Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
L’AMMUCCHIATA SOVRANISTA, NO VAX E ANIME PERSE PERDE DUE TASSELLI CHE NON ERANO INTERESSATI ALLE POLTRONE
Alla due giorni a Roma per la nascita del Forum dell’indipendenza italiana, il nuovo movimento dell’ex sindaco di Roma, arrivano in poche ore le prime defezioni
Si stanno sfilando uno a uno i personaggi previsti per l’evento organizzato da Gianni Alemanno il 25 e 26 novembre al Midas Palace Hotel di Roma. Doveva essere l’assemblea di fondazione del nuovo movimento sovranista dell’ex sindaco di Roma, il Forum per l’indipendenza italiana, ma pare che gli invitati a intervenire non lo sapessero.
Almeno è quel che dice il primo a fare un passo indietro, lo scrittore Moni Ovadia che smentisce la sua partecipazione al nuovo partito di destra: «L’invito che mi era stato rivolto si riferiva a una tavola rotonda sulla questione israelo-palestinese e, essendo io fermamente convinto della necessità di dialogare soprattutto con chi non la pensa come me, avevo accettato».
E proprio mentre montano le polemiche per il parterre già definito rosso-bruno, con la partecipazione anche del presidente onorario del Partito comunista italiano Marco Rizzo, arriva anche l’ex funzionaria della Farnesina Elena Basile a mettere in chiaro che non vuole avere nulla a che fare con il partito di Alemanno.
Per lei si fa portavoce ancora una volta Ovadia: «Entrambi abbiamo ritirato la partecipazione, perché ce l’avevano presentata come un incontro sulla Palestina». A tweet ancora fresco di Alemanno che presentava la tavola rotonda intitolata «Dai mondi del dissenso l’alternativa politica e sociale», il cartellone diffuso dovrà essere rivisto. Al momento resistono i nomi di Rizzo, Francesco Toscano, Fabio Granata e il moderatore, il vicedirettore de La Verità Franceco Borgonovo. Dovevano essere «due giorni di confronto e dibattito per fa nascere un nuovo movimento – aveva detto Alemanno – che renda l’Italia una nazione libera e indipendente». Alemanno invitava a guardare al futuro, ma con il passare delle ore pare dovrà farlo con una comitiva sempre più ristretta.
(da Open)
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Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
IN REGIONE LOMBARDIA LA MAGGIORANZA VA SOTTO NEL VOTO SEGRETO
Valutare l’opportunità di rimuovere Lucia Lo Palo da presidente Arpa Lombardia, dopo la sua infelice uscita secondo cui il cambiamento climatico non sarebbe influenzato dall’uomo.
A sorpresa, nonostante il parere negativo espresso in aula dalla giunta, il consiglio regionale lombardo ha approvato con voto segreto una mozione che di fatto ‘sfiducia’ la manager, con 37 voti favorevoli e 36 contrari, a voto segreto.
Ma già nei giorni scorsi i vertici regionali, a partire dal governatore Attilio Fontana, avevano preso le distanze dalla dichiarazione di Lo Palo, affermando che fosse a titolo personale, mentre l’assessore alla sicurezza Romano La Russa (Fdi) aveva commentato che “la Regione non risponde delle sue parole”.
Il testo della mozione, presentata da Pierfrancesco Majorino del Pd e condivisa da Alleanza Verdi Sinistra, Azione-Italia Viva, Movimento 5 Stelle e Patto Civico, invita tra l’altro la giunta a “valutare di sollevare la presidente dalla sua attuale carica in quanto non adeguata a dirigere una struttura di controllo dell’ambiente a garanzia della popolazione lombarda”. Lo Palo aveva rilasciato le sue dichiarazioni il 3 novembre durante la rubrica televisiva di Italpress. Tra le altre cose aveva proposto un ciclo di formazione per i giovani contro la cosiddetta “ecoansia”.
Lo Palo era stata candidata (non eletta) alle elezioni regionali del 2023 nella lista di Fdi in provincia di Brescia, come parte di un accordo con il mondo ciellino, che prevedeva anche la candidatura di Matteo Forte a Milano (eletto).
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
NON HA GUADAGNATO MANCO UN VOTO RISPETTO A UN ANNO FA, MA È RIUSCITO NELL’IMPRESA DI CONVINCERE QUASI LA METÀ DEGLI ELETTORI LEGHISTI A NUTRIRE SENTIMENTI DI DIFFIDENZA NEI CONFRONTI DEL GOVERNO DI CUI LUI STESSO FA PARTE
Siamo da tempo degli estimatori convinti del senatore Matteo Salvini, e non passa giorno in terra in cui egli non ci confermi questo nostro giudizio positivo che fa piazza pulita di tutti quegli spiritosi secondo i quali questo senatore, e vicepremier, sarebbe al contrario attrezzato per la politica all’incirca come il boscimane medio lo è per la psicologia. Sciocchezze.
