scostamento di bilancio, da portare in Parlamento subito dopo Pasqua, per dare respiro a ristoranti, bar, palestre, piscine, a coloro che sono chiusi da mesi. Nel nostro intendimento, inoltre, il prossimo decreto del governo dovrà prevedere una sorta di tagliando da fare a metà aprile, che magari, con numeri meno drammatici, possa portare a qualche mirata riapertura”.
(da agenzie)
argomento: Forza Italia | Commenta »
Marzo 28th, 2021 Riccardo Fucile
LO SCOPO E’ QUELLO DI PERMETTERE IL RILANCIO DEL TURISMO E DEI VIAGGI TRA I PAESI EUROPEI
Il capo del task force Ue per i vaccini Thierry Breton ha mostrato il primo ‘passaporto sanitario’
europeo aggiungendo che sarà disponibile in tutta l’Unione europea “tra due-tre mesi”.
Intervenendo ad una trasmissione sulla radio francese Rtl, il commissario europeo al Mercato interno ha fatto vedere un prototipo del documento che sarà disponibile sia in versione cartacea che per smartphone.
Sul documento, un codice QR e il tipo di vaccino effettuato. Per chi non ha ancora o non ha voluto effettuare il vaccino contro il coronavirus ci sarà il risultato dell’ultimo tampone effettuato.
“Abbiamo pensato che è molto importante che, nel momento in cui siamo certi del fatto che qualsiasi europeo che desideri vaccinarsi abbia avuto accesso al vaccino (e questo dovrebbe accadere nei due o tre mesi a venire), senza discriminazioni quindi, ci sia un meccanismo, un certificato, che dimostri lo stato di immunizzazione”, ha detto il commissario mostrando un facsimile dell’aspetto che dovrebbe avere tale certificato.
Il commissario ha poi spiegato quali sono tutte le informazioni che sarà possibile trovare su questo documento. Saranno inseriti in primis i dati personali, quindi nome e cognome, data di nascita, ma anche il numero del proprio passaporto. Ci sarà poi un codice QR che testimonierà l’avvenuta vaccinazione e specificherà con che tipo di vaccino questa è stata fatta. E ancora: chi ha già contratto il Covid e ha quindi sviluppato una risposta immunitaria troverà queste informazioni sul proprio certificato.
“Infine, a coloro che non hanno ricevuto il vaccino e non sono guariti dal Covid verrà richiesto un tampone e nel certificato sarà possibile consultarne l’esito”, ha aggiunto Breton. Il commissario ha poi concluso spiegando che per ottenere questo certificato i cittadini dovranno rivolgersi al sito del ministero della Salute del proprio Paese.
(da agenzie)
argomento: Europa | Commenta »
Marzo 28th, 2021 Riccardo Fucile
ECCO I SEI CHE HANNO VOTATO LE ASSUNZIONI IN REGIONE
Sulla Concorsopoli della Regione è ben impresso il marchio dell’ufficio del Consiglio di presidenza. Lascia pochi dubbi il verbale che registra le presenze al momento del via libera alle assunzioni politiche che imbarazzano tanto il Pd quanto il M5S e la Lega
Al momento della votazione sulle nomine non mancava nessuno. Gli atti parlano chiaro: a benedire l’operazione con cui sono stati sistemati 16 tra politici e storici collaboratori degli uffici regionali, sono state sei diverse mani.
Ad alzarle nella riunione convocata lo scorso 18 dicembre sono stati il presidente dem Mauro Buschini e i suoi due vice, il grillino Devid Porello e Giuseppe Cangemi, in quota Carroccio.
Con loro anche tre consiglieri segretari: ecco il placet alla procedura del leghista Daniele Giannini, di Gianluca Quadrana, eletto tra le fila della Lista civica Zingaretti, e di Michela Di Biase, ex capogruppo capitolina del Pd e moglie di Dario Franceschini, ministro per i Beni, le attività culturali e per il turismo sia con il governo Conte bis che con l’esecutivo Draghi.
Le appartenenze politiche dei sei, in particolar modo quelle del presidente e dei suoi due vice, sostengono l’impalcatura allestita per portare a compimento l’operazione nata e conclusa a cavallo dello scorso Natale e si riflettono in quelle dei 24 assunti, nonchè dei sindaci coinvolti.
La vicenda è nata nella Allumiere del sindaco Antonio Pasquini, in comando da tre anni proprio nel Consiglio di presidenza della Pisana, e si è conclusa nella Guidonia del primo cittadino grillino Michel Barbet.
