Destra di Popolo.net

IL CANDIDATO FILO-PUTINIANO, CALIN GEORGESCU, NON È STATO AMMESSO ALLE ELEZIONI PRESIDENZIALI CHE SI TERRANNO IN ROMANIA A INIZIO MAGGIO

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

E’ INDAGATO PER INCITAMENTO AL ROVESCIAMENTO DELL’ORDINE COSTITUZIONALE E DIFFUSIONE DI NOTIZIE FALSE… CI SONO DEMOCRAZIE CHE SANNO SPURGARE LE FOGNE SOVRANISTE AL SOLDO DI PUTIN

L’autorità elettorale centrale della Romania ha respinto la candidatura del politico filorusso Călin Georgescu, che non potrà quindi presentarsi alle elezioni del prossimo 8 maggio. Può ancora fare ricorso presso la Corte Costituzionale. Non sono ancora state rese note le motivazioni ufficiali della decisione, che dovrebbero essere pubblicate nelle prossime ore. In seguito alla comunicazione qualche decina di suoi sostenitori si è radunata di fronte alla sede dell’autorità elettorale per protestare.
Georgescu era stato inaspettatamente il candidato più votato al primo turno delle elezioni di novembre, che erano state annullate dalla Corte costituzionale prima che si potesse tenere il secondo, a causa delle numerose segnalazioni di possibili interferenze russe (sostenute da una serie di prove raccolte dall’intelligence).
A febbraio la polizia aveva fermato e interrogato per cinque ore Georgescu, che nell’ambito delle indagini sulle interferenze è indagato per incitamento al rovesciamento dell’ordine costituzionale, diffusione di informazioni false e promozione del culto di personalità accusate di genocidio.
(da agenzie)

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CHIAMATELO “WINSTON STARMER”. DOPO LA BREXIT, LONDRA CELEBRA IL RUOLO RITROVATO NELLA POLITICA EUROPEA, “L’ECONOMIST” DEDICA LA COPERTINA AL PREMIER LABURISTA: “STARMER NEL SOLCO DI CHURCHILL”

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

L’INQUILINO DI DOWNING STREET È OGGI L’UOMO CHE GUIDA INSIEME A MACRON LA RISPOSTA EUROPEA A TRUMP

Una settimana “trasformativa”: così l’ Economist descrive quello che è successo negli ultimi giorni a Keir Starmer, disegnandolo in copertina con il sigaro in bocca e le dita a forma di vu in segno di vittoria. Il simbolismo è chiaro: “Winston Starmer”, recita il titolo accanto all’immagine, paragonando il premier laburista a Churchill.
Davanti al disimpegno di Donald Trump nei confronti dell’Ucraina, per tacere delle aperture a Vladimir Putin, il settimanale britannico vede nell’odierno inquilino di Downing Street un leader determinato a difendere la democrazia e a salvare l’Europa dalle minacce di un tiranno: come fece il suo celebre predecessore, passato alla storia per lo slogan “non ci arrenderemo mai” nell’ora più buia della Seconda guerra mondiale e poi capace di vincerla.
Insieme al presidente francese Emmanuel Macron, oggi è l’uomo che rappresenta l’unità europea.
Perché settimana “trasformativa”? Perché dopo avere riportato il Labour al governo nelle elezioni del luglio scorso, Starmer è stato bersaglio di continue critiche non solo tra l’opposizione conservatrice ma pure in campo progressista.
Zero carisma e scarsa oratoria: niente a che vedere con Churchill e nemmeno con Tony Blair. Finché, messo di fronte a un Trump che rischia di dividere l’Occidente, è diventato un altro. In teoria è il ruolo che gli spetta, quale leader di un Paese con armi nucleari, membro permanente del Consiglio di Sicurezza Onu, storico alleato di Washington. In pratica, l’abilità con cui interpreta la parte ha sorpreso molti.
Si possono individuare tre ragioni per la “trasformazione” del primo ministro britannico. Una è la sua innegabile intelligenza: da avvocato dei diritti umani, procuratore generale, capo dell’opposizione, ha sempre fatto le mosse giuste.
La seconda è che ha cambiato la squadra del governo ristretto, inserendo un paio di veterani dell’era Blair: Jonathan Powell, ex-capo di gabinetto e artefice della pace in Irlanda del Nord, nominato consigliere per la sicurezza nazionale; e Peter Mandelson, più volte ministro e guru del blairismo, nominato ambasciatore a Washington. La terza è che talvolta, nelle ore più buie, i leader (e i popoli) tirano fuori il meglio.
Ma chissà che non sia il primo passo per rimangiarsi la Brexit. Non per nulla il primo ad affermare in un famoso discorso, nel lontano 1946, che bisognava formare “gli Stati Uniti d’Europa”, fu proprio Winston Churchill.
(da La Repubblica)

