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“L’UNICO INTERVENTISMO DI QUESTO GOVERNO IN ECONOMIA L’ABBIAMO VISTO NEL RISIKO BANCARIO”: ELLY SCHLEIN ALL’ASSEMBLEA DEM ATTACCA LA PROPAGANDA DELLA MELONI

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

DALLE BANCHE (“IL QUADRO CHE EMERGE DALL’INCHIESTA CONFERMA LE GRAVI PREOCCUPAZIONI CHE ABBIAMO ESPRESSO SUL RUOLO OPACO DEL GOVERNO E DEL MEF”) ALLA LEGGE ELETTORALE E AL CARO-VITA: “IL FRIGO DEGLI ITALIANI E’ SEMPRE PIU’ VUOTO”

«Salgono le tasse, la pressione fiscale non è mai stata così alta. Salgono gli affitti, se sei uno studente sono aumentati del 45%. Il governo mette zero sulla casa in manovra. Salgono le bollette, del 25% in un anno. Secondo la Cna le imprese artigiane pagano il 5% in più rispetto a un anno fa. Sale il caro vita e questa è una esperienza che vivete tutti, dal 2021 al 2025 il prezzo dei beni alimentario sono aumentati del 25% e i salari sono scesi di nove punti. A Meloni chiedo: da quanto tempo è che non esce a fare la spesa. Provi a fare i conti, esca da palazzo Chigi, faccia un giro in qualsiasi alimentare di quartiere. Il frigo degli italiani è vuoto, è sempre più vuoto».
Con le note dell’Inno di Mameli si è aperta l’assemblea nazionale del Pd. I delegati arrivati a Roma hanno prima ascoltato in piedi nella sala dell’auditorium Antonianum, con Schlein e Stefano Bonaccini fianco a fianco al tavolo della presidenza.
C’è stato anche un minuto di silenzio per le vittime dell’attentato di Sidney. «Sembra un vero e proprio attentato contro la comunità ebraica. Dobbiamo fermare questa spirale di odio e intolleranza», sono state le prime parole della segretaria dem. Poi un applauso di solidarietà ai giornalisti e alle giornaliste di Repubblica e La Stampa.
La segretaria ha fatto un bilancio dell’azione del Pd. «Siamo qui per fare scelte insieme come si fa in una grande comunità democratica. Il Pd è cresciuto in questi tre anni come nessun altro partito europeo è cresciuto. Siamo il primo partito nei voti reali. Non nei sondaggi, nei voti veri. E’ la dimostrazione che la partita per le politiche è apertissima. Abbiamo ricucito strappi con mondi che si erano allontanati da noi, si respira un clima di fiducia che ci responsabilizza. Lo abbiamo visto con il due per mille, risanando le finanze del partito con un grande gioco di squadra e dopo otto anni di sacrifici abbiamo fatto uscire i dipendenti dalla cassa integrazione».
Schlein ha poi aggiunto riguardo all’organizzazione dem: «Abbiamo sostenuto i circoli, ricomprate sedi storiche, abbiamo fatto crescere le feste dell’unità e ridato slancio alla conferenza delle democratiche, sostenuto la ripartenza dei Giovani democratici che hanno finalmente svolto il loro congresso ed eletto una nuova segretaria, abbiamo organizzato a Bologna la più grande iniziativa del partito dedicata ai nostri amministratori e amministratrici, abbiamo fatto una proposta di legge per il rilancio delle aree interne che nasce dall’ascolto dei territori».
Le divisioni interne nel Pd sono state analizzate con ottimismo dalla segretaria. «C’era chi scommetteva sulle divisioni nel nostro campo», ha detto, «dopo tre anni e mezzo non solo ci siamo ma siamo competitivi e siamo esattamente la prima forza di opposizione. Non solo il partito non è diviso e non si è scisso, ma è stato più unito e compatto che mai e di questo ringrazio tutti voi e ringrazio anche il presidente Bonaccini perché l’unità non si fa da soli. Stiamo cambiando in positivo perché è finito il tempo delle divisioni e dei litigi, la maggioranza è oggi più larga ma io continuo e continuerò a essere sempre la segretaria di tutto e di tutti la segretaria di tutto il partito».
Standing ovation quando Schlein ha detto: «La tessera del Pd del 2026 sarà dedicata a Tina Anselmi, nel decennale dalla scomparsa. Per una sanità veramente di tutti e non solo di chi se la può permettere».