Ma procediamo con ordine: è il 18 dicembre quando il Consiglio di presidenza presieduto da Buschini decide di assumere 18 funzionari. La normativa concede la possibilità di selezionarli dall’ultimo bando chiuso nel proprio territorio. Il concorso più recente, concluso appena quattro giorni prima, è quello del comune di Allumiere di Pasquini. Una coincidenza?
Non per chi da giorni, all’interno della maggioranza, non contiene l’imbarazzo. Tornando alle assunzioni, calendario alla mano, il 23 i candidati rispondono alle mail di nomina e il 28 la Regione formalizza gli incarichi.
Nell’elenco ci sono due collaboratori di Buschini. Quindi Matteo Marconi, segretario del Pd di Trevignano Romano e Arianna Bellia, assessora dem di San Cesareo. Ancora, Augusta Morini, assessora piddina di Labico, un componente del circolo Pd di Frosinone, città di Buschini, e tre militanti dem di Allumiere, Civitavecchia e Roma.
Con loro spunta anche un collaboratore di Giuseppe Cangemi, vicepresidente d’Aula leghista. Ma non è finita qui. Ci sono ancora 8 idonei in cerca di sistemazione.
Il 28 dicembre, come detto, è allora il comune grillino di Guidonia a intervenire: il sindaco Michel Barbet assume Marco Palumbo, consigliere del Pd in Campidoglio, presidente della commissione Trasparenza e nell’ufficio di gabinetto di Buschini.
Con lui ci sono Matteo Manunta, ex consigliere della Città Metropolitana in quota 5S e collaboratore di Devid Porrello, vicepresidente del Consiglio regionale. Chiudono la lista Massimo D’Orazio, assessore di Isola del Liri e un altro collaboratore di Buschini.
Una serie di assunzioni che hanno fatto indignare (“è sconcertante”) il deputato Pd ed ex commissario dei dem romani post Mafia Capitale, Matteo Orfini, e fatto perdere le staffe al governatore Nicola Zingaretti: “Nessuno chiede a Draghi cosa combina la presidenza della Camera”.
Come a dire che i colpevoli vanno cercati altrove. E, stando ai verbali, sono i sei che hanno dato il via libera alla concorsopoli regionale.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Marzo 28th, 2021 Riccardo Fucile
RIVOLTA NELLE CHAT, ESULTA ROUSSEAU, NASCONO DUE NUOVE CORRENTI
Qualcuno, nei turbolenti canali di comunicazione dei 5Stelle, arriva a parlare di “figlicidio”. 
Con poche parole, senza essersi consultato con nessuno, Beppe Grillo fa fuori 65 parlamentari dei 5Stelle: esattamente 50 deputati e 15 senatori cui, attraverso un editto pronunciato durante l’assemblea con gli eletti, viene sbarrata la strada del terzo mandato. Non ci saranno deroghe a una regola vecchia che molti, implicitamente ritenevano superata. Macchè: “Un pilastro”, dice il garante. Ed è bufera.
La protesta del giorno dopo viaggia sottotraccia: qualcuno, come Angelo Tofalo o Dalila Nesci dicono che sì, alla fine va bene così. Ma la maggior parte dei “condannati” da Grillo tace. E si interroga.
Una questione non di secondaria rilevanza, anche perchè fra i parlamentari in carica dal 2013 ci sono praticamente tutti i big del Movimento: dal primo capo politico Luigi Di Maio al successore Vito Crimi, il presidente della Camera Roberto Fico, ministri ed ex ministri quali Patuanelli, D’Incà , Toninelli, la vicepresidente del Senato Paola Taverna. “Perchè porre questo tema proprio adesso?”, la domanda che risuona nelle chat. Qualcuno ritiene che Grillo in questo modo complichi la vita del leader in pectore Giuseppe Conte, che dovrà subito scansare il fuoco incrociato dei “pesi massimi” arrabbiati. E prepararsi a due anni di ostilità .
Altri, sempre in silenzio, fanno sapere che con la prospettiva di una non ricandidatura verrebbero meno i contributi degli eletti, che – liberatisi dal giogo di Rousseau – dovrebbero contribuire volontariamente alla nuova fase che si aprirà con Conte.
Dentro l’associazione che fa capo a Davide Casaleggio si respira invece soddisfazione. E la socia storica Enrica Sabatini si toglie qualche sassolino: “Distruggere Rousseau per impedire le candidature dal basso a favore di nomine dall’alto, non serve più: il terzo mandato non è un’opzione”. E cita Gianroberto: “Il suo obiettivo era dare una nuova centralità al cittadino e impedire, attraverso il limite dei due mandati, che ci fosse carrierismo politico”.
