Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
I SOVRANISTI HANNO PAURA DI PERDERE, PIOGGIA DI MILIONI SULL’ABRUZZO PER CONDIZIONARE IL VOTO… “TUTTI ALL’AQUILA” L’ORDINE DELLA MELONI AI MINISTRI… MA TALVOLTA FARSI VEDERE SOLO ALL’ULTIMO PUO’ ESSERE CONTROPRODUCENTE: SA DI PRESA PER IL CULO
Qualche evento era già fissato prima della sconfitta elettorale in Sardegna. Ma alcuni no. Per diversi ministri ed esponenti di governo è servita la richiesta esplicita della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: andate in Abruzzo per la campagna elettorale.
Perdere alle elezioni regionali del 10 marzo per la premier potrebbe essere un vero guaio per il suo governo: il candidato del centrodestra Marco Marsilio è di Fratelli d’Italia, è un fedelissimo di Meloni e L’Aquila è il collegio in cui la presidente del Consiglio si è fatta eleggere nel 2022. Nel governo c’è preoccupazione perché ormai il distacco tra Marsilio e il candidato del centrosinistra Luciano D’Amico si sarebbe assottigliato: sarebbe testa a testa.
La premier quindi si è mossa in prima persona: il 7 febbraio ha firmato l’accordo per i fondi di coesione e martedì a Pescara riunirà i leader del centrodestra per il comizio di chiusura della campagna elettorale.
Ma in questi giorni è partita la corsa di ministri, viceministri e sottosegretari a presentarsi in Abruzzo: solo nell’ultima settimana si sono presentati 13 esponenti di governo, di cui 10 ministri. Non solo per fare la campagna elettorale ma anche per sfruttare il proprio incarico per promuovere iniziative per gli abruzzesi: opere pubbliche, riqualificazione di tribunali e ospedali e perfino progetti per rinnovare passaporti. Tutte prebende elettorali con l’obiettivo di vincere il 10 marzo.
Se non è passata inosservata l’approvazione al Cipess di giovedì della tratta Roma-Pescara rivendicata da Meloni, il più attivo in queste ore è il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini: il leader della Lega ieri ha detto che il suo partito supererà il 10% ma secondo alcuni sondaggi interni al Carroccio, invece, rischia di scendere sotto il 6% anche in Abruzzo dopo la batosta in Sardegna (3,7%).
Per questo mercoledì era a Pescara per l’iniziativa L’Italia dei sì presentando i cantieri aperti dal governo in Abruzzo mentre ieri è stato a Avezzano, Barisciano e Civita di Bagno (L’Aquila) e oggi a Sant’Onofrio e Castellalto (Teramo). Salvini giovedì ha visitato l’aeroporto di Pescara promettendo un abbassamento delle tasse. Mercoledì a Pescara si è presentato anche il ministro della Salute Orazio Schillaci che ha visitato l’ospedale de L’Aquila e firmato un protocollo da 60 milioni per l’ospedale di Chieti. “Fondi che erano fermi e aspettavamo da 25 anni”, ha spiegato Marsilio.
Venerdì invece a Pescara è stato il ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo che ha partecipato a un evento di Forza Italia e si è soffermato sul progetto di fusione dei comuni di Pescara, Montesilvano e Spoltore definendolo come un “laboratorio” a livello nazionale.
Anche il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto venerdì ha partecipato a un convegno al Tribunale di Avezzano promettendo una rivisitazione della geografia giudiziaria per salvare i tribunali di Avezzano, Lanciano, Sulmona e Vasto.
La ministra del Turismo Daniela Santanchè, invece, è stata a Roseto degli Abruzzi all’iniziativa “Turismo è meraviglia” in cui ha anche toccato l’argomento degli stabilimenti balneari.
Il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi invece prima ha presentato il 112 unico in Abruzzo e due giorni fa insieme a Poste un progetto per rinnovare i passaporti.
Martedì anche il ministro dell’Istruzione leghista Giuseppe Valditara sarà tra Silvi e Giulianova per visitare alcune scuole e così anche la ministra della Disabilità Alessandra Locatelli che incontrerà alcune associazioni di volontariato.