Il vicepremier, e segretario della Lega, per guadagnare voti ogni volta che ha potuto ha fatto capire di non condividere quello che faceva la sua presidente: dall’immigrazione alle pensioni, passando per il premierato. Ragione per la quale egli chiamava Marine Le Pen a sparare a palle incatenate contro l’Europa nello stesso giorno in cui Meloni portava Ursula von der Leyen a Lampedusa. C’era del metodo. Altroché. Del genio.
Per questo Salvini lasciava che il fidato Andrea Crippa, il vicesegretario leghista (anzi il vice genio), si lanciasse nella delicatezza di ricordare ai tedeschi che sono stati nazisti.
Questa si chiama strategia. E più si avvicinano le elezioni europee, più la volpe del Giambellino insiste: per recuperare voti bisogna distinguersi ancora di più dal governo. Una mossa da Cristiano Ronaldo della politica.
Sicché adesso, Euromedia Research certifica questo straordinario talento. Se si votasse oggi infatti la Lega prenderebbe tra l’8 e il 9% per cento dei voti, che sono all’incirca quanto aveva preso già alle politiche disastrose di un anno fa (8,8%)
Ma il vero grande trionfo di Salvini è nel rapporto sulla “soddisfazione” dei leghisti rispetto al governo.
Ebbene, il 50 per cento degli elettori della Lega è “soddisfatto”, il 30 per cento è “insoddisfatto” e il 20 non si esprime.
In pratica Salvini non ha guadagnato manco un voto rispetto a un anno fa, ma è riuscito nell’impresa di convincere quasi la metà degli elettori leghisti a nutrire sentimenti di diffidenza nei confronti del governo di cui lui stesso fa parte.
E poi non dite che non ha stoffa.
(da il Foglio)
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Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
IERI SERA, LA SUA PRESENZA SU RETE4 DA NICOLA PORRO A “QUARTA REPUBBLICA” HA FATTO SCENDERE IL PROGRAMMA AL 4.9% DI SHARE CON 740MILA TELEMORENTI CONTRO IL 5.8% E GLI 848MILA SPETTATORI DELLA SETTIMANA SCORSA
Se qualcuno dovesse eleggere il vero tormentone dell’estate 2023 non penserebbe ad Annalisa e al suo poliamoroso Mon Amour né al nostalgico Italo Disco dei Colors, bensì al best-seller Il mondo al contrario del generale Roberto Vannacci.
Nel giallo leonino dell’estate piena, infatti, non si poteva guardare quotidiano, rivista, sito, telegiornale, talk show, depliant della Lidl nella cassetta delle lettere e così via senza imbattersi nel generalissimo o in sue citazioni.
Basti dire che il 7 settembre scorso fu perfino menzionato da Lilli Gruber sul palco della festa del Fatto Quotidiano, quando la teutonica conduttrice annunciò che Vannacci era un uomo intelligente e che con lui in futuro bisognava avere senz’altro a che fare, anticipando una sua alquanto possibile ospitata a Otto e mezzo. Un’autentica consacrazione, insomma.
Due mesi più tardi, invece, del generale Vannacci e del suo libro si parla sempre meno, e le sue disamine sull’omosessualità sono soppiantate nei talk da analisi geopolitiche su Hamas e Israele, e ancor prima da dotte elucubrazioni sulla telenovela sentimental-istituzionale tra Meloni e Giambruno.
Le sue apparizioni televisive si sono di fatto diradate, e le sue ospitate nei talk non sono più un evento né tantomeno determinanti per quanto riguarda gli ascolti. Ieri sera, la sua presenza su Rete4 da Nicola Porro a Quarta Repubblica non ha impedito al programma di ottenere solo 740.000 teste con il 4.9%, in calo rispetto a sette giorni fa quando ne aveva raccolti 848.000 con il 5.8%.
Ma anche sui giornali si rischia sempre meno di trovarsi di fronte, voltando pagina, il viril faccione del militare come invece accadeva la scorsa estate. Il fenomeno, insomma, si è alquanto ridimensionato. Se, spulciando la sua pagina facebook, si evidenzia il proseguimento del suo tour elettorale nei vari paesini e paesetti italiani, è evidente che – almeno al momento – l’astro del generale non è più mediaticamente fulgido com’era qualche mese fa.