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UNIONE EUROPEA E GRAN BRETAGNA NON SI FIDANO PIU’ DEGLI STATI UNITI: “DOBBIAMO CREARE LA NOSTRA ALLEANZA PER L’INTELLIGENCE”

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

“LE SPIE DI TRUMP POSSONO PARLARE CON LA RUSSIA”… BASTA ESSERE SUCCUBI DEGLI IMPERIALISMI, GLI AMERICANI FUORI DALL’EUROPA, CI DIFENDIAMO DA SOLI, SOVRANISTI FOGLIO DI VIA PER LA RUSSIA, FUORI DAI COGLIONI

Il Regno Unito, l’Australia, il Canada e la Nuova Zelenda potrebbero presto annunciare un’alleanza per la condivisione di intelligence che esclude gli Usa. Attualmente i cinque Paesi si scambiano informazioni sensibili in virtù di un’alleanza nota come Five Eyes («cinque occhi»). Ma la recente decisione di Washington di interrompere il flusso di informazioni verso Kiev preoccupa Londra e gli altri membri del Commonwealth britannico, che potrebbero così decidere di escludere l’America per tornare ad aiutare l’Ucraina.
A far circolare l’indiscrezione è una fonte anonima vicina al ministero della Difesa del Regno Unito, consultata dal Daily Mail. Nelle stesse ore – riporta Politico – la Germania sta valutando di creare una rete di intelligence europea. Il timore proveniente da Berlino è che gli Usa possano condividere le informazioni sensibili del vecchio continente con la Russia. Una prospettiva che spaventa anche l’ex ambasciatore britannico a Whashington Sir David Manning.
Le spie britanniche non si fidano degli Usa…
Senza gli aiuti occidentali, l’Ucraina affronta difficoltà ancora maggiori nell’identificare e colpire le forze russe. Al contempo, i cinque occhi non sembrano più guardare nella stessa direzione. Tanto che, sempre secondo le fonti del Daily Mail, le spie britanniche starebbero centellinando con attenzione quali informazioni fornire ai colleghi della Cia. Inoltre, alcuni agenti sono stati rimossi in una mossa precauzionale nei confronti del presidente americano Donald Trump, che appare sempre più vicino alla Russia.
L’Ucraina senza l’intelligence americana
Negli scorsi giorni, l’inquilino della Casa Bianca ha affermato che trattare con la Russia è più semplice che farlo con l’Ucraina, arrivando persino a giustificare gli attacchi di Mosca verso il Paese invaso come qualcosa che chiunque farebbe nella stessa situazione della Russia. In seguito alle pressioni, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha accettato di firmare l’accordo sulle terre rare che Trump vuole in cambio degli aiuti elargiti finora. Kiev continua però a chiedere garanzie di sicurezza in vista di un eventuale cessate il fuoco. Richiesta che Trump e il vicepresidente degli Usa JD Vance hanno bollato come un segno di ingratitudine.
L’appello della Germania: «Presto un’intelligence dell’Ue»
Un’iniziativa simile a quella del Commonwealth è quella che costituisce l’appello alla Germania e all’Eruopa tutta di Konstantin von Notz, presidente del comitato di controllo dell’intelligence del parlamento tedesco. «Abbiamo bisogno di un formato di cooperazione europea per l’intelligence – possiamo chiamarlo Euro Eyes – per garantire che gli stati forti possano scambiare informazioni in modo rapido e sicuro su chiare basi legali», ha dichiarato citato da Politico, suggerendo che l’Unione Europea dovrebbe anche stringere i rapporti con i Five – o presto Four – Eyes.
Infatti, i cambiamenti nella politica statunitense non impattano solamente l’Ucraina, ma l’intero vecchio continente: «Abbiamo fatto affidamento per decenni sulle capacità di intelligence degli Stati Uniti. Se queste ci vengono tolte, dobbiamo sviluppare rapidamente strutture alternative». La testata tedesca ricorda, ad esempio, che la Germania si affida da tempo agli Usa per monitorare le minacce terroristiche, gli attacchi informatici e le attività di spionaggio. Allo stesso tempo, negli anni anche gli Usa hanno usufruito dell’intelligence europea. Un paradigma che sembra destinato a cambiare velocemente.
(da Open)