Venerdì a Torino di Sangro si è presentato anche il viceministro degli Esteri Edmondo Cirielli mentre ieri è stata una giornata abruzzese per la titolare dell’Università, Anna Maria Bernini che ha visitato diversi centri di ricerca e ospedali presentando l’hub dell’innovazione tecnologica Abruzzo-Lazio a L’Aquila.
Lunedì invece arriverà il ministro dello Sport Andrea Abodi per un convegno a Chieti sullo sport in Costituzione mentre giovedì il ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida.
(da ilfattoquotidiano.it)
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Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“SE QUALCHE TESTA CALDA ECCEDE, VIENE BECCATA”
“Umiliati dalla perdita della qualità di uomini per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare)”. Pier Paolo Pasolini li descriveva così nel 1968 i “celerini” – antico termine per definire gli agenti antisommossa – nella sua famosissima poesia-intervento dal titolo “Il PCI ai giovani”.
È lo stesso testo che da decenni il mondo conservatore non perde occasione di citare, in quanto l’autore, rivolgendosi ai giovani di sinistra protagonisti degli scontri a Valle Giulia, vi affermava: “io simpatizzavo coi poliziotti. Perché i poliziotti sono figli di poveri”.
L’ultimo è stato il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che giovedì ha attualizzato la citazione contrapponendo gli agenti “figli del popolo” agli studenti “radical-chic”.
Ma chi sono questi “figli del popolo” che il governo difende? E perché sono “odiati da tutti”?
I 15 Reparti mobili (così si chiama ora la “Celere”) contano al loro interno 5mila unità. Sono quasi tutti uomini, pochissime le donne. È la polizia “muscolare”, quella che con scudi, caschi, imbottiture e manganelli ha il compito di evitare disordini durante le manifestazioni pubbliche e protegge gli “obiettivi sensibili”, ma interviene anche in caso di calamità in soccorso di terremotati e alluvionati.
Secondo il Viminale, nel 2023 in Italia ci sono state ben 11.219 manifestazioni “di spiccato interesse per l’ordine pubblico”: dai cortei politici e sindacali fino agli sfratti con forza pubblica (ce ne sono stati 30mila nel 2022), si sono verificati disordini in 397 casi (il 3,5% del totale).
Conteggiate a parte le partite di calcio: Serie A, B, C, Dilettanti, coppe e amichevoli: 2.650 incontri. Totale agenti impiegati nel 2023: 969.700.
In realtà sono sempre gli stessi 5mila che fanno turni anche di 12 ore al giorno, prendono botte, sassate, sputi. “Abbiamo un solo riposo settimanale, ma spesso ci viene sospeso”, racconta Franco, uno dei “celerini” più esperti a Roma. “I cortei sono nel weekend ma gli altri giorni succede sempre qualcosa: solo alle 8 di sera ci dicono cosa dobbiamo fare il giorno dopo”.
È vero che guadagnano poco? In realtà il Reparto mobile è tra i più ambiti perché la paga, grazie alle indennità accessorie, è tra le più alte in polizia. Il salario base è di 1.400 euro netti al mese (esclusi anzianità e promozioni), poi ci sono l’indennità da Reparto mobile (500 euro l’anno), 12 euro al giorno di indennità di ordine pubblico e 6 euro l’ora di straordinari. E poi l’indennità per servizio fuori sede che, Roma a parte, è molto gettonato. Non solo. I “celerini” superano quasi sempre le 55 ore mensili di monte straordinario: le “eccedenze” finiscono in un fondo che il Viminale sblocca quando ci sono i soldi a bilancio: non viene erogato da 18 mesi.
A conti fatti, un agente semplice in media raggiunge i 2mila euro netti al mese, mentre uno esperto può superare anche i 3mila euro. Sono anche sottoposti a un addestramento, fisico e tattico, giornaliero. “Dopo i fatti del G8 di Genova del 2001 – dice Franco – fu creato il Centro di formazione per l’ordine pubblico, c’è stata una svolta etica, di formazione del personale”.