Ai delegati presenti in assemblea ha detto: «Vi propongo un percorso programmatico per il Paese e nel Paese, facciamolo insieme. È tempo di ascoltare il territorio. Da gennaio partiremo con un grande percorso per dare la parola all’Italia». Poi ci riuniremo «con le forze con cui saremo alternativa».
La leader dem ha sottolineato la differenza tra la kermesse di Atreju di FdI e l’assise del Partito democratico. «L’assemblea nazionale non è una kermesse», sono state le parole della segretaria, «non è un evento che prevede spettatori. Voi siete
tutti protagonisti a pieno titolo e rappresentate in questa sede il massimo organo dirigente di questo partito, una rappresentanza vera eletta e legittimata con un congresso, con primarie vere. Siamo qui per discutere davvero, per condividere un momento autentico con la massima capacità di ascolto e la massima libertà di analisi. Siamo qui per confrontarci».
«Le sorelle Meloni vogliono mettere mano alle prerogative del capo dello Stato. Giù le mani dalle prerogative del presidente della Repubblica. Arianna Meloni ieri ci ha svelato le priorità del governo per il 2026: premierato e riforma della legge elettorale. Scusate pensavamo lo fossero le bollette più care d’Europa, chi non arriva a fine mese, i 6 milioni di italiani che non riescono più a curarsi per le liste d’attesa troppo lunghe. Ma no le priorità per le sorelle Meloni sono una riforma elettorale e una riforma che indebolisce i poteri del presidente della Repubblica: giù le mani dalle prerogative del presidente della Repubblica. Il governo deve risolvere i problemi degli italiani non i propri».
E poi: «Anche tanti di coloro che hanno votato per questa destra capiscono che non ha fatto nulla per la crescita di questo Paese. Sfuma la propaganda. Ve lo ricordate il video al benzinaio? La campionessa di incoerenza invece le ha aumentate le accise, ma chi pensa di prendere in giro?».
Quindi l’attacco sul tema bancario. «L’unico interventismo di questo governo in economia l’abbiamo visto nel risiko bancario», ha ricordato Schlein, «il quadro che emerge dall’inchiesta in corso conferma le gravi preoccupazioni che abbiamo espresso nei mesi scorsi, in particolare sul ruolo opaco del governo e del Mef. Finalmente come avevo chiesto il ministro Giorgetti verrà
in Aula a riferire, ma voglio lanciare un messaggio anche da qui: lo sappiamo che state provando in sordina a cambiare le regole sul concerto che è al centro di quella inchiesta, vi dovete fermare»
Quanto al Medio Oriente e ai conflitti in essere: «Torniamo a chiedere al governo italiano il pieno e immediato riconoscimenti dello Stato di Palestina. Questo significa riconoscere l’Autorità nazionale palestinese, non certo i terroristi di Hamas».
E sull’Ucraina: «Non può esserci una pace giusta senza che al tavolo negoziale sieda anche chi ha subito l’aggressione, l’Ucraina. Non possiamo lasciare questa vicenda alle telefonate bilaterali di Trump e Putin. Abbiamo sempre sostenuto l’Ucraina e continueremo a sostenerla. Serve il coinvolgimento dell’Unione europea».
Mentre sul fronte interno, riguardo la legge elettorale: «Che sia possibile mandare a casa questa destra, lo hanno detto loro quando un’ora dopo le Regionali hanno detto che vogliono cambiare la legge elettorale. Non si cambia la legge elettorale a un anno dal voto per paura di perdere».
E sul referendum sulla giustizia: «La riforma della giustizia non è una riforma che migliorerà l’efficienza della giustizia italiani, né aiuterà gli italiani. Serve a loro. Lo ha detto Meloni che, di fronte a una sentenza della Corte dei conti, ha detto: ora gli facciamo vedere chi comanda. Quindi il Pd sarà impegnato per il No al referendum».
(da Corriere della Sera)

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GIORGIA, ER MEJO TACCO DI ATREJU! APPENA SALITA SUL PALCO, LA PREMIER INIZIA LA GRANDE DISTRAZIONE DI MASSA DAI VERI PROBLEMI DEL PAESE ZOMPETTANDO MENTRE LA FOLLA DI FRATELLI D’ITALIA GRIDA “GIORGIA! GIORGIA!”