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CASO DICIOTTI, I PENALISTI: “BASTA ATTACCHI AI MAGISTRATI, GARANTIRE L’AUTONOMIA DELLE TOGHE”

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

L’UNIONE DELLE CAMERE PENALI ATTACCA LA DERIVA SOVRANISTA, GOVERNO SEMPRE PIU’ ISOLATO

Sul nuovo scontro innescato tra la politica e la magistratura dopo l’ordinanza sui risarcimenti del governo ai migranti della nave Diciotti intervengono gli avvocati penalisti: “L’autonomia e l’indipendenza della funzione giudiziaria vanno garantite, tutelate e difese non solo in quanto principi costituzionali ma anche nell’esercizio quotidiano della giurisdizione. La critica e il dissenso rappresentano il fondamento di ogni confronto democratico, ma incontinenti aggressioni verbali che esulano del tutto dal merito tecnico delle decisioni giudiziarie, costituiscono una grave lesione all’immagine stessa della giurisdizione”, si legge in una nota dell’Unione delle Camere Penali.
Una posizione che infiamma ulteriormente il rapporto tra toghe e avvocatura. Contro la quale proprio ieri, durante il lungo comitato direttivo centrale dell’Anm, negli uffici del sindacato dei magistrati, in Cassazione, si erano scagliati alcuni membri del Cdc. Raccontando di un doppio volto dei penalisti.
“È davvero incredibile che gli avvocati abbiano assunto pubblicamente posizioni che danneggiano anche per loro diritti e garanzie”, avevano detto al microfono, “mentre in privato o a margine delle udienze ti fanno sapere che loro concordano perfettamente sui rischi della separazione delle carriere tra pm e giudici. Una riforma che tra l’altro trasformerà il pm in un magistrato che deve a tutti costi vincere, quindi produrre condanne “. Una riflessione che anche ieri si accompagnava alle parole di condanna per la riforma, arrivate invece da avvocati autorevoli, a partire da Franco Coppi, peraltro presente a Roma, il 27 febbraio, durante la giornata di sciopero, all’evento Anm in un gremito cinema Adriano.
Dall’Associazione nazionale magistrati ieri, durante la riunione del comitato direttivo centrale al quinto piano del Palazzaccio, è arrivato anche l’avvertimento al governo, tutt’altro che rassegnati dopo il tiepido incontro con la premier Giorgia Meloni e l’ennesimo attacco dopo il caso Diciotti contro la Corte di Cassazione. Forti del successo incassato dallo sciopero della settimana scorsa, le toghe si dicono pronte a continuare la mobilitazione con eventi e manifestazioni in ogni città, nell’attesa di incontrare, entro la fine di marzo, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. “Sarà un momento importante e non puramente formale”, spiega il presidente dell’Anm, Cesare Parodi, tessendo le lodi del capo dello Stato “personaggio straordinario per chiarezza, lucidità e coraggio”. E parlando delle polemiche sulla sentenza della Cassazione sul caso Diciotti, Parodi commenta: “Fermo restando che tutti i magistrati hanno pari dignità e valore, stiamo parlando delle sezioni unite della Cassazione, il massimo organo di espressione della giurisdizione. Un attacco a questo tipo di giudice ha un suo significato”. Ma secondo il presidente dell’Anm c’è anche un altro aspetto “che è quello peggiore per il nostro personale interesse” che è “il messaggio veicolato come conseguenza” ossia “il discorso ‘i soldi dei cittadini italiani invece di andare ai cittadini onesti che pagano le tasse, vanno ad extracomunitari stranieri irregolari’: un discorso che fa presa su tantissime persone. La cosa devastante dal punto di vista dell’immagine è questa”.
(da agenzie)