La “pasta” del “celerino” si misura durante la “carica”. È il momento in cui si rischiano gli scontri più gravi. E gli errori. “Qualche testa calda c’è, è vero – confessa Marco, un agente più giovane – ma anche i capi squadra che sanno contenerle. Non sono rari i richiami disciplinari e le punizioni: non lo venite a sapere perché potrebbero essere strumentalizzati. Ma se eccedi vieni sempre beccato, non c’è scampo, è pieno di telecamere, non servono gli identificativi”.
Quali i comportamenti sbagliati? “Mai disperdersi né eccedere o accanirsi sul manifestante. Il Reparto mobile si basa sulla compattezza: staccarsi e inseguire il singolo mette a rischio per prima cosa sé stessi e i compagni. Anche perché se ci si ritrova da soli contro un gruppo si può essere risucchiati e lì può succedere di tutto. E i colleghi devono lottare per venire a tirarti fuori. Lì il servizio è rovinato”.
La descrizione ricorda i fatti di Pisa. Marco nega: “Non mi pare ci siano stati errori in quel caso”. In piazza i “celerini” sono come pedine teleguidate non dal loro comandante, ma da un altro funzionario di Questura: “Nessuno fa un passo senza un ordine”.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
DOPO GLI SCONTRI DEL 23 FEBBRAIO, IERI A PISA HANNO SFILATO IN 5.000 (SENZA INCIDENTI)
Non sembra neanche la stessa città, lo stesso Paese. Nessun agente in divisa, nessuna camionetta, solo una fiumana pacifica che stavolta riesce ad arrivare in Piazza dei Cavalieri, nel centro di Pisa, dopo quattro ore di corteo, proprio lì dove 8 giorni fa una quindicina di ragazzi inerti era stata presa a manganellate dalla Polizia.
Eppure 8 giorni bastano per lavare il sangue dalle strade, ma non l’onta di un pomeriggio, quello del 23 febbraio, che in città ha traumatizzato una generazione, capace – ben oltre il pregiudizio – di pensare, capire, collegare, organizzare e organizzarsi.
“Ci dite che siamo sempre chini sui cellulari. Eccoci qui: oggi alziamo la testa”. Margherita Razzi ha 18 anni e in mezzo al corteo vuol dire avere l’età di una veterana. Paolo Maida, un altro degli animatori della protesta che ieri ha portato 5 mila persone per le strade di Pisa, parla con voce rotta dall’emozione davanti alle telecamere. Quando ha finito, lei ride e lo abbraccia: “Siamo stati bravi”. Scorci di genuinità.
I grandi partiti sono lontani, quasi estranei e il sospetto è che sia questione di incomunicabilità. Ma è sbagliato pensare che questi giovani, per la maggior parte minorenni, alla politica non ci pensi. Anzi: “Non siamo qui solo per reagire alle botte del 23 – dice Margherita al Fatto – o per ribadire la nostra posizione sulla Palestina. C’è un problema di repressione del dissenso”.
Uno degli striscioni chiama in causa Giorgia Meloni: “Fermiamo la repressione del governo Meloni a Pisa e nel Paese” Un altro sintetizza il senso della giornata: “Pisa in piazza contro le bombe e i manganelli”. Pietro ha appena 16 anni ed è in corteo con tre coetanei: “Mi preoccupa come viene gestito chi dice qualcosa di diverso. Abbiamo visto casi di censura in tv e anche in altri cortei, non solo a Pisa, la Polizia ha preso a botte chi protestava”.
Accanto agli studenti, ma in disparte, ci sono i professori. Sandra, docente del Liceo Scientifico Dini, quasi sospira nel raccontare: “Le mie due figlie erano nel corteo del 23 febbraio. Ti lascio immaginare cosa ho pensato quando ho visto le immagini…”.
Loro sono davanti, vicino al furgone che guida il corteo, lei è indietro insieme a qualche collega: “Faremo tutti insieme una giornata di sospensione didattica”.
Giovanni Bruno invece ha 62 anni e insegna Storia e Filosofia al Liceo Buonarroti: “Ho trovato i ragazzi scossi, impauriti. Una ragazza mi ha chiesto se andare in piazza servirà ancora a qualcosa”.