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

POI TRA UNA CITAZIONE DI BARBARA D’URSO (“COL CUORE”), UNA DI CETTO LAQUALUNQUE E UN’ALTRA DI ANTONELLO VENDITTI, LA DUCETTA EVITA DI PARLARE DI LAVORO, SANITA’ E TASSE… LA STATISTA DELLA SGARBATELLA SI INFERVORA CONTRO “LE MACUMBE” DEI SINISTRELLI CON TONI DA RAFFINATA INTELLETTUALE: “SE PORTANO DA SOLI ‘NA SFIGA CHE MANCO LA CARTA DELLA PAGODA NEL MERCANTE IN FIERA”… LA DUCETTA, ORMAI GENUFLESSA AL PRESIDENTE USA, URLA: “L’ITALIA NON E’ SUBALTERNA A NESSUNO. ALLA SINISTRA, INVECE, IL PADRONE JE PIACE”

Prima di iniziare il suo intervento ad Atreju, la manifestazione di FdI, la premier Giorgia Meloni è stata accolta dal coro ‘Giorgia, Giorgia’. La presidente del Consiglio ha iniziato a saltellare sul palco con le braccia al cielo. “Buongiorno a tutti, siete uno spettacolo meraviglioso, voglio ringraziarvi per questo entusiasmo”, ha esordito Meloni.
“Per la vostra energia contagiosa – ha aggiunto – e il vostro impegno senza sosta in queste giornate che profumano di buona politica, di comunità, di appartenenza. E grazie perché davvero vedervi qui così numerosi e orgogliosi con le nostre bandiere davvero mi ripaga di ogni giorno impossibile, di ogni notte passata senza dormire, di ogni fine settimana passato a lavorare per cercare quanto di meglio possiamo per questa nazione”.
“Questo è il luogo in cui tutte le idee hanno diritto di cittadinanza. Questo è il luogo in cui Nietzsche e Marx si danno la mano. In cui il valore delle persone si misura sui contenuti. E chi scappa dimostra di non avere contenuti”.
“Voglio ringraziare i tanti leader delle opposizioni che hanno partecipato, Conte, Bonelli, Renzi, Marattin Calenda, Magi e voglio ringraziare anche Elly Schlein che con il suo nannimorettiano ‘mi si nota di più se vengo o sto in disparte o se non vengo per niente’ ha comunque fatto parlare di noi”.
“Parlano male di Atreju ed è l’edizione migliore di sempre, parlano male del governo e il governo sale nei sondaggi. Hanno tentato di boicottare una casa editrice ed è diventata famosissima. Si portano sfiga da soli, che manco quando te capita la carta della pagoda al Mercante in fiera. E allora grazie a tutti quelli che hanno fatto le macumbe prendendo questa edizione di Atreju la più intensa e partecipata di sempre”. Atreju, la manifestazione di FdI.
“Lo dico sempre la libertà ha un prezzo e noi che al contrario di altri non abbiamo mai amato le ingerenze straniere da qualsiasi parte arrivino abbiamo sempre preferito una costosa libertà a una costosissima e apparentemente comoda servitù”.
(da agenzie)

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CILE: OGGI IL BALLOTTAGGIO PER LE PRESIDENZIALI, FAVORITO IL CONSERVATORE KAST