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“TRUMP? CI SONO ANALOGIE CON HITLER”: JACQUES ATTALI, SCRITTORE, ECONOMISTA ED EX CONSIGLIERE DI MITTERRAND, SOTTOLINEA LE ANALOGIE TRA I DUE

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

“UN PUTSCH FALLITO, LE FAKE NEWS, LA CROCIATA CONTRO LA SCIENZA, LE INTIMIDAZIONI E L’OBIETTIVO DI UNA SPECIE DI ANSCHLUSS, ANNESSIONE, CON IL PAESE VICINO”… IN UN POST SU “X”, POI CANCELLATO, AVEVA AGGIUNTO: “FINIRÀ MOLTO MALE PER LUI. E PRIMA SUCCEDE MEGLIO È”

Tra il presidente degli Stati Uniti Donald Trump e Adolf Hitler “ci sono delle analogie”. Jacques Attali, scrittore francese, economista ed ex consigliere speciale del presidente della Repubblica francese, il socialista Francois Mitterrand, sottolinea prima in un post su ‘X’ – che poi è stato cancellato – e poi in un’intervista alla tv francese, le analogie tra i due. “Non dico che Donald Trump sia come Hitler ma ci sono delle analogie: un putsch fallito, delle fake news, la caccia contro la scienza dappertutto, pensare a una specie di Anschluss con il paese vicino, intimidire tutti”, spiega Attali al canale all news francese ‘Bfm Tv’.
Le tappe successive, osserva Attali, promettono di essere interessanti da seguire. Se ad esempio Trump “non dovesse seguire le decisioni dei giudici che potrebbero invalidare le decisioni prese e quindi non rispettando le regole del diritto; mettere sotto inchiesta i suoi oppositori e vediamo già delle minacce sui membri del partito democratico. Per ora quello che dico è per fare riflettere. Ovviamente ci sono delle differenze, Trump non è antisemita, non vuole fare la guerra militarmente ai suoi vicini ma ci sono comunque con i dittatori dei punti di somiglianza”.
In precedenza in un post su ‘X’ che poi è stato cancellato , Attali era stato ancora più chiaro: “Trump sta seguendo esattamente le orme di Hitler. E in un modo che colpisce: il putsch fallito, le menzogne, il terrore, l’eliminazione degli scienziati e dei ricercatori. Poi il passo successivo sarà quello di mettere da parte i giudici, denunciare le persone democratiche e metterle in carcere. Tutto questo a vantaggio, come Hitler, di pochi industriali. Ovviamente finirà molto male per lui. E prima succede meglio è” .
(da agenzie)

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LA GRAN BRETAGNA STA PENSANDO DI CREARE UN’ALLEANZA A QUATTRO (INSIEME A AUSTRALIA, CANADA E NUOVA ZELANDA) PER FORNIRE A KIEV I DATI DELL’INTELLIGENCE

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

TRUMP HA INTERROTTO IL FLUSSO DI DATI CON L’UCRAINA PER FORZARE ZELENSKY AD ACCORDARSI CON PUTIN E QUESTO HA PORTATO ALLA MORTE DI CENTINAIA DI CIVILI CHE NON HANNO EVITATO LE BOMBE DI MOSCA … I FUNZIONARI DEL PARTITO PUTINIANO “RUSSIA UNITA” DONANO ALLE MADRI DI SOLDATI RUSSI MORTI DEI TRITACARNE: HANNO LA FACCIA COME IL CULO