Il fascino della novità, cadendo a poco a poco come una veste, ha lasciato forse nuda l’eterna monotonia delle rivendicazioni del generale, che hanno le stesse forme e lo stesso linguaggio dei discorsi degli attempati astanti in coda all’ufficio postale? Il destino del generale Vannacci si avvia forse a essere quello emblematico del marziano di Ennio Flaiano? Mediaticamente parlando, almeno a tutt’oggi, sembrerebbe di sì.
(da Dagoreport)
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Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
BUROCRAZIA, INFLAZIONE E MANCATE AUTORIZZAZIONI METTONO A RISCHIO LA METÀ DEI FONDI EUROPEI PER LA RIPRESA, 121 MILIONI SONO “CONGELATI” PER I RITARDI DI PALAZZO CHIGI
Come non dar ragione alla Corte dei conti che solo la settimana scorsa aveva segnalato l’urgenza assoluta «di una spedita finalizzazione della fase di revisione del Piano di ripresa e resilienza per rimuovere tutti fattori di incertezza».
Secondo il monitoraggio della Fondazione Openpolis, l’attuale fase di transizione in attesa dell’ok di Bruxelles alle modifiche proposte dal governo italiano al Pnrr sta rallentando l’attuazione del piano stesso.
Su 221 decreti attuativi che l’esecutivo si era impegnato ad emanare, infatti, ben 54 (quasi uno su 4) mancano ancora all’appello bloccando tra l’altro in questo modo 1,2 miliardi di euro di investimenti.
Come ha segnalato ieri l’agenzia Bloomberg il governo Meloni, a questo punto, potrebbe avere difficoltà ad accedere a circa la metà dei fondi per la ripresa europei previsti da programma europeo a causa della burocrazia, dell’inflazione che fa lievitare i costi delle opere e delle difficoltà nell’ottenere le autorizzazioni locali per alcuni progetti.
Secondo l’agenzia Usa non solo in questa fase «gli obiettivi sono diventati sempre più difficili da raggiungere, ma anche il ritmo delle riforme necessarie sta rallentando» mettendo a rischio l’incasso dei 90 miliardi di euro che, tolta la quarta rata ormai quasi certa, ancora mancano all’appello. Secondo Openpolis «l’incertezza sull’approvazione o meno della proposta di revisione del piano sta inevitabilmente rallentando il suo processo di realizzazione».
Tra l’altro mancherebbero all’appello ben 6 attuazioni legate alla revisione della governance del piano con cui Meloni e Fitto contavano di recuperare i ritardi. Ancora da pubblicare ci sono poi 4 decreti attuativi relativi alla riforma del processo penale e del processo civile che tanto sta a cuore a Bruxelles. All’appello mancano 11 decreti del ministero dell’Istruzione, 9 della Presidenza del consiglio, 6 della Giustizia ed altri 6 dell’Ambiente.
Altri 2 decreti attuativi, invece, bloccano altri 321 milioni che il ministero dell’Istruzione dovrebbe destinare all’assunzione di docenti ed alla formazione degli insegnanti di ruolo. Sono invece 121 i milioni «congelati» a causa dei ritardi della Presidenza del Consiglio: 81 milioni riguardano la riorganizzazione del Dipartimento per le politiche di coesione che fa riferimento al ministro Raffaele Fitto e circa 40 gli investimenti in digitalizzazione, con particolare riferimento ai sistemi per l’identità digitale.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
ALLERTA DELLA CARITAS: IL 42% DEI RESIDENTI E’ SOTTO LA SOGLIA DI POVERTA’ DENUNCIANDO REDDITI PER MENO DI 15MILA EURO. E CON L’INFLAZIONE CRESCE L’INDEBITAMENTO, BOOM DELL’AZZARDO
Tra le grandi città, i romani si portano a casa la medaglia di bronzo: Roma, dopo Milano e Bologna, è la terza in Italia quanto a media dei redditi guadagnati. Ma se da una parte i romani con 28.600 euro all’anno prendono 8.400 euro in meno rispetto ai milanesi, dall’altra c’è una Capitale divisa praticamente a metà. Infatti, il 42,2% dei residenti dichiara un reddito inferiore a 15.000 euro, il 37,1% è nella fascia tra 15 mila e 35 mila, il 18,3% dichiara più di 35 mila euro, ma solo il 2,4% percepisce più di 100 mila euro.