Ma il Movimento non è più quello del guru scomparso, è una forza di governo dove i pionieri hanno scoperto il piacere della politica nei Palazzi e proprio non vogliono rinunciarvi.
In questa fase di transizione, nell’attesa che si risolva il contenzioso con Rousseau e si trovi un modo per eleggere l’ex premier alla guida del movimento, lo stesso M5S si balcanizza, scopre le correnti.
L’area delle ‘Parole guerriere’ si trasforma in un’associazione, deposita un simbolo che ammicca al Grillo “ecologico” (Italia più 2050) e si propone per fare da ponte con il territorio. Iniziativa che vede protagonisti uomini di governo quali i sottosegretari Carlo Sibilia e Dalila Nesci, e altri esponenti di primo piano come Giuseppe Brescia.
La gran parte dei parlamentari sono al secondo mandato. Che questa associazione possa trasformarsi in una lista elettorale, anzi in una scialuppa per chi non potrà più candidarsi sotto il simbolo dei 5S, è opinione diffusa. Ma sia Sibilia che Nesci negano con veemenza.
Nel frattempo prende corpo un altro think tank, Innovare, che ha fra gli ispiratori deputati al primo mandato, come Giovanni Currò, Maria Pallini, Luca Carabetta e Davide Zanichelli.
Loro sono per lo più alla prima legislatura e, guarda caso, difendono il limite dei due mandati posto da Grillo: “Ci piace dibattere di futuro e innovazione, ci annoiano le regole. Il doppio mandato come tetto, nella sua filosofia, è stato votato anche dagli iscritti”, dice Currò.
Non bastasse tutto ciò, da qualche tempo c’è un altro gruppo di parlamentari – su impulso del presidente della commissione Agricoltura della Camera Filippo Gallinella – che si riunisce per discettare di disciplina interna, alleanze, futuro: agli incontri partecipano tra gli altri Gianluca Rizzo, Tiziana Ciprini, Giuseppe Chiazzese, Luciano Cillis, Giuseppe L’Abbate, Angelo Tofalo, Giulia Grillo ed Emanuela Del Re. Iniziative che puntano a modificare gli equilibri interni, a determinare nuove maggioranze, nel Vietnam grillino che attende l’avvento dell’ “avvocato del popolo”.
(da “La Repubblica”)
argomento: Grillo | Commenta »
Marzo 28th, 2021 Riccardo Fucile
IL MILITARE E’ ACCUSATO DI AVERE TRASFORMATO L’INTERA CASERMA DEI CARABINIERI IN UN COVO DI SPACCIO E DI TORTURE
“Allora, io ammetto tutto. Ne ho fatte cavolate dottore, però se mi devo prendere le colpe degli altri no! Dentro la caserma tutti sapevano, non potevi non sapere perchè ci si stava dalla mattina alla sera insieme. Si finiva gli arresti e si andava a mangiare insieme, quindi tutti dovevano sapere … fino al comandante”.
Giuseppe Montella, il carabiniere ritenuto il capo della banda in divisa della caserma Levante di Piacenza ha vuotato il sacco. Da grande accusato, il militare 37enne di Pomigliano d’Arco, si è trasformato in grande accusatore. Lunedì 29 marzo, all’udienza con rito abbreviato, sono attese sue nuove dichiarazioni.
Nei verbali degli interrogatori fatti dai pm Matteo Centini e Antonio Colonna nei primi giorni di agosto e direttamente dal procuratore Grazia Pradella il 2 ottobre – che Repubblica è in grade di svelare – c’è il racconto di anni (dal 2017 al 2020) di abusi, violenze, pestaggi, spaccio di droga, sottrazioni di denaro e falsità d’ogni genere che si sono consumati tra le mura dello Stato in via Caccialupo e non solo.
Il 22 giugno precedente la Procura ha ottenuto l’arresto di sei militari (altri 3 ufficiali risultano indagati a cui si aggiunge un finanziere) e il sequestro, prima volta in Italia, della Caserma Levante, nell’ambito di un’indagine che coinvolge 23 persone.