La Gran Bretagna sta pensando di creare un’alleanza per la condivisione di intelligence denominata “Four Eyes”, un sottogruppo del ‘Five Eyes’ ma senza gli Usa, dopo che Donald Trump ha bloccato lo scambio di informazioni di intelligence con l’Ucraina.
Lo scrive il Daily Mail. “Five Eyes” è formata da Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Canada e Nuova Zelanda. “Non si tratta di ritirarsi dai Five Eyes, ma di creare al loro interno un nuovo ‘Four Eyes’, senza l’America”, ha affermato una fonte. Un’altra fonte è però consapevole che la decisione potrebbe provocare una reazione da parte di Trump.
Funzionari del partito putiniano Russia Unita avrebbero donato per l’8 marzo alle madri di soldati russi morti sul fronte ucraino dei tritacarne, postando anche foto dell’evento, avvenuto nella regione artica di Murmansk. Il gesto, quanto meno indelicato per il valore allusivo del dono, che materializza le critiche rivolte alla Russia per la sua abitudine a mandare al macello i suoi soldati a ondate, è stato ferocemente criticato con indignazione o scherno sui social.
Lo scrive il Guardian. Il post di cui parla il Guardian include anche una dedica alle “care mamme”, ringraziandole per “la forza e lo spirito d’amore che avete messo nel far crescere i vostri figli”. Russia Unita locale, scrive il Guardian, si sarebbe difesa dalle critiche, affermando che del gesto è stata data una interpretazione “insensibile e provocatoria” fuori luogo.
(da agenzie)

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UCRAINA, MUSK MINACCIA DI SPEGNERE STARLINK, SCHLEIN HA BUON GIOCO AD ATTACCARE LA TREMEBONDA MELONI: “VUOI ANCORA CONSEGNARE LA SICUREZZA NAZIONALE NELLE SUE MANI?”

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

SIAMO IN MANO A UN PUGNO DI CRIMINALI CHE DECIDONO I GOVERNI IN BASE AI LORO INTERESSI PERSONALI

«Se disattivato Starlink, il fronte ucraino crolla: Elon Musk sta dimostrando che l’unica cosa che vuole è estendere il proprio impero economico, anche se questo vuol dire farlo sulla pelle di un popolo aggredito che in queste ore sta subendo l’ennesima offensiva».
È il commento della Segretaria del Pd, Elly Schlein, alle ultime dichiarazioni del patron di Tesla e X che è tornato a chiedere che si arrivi subito alla pace e in Ucraina e minacciato che senza il suo sistema satellitare, la difesa di Kiev crollerebbe subito.
I terminali Starlink hanno svolto un ruolo fondamentale nel proteggere le comunicazioni durante la guerra in Ucraina: l’anno scorso, scrive Sky News, l’Ucraina ha dichiarato che erano operativi circa 42mila terminali tra militari, ospedali, aziende e organizzazioni umanitarie.
«Come fa» allora «Giorgia Meloni – si chiede la dem – a voler consegnare le chiavi della sicurezza nazionale italiana a Musk anche dopo aver sentito le sue ultime gravissime parole? Il governo cambi subito rotta e sul ddl Spazio non si faccia dettare la linea da Musk. Senza una rete satellitare europea efficiente e competitiva la difesa europea non potrà mai esistere», conclude.
Dello stesso tono anche il commento di Francesca Ghirra, capogruppo di AVS nella commissione Attività produttive della Camera, secondo cui «siamo di fronte ad una vera e propria follia da parte» della premier, sostiene. «Il Ddl Spazio va cambiato, regala la nostra sicurezza a Musk che vuole accrescere il suo immenso patrimonio defraudando chi trova sulla sua strada. C’è assoluta necessità di rivedere quel testo, abbiamo fatto di tutto in commissione e in Aula per spiegare che il testo di Governo e maggioranza è una sciagura – conclude -. Va rivisto».
«Le leggi si decidono su X o in Parlamento?»
Anche nella giornata di ieri – sabato, 8 marzo – Schlein si era rivolta alla presidente del Consiglio italiana precisando che «insieme a tutte le opposizioni» è stato chiesto «alla Camera di correggere l’articolo 25 del ddl spazio che lo stesso Musk aveva rilanciato condividendo un tweet dello scorso 23 settembre come il modo per trasformare Starlink nel sistema di backup dell’Italia. Abbiamo tentato di correggere la norma per garantire interesse e sicurezza nazionale in commissione alla Camera e pure la maggioranza aveva votato a favore di 2 nostri emendamenti – ha continuato -. Poi però hanno cambiato idea e hanno chiuso a ogni confronto sul resto».
Dopo un tweet «dell’uomo di Musk in Italia (Andrea Stroppa, ndr) che ha richiamato all’ordine FdI minacciandoli di non farsi più sentire per convegni o altro (cos’altro?) se avessero continuato a seguire il Pd anche sulle altre proposte. Le contestazioni di Salvini – ha precisato Schlein – confermano le difficoltà del governo nell’onorare un impegno preso con Musk che non va nell’interesse del Paese e che è stato assunto già prima che si avviasse il confronto parlamentare. È necessario che Meloni chiarisca da che parte sta. È al servizio di Musk o del Paese? Le leggi si decidono su X o in Parlamento?», conclude la segretaria del Pd.
(da agenzie)

