QUANDO TORNEREMO ALLA NORMALITA? “LA SVOLTA CI SARA AD AGOSTO, MA NE USCIREMO SOLO A INIZIO ANNO PROSSIMO”
UNO STUDIO DEL MINISTERO DELLA SALUTE SU CUI PESANO DUE INCOGNITE: LE VARIANTI E LA DURATA DELL’IMMUNITA’
Le incognite sono numerose. Ma è ipotizzabile una ripartenza dell’Italia verosimilmente per agosto, alla condizione di riportare al più presto i contagi a 50 ogni 100 mila abitanti a settimana (oggi sono oltre 4 volte tanti), vaccinare 500 mila persone al giorno e riaprire gradualmente tenendo l’Rt a 1 in modo da bilanciare l’effetto vaccini con l’allentamento delle misure. I nuovi decessi si attesterebbero tra i 10 e i 30mila, con una letalità del virus simile all’influenza.
Il ritmo dei vaccini
Sono i risultati dello studio elaborato da un gruppo di esperti del ministero della Salute, dell’Istituto superiore di Sanità e della fondazione Bruno Kessler, pubblicato qualche giorno fa e che segnano un road map in positivo.
Se le vaccinazioni andranno avanti a ritmo sostenuto (che vuol dire come minimo quello attuale, ma servirà un enorme sforzo per recuperare i ritardi accumulati da gennaio a oggi), la campagna si chiuderà in 13 mesi totali.
Dunque, data la partenza a gennaio, per l’inizio del 2022. Così sarà evitato l’80 per cento dei potenziali decessi che si avrebbero in assenza di vaccini.
In questa situazione, le misure di contenimento potranno essere eliminate del tutto in 12 mesi (sempre per inizio 2022).
Per arrivare infine a una situazione «Zero-Covid» (con due settimane consecutive senza contagi) ci vorranno invece, in tutto, 18 mesi.
Questi sono i dettagli dello scenario migliore, quello che delinea l’uscita dell’Italia dalla pandemia. Quando è solido? Impossibile dirlo. Perchè ci sono variabili molto concrete che potrebbero definire scenari molto più negativi.
Si parte dall’ipotesi che si riesca a somministrare 4 dosi di vaccino al giorno per ogni mille abitanti (240 mila al giorno in totale), che si arrivi a coprire il 75 per cento della popolazione, che le fasce deboli siano protette in via prioritaria, che i vaccini prevengano anche l’infezione (non solo la malattia) e che il loro effetto duri almeno un paio d’anni.
Dunque, il primo aspetto da valutare è: riusciremo a tenere un ritmo di vaccinazioni adeguato e sostenuto? Fino ad oggi, di fatto, la campagna ha viaggiato circa alla metà di questo traguardo: ci sarà dunque la necessità di recuperare, salendo per un certo periodo a 500 mila dosi al giorno, per arrivare ad aver vaccinato circa il 75 per cento della popolazione entro luglio.
Se la campagna vaccinale procedesse invece al ritmo di 2 dosi al giorno per ogni mille abitanti (e qui si delineano gli scenari peggiori), la campagna durerebbe 2 anni, la mortalità salirebbe e per allentare del tutto le misure di contenimento servirebbero 21 mesi.
Durata e varianti
Sull’aumento del ritmo delle vaccinazioni, arma primaria per uscire dalla pandemia, il governo può intervenire. Le variabili che creano maggiori incognite quindi sono altre, quelle sulle quali non ci sono ancora certezze medico-scientifiche.
La prima: quanto dura l’«immunità » su chi viene vaccinato? Se l’effetto del farmaco scomparisse prima di un anno, o addirittura dopo 6 mesi, a partire dal prossimo autunno, o comunque dalla fine dell’anno, ci sarebbe nuovamente la necessità di misure di contenimento forti per evitare una ripartenza del virus (e la mortalità rischierebbe di essere quadrupla rispetto allo scenario di riferimento).
Anche in questo caso però la rapidità del ritmo di vaccinazione sarebbe decisiva, «perchè se la prima campagna vaccinale durasse 13 mesi – scrivono gli studiosi – anche con una copertura breve sarebbe possibile avviare una seconda campagna di vaccinazione mantenendo comunque l’epidemia sotto controllo». Si sposterebbe soltanto in avanti l’obiettivo ultimo di arrivare alla situazione «Zero-Covid».
(da “Il Corriere dela Sera”)
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