Le quattro ore di corteo servono forse anche a questo, a capire il senso dell’impegno civile e sociale. Senza neanche una bandiera di partito, se si escludono alcune formazioni di sinistra come Rifondazione e Potere al Popolo. Pd e 5Stelle non pervenuti, se non su iniziativa personale. In corteo sfila Enrico Bruni, che ha 24 anni ed è apprezzato consigliere comunale: “Il Pd sta cambiando, ci vuole tempo. Non è scontato farsi accettare in queste piazze, ma dobbiamo ricostruire certi rapporti”.
Federico, 17 anni, la spiega così: “A volte c’è bisogno di un leader politico, ma qui no. Questa è la piazza degli studenti”. Anche per Margherita il punto è l’autonomia dei collettivi: “Chiunque avrebbe potuto aderire, ma nessuno doveva strumentalizzarci”.
Ciccio Auletta guida Una Città in Comune, la lista di sinistra di mille battaglie in Consiglio comunale: “È una straordinaria giornata di mobilitazione contro il genocidio del popolo palestinese e contro la repressione, per la quale chiediamo le dimissioni di Piantedosi, del deputato leghista Edoardo Ziello e del questore di Pisa”.
Il grido “dimissioni” (oltre a qualche coro contro Israele) esce dai megafoni quando il corteo raggiunge il palazzo della Questura.
Mancano poche centinaia di metri a Piazza dei Cavalieri, ultima tappa del percorso concordato, e a dare il ritmo alla camminata ci sono le note di Bella Ciao. Poi, musica trap e balli fino all’arrivo. Come a dire: vi facevamo davvero così paura?
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“QUEL MISERABILE DI CASALINO, QUEL FRO… QUEL GAY, TUTTI I GIORNI CHIAMA I VIGILI PER FARCI FARE I VERBALI”… IN PASSATO PROIETTI È STATO CONDANNATO A DUE ANNI DI CARCERE PER AVER PERSEGUITATO E MINACCIATO I VIGILI
Insulti omofobi, minacce velate, parole incivili e irripetibili. Augusto Proietti, definito il re delle bancarelle di certo non per nobiltà d’animo, questa volta se la prende con Rocco Casalino, portavoce del presidente del Consiglio quando a Palazzo Chigi c’era Giuseppe Conte.
Di recente, come ha raccontato lui stesso sui social, Casalino si è spostato ad abitare in piazzale Flaminio, che è assediato dalle bancarelle degli ambulanti. Compresa quella di Proietti, già condannato a due anni di carcere per aver perseguitato e minacciato i vigili urbani.
Dal suo canale YouTube, lo scorso 15 gennaio è andato in onda uno dei suoi violenti show: «Ci hanno fatto la multa a piazzale Flaminio per due metri di banco perché quel miserabile di Casalino. Fro… non se po’ di’. Che… non se po’ di’. Ma gay sì: quel gay di Casalino tutti li giorni chiama i vigili urbani per farci fare i verbali».
E ancora: «Mo’ faccio la denuncia alla procura della Repubblica che te la ricordi per tutta la vita perché Casalino sta stolchizzando gli ambulanti. Che t’hanno fatto, t’hanno r… il c… e non ti hanno pagato bene?». Questi sono solo alcuni dei vergognosi insulti omofobi lanciati da Proietti che tra l’altro definisce anche il presidente del M5S «un miserabile».
L’ambulante detesta i 5S da quando in Campidoglio c’erano la sindaca Raggi e l’assessore al Commercio Andrea Coia. Con quest’ultimo Proietti sfiorò la rissa nella bouvette dell’Aula Giulio Cesare, dopo averlo insultato e minacciato. [
Secondo l’ambulante sarebbe colpa di Casalino, «perché a lui je dà fastidio». In realtà non è solo lui a lamentarsi della situazione della zona, ma molti residenti della zona e da anni.
Quando Casalino è arrivato nel nuovo appartamento e si è accorto della situazione, ha semplicemente raccolto l’insoddisfazione dei suoi vicini di casa e in una decina di persone hanno deciso di unirsi in gruppo WhatsApp che si chiama Flaminio Revolution e porterà alla costituzione di un comitato di quartiere. Intanto hanno iniziato a farsi sentire ogni giorno con i vigili per denunciare le irregolarità. Che vengono anche multate dai pizzardoni. Poi, però, la situazione torna a essere quella di prima.
