I GIOVANI (E I PROF) RIEMPIONO PISA: “NO ALLA REPRESSIONE DEL GOVERNO”
DOPO GLI SCONTRI DEL 23 FEBBRAIO, IERI A PISA HANNO SFILATO IN 5.000 (SENZA INCIDENTI)
Non sembra neanche la stessa città, lo stesso Paese. Nessun agente in divisa, nessuna camionetta, solo una fiumana pacifica che stavolta riesce ad arrivare in Piazza dei Cavalieri, nel centro di Pisa, dopo quattro ore di corteo, proprio lì dove 8 giorni fa una quindicina di ragazzi inerti era stata presa a manganellate dalla Polizia.
Eppure 8 giorni bastano per lavare il sangue dalle strade, ma non l’onta di un pomeriggio, quello del 23 febbraio, che in città ha traumatizzato una generazione, capace – ben oltre il pregiudizio – di pensare, capire, collegare, organizzare e organizzarsi.
“Ci dite che siamo sempre chini sui cellulari. Eccoci qui: oggi alziamo la testa”. Margherita Razzi ha 18 anni e in mezzo al corteo vuol dire avere l’età di una veterana. Paolo Maida, un altro degli animatori della protesta che ieri ha portato 5 mila persone per le strade di Pisa, parla con voce rotta dall’emozione davanti alle telecamere. Quando ha finito, lei ride e lo abbraccia: “Siamo stati bravi”. Scorci di genuinità.
I grandi partiti sono lontani, quasi estranei e il sospetto è che sia questione di incomunicabilità. Ma è sbagliato pensare che questi giovani, per la maggior parte minorenni, alla politica non ci pensi. Anzi: “Non siamo qui solo per reagire alle botte del 23 – dice Margherita al Fatto – o per ribadire la nostra posizione sulla Palestina. C’è un problema di repressione del dissenso”.
Uno degli striscioni chiama in causa Giorgia Meloni: “Fermiamo la repressione del governo Meloni a Pisa e nel Paese” Un altro sintetizza il senso della giornata: “Pisa in piazza contro le bombe e i manganelli”. Pietro ha appena 16 anni ed è in corteo con tre coetanei: “Mi preoccupa come viene gestito chi dice qualcosa di diverso. Abbiamo visto casi di censura in tv e anche in altri cortei, non solo a Pisa, la Polizia ha preso a botte chi protestava”.
Accanto agli studenti, ma in disparte, ci sono i professori. Sandra, docente del Liceo Scientifico Dini, quasi sospira nel raccontare: “Le mie due figlie erano nel corteo del 23 febbraio. Ti lascio immaginare cosa ho pensato quando ho visto le immagini…”.
Loro sono davanti, vicino al furgone che guida il corteo, lei è indietro insieme a qualche collega: “Faremo tutti insieme una giornata di sospensione didattica”.
Giovanni Bruno invece ha 62 anni e insegna Storia e Filosofia al Liceo Buonarroti: “Ho trovato i ragazzi scossi, impauriti. Una ragazza mi ha chiesto se andare in piazza servirà ancora a qualcosa”.
Le quattro ore di corteo servono forse anche a questo, a capire il senso dell’impegno civile e sociale. Senza neanche una bandiera di partito, se si escludono alcune formazioni di sinistra come Rifondazione e Potere al Popolo. Pd e 5Stelle non pervenuti, se non su iniziativa personale. In corteo sfila Enrico Bruni, che ha 24 anni ed è apprezzato consigliere comunale: “Il Pd sta cambiando, ci vuole tempo. Non è scontato farsi accettare in queste piazze, ma dobbiamo ricostruire certi rapporti”.
Federico, 17 anni, la spiega così: “A volte c’è bisogno di un leader politico, ma qui no. Questa è la piazza degli studenti”. Anche per Margherita il punto è l’autonomia dei collettivi: “Chiunque avrebbe potuto aderire, ma nessuno doveva strumentalizzarci”.
Ciccio Auletta guida Una Città in Comune, la lista di sinistra di mille battaglie in Consiglio comunale: “È una straordinaria giornata di mobilitazione contro il genocidio del popolo palestinese e contro la repressione, per la quale chiediamo le dimissioni di Piantedosi, del deputato leghista Edoardo Ziello e del questore di Pisa”.
Il grido “dimissioni” (oltre a qualche coro contro Israele) esce dai megafoni quando il corteo raggiunge il palazzo della Questura.
Mancano poche centinaia di metri a Piazza dei Cavalieri, ultima tappa del percorso concordato, e a dare il ritmo alla camminata ci sono le note di Bella Ciao. Poi, musica trap e balli fino all’arrivo. Come a dire: vi facevamo davvero così paura?
(da Il Fatto Quotidiano)
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