E questa piccola percentuale detiene il 17,6% del totale dei redditi dichiarati a Roma, cioè più di 8 miliardi di euro. Questa fotografia viene dal Rapporto 2023 sulle povertà di Caritas Roma.
Nello studio si evidenzia l’aumento di 1.100 euro l’anno del reddito medio, ma, nel frattempo, anche la perdita del potere di acquisto dei cittadini della Capitale (-0,6%), il maggiore ricorso ai prestiti e all’indebitamento (nel Lazio c’è stato un aumento di oltre il 9% delle cessioni del quinto dello stipendio).
La classe di età tra i 60 e i 74 anni è quella che in media gode di un reddito più alto (31.962 euro) ed è la classe di età più ricca in tutti i 15 Municipi. Viceversa, la fascia di età sotto i 30 anni è quella che ha una media reddituale inferiore.
L’AIUTO Nel 2022 si è registrato inoltre il dato più alto di accesso nei centri Caritas, parrocchie e servizi diocesani: oltre 25 mila persone hanno fatto richiesta di aiuto, soprattutto di tipo alimentare, e per 11.800 di esse sono stati avviati programmi organici di aiuto. Nelle tre mense sociali sono state accolte 9.148 persone, 4.092 delle quali per la prima volta. Viene rilevata inoltre la presenza di 698 minori nelle mense (il 7,6 per cento del totale), soprattutto di minori stranieri non accompagnati. La Capitale presenta un tasso di occupazione del 70,6 per cento, un dato di oltre 5 punti superiore alla media nazionale e a quella regionale. Si tratta però di un mercato con una forte prevalenza di lavori instabili, il 18,8 per cento di lavoratori atipici (17 per cento del totale nazionale).
La percentuale di lavoratori dipendenti con «bassa paga» è del 13,5 per cento (10,4 per cento in Italia). Secondo i dati Istat del 2023, i senzatetto e senza fissa dimora sono 23.420 nell’Area metropolitana di Roma, la maggior parte nella Capitale. A questi (che sono i casi più gravi) vanno aggiunti i 29.270 nuclei familiari che al 30 settembre, hanno chiesto al Comune di Roma di ricevere un contributo, fino a massimo 2.000 euro, per essere aiutati a pagare il canone di affitto, oltre il doppio rispetto a quelle del 2019 (12.999). Per i fondi disponibili, secondo quanto sottolinea Caritas, l’aiuto non potrà andare oltre i 750 euro a richiedente.
NEI MUNICIPI Ci sono municipi più ricchi ed altri più poveri. Il Centro, Prati, Della Vittoria, Parioli, Flaminio, Salario, Trieste, Nomentano, si confermano i quartieri più ricchi. Nel II Municipio si guadagna una media di 41.119 euro l’anno, nel primo si arriva a 37.787. Sull’altro piatto della bilancia, invece, ci sono Borghesiana, Colle Prenestino, Borgata Finocchio, Tor Bella Monaca, Torre Angela che guadagnano meno della metà dei Municipi top. I residenti del VI, infatti, portano a casa una media di 17.058 euro all’anno. E quelli del V (Centocelle, Casilino, Tor Tre Teste), guadagnano poco di più: 18.950 euro ogni dodici mesi.
Tornando alla vetta della classifica, al terzo posto c’è il IX Municipio (quello dell’Eur), con 29.605 euro. A seguire, il XV (Tor di Quinto, Cesano, Olgiata, Prima Porta), con 28.729 euro. Poi l’VIII (Appia Antica) con 28.718, il XII (Monteverde) con 27.527, il III (Montesacro) con 25.683, il XIV (Monte Mario) con 25.262, il VII (Appio Latino-Tuscolano) con 24.525, il XIII (Aurelio) con 23.544, il X (Ostia) con 22.553, l’XI (Portuense-Magliana) con 21.952 e il IV (Tiburtino) con 21.503 euro all’anno. «La Capitale cresce, c’è più occupazione, crea più ricchezza, ma nonostante questo i poveri aumentano – ha commentato il sindaco di Roma, Roberto Gualtieri. – Per questo abbiamo delineato la cornice del nuovo piano sociale per includere tutte le realtà del volontariato e del terzo settore in una politica comune».