Il piazzale è pieno di bancarelle con merce usata (che in alcuni casi sembra contraffatta visto che in vendita ci sono prodotti di grandi marchi), una copre il percorso per i non vedenti e si trova al centro del piazzale, occupandolo con tre enormi ombrelloni che coprono i banchi. Il tutto di fronte alla fermata della ferrovia, a fianco all’ingresso monumentale del 1800 di Villa Borghese e di fronte a Porta del Popolo. [
D’altronde Augusto Proietti è lo stesso che, come si legge in alcune note inviate anche alla procura, parlando di un vigile ha usato espressioni del tipo: «Ha un tumore e spero che Dio lo accolga presto perché voglio andare a pisciare sulla tomba e mi ci faccio pure la foto, mica lo seppelliscono con la divisa, pisciare non è oltraggio».
(da La Repubblica)
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Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
LE 22 SEZIONI SCRUTINATE A POSTERIORI HANNO SEMPLICEMENTE RIDOTTO IL VANTAGGIO DA 2.600 A 1500 VOTI, MARGINE SUFFICIENTE ANCHE IN CASO DI RICONTEGGIO DELLE NULLE
Alessandra Todde non rischia di perdere le elezioni regionali sarde del 25 febbraio: c’è la conferma che il suo vantaggio sul candidato presidente del centrodestra Paolo Truzzu esce dimezzato dalle verifiche in corso agli uffici circoscrizionali dei tribunali di Cagliari e Sassari sulle 22 sezioni rimaste in sospeso, ma in attesa che arrivi finalmente l’ufficia lità le proporzioni del calo sembrano rassicurare il Campo largo.
Dai 2600 voti di scarto che risultavano a urne appena chiuse, Truzzu ha recuperato sensibilmente ridimensionando il divario a favore del centrosinistra, che ora sarebbe tra i 1.250 e i 1.400 voti, secondo Giuseppe Conte è invece di 1.600.
Non è molto ma basta a tenere lontano lo spettro di un possibile ricorso al Tar da parte del centrodestra per ottenere il riconteggio delle schede e quindi per chiudere definitivamente la contesa elettorale.
I numeri reali, ancora da confermare, sarebbero questi: dalle due sezioni di Sassari e dalle due di Sorso la Todde porterebbe a casa 200 voti in più, altri 14 dalle tre sezioni di Sestu, 19 dall ’unica sezione di San Gavino scrutinata dal tribunale. Afavore di Truzzu sarebbero arrivati 110 voti dalle due sezioni di Bonarcado, 449 dai tre seggi di Luras, 250 dalle due sezioni di Musei, 384 dalle due di Serdiana, 29 da Villasor.
Manca il dato delle quattro sezioni di Silius, ma qui si tratta di 1.048 votanti di cui 450 hanno votato Todde. Quindi Truzzu ha recuperato 994 voti sull’esito del 25 febbraio cui andranno aggiunti quelli di Silius, si è avvicinato alla candidata del centrosinistra ma non abbastanza da mettere in pericolo la vittoria del Campo largo.
Non solo: con questi numeri l’eventuale ricorso al Tar per il riconteggio appare decisamente in salita. Perché la richiesta possa essere dichiarata ammissibile dai giudici amministrativi dovrebbe partire dalla segnalazione di situazioni anomale, con riferimenti precisi alle sezioni dove sarebbero avvenute e alle conseguenze riscontrabili sullo spoglio delle schede.
Un divario come quello ora dichiarato dal campo largo sembra però sufficiente a garantire comunque il successo della Todde, un successo che legge alla mano – elaborata con il governo di centrodestra presieduto da Ugo Cappellacci, nel 2013 – arri verebbe anche con un solo voto di distacco.
Adesso però bisognerà attendere l’ufficialità, una volta concluso il cammino delle schede votate nei 1844 seggi dell’isola. Quelle rimaste in sospeso in dieci comuni sono state trasmesse agli uffici circoscrizionali dei tribunali di competenza, Cagliari e Sassari.
I funzionari incaricati hanno portato alla conclusione gli scrutini interrotti e compilato i verbali rimasti aperti, valutando in particolare le schede contestate dai rappresentanti di lista e quelle annullate dai presidenti di seggio.