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

I SONDAGGI LO DANNO AL 51% CONTRO IL 35% DELL’ESPONENTE DI SINISTRA JARA… RITORNANO I NOSTALGICI DI PINOCHET

Si svolge oggi, 14 dicembre, il ballottaggio delle elezioni presidenziali in Cile, nel quale gli elettori decideranno chi tra la comunista Jeanette Jara e il conservatore José Antonio Kast sarà il presidente per il quadriennio 2026-2029.
Una sfida che apparentemente non dovrebbe riservare sorprese: stando ai pronostici che analisti e sondaggisti effettuano da dopo il primo turno del 16 novembre, solo un evento inatteso potrebbe togliere la vittoria a Kast. La media dei sondaggi realizzati prima dello stop imposto per legge il 1 dicembre, assegna al conservatore un 51,1 per cento dei consensi, contro il 34,9 per cento destinato a Jara. Dall’11 marzo 2026, giorno dell’insediamento ufficiale, il Cile potrebbe quindi voltare decisamente pagina dopo i quattro anni del progressista Gabriel Boric, arrivato alla presidenza sullo slancio delle proteste indette nel 2019 per limare le consolidate differenze tra le classi sociali. Al suo terzo tentativo di diventare presidente (l’ultimo è stato proprio quello perso con Boric) Kast rappresenta l’ala ritenuta più conservatrice della destra cilena, interprete delle richieste di ordine e “mano dura” contro la criminalità, ma nel mirino dei progressisti per la reticenza a condannare apertamente il periodo della dittatura.
Le chance di vincere la sfida con Jara sono irrobustite dal sostegno esplicito garantito dagli altri due candidati di destra che non hanno superato il primo turno: al 23,9 per cento ottenuto a novembre, Kast potrebbe aggiungere fino al 14 per cento dei voti andati ad Evelyn Matthei – in campo da indipendente ma con il sostegno di forze riconosciute dello schieramento conservatore – e il 13 per cento dei consensi ottenuto da Johannes Kaiser, titolare di un’agenda iper liberista e anima “ribelle” della destra cilena. Numeri di cui Jara, vincitrice del primo turno con solo il 26,8 per cento, non sembra poter disporre. Il leader conservatore, peraltro, ha deciso di non partecipare ai dibattiti televisivi, opponendo alle critiche di voler evadere il confronto, le ragioni di un maggior impegno “sul terreno”. La lettura ricorrente di questa scelta è stata quella di voler evitare di riaccendere le polemiche sulla dittatura e di lavorare proprio a un consolidamento dell’intesa con i potenziali alleati.
Le uniche incognite rilanciate dai media sono quelle relative alle scelte che vorranno fare gli elettori di Franco Parisi, l’outsider “anti-casta” che a novembre ha conquistato un inatteso terzo posto, con il 19,7 per cento di voti. Il suo Partito della gente (Pdg) ha deciso dopo una consultazione online che alle urne – fedele alla lotta alla “politica tradizionale” proclamata dal leader – non appoggerà nessuno dei due contendenti. L’ultimo sondaggio dell’istituto Cadem segnala che almeno un terzo del suo elettorato potrebbe comunque optare per Kast.
I sostenitori di Jara confidano in alcuni errori di comunicazione fatti da Kast nella retta finale della campagna, durante la quale – però – il leader conservatore pare essere riuscito a organizzare il fronte unico della destra contro lo “spauracchio” della candidata di sinistra. Ministra del Lavoro e della previdenza sociale nel governo Boric, Jara ha vinto le primarie che la sinistra ha fatto – contrariamente alla destra – per formulare una candidatura unica. L’aspirante presidente ha però dovuto impiegare gran parte della sua campagna elettorale a difendersi dalle critiche centrate sulla sua appartenenza al Partito comunista, provenienti non solo dai tradizionali avversari di destra, ma anche da quella parte dello schieramento progressista che – come ha fatto lo stesso Boric -, intende smarcarsi dalle istanze più estreme della sinistra latinoamericana. Per il resto, il Paese – pur con indici di violenza ben sotto la media regionale – si è avvicinato alle elezioni discutendo soprattutto di controllo dell’immigrazione e lotta all’insicurezza, temi centrali nei programmi dei candidati di destra.