(da il Messaggero)
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Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
AI CONTROLLI 18 AUTISTI SONO RISULTATI POSITIVI AGLI STUPEFACENTI
La Procura della Repubblica di Roma in collaborazione, con la Polizia di Frontiera di Fiumicino, ha arrestato una persona sospettata di essere il pusher di diversi tassisti ed NCC durante la stagione turistica estiva, dell’aeroporto internazionale Leonardo da Vinci, a Fiumicino. Nel corso dei controlli, fatti nei scorsi mesi dalla polizia di Frontiera e stradale di Roma, sono stati scoperti ben 18 conducenti taxi/NCC positivi ai test. Segnalati alla competente Autorità Giudiziaria – spiega Il Messaggero – hanno subito il ritiro della patente di guida e la segnalazione agli uffici comunali per la verifica dell’idoneità al servizio pubblico.
Il massivo uso di droghe fra gli autisti però ha insospettito la Polizia di Stato, facendo così scattare ulteriori indagini per capire chi fornisse la droga.
Dopo diversi pedinamenti di numerose autovetture gli inquirenti hanno individuato una sola persona: uno straniero, insospettabile, che faceva in zona il lavavetri abusivo.
E proprio fingendo di lavare i parabrezza agli autisti, approcciava i clienti scambiando droga e denaro con un rapido scambio di mano che poteva sembrare la “mancia” per la pulizia offerta. L’uomo è stato raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
(da agenzie)
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Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
LA CORTE DEI CONTI HA CERTIFICATO GROSSI RITARDI NELLA SPESA PUBBLICA PER I PROGETTI DEL PNRR
” I dati della Corte dei Conti sono allarmanti. Anche noi abbiamo raccolto dei numeri – pur se ci sono grossi problemi di monitoraggio del Pnrr -, da cui in ogni caso emerge un grande ritardo nella spesa per i progetti del piano”. Così in un’intervista a Fanpage.it, l’economista Tito Boeri commenta i risultati della relazione semestrale dei giudici contabili, sullo stato di attuazione del Piano di Ripresa e Resilienza. Facendo un esame a campione sui progetti, la Corte ha rilevato un livello di spesa dei fondi europei ancora molto basso, rispetto agli obiettivi. Un’analisi peraltro contestata dal ministro per il Pnrr Raffaele Fitto, che l’ha definita “parziale e poco rappresentativa” del reale stato di completamento del piano.
Comunque la si veda, il destino finale di quello che doveva essere il grande progetto di rilancio dell’economia europea e italiana dopo la pandemia rimane un incognita. Per il professor Boeri, molte delle difficoltà nella realizzazione dei progetti del Pnrr sono da attribuirsi a una serie di difetti congeniti, nella concezione del Recovery Plan europeo e soprattutto nella sua traduzione nel Pnrr italiano, concepito dal governo Conte bis, perfezionato da Draghi e portato avanti da Meloni. È questa la tesi di fondo del libro “Pnrr. La Grande Abbuffata” edito da Feltrinelli, che Boeri ha scritto assieme al collega dell’Università Bocconi Roberto Perotti.
L’ubriacatura del Pnrr
Secondo Boeri, dopo il varo del Next Generation Eu, in Italia, “c’è stata una sorta di ubriacatura collettiva. Abbiamo chiesto più fondi possibili – compresa la massima quota dei prestiti- perché sembrava che, su quella base, si misurasse il successo della nostra operazione”. Il problema, sostiene Boeri, è che “solo dopo aver preso tutti quei soldi (circa 237 miliardi in totale), ci siamo chiesti cosa farne e a quel punto lo abbiamo dovuto decidere in tempi strettissimi”. Questo nonostante si trattasse di realizzare per la maggior parte investimenti pubblici, con procedure molto più complesse, rispetto ai semplici trasferimenti di denaro verso il privato. “Con queste premesse – prosegue l’economista – sono nati una serie di problemi. Tutti diffondeveno l’idea che i fondi europei arrivassero gratis, come un regalo, ma non era così”.
Mentre, nei giorni della manovra, il dibattito si concentra sulla scarsità di risorse, sembra paradossale sostenere che per il Pnrr ci siano troppi soldi. “Nelle Scienze economiche esiste un fenomeno che si chiama ‘la maledizione delle risorse naturali’ – ribatte Boeri -. Tratta di Stati dove ad ad esempio scoprono grandi pozzi di petrolio, che potrebbero renderli molto ricchi. Ma queste scoperte scatenano conflitti, che paralizzano l’economia. così questi Paesi si ritrovano più poveri di prima”. Secondo l’ex presidente dell’Inps, con il Recovery Plan rischia di accadere qualcosa di simile: “l’illusione di non avere più vincoli di bilancio ci ha portato a varare misure completamente sbagliate, come il Superbonus, che premia soprattutto i ricchi, per cui si sono spesi 125 miliardi di fondi pubblici”.