(da Il Fatto Quotidiano)
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Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
“L’INCHIESTA DELL’ESERCITO SUL SUO COMPORTAMENTO INIZIA AD AGOSTO E HA AVUTO I SUOI TEMPI. È STATO IL SUO AVVOCATO A RENDERE NOTE LE CONCLUSIONI. AVRÀ VALUTATO CHE POTEVA ESSERE UTILE”
«Vannacci cittadino è libero di esprimere ogni idea ed opinione, ed è innocente dalle accuse finché non sarà giudicato in via definitiva. Vannacci militare però deve sottostare alle regole che hanno i militari in ogni nazione del mondo e che sono diverse da quelle dei civili come noi. L’inchiesta dell’esercito sul suo comportamento (non sulle sue idee) in quanto alto ufficiale inizia ad agosto, e ha avuto i suoi tempi.
Ciò detto la comunicazione delle conclusioni — la sospensione, che peraltro non era la decisione più dura che poteva essere presa — è stato il suo avvocato, e nessun altro, a renderla nota. Avrà valutato che poteva essere utile. Cosa totalmente diversa è l’inchiesta amministrativa sul suo periodo di permanenza in Russia, nata in tempi non sospetti e denunciata dal suo successore nell’incarico. Vannacci non è persona qualunque, lo ripeto, è un militare. E valgono per lui le regole che valgono per tutti i militari, perché chi è militare ha accettato di avere una gerarchia, di dovere rispetto e obbedienza ai suoi superiori e a una scala gerarchica precisa. Il rispetto delle regole è ciò che preserva l’organizzazione militare. Nessun civile lo sa ma lui, Vannacci, lo sa perfettamente».
E la sua forza fisica com’è? Lei è stato ricoverato per problemi al cuore, tra solidarietà e attacchi social…
«Sto bene, rassicuro i miei nemici. Scherzo perché in realtà ho avuto tanto sostegno, e l’imbecille che ti dice “ti sta bene, visto che ti eri vaccinato” dà la cifra del tenore dei nemici. Ciò detto sono un habitué dei problemi di cuore, mi dicono di fare una vita tranquilla, ma facendo il ministro in un momento come questo… L’unica soluzione sarebbe dimettermi (Ride)».
Pensa di farlo davvero?
«Ci penso talvolta, perché mi manca la vita di prima. Mantengo sempre un distacco totale dal potere pro tempore e non mi costerebbe lasciarlo».
(da Corriere della Sera)
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Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
DOPO DUE ORE DI ATTESA, JUSTIN TRUDEAU HA COMUNICATO ALLA PREMIER L’ANNULLAMENTO DELL’EVENTO
L’ultimo atto della visita di Giorgia Meloni a Toronto, un ricevimento organizzato dal governo canadese, è saltato a causa di una protesta pro-Palestina davanti alla Art Gallery of Ontario, sede della serata a cui erano invitati i rappresentanti della comunità italocanadese.
Prima a decine, poi in numero crescente, i manifestanti si sono riuniti davanti all’ingresso del museo, che a un certo punto è entrato in stato di lockdown, nessuno poteva entrare né uscire. E dopo un paio d’ore di attesa Justin Trudeau ha comunicato personalmente alla premier l’annullamento dell’evento, mentre fuori dal palazzo si erano schierate dozzine di agenti di polizia, anche a cavallo.
Sulle proteste e cortei pro-Palestina, e soprattutto delle polemiche scoppiate in Italia per la gestione dell’ordine pubblico ai cortei di Pisa e Firenze, si era concentrato il punto stampa della premier alla fine della doppia missione a Wsshington e Toronto, con il Medio Oriente fra i temi principali affrontati con Trudeau e il giorno prima con Joe Biden.
L’ultimo appuntamento del programma (prima della partenza della premier per Roma, prevista in serata) era noto, e i manifestanti hanno scelto il museo per protestare chiedendo la “fine del genocidio dei palestinesi”, con bandiere e cartelli.
Una folla sempre più numerosa anche per il richiamo di profili social come Toronto4Palestine, che ha dato appuntamento al museo per l’incontro fra Trudeau e “il primo ministro italiano fascista Giorgia Meloni perché – diceva un post pubblicato nel tardo pomeriggio- entrambi continuano a sostenere il genocidio di palestinesi da parte di Israele”.