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LA LISTA DEI PAPABILI CHE CIRCOLA IN VATICANO: 5 ITALIANI, POCHI CONSERVATORI, IL PESO DELLA CHIESA EUROPEA, I PRO E GLI ANTI TRUMP

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

LA VOCE SOFFERENTE DI PAPA FRANCESCO HA ACCELERATO I MOVIMENTI NELLA SANTA SEDE

Ventisette secondi che hanno cambiato per sempre la storia del pontificato di Papa Francesco. Dopo ventuno giorni di ricovero al Policlinico Gemelli per una polmonite bilaterale, il 6 marzo Bergoglio ha rotto il silenzio mediatico, in cui era insolitamente avvolto fin dall’inizio della degenza, con un breve audio in spagnolo per ringraziare tutti coloro che, dal 14 febbraio, stanno pregando per lui.
Una voce molto sofferta che, se da un lato doveva definitivamente smentire tutte le numerose fake news che lo danno per morto già da tempo, dall’altro lato ha allarmato il mondo, in ansia per la salute di un Pontefice molto più amato al di fuori della stretta geografia cattolica che al suo interno.
Un audio drammatico che ha dato il polso della situazione molto più dei quotidiani bollettini medici. Una voce che avvicina il conclave, secondo la percezione che ne hanno subito avuto i cardinali e i vescovi presenti al consueto rosario serale per la salute del Papa in piazza San Pietro, location scelta proprio da Francesco per far udire nuovamente la sua parola.
Una lista di papabili si va formando in questi giorni e comprende ben quindici nomi. Ilfattoquotidiano.it è in grado di anticiparla.
In Curia ce ne sono sei: Pietro Parolin (70 anni), segretario di Stato, colui che presiederà il conclave; Claudio Gugerotti (69 anni), prefetto del Dicastero per le Chiese orientali; Robert Francis Prevost (69 anni), agostiniano, prefetto del Dicastero per i vescovi; Luis Antonio Gokim Tagle (67 anni), pro prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione; Ángel Fernández Artime (64 anni), salesiano, pro prefetto del Dicastero per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica; Fernando Filoni (78 anni), gran maestro dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme.
Di italiani, oltre ovviamente a Parolin, Gugerotti e Filoni, ci sono anche Matteo Maria Zuppi (69 anni), presidente della Conferenza episcopale italiana e arcivescovo di Bologna, e Pierbattista Pizzaballa (59 anni), francescano, patriarca di Gerusalemme dei Latini.
Di salesiani, oltre ad Artime, c’è Cristóbal López Romero (72 anni), arcivescovo di Rabat.
I candidati dei tradizionalisti, invece, sono due: Péter Erdő (72 anni), arcivescovo di Esztergom-Budapest, e Willem Jacobus Eijk (71 anni), arcivescovo di Utrecht.
Chiude la lista degli europei papabili Anders Arborelius (75 anni), carmelitano, vescovo di Stoccolma.
Gli statunitensi in corsa, oltre Prevost, sono Timothy Michael Dolan (75 anni), arcivescovo di New York, e Blase Joseph Cupich (75 anni), arcivescovo di Chicago. Infine, c’è Fridolin Ambongo Besungu (65 anni), cappuccino, arcivescovo di Kinshasa.
Da questa lista, che sta maturando nelle settimane di pre conclave, emerge un dato interessante: gli italiani considerati papabili sono un terzo, ben cinque su quindici.
La tendenza per il dopo Francesco sembra essere quella di riportare il baricentro della Chiesa nel cuore dell’Europa, dopo uno spostamento in America Latina con il pontificato bergogliano.
L’Asia non riesce ancora a esprimere candidati forti, a eccezione di Tagle che, però, adesso rappresenta il partito della Curia romana.