E non è un caso che negli appuntamenti in vista del ballottaggio, Kast ha insistito nell’articolare il programma relativo a questi temi chiave. In un documento di 39 pagine, l’avvocato 59enne scrive di voler “gettare le basi e definire gli assi fondamentali per ripristinare l’ordine, il progresso economico, la libertà e la speranza”. Non si tratta di sgranare “un lungo elenco di misure, ma di affrontare con urgenza e determinazione le emergenze che consentano di riportare solidità alle fondamenta della società”. Tra le “emergenze” individuate da Kast ci sono – oltre a sicurezza e crisi migratoria – il rilancio dell’economia (con un Paese che “perde produttività” e genera centinaia di migliaia di disoccupati) e una “decadenza morale” nel settore pubblico. “Le emergenze non si affrontano con misure timide”, annuncia Kast promettendo un “governo d’emergenza, che si faccia carico dello Stato divenuto inefficace, che promuova cambi profondi con decisione, rapidità e senza complessi”.
Con la presidenza Kast, si promette, “lavoreremo per ridurre drasticamente gli omicidi”, si metterà fine “alla mancanza di controllo migratorio e chiuderemo la porta agli ingressi clandestini”.
In un confronto diretto con una comunità di migranti, molti dei quali in fuga dalla crisi in Venezuela, Kast ha però dovuto promettere di non ricorrere alle espulsioni di massa, ma ha invitato gli stessi stranieri a uscire volontariamente per poi procedere, “con ordine”, a verificare chi abbia i titoli per risiedere nel Paese. Si tratta di “ristabilire il la supremazia del diritto e della legge in tutto il territorio nazionale”, di “proteggere e sostenere coloro che esercitano l’autorità” e di “rafforzare la fiducia sociale”, recita il programma immaginando un esecutivo la cui definizione di “eccezionalità” si misura comunque con più di una critica formulata da politologi e costituzionalisti.
Quella di un “governo di emergenza” è divenuto – per sostenitori e detrattori – un tema di dibattito soprattutto perché, come detto, il nome di Kast rappresenta una sfida per la giovane democrazia sudamericana: José Antonio è il figlio minore di Michel Kast Schindele e Olga Rist Hagspiel, tedeschi emigrati in Cile negli anni 50. Il padre, come diversi connazionali dell’epoca, era iscritto al partito nazista, mentre uno dei fratelli, Michael, è stato ministro durante la dittatura di Augusto Pinochet e presidente della Banca centrale. Rimane da vedere, convengono diversi opinionisti, quale sarà la reazione della sinistra ad un eventuale governo Kast: se, in linea con l’atteggiamento più aggressivo sfoderato da Jara nell’ultimo segmento di campagna, ne misurerà la “legittimità” democratica o se, nel segno della tradizione di alternanza ostentata dal Paese negli ultimi decenni, richiamerà il presidente ai propri doveri istituzionali.
Kast, avvocato e a lungo deputato, è stato anche per tutte queste ragioni accostato ad altri leader decisionisti della destra regionale: il brasiliano Jair Bolsonaro, l’argentino Javier Milei, passando dal salvadoregno Nayib Bukele e arrivando all’inquilino della Casa Bianca, Donald Trump.
Per dare forza al messaggio di uomo d’azione, scrive il portale “Ex-Ante”, Kast ha accelerato i lavori di preparazione del centro operativo in cui, se tutto va come previsto, da lunedì 15 inizierà a lavorare per la transizione: oltre 700 metri quadri, 98 postazioni di lavoro, 31 uffici privati, 18 bagni due sale da pranzi e una cucina. Unico inconveniente, il fatto che la struttura – ribattezzata “piccola Moneda”, per richiamare il palazzo presidenziale – è circondata da edifici di dodici piani, dato che pare abbia messo in allarme la sicurezza privata, non certa di poter offrire adeguata protezione al probabile presidente.
Per quanto riguarda la composizione del parlamento, le elezioni generali del 16 novembre hanno garantito alle coalizioni di destra la possibilità di controllare la Camera dei deputati (155 seggi). A Cambio per Cile – lo schieramento che ha sostenuto Kast -, vanno 42 deputati, ben 18 in più di quelli di cui dispongono i partiti nella legislatura uscente. Di questi, ben 17 vanno al Partito repubblicano dello stesso Kast. In questo blocco confluiscono anche i rappresentanti del Partito nazionale libertario (Pnl), la forza guidata da Kaiser. Altri 34 deputati – ben 15 in meno sulla legislatura uscente – spettano a Cile grande e unito, la coalizione di forze conservatrici che ha sostenuto Matthei. La maggioranza relativa dell’Aula, anche se con otto deputati in meno rispetto a oggi, rimane alla coalizione di centrosinistra Unità per il Cile, con 61 seggi. Ma determinanti, per delineare le maggioranze della prossima legislatura, potranno essere i 14 deputati del Partito della gente, la forza creata dal candidato “anti-casta” Parisi.
(da Agenzia Nova)

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EFFETTO EPSTEIN: IL 52% DEGLI AMERICANI DISAPPROVA TRUMP, SOLO IL 23% APPOGGIA LA GESTIONE DELLA VICENDA DOPO LE ULTIME RIVELAZIONI

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

DUE AMERICANI SU TRE RITENGONO CHE TRUMP SAPESSE DEL GIRO DI PEDOFILI. E LO PENSA ANCHE IL 39 PER CENTO DEGLI ELETTORI REPUBBLICANI

Lo stillicidio delle rivelazioni sul caso Jeffrey Epstein ha ripreso il suo corso e rialzato la tensione politica: venerdì i democratici del Congresso hanno pubblicato una serie di foto che ritraggono uomini di potere, tra cui Donald Trump, in compagnia del finanziere pedofilo e di alcune ragazze. E questo mentre i sondaggi puniscono il tycoon: solo il 23 per cento degli americani intervistati approva il modo in cui il presidente sta trattando i file e la loro pubblicazione, mentre il 52 per cento esprime disapprovazione.
Epstein è morto nel 2019 in un carcere di New York, dove era stato rinchiuso con l’accusa di aver creato un harem di ragazze minorenni per soddisfare i piaceri sessuali suoi e di un gruppo ristretto di amici.
Nelle foto appaiono anche l’ex presidente Bill Clinton, il regista Woody Allen, lo stratega di Trump Steve Bannon e l’imprenditore Richard Branson. Altre immagini e rivelazioni sono destinate ad affiorare, mentre si avvicina la scadenza del 19 dicembre, giorno entro il quale il dipartimento dovrà rendere pubblici tutti i file.
La Casa Bianca ha minimizzato l’impatto delle ultime rivelazioni, ma la notizia che inquieta i repubblicani arriva dai sondaggi: secondo Reuters-Ipsos, due americani su tre ritengono che Trump sapesse del giro di pedofili. E lo pensa anche il 39 per cento degli elettori repubblicani.
Numeri che potrebbero incrinare il muro di protezione eretto attorno al presidente, mentre a Washington cresce il sospetto che il governo possa aver cercato, in questi mesi, di cancellare ogni possibile prova contro Trump. Un gruppo di senatori democratici ha inviato una lettera al dipartimento di Giustizia, chiedendo all’ispettore generale di avviare un audit formale dei file di Epstein.
(da agenzie)

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LA BERNINI E LA FRASE “SIETE DEI POVERI COMUNISTI”) AGLI STUDENTI CHE LA CONTESTAVANO: GIÀ AI TEMPI DI BERLUSCONI ERA LA GAG DI UN’USURATA COMICITÀ PER ANZIANI

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

LA BERNINI VOLEVA FARSI BELLA CON LA MELONI CHE LA OSPITAVA AD ATREJU, CERCAVA L’INCIDENTE, VOLEVA SENTIRSI DIRE ‘FASCISTA’, SMASCHERARE IL LORO PRESUNTO ESTREMISMO E INSCENARE UNA DISPUTA IDEOLOGICA. MA QUEI SAGGI RAGAZZI NON ERANO INTERESSATI A FARE A BOTTE CON UNA MINISTRA SCALMANATA

Ho guardato le immagini con attenzione e mi ha sorpreso la ministra Bernini che nonavevo mai visto così selvatica. I ragazzi contestavano la severità dei test ma non erano minacciosi, semmai disperati.
Non valuto nel merito le loro ragioni, insisto sulla forma. Non esibivano simboli, né kefia né falce e martello, parlavano di università, la loro casa, con la ministra dell’Università (con chi, se no?) e non meritavano di essere insultati, con uno stilema, «poveri comunisti», che già ai tempi di Berlusconi era la gag di un’usurata comicità per anziani. E diceva pure: «Siete inutili».
Probabilmente per farsi bella con la Meloni che la ospitava ad Atreju, usava la stessa grammatica politica di Fratelli d’Italia, il loro codice manesco. Cercava l’incidente, il fallo di reazione, voleva sentirsi dire “fascista”, smascherare il loro presunto estremismo e inscenare una disputa ideologica. Ma quei saggi ragazzi non erano interessati a fare a botte con una ministra scalmanata.
(da