All’inizio del ricevimento due manifestanti sono riusciti a entrare nell’atrio del museo con un megafono, urlando “free Palestine”, prima di essere accompagnati fuori dalla sicurezza, che ha blindato i portoni di ingresso. Alcuni ospiti della serata sono entrati a fatica attraverso la folla. Ma al terzo piano del museo, fra musica, drink e stuzzichini all’insegna dell’orgoglio italocanadese, gli ospiti hanno impiegato un paio d’ore a capire che la serata stava prendendo un’altra piega.
I due capi di governo avrebbero dovuto godersi una visita privata dell’esibizione The Idea of North e della Galleria Italia. Ma su indicazione delle autorità non sono arrivate al museo, che nel frattempo è entrato in stato di lockdown: nessuno entra e nessuno esce, ha detto a un certo punto una persona dell’organizzazione, che a lungo ha impedito anche ai giornalisti italiani di lasciare il salone.
(da agenzie)
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Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
NONOSTANTE UN’AZIONE PENALE IN CORSO, LA FEDERAZIONE NON HA RITENUTO DI SOSPENDERLI, COSI’ LA GIOVANE DEVE VEDERLI OGNI VOLTA CHE C’E’ UN RITIRO
Una giovane promessa della scherma azzurra ha denunciato di aver subito una violenza sessuale di gruppo da parte di tre atleti durante un ritiro della Federscherma a Chianciano Terme, in provincia di Siena.
La vicenda raccontata dal Messaggero risale alla notte tra il 4 e il 5 agosto scorso, quando l’atleta, chiamata con un nome di fantasia «Rosa», aveva appena 17 anni. Nella sua categoria era prima nella classifica mondiale, dopo aver iniziato la sua carriera da schermitrice con la maglia dell’Uzbekistan, pur essendo originaria di un altro Stato.
La scorsa estate, Rosa ha anche partecipato ai Mondiali che si sono svolti a Milano.
Al ritiro della Federazione italiana scherma c’erano atleti maschi e femmine. Il racconto di Rosa inizia dal risveglio in una camera, dove ci sono con lei tre ragazzi, tutti atleti della nazionale italiana junior. Ce n’è uno ancora sdraiato su di lei, un altro si sta rivestendo, mentre un terzo è nudo che le dorme accanto.
I due già svegli avrebbero fatto una serie di battute a sfondo sessuale su di lei, ridendo in modo sguaiato. La ragazza avrebbe provato ad alzarsi, ma fa fatica perché bloccata da forti dolori. Trova la forza e riesce a trascinarsi in camera sua, dove crolla. Là viene soccorsa da una compagna di squadra, con la quale divideva la stanza. Rosa ricorda solo che la sera prima erano andati a festeggiare in un bar davanti agli alloggi degli atleti. Avrebbe bevuto una birra e due shottini, poi non ricorda più nulla. Finché non realizza che cosa sia davvero successo e a quel punto chiama la madre.
Arrivata a Chianciano, la madre della ragazza la porta al pronto soccorso e lì denuncia lo stupro. Poi vanno al Bambino Gesù di Roma per le prime cure. Due giorni dopo la ragazza sta ancora molto male e si rivolge all’ospedale San Giovanni, dove le viene somministrata la pillola del giorno dopo. Sul corpo la ragazza ha ancora ecchimosi e traumi diffusi. Il 9 agosto, la madre di Rosa la porta al commissariato di San Vitale per raccontare che cosa sia successo. Alla ragazza viene anche offerta assistenza psicologica, ma nei confronti degli atleti accusati non parte alcun provvedimento restrittivo. Al momento solo due risulterebbero indagati dalla procura di Siena.
L’avvocato Luciano Guidarelli che assiste la ragazza da ormai sei mesi chiede alla Federscherma di sospendere i due indagati in via cautelare, per evitare all’atleta di incontrare durante le gare chi ha denunciato per averle fatto del male.