I tradizionalisti si affidano a due porporati europei ben noti per la loro ortodossia. Mentre negli Stati Uniti il rischio è di una contrapposizione pro (Dolan) e contro (Cupich) Donald Trump dei due principali candidati al soglio di Pietro.
Contrapposizione che potrebbe spaccare in due i cardinali elettori statunitensi. Tutto ciò a dimostrazione che il pre conclave è già abbastanza avanti.
C’è chi, da una prospettiva chiaramente anti bergogliana, facendo una valutazione molto azzardata, ha preso in esame sei temi caldi per passare in rassegna ventidue cardinali considerati papabili. I sei parametri scelti sono quelli che stanno più a cuore ai nostalgici ratzingeriani, ovvero ai tradizionalisti, che vorrebbero che tutto torni al 28 febbraio 2013, giorno, per loro decisamente funesto, della fine del pontificato di Benedetto XVI. All’interno della Curia romana, infatti, è noto che i fedelissimi di Ratzinger hanno sempre definito le sue dimissioni come “un’immane sciagura”. Ciò, non solo perché il Papa tedesco lasciò il pontificato dopo appena otto anni, facendo così perdere ai suoi più stretti collaboratori importanti posti di potere, ma soprattutto perché con quel gesto decisamente riformatore, moderno e conciliare, Ratzinger ha di fatto spalancato, inconsapevolmente, come lui stesso ammise tre anni dopo, nel 2016, le porte al regno di Francesco, avversato ovviamente dai ratzingeriani di ferro.
Da sottolineare, inoltre, che tra i ventidue papabili presi in esame ce ne sono anche tre che, avendo già compiuto ottant’anni di età, non entreranno in conclave. Essi ovviamente sono tutti conservatori: Angelo Bagnasco, ex presidente della Cei e arcivescovo emerito di Genova; Marc Ouellet, prefetto emerito del Dicastero per i vescovi, e Mauro Piacenza, penitenziere maggiore emerito.
I sei parametri scelti, invece, sono: l’ordinazione delle diaconesse, la benedizione delle coppie omosessuali, il celibato sacerdotale facoltativo, la restrizione della messa in latino, l’accordo provvisorio, già rinnovato diverse volte, tra la Santa Sede e la Cina per la nomina dei vescovi e la promozione di una Chiesa sinodale.
Una prospettiva, come si evince facilmente dai temi scelti, che inevitabilmente offre un’immagine falsata del futuro della Chiesa dopo Francesco.
Se, infatti, dopo le dimissioni dell’85enne Benedetto XVI, il dibattito sul profilo del successore di Ratzinger ruotava attorno ai temi classici di un pre conclave (Papa giovane, poliglotta, viaggiatore, sano,…), adesso l’interesse di alcuni osservatori è maggiormente concentrato sulle tematiche che hanno scosso e soprattutto diviso la Chiesa nei dodici anni di pontificato di Francesco.
Ciò cosa significa? Che anche i suoi più acerrimi critici, dentro e fuori le gerarchie ecclesiastiche, hanno di fatto ammesso che il pontificato di Bergoglio non è facilmente archiviabile con un ritorno immediato e definitivo all’era Ratzinger.
Ci sono, infatti, delle riforme irreversibili, con le quali anche il successore di Francesco dovrà inevitabilmente confrontarsi. Ma, ancora prima, dovrà confrontarsi il Collegio cardinalizio, nella sua totalità, e poi il conclave che dovrà eleggere il successore di Bergoglio. Al momento, i cardinali elettori sono 137, ciò significa che servono 91 voti per diventare Papa. Un quorum senza precedenti.
(da Il Fatto Quotidiano)

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ELON MUSK LASCIA CAMPO LIBERO AGLI 007 RUSSI E CINESI: GLI IMPONENTI TAGLI VOLUTI DAL MILIARDARIO KETAMINICO, CHE CHIUDE CONSOLATI AMERICANI E BLOCCA LE CARTE DI CREDITO DEI DIPENDENTI FEDERALI IN TUTTO IL MONDO PER RISPARMIARE QUALCHE MILIONE, SONO UN ASSIST PER L’INTELLIGENCE DI MOSCA E PECHINO

Marzo 9th, 2025 Riccardo Fucile

LA SFORBICIATA TOGLIERÀ AGLI 007 UNA RETE DI INFORMAZIONI PREZIOSA, PROPRIO NEL MOMENTO CINA E RUSSIA SPINGONO PER SPARTIRSI AFRICA E ASIA

Elon Musk – impegnato nella massiccia campagna di tagli alla spesa federale affidatagli dal presidente Trump – chiude consolati e missioni Usa in tutto il mondo e blocca le carte di credito ai dipendenti federali, inclusi gli impiegati civili delle basi militari di Camp Darby, tra Pisa e Livorno, Aviano (Pordenone) e Vicenza.
I tagli a strascico guidati dal miliardario sudafricano hanno così superato i confini americani, toccando la diplomazia e la difesa. Con un effetto collaterale che spaventa l’intelligence: i tagli alle missioni consolari, sostengono i media americani, lasceranno strada libera agli 007 russi e cinesi.
Ma l’amministrazione Trump è decisa ad andare fino in fondo: punta alla chiusura entro l’estate di decine delle circa 270 missioni consolari Usa nel mondo, soprattutto in Europa. Nel mirino Firenze, ma anche Bordeaux e Strasburgo in Francia; Lipsia, Amburgo, Düsseldorf in Germania; Ponta Delgada, nell’isola di São Miguel, Portogallo; e Gaziantep, in Turchia, che si occupava di attività umanitarie in Siria. Il destino di questi consolati non è ancora deciso, ma sono nella lista di quelli a rischio chiusura.
La strategia fa parte di un piano più ampio di riduzione del 10% (ma Politico parla del 20) della forza lavoro del dipartimento di Stato, con l’obiettivo di eliminare spese superflue e selezionare un personale più fedele al presidente. Del resto, a febbraio le agenzie federali hanno perso 10 mila posti di lavoro per effetto dei licenziamenti e delle dimissioni incentivate imposti dal Department of government efficiency (Doge) di Musk. Argomento che ha fatto esplodere una lite dentro il consiglio dei ministri Usa. Secondo il New York Times, l’insistenza di Musk sui tagli al personale avrebbe infastidito soprattutto il segretario di Stato Rubio, portando a un acceso scontro tra i due sotto gli occhi del tycoon.
I tagli preoccupano anche l’intelligence, perché molti agenti della Cia operano all’estero sotto copertura lavorando negli uffici consolari. La chiusura toglierà agli 007 una rete preziosa di informazioni a livello locale, proprio nel momento in cui la Cina sta superando gli Stati Uniti per penetrazione diplomatica in Asia e Africa.
La chiusura favorirà anche l’intelligence russa, che avrà strada libera in molte aree, inclusa l’Europa occidentale. Due terzi del personale impiegato nel dipartimento di Stato, pari a circa 75 mila persone, lavora in missioni all’estero e rappresenta la base per le informazioni che gli Usa raccolgono negli altri Paesi. Da settimane il governo ha bloccato migliaia di assunzioni mentre, secondo Reuters, è stato chiesto ai consolati di tagliare il personale civile locale di almeno il 10%.
Il piano prevede anche l’accorpamento e la cancellazione di uffici consolari a Washington che si occupano di diritti umani, rifugiati, giustizia penale globale, questioni femminili e tratta di esseri umani, considerati tutti temi “woke” e di sinistra.
Trump vuole una diplomazia pienamente allineata alla sua agenda di “America First”. Ex rappresentanti del dipartimento hanno messo in guardia dalla politica di tagli, dicendo che questo intervento metterà a tacere il dissenso e tutti coloro pronti a segnalare frodi, conflitti d’interesse, casi di corruzione.
Intanto nei nuovi tagli alla Difesa sono finiti dipendenti civili americani e italiani, ma non i militari. La sospensione delle carte di credito al momento dovrebbe valere per trenta giorni e bloccare ogni tipo di acquisto, a cominciare da cancelleria, viaggi e carburante. Il Doge ha annunciato di aver disattivato 146 mila carte di credito federali, e Musk ha ricordato che in tutto ne circolano 4,6 milioni, che nel 2024 hanno generato una spesa di 40 miliardi di dollari.
(da agenzie)

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