Il gruppo di carabinieri “infedeli”
Gli investigatori hanno scoperto che “il gruppo” di divise conduce le indagini contro i pusher del centro storico di Piacenza usando degli “informatori”. Che altri spacciatori in cambio delle soffiate sono pagati con parte dei soldi e della droga sequestrata. Scopre anche che parte dello stesso denaro e dello stupefacente viene sottratto dai militari. Ma c’è anche di più, perchè saltano fuori pestaggi e violenze d’ogni genere nei confronti delle persone fermate e una serie infinita di falsi amministrativi, arresti e perquisizioni illegittime. Gli stessi protagonisti dell’inchiesta intercettati, parlano di “stile Gomorra”.
Il percorso di “Peppe” Montella
Il 5 agosto 2020 Giuseppe Montella viene interrogato dai pm Centini e Colonna, titolari dell’inchiesta. Ci sono gli investigatori della Guardia di Finanza che hanno fatto l’indagine e i suoi difensori, gli avvocati Giuseppe Dametti ed Emanuele Solari. In quei verbali finora inediti Montella afferma di voler collaborare, ammette alcuni fatti, ne ridimensiona altri e nega le accuse più gravi, come ad esempio quella secondo cui le soffiate venivano pagate con droga e soldi. I magistrati però hanno in mano una serie di testimonianze e riscontri di cui il carabiniere non sa ancora.
I pm lo lasciano parlare, poi però Centini inizia a mettere le cose in chiaro: “Montella guardi è un po’ difficile per me andare avanti, le dico la sincera verità perchè io ho una convergenza molteplice di persone che sostengono di essere state pagate con stupefacente. Ho un suo ex collega, che dice che sto barattolo esisteva (un barattolo di latta nel quale era conservata la droga da dare agli informatori, ndr) e che la caserma è stata messa a posto dai suoi compagni, il giorno prima… (degli arresti dei carabinieri, ndr)”. E ancora: “Lei si può difendere nel processo come crede, ma non mi faccia perdere tempo. Non venga qua a raccontarci mezze messe”.
Il momento in cui Montella scopre di essere finito e decide di vuotare il sacco
L’interrogatorio viene sospeso per alcuni minuti. Montella parla con il suo legale, raccoglie le idee poi torna a rispondere alle domande dei magistrati e spiega il suo atteggiamento: non voleva tradire i colleghi a cui si sente legato da un vincolo d’onore che diventa sempre più difficile da sostenere.
“Vi chiedo scusa, se ho omesso qualcosa che adesso vi dirò è per questo senso di fratellanza con i miei colleghi, perchè tutto quello che si faceva la dentro tutti lo si sapeva. Cioè nella mia mente preferivo prendermi io le colpe per non scaricare i miei colleghi, però a questo punto penso che voi sapete tutto”. Comincia così la confessione. La testimonianza prosegue poi e diventa un atto d’accusa contro altri quattro carabinieri (Salvatore Cappellano, Angelo Esposito, Giacomo Falanga e Daniele Spagnolo) e, soprattutto, contro il comandante di stazione Marco Orlando. Angelo Esposito, va detto, si è sempre proclamato innocente sostenendo di non essere stato mai messo al corrente della attività illecita dei carabinieri. E, assistito dall’avvocata Mariapaola Marro, ha scelto il rito ordinario. Ai vertici dell’Arma che lo hanno sottoposto a procedimento disciplinare, ha detto “nessuno potrà mai portarmi via la divisa che mi dà vita e dignità “.
“Tutti sapevano, compresi i superiori”
“Tutti lo sapevano – dice Montella con voce ferma – nel senso che non c’è nessuno che non lo sa a partire dall’ultimo fino al comandante, dalla testa ai piedi, tutti sapevamo che ogni tanto davamo una canna… qualcosa. Sapevano che quando si facevano arresti grossi si diceva, ‘teniamo due grammi, tre grammi da dare …'”. Gli altri militari arrestati lo accusano di essere lui l’unico responsabile di quanto accaduto e della gestione degli illeciti. Montella però non ci sta più a fare da capro espiatorio e replica: “Dottore io ho sentito dalle celle, non sono stupido, loro sono tutti e quattro vicini… ok? Io sono quello più messo da parte, loro si parlano tutti e quattro, vanno insieme a fare l’ora d’aria, li sento parlare, sento quello che dicono e lo so che mi hanno buttato tutta la merda a me. Ero un loro fratello, ma in carcere nessuno di loro mi ha mai chiesto ‘Giuseppe come stai?'”.