Ma finora dalla Federscherma non ci sarebbe stato alcun provvedimento. L’avvocato spiega al Messaggero di non essere stato mai neanche ricevuto dai vertici della federazione. Nè sarebbe stato applicato il Codice Rosso da parte dei magistrati per impedire l’avvicinamento degli indagati ai luoghi frequentati dalla persona offesa. La ragazza non sarebbe stata neanche ascoltata fino a questo momento dalla procura di Siena. E nel frattempo ha rinunciato a gare e impegni sportivi, pur di evitare di incontrare chi ha denunciato.
(da Open)
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Marzo 3rd, 2024 Riccardo Fucile
EX CAMPIONE DI WINDSURF, NEL 1990 VINCE A “TELEMIKE” UNA GROSSA SOMMA DI DENARO E SI TRASFERISCE NEGLI USA … A MIAMI SI SPOSA, FA TRE FIGLI. MA NEL 1998 INIZIA LA SUA ODISSEA: VIENE ACCUSATO DELL’OMICIDIO DI DALE PIKE E, DOPO UN FUMOSO PROCESSO, VIENE CONDANNATO ALL’ERGASTOLO… I PUNTI OSCURI DELLA VICENDA
Da un’esistenza da sogno all’incubo delle prigioni americane. Dai successi sportivi e imprenditoriali alla reclusione. Fino all’annuncio – dato nella giornata del 1 marzo dalla premier, Giorgia Meloni, in visita negli Stati Uniti — del suo prossimo ritorno in Italia.
La vita di Enrico «Chico» Forti, 65 anni appena compiuti, sembra la sceneggiatura di un film.
Nato a Trento l’8 febbraio 1959, prima di diventare protagonista dell’odissea giudiziaria per cui è in carcere da 24 anni per un omicidio al quale si è sempre dichiarato estraneo, è stato un campione di windsurf — fra i primi al mondo a eseguire il salto mortale all’indietro con la tavola — e di vela, fino a quando un incidente automobilistico nel 1987 pose fine alla carriera sportiva, nel corso della quale sperimentò anche il jumping e fu protagonista di discese «estreme» con gli sci. Chiusa la parentesi delle gare, si reinventò prima giornalista sportivo, poi produttore tv e organizzatore di eventi.
Un personaggio poliedrico che riuscì a dare una svolta alla propria vita nel 1990 partecipando a Telemike come esperto di storia del windsurf e che rispondendo alle domande più difficili vinse una grossa somma di denaro, utilizzata per trasferirsi negli Stati Uniti un paio di anni dopo. Lì si sposò con Heather Crane, madre dei suoi tre figli. All’inizio Chico Forti si trova proiettato nel classico sogno americano
Nel 1998 però, alla ricerca di nuove opportunità di investimento, entra in trattativa per l’acquisto del Pike Hotel di Ibiza, luogo simbolo della movida dell’isola spagnola, di proprietà dell’imprenditore australiano Tony Pike e del figlio Dale, che però è contrario alla vendita. Chico Forti invita allora Dale a Miami per cercare di convincerlo a chiudere l’affare.
Pike jr arriva il 15 febbraio del 1998 in aereo: a prenderlo allo scalo è proprio Chico Forti. Ma poche ore dopo viene trovato morto sulla Sewer Beach, una spiaggia di Miami.
Chico Forti davanti alla polizia dapprima nega di essere stato con l’imprenditore australiano (e questa dichiarazione falsa peserà sul processo), poi racconta di averlo lasciato davanti a un parcheggio poco dopo averlo prelevato in aeroporto. L’interrogatorio avviene senza un avvocato, violazione che nel diritto americano rende in teoria le prove acquisite nulle. Inoltre – secondo i legali – viene sottoposto a pressioni psicologiche.
Il processo si svolge in un clima pesantissimo nei confronti dell’imprenditore italiano: qualcuno insinua che la polizia di Miami voglia vendicarsi per un documentario prodotto da Chico Forti, «Il sorriso della Medusa», nel quale veniva messa in dubbio la ricostruzione ufficiale secondo cui Andrew Cunanan, il serial killer che uccise Gianni Versace, si era suicidato.
Il sogno americano di Chico Forti si infrange definitivamente nel 2000: la giuria popolare chiamata a pronunciarsi sul caso lo ritiene colpevole dell’omicidio. Arriva così la condanna all’ergastolo.
(da La Stampa)
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