La scuola, esempio degli errori del piano
Boeri ritiene anche che siano state scelte priorità errate nell’allocazione delle risorse del Piano di Ripresa, sia a livello europeo, che nella declinazione italiana. “Avremmo dovuto porre al centro il contrasto del declino demografico, l’integrazione degli stranieri, la lotta all’emarginazione sociale. La quota di fondi per questi obiettivi invece è molto bassa”. Di contro, nel libro dei due economisti si contesta l’ossessione per il digitale che permea tutto il Pnrr, seguendo peraltro i vincoli posti dall’Europa. Da questo punto di vista, gli autori considerano la scuola un caso emblematico. “Abbiamo visitato scuole che hanno ricevuto moltissimi soldi – racconta Boeri – e li hanno dovuti utilizzare per comprare iPad a bambini dai quattro ai sette anni, non credo ce ne fosse molto bisogno”. Prosegue l’economista, “noi dobbiamo cercare di aumentare gli spazi di socializzazione, i doposcuola, gli insegnati di sostegno. Queste cose invece sono state messe in secondo piano, rispetto all’idea della digitalizzazione, come panacea di tutti i mali”.
C’è poi la questione dei traguardi e delle performance del Pnrr, molti dei quali considerati irrealistici. Nel libro, viene riportata la metafora utilizzata da un esponente del governo Draghi, per cui con il Pnrr si vuole spronare un atleta che ha sempre fatto i 100 metri in 15 secondi, a correrli in soli 10 secondi. Per gli autori, questo non è solo impossibile, ma anche controproducente. “È giusto porsi degli obiettivi sfidanti, ma se sono del tutto irraggiungibili, si ottiene il risultato opposto, perché si demotivano le persone coinvolte”, dice Boeri. E a questo proposito, fa l’esempio del target della riduzione dell’arretrato, nel settore giustizia, fino al 90 percento. O di quello dell’inserimento nel mercato del lavoro, di tre milioni di persone. “Obiettivi di questo tipo tra l’altro distorcono l’attività, perché pur di avvicinarli si fanno cose che chiaramente non servono”, chiosa Boeri. Anche i calcoli sugli impatti economici di investimenti e riforme, sono considerati immensamente sovrastimati.
Nel volume – che passa in rassegna tutti i principali settori e iniziative coinvolti nel Pnrr, dal turismo allo sport – si solleva più volte la domanda, sul destino delle opere realizzate, dopo il 2026, data di scadenza del piano. Una questione irrisolta, che sta condizionando iniziative come il piano per l’infanzia. Molte parti d’Italia soffrono di una cronica carenza di posti negli asili nido, per bambini da tre mesi a tre anni. Eppure i Comuni si stanno concentrando sul potenziamento delle scuole d’infanzia, che coprono la fascia dai tre ai cinque anni. “Se avessero scelto di fare asili nido – spiega Boeri -, avrebbero avuto le risorse per costruirli, ma non quelle per mantenerli, pagare il personale, etc…”. Questo problema riguarda molti dei progetti del piano europeo, ci sono soldi una tantum, ma non sono previsti fondi per la gestione e manutenzione nel tempo delle strutture
La revisione del Pnrr di Meloni
Pochi mesi fa, il governo ha proposto una revisione complessiva del Pnrr, ora al vaglio della Commissione europea. Servirà a risolvere le storture del piano? “Il procedimento è in parte giusto, perché tiene conto dell’aumento dei prezzi delle materie prime e corregge alcuni obiettivi irrealistici”, risponde Boeri, che però rileva due grandi problemi di fondo. Il primo, dice, “è la riduzione ulteriore di risorse per la riqualificazione urbana o il degrado delle periferie”. Il secondo problema è il ridimensionamento dell’obiettivo di riduzione del tax gap, la differenza tra la cifra potenziale di raccolta tramite le tasse, rispetto a quella effettiva. “Questa scelta è un pessimo segnale sul piano della lotta all’evasione fiscale”, sottolinea l’ex presidente Inps.
Boeri tuttavia crede che sia ancora possibile ‘salvare’ il Pnrr. Innanzitutto ritiene realistico chiedere un allungamento dei tempi di attuazione, oltre il 2026, anche se la Commissione Ue ha più volte negato questa ipotesi. “Le condizioni in cui è stato messo in piedi il Next Generation Eu sono molto diverse da quelle attuali e molti Paesi oggi sono in ritardo con le spese”, fa notare l’economista. Per il quale, inoltre, occorre rivedere ulteriormente i contenuti del piano, “togliendo i progetti a basso valore sociale e valorizzando quelli che affrontano davvero le priorità dell’Italia”. Continua Boeri: “A quel punto potremmo anche ridimensionare il Pnrr, riducendo la quota dei prestiti, per contenere il debito pubblico”.
Dopo anni di inutili appelli, è servita una pandemia, per ottenere uno strumento di debito comune europeo. Rimane però un forte scetticismo, da parte degli Stati rigoristi, Germania in testa. Per questo sul Recovery Plan, l’Italia è un osservato speciale. In molti ritengono che se il nostro Paese non rispettasse i tempi o non spendesse tutti i soldi a disposizione, questo metterebbe la parola fine, su ogni possibilità di realizzare progetti simili in futuro. Boeri non è d’accordo: “Non capisco questa obiezione. Se l’Italia dimostra di prendere a prestito con parsimonia e solo quello di cui ha bisogno, per realizzare progetti che hanno un effettivo impatto sulla crescita, si va proprio nella direzione che ci chiedono i cosiddetti Paesi frugali”. E ribalta il ragionamento: “al contrario, oggi la consapevolezza che abbiamo preso tutti questi soldi e non li stiamo spendendo bene è un elemento che nelle discussioni sul nuovo Patto di Stabilità e Crescita spinge gli Stati rigoristi a imporci condizioni molto restrittive”.
(da Fanpage)
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Novembre 14th, 2023 Riccardo Fucile
E COSÌ EXOR, LA HOLDING DI CASA AGNELLI, HA INVESTITO PESANTEMENTE IN QUESTO SETTORE: HA INGLOBATO IL 15% DI PHILIPS E COMPRATO IL 45% DI LIFENET HEALTCARE
La sanità pubblica è in palese difficoltà, è sotto gli occhi di tutti. Tagli sconsiderati nel corso degli ultimi anni, a cominciare dal dl 6 luglio 2012, n. 95 (cosiddetto Spending review) e l’avvio dei piani di rientro ad opera delle Regioni in squilibrio finanziario
E lì dove il pubblico arretra, inevitabilmente il privato avanzata attirato dalla prospettive di una popolazione sempre più anziana, quindi bisognosa di cure. Gli italiani spendono fra i 35 ed i 40 miliardi ogni anno per spese sanitarie.
Mentre la spesa sanitaria pubblica rallentava (tra il 1999 e il 2020 l’Italia ha segnato il minor tasso di crescita +2,1%), si facevano largo grossi gruppi industriali con acquisizioni, mega ospedali super tecnologici, case di riposo per anziani, strutture di diagnostica. Non è un caso che nel settore si sia tuffata anche Exor, la holding di casa Agnelli.Un’operazione portata avanti contestualmente ad un’azione di ridimensionamento della presenza in Italia nel settore auto. Da una parte il gruppo taglia, falcidiando posti di lavoro nelle fabbriche storiche del nostro Paese, (oltre 2.000 sono a rischio quest’anno e non è finita qui), dall’altra si getta a capofitto in un comparto dove il rischio d’impresa è minimo, grazie alle convenzioni pubbliche e l’alto guadagno è assicurato.
L’invecchiamento della popolazione e il conseguente aumento della domanda di cure mediche, fanno della sanità il settore del futuro. Mentre sull’auto si fa sentire la concorrenza della Cina che nel giro di pochi anni dominerà il mercato, perché in grado di fornire prodotti a prezzi più competitivi e con alta tecnologia, sulla sanità il disimpegno progressivo del pubblico, apre infinite praterie di business.
Dal 2021, il Gruppo ha tagliato oltre 7.000 posti nelle aziende italiane dell’auto. Cassino, Mirafiori, Enti Centrali, Pratola Serra, Termoli e Cento, non rappresentano più un bene industriale da tutelare. Meglio investire nelle cliniche. Nel giro di un paio di anni ha realizzato una serie di acquisizioni di peso.
Ad agosto ha inglobato il 15% di Philips, multinazionale che un tempo operava nell’elettronica di consumo e ora leader mondiale nella tecnologia per la salute, con un’operazione da circa 2,6 miliardi di euro. Lo scorso anno Exor ha messo a segno altre importanti operazioni. In estate un investimento da 833 milioni per rilevare il 10% dell’Istituto Mérieux, preceduto in aprile, dall’acquisizione del 44,7% di Lifenet Healtcare attraverso un aumento di capitale riservato da 67 milioni.
La società è guidata da Nicola Bedin che, dal 2005 al 2017, è stato a capo del gruppo ospedaliero San Donato, gigante leader della sanità privata italiana e titolare dell’ospedale San Raffaele di Milano. Nel 2018 però Bedin ha lasciato la carica di ad del San Donato per fondare l’azienda specializzata in servizi ospedalieri nella quale è entrata Exor.
Si tratta di una holding con oltre 1.500 dipendenti e che gestisce una decina di strutture, tra ospedali e grandi ambulatori, in Lombardia, Piemonte, Emilia-Romagna e Lazio. E proprio in quest’ultima regione l’attivismo è elevato. Nel gennaio scorso Lifenet ha perfezionato l’acquisizione della Casa di Cura Città di Aprilia, un ospedale privato accreditato con il Servizio sanitario nazionale, dotato di un Pronto Soccorso che conta circa 30.000 accessi all’anno. Un gioiello che si aggiunge all’Ospedale Regina Apostolorum di Albano Laziale già tra le proprietà del gruppo guidato da Bedin e acquisito nel 2021, accreditato con il Ssn con circa 200 posti.
John Elkann, ceo di Exor, è stato chiaro su quella che è la direzione di marcia. In una lettera agli investitori ha detto che quello della sanità «è un settore che continuerà a crescere nei prossimi decenni, per rispondere alle esigenze di una popolazione globale che diventa sempre più anziana». Quindi è qui che bisogna puntare.
Nella sanità privata si muovono altri big. Nell’indagine sulla filiera della salute realizzata dall’Area Studi di Mediobanca, troviamo il gruppo Villa Maria, oggi Gvm Care & Research, degli imprenditori Sansavini di Ravenna.
Nel report di Mediobanca si stima per il 2022, una crescita del giro d’affari, a livello aggregato dei maggiori operatori sanitari privati, del 4% sul 2021. Le strutture private erano il 30% nel 1997 e ora sono il 57%. Rispetto al 2010 c’è stata una crescita di 2.898 unità.
I De Benedetti e gli Angelucci hanno preferito puntare sulle residenze per anziani. Un business interessate dal momento che lo Stato contribuisce a coprire i costi sanitari delle degenze e gli anziani non autosufficienti spendono in media oltre 2.700 euro al mese, il doppio rispetto a una casa di riposo tradizionale.
La Lombardia nel 2019 ha sborsato per le Rsa 872 milioni: soldi che sono andati alle oltre 500 case di riposo convenzionate con la Regione. Il Gruppo Kos, 550 milioni di fatturato annui, fondato da Carlo De Benedetti nel 2002, è presente in 11 regioni italiane e 2 stati esteri, per un totale di oltre 13.000 posti letto. Gestisce 110 strutture in Italia e 51 in Germania.
In Italia sono 9.000 i posti letto in 58 residenze per anziani, 16 centri di riabilitazione, 12 comunità terapeutiche psichiatriche, 7 cliniche psichiatriche e 2 ospedali. È inoltre attivo con 15 centri ambulatoriali di riabilitazione e diagnostica.
Ad agosto scorso, complice alcuni articoli particolarmente velenosi su Repubblica, La Stampa e Domani, erano circolati rumors di mire di De Benedetti ma anche di John Elkann sulla sanità del Lazio, in competizione con Rocca. L’Ingegnere da tempo tiene nel mirino questa regione. Nel 2018 il gruppo Kos compra la Casa di cura Sant’Alessandro, in via Nomentana, nella Capitale, allora 60 posti più 23 in ristrutturazione, struttura accreditata dalla Regione.
Allora era presidente del Lazio il dem Nicola Zingaretti e premier il compagno di partito Paolo Gentiloni. A marzo 2020, rileva la gestione di Villa Armonia Nuova, ancora a Roma, 104 posti letto, sempre accreditati dalla Regione. Il Gruppo opera soprattutto con il brand Anni Azzurri, frutto di un’acquisizione del gruppo Cir che risale al 2006. La Residenza Anni Azzurri, si trova nel parco di Veio (in zona Roma Nord), con 118 posti letto.
Il business è talmente florido che ci ha messo gli occhi sopra anche il fondo F2i di Cassa Depositi e Prestiti attraverso la F2i Healthcar, entrato in Kos con il 40%. Nel settore delle Rsa del Lazio, un ruolo da protagonisti ce l’hanno gli Angelucci, con il marchio San Raffaele. Antonio Angelucci, 78 anni, il capostipite, è un abile uomo d’affari e di relazioni. Ha stretto forti legami con la politica (da 14 anni è in Parlamento, prima con Forza Italia e ora con la Lega) e spazia nell’editoria con la proprietà dei quotidiani Libero e Il Tempo.
(da agenzie)
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