I confidenti della Levante
“Alla Levante si è sempre andati avanti con i confidenti …. in pratica con le persone che si arrestavano, che si fermavano, si cercava il modo di far nascere una collaborazione: a volte poteva nascere a volte non nasceva. Io avevo confidenti da quando stavo in via Beverona (al comando provinciale di Piacenza, prima del 2010, ndr). Sono sempre stato uno che riusciva ad acquisire delle notizie perchè conosco molto Piacenza, quindi conosco molto la città , conosco dal più facoltoso all’ultimo spacciatore. Quando avevo una notizia (una soffiata, ndr) lo faceva presente a tutti, anche al comandante della stazione. Io gli dicevo, ‘Comandante, ho ricevuto questa notizia da Lyamani Hamza (uno spacciatore informatore, ndr), mi ha detto questo e questo, è possibile organizzare un servizio in borghese?’. Lui guardava le esigenze lavorative e diceva, ‘Domani sì’. A sua volta lui avvertiva il comandante di compagnia Bezzeccheri (Stefano, ndr) e il comandante di compagnia ci autorizzava a prendere la macchina (l’auto per i servizi in borghese, ndr)”
Servizi mordi e fuggi che portavano a piccoli arresti, ma nessuna indagine
Il vertice provinciale dell’Arma, secondo la versione di Montella, impediva indagini strutturate. Il carabiniere racconta un episodio emblematico dopo un servizio di Striscia la notizia. “Quando è successo il fatto dei Giardini Margherita, noi lavoravamo ogni tanto, facevamo un servizio per pulire e liberare i giardini Margherita… è successo che arrivò Striscia che fece casino e il colonnello… all’epoca era Scattaretico (Corrado, ex comandante provinciale, indagato, ndr) alzò un polverone, disse, ‘qua questa situazione dev’essere risolta’. E incaricò il maggiore Bezzeccheri. Noi volevamo intraprendere un’attività investigativa, abbiamo chiesto a Bezzeccheri se si poteva mettere qualche tel… (intercettazione, ndr) cioè per dire.. farli così non è facile. Fare così ho detto… può portare qualche numero, ma non può portare a un’attività un po’ più sistematica”.
“Lui non ha mai voluto attività d’intercettazione, perchè poi ci disse che le intercettazioni le stava già eseguendo Rivergaro (Un’altra stazione dei carabinieri di Piacenza, ndr), noi dovevamo fare quello che dovevamo fare. Alla Levante diceva che eravamo in pochi, non avevamo il personale per fare attività investigativa”.
I pestaggi e le violenze alla Levante
Montella racconta di schiaffi e botte, ma respinge l’accusa di pestaggi sistematici. Al procuratore Pradella, nell’interrogatorio del 2 ottobre 2020, ricostruisce alcuni episodi accaduti alla presenza ei colleghi.
“El Mehdi (un informatore) ci diede notizia che un ragazzo che frequenta le scuole a Piacenza spacciava comunque nei pressi della scuola e portava sempre con se lo stupefacente di tipo hashish. Si danno appuntamento al Mc Donald’s, nei pressi della stazione, questo ragazzo era in compagnia di un altro … di un altro ragazzo di cui ora non ricordo il nome. Li abbiamo presi dentro e gli abbiamo detto di uscire da locale perchè li volevamo portare in caserma per perquisirli perchè pensavamo che avevano stupefacente. Eravamo io Cappellano e Falanga. Uno ha negato di avere droga e a preso un paio di schiaffi da Cappellano”.
E aggiunge: “ha preso solo due schiaffi, io poi ero in ufficio con l’altro, se ne ha presi 3 o 4 da Salvo o Falanga, non glielo posso garantire, perchè io ero a fare la perquisizione dell’altro ragazzo”. I due, secondo quanto accertato dall’inchiesta, furono spogliati, uno lasciato nudo nel cortile. Vessati e picchiati, da qui l’accusa di “tortura” che però il carabiniere nega, affermando: “erano stati spogliati per la perquisizione, ma solo in caserma”. Tra l’altro, “il cortile è in condivisione con i carabinieri della Forestale, fuori lo avrebbero potuto vedere”. In quell’occasione sarebbero spariti dei soldi sequestrati ai due ragazzi, ma il carabiniere nega l’addebito.
Un secondo episodio riguarda un informatore, picchiato per convincerlo a continuare a fare la spia. Montella racconta: “Due schiaffi glieli ho dati e le spiego il motivo perchè glieli ho dati. C’erano Falanga e Spagnolo. Ero arrabbiato perchè a uno degli ultimi che avevo arrestato Hamza (l’informatore, ndr) aveva dato il nome di mio figlio, dove abitavo. Una persona mi aveva detto, ‘guarda, Hamza te la vuole far pagare’. Quindi io mi sento minacciato su mio figlio, l’ho chiamato in caserma, l’ho fatto venire, lui ha negato, io gli ho dato due schiaffi e gli ho detto, ‘io … noi.. il nostro rapporto che può essere di amicizia e poi comunque di lavoro, si deve fermare qua’, e da allora non mi ha dato più notizie”.
Droga, soldi e armi scomparse
Il racconto è quello di un arresto e di una perquisizione durante i quali le i fatti che si sono svolti non sono affatto chiari. La Procura contesta l’ammanco di denaro e di una parte della droga, oltre che di una pistola scacciacani e di un manganello. Montella racconta: “L’arresto di Montone è avvenuto così: Ghormy (un informatore, ndr) ci confida che si recava in macchina con altri soggetti a comprare dello stupefacente da Montone Luca. Si recano con la macchina, se ricordo bene erano i quattro, … arrivano nella strada, via De Meis (….) Dalla macchina scende Bonetti, si avvicina e suona al portone di Montone, Montone scende e lo vediamo perchè lo teniamo tutti quanti a vista, si parlano, se ricordo bene gli dà dei soldi”.
“Risale nell’abitazione, riscende, gli dà qualcosa. Avvisto lo scambio e siccome noi eravamo, se non mi sbaglio, in 3 in macchina, quindi non ci potevamo dividere e fermare tutti nello stesso momento, seguiamo la macchina sino al punto dove si fermano, abbiamo trovato un quantitativo di droga”. “Poi andiamo a fare la perquisizione a casa di Montone con i carabinieri del Radiomobile e troviamo 30 grammi e 50 euro, ma nessuna pistola o altro”. Per quella soffiata “non pagammo niente, perchè il quantitativo trovato era piccolo cioè, quando davamo lo stupefacente era perchè erano quantitativi più ingenti… cioè io non nego quando l’ho dato. Se abbiamo trovato 30 grammi, è tanto”.
Gli atti falsi firmati dal comandante Orlando, e nessuna ispezione
Secondo un passaggio di uno degli interrogatori “Il maresciallo Orlando non partecipava mai alle perquisizioni e firmava gli atti come se fosse stato presente”. Si tratterebbe in questo caso di una cosa sistematica per evitare problemi con la procura che durante le perquisizioni pretendeva la presenza di un “ufficiale giudiziario”. Tutti gli atti erano preparati da Montella che poi li faceva firmare agli altri carabinieri e al comandante di stazione. Orlando aveva ottimi rapporti con i suoi superiori, ma nessuno controllava nulla.
Dice Montella: “A Bezzeccheri interessavano gli arresti, per il resto non chiedeva”. Di Scattariello ricorda due visite, ma nessuna ispezione vera e propria, se ne trova traccia nel memoriale della caserma e nei registri delle visite “custoditi in cassaforte dal comandante”. Dall’inchiesta emerge che nessuno controllava quello che realmente succedeva alla Levante. E Montella conferma
Il premio per l’attività svolta dalla Levante
Montella ricorda di una “segnalazione solenne, per il numero degli arresti effettuati”. In quell’occasione fummo “ricevuti da Scattaretico alla festa dell’Arma, io Semeraro, Cappellano, Falanga e Esposito… segnalati dal comandante di compagnia al comandante provinciale che decise chi premiare.
Insomma, prima dell’arresto e dello scandalo della Levante tutti sembravano consapevoli che le cose non fossero esattamente regolari, ma nessuno faceva niente per controllare, anzi una parte dei vertici dei carabinieri di Piacenza preferiva girarsi dall’altra parte e incassare i risultati. D’altra parte i rapporto costi benefici conveniva a tutti: “I confidenti – racconta Montella – non avevano niente in cambio… in pratica la funzione … del confidente … perchè poi lo capivi … Come Hamza, quando mi dava le notizie io sapevo perchè mi dava la notizia, però non gliel’ho mai chiesto, perchè in sè e per sè non mi interessava, in pratica quello ti dà la notizia per eliminare altre persone…. Persone con cui aveva debiti o aveva acquistato dello stupefacente …. Stupefacente non pagato. Io a volte gli davo da mangiare….”.
Qualche soldo, qualche grammo di droga e poco altro in cambio di numeri da vantare con i superiori. Poco importa, se come dicono due ex confidenti, erano pagati “con denaro che proveniva dall’attività investigativa, e quindi da perquisizione e con stupefacente su cui si faceva la cresta …”.
(da “La Repubblica”)
argomento: Giustizia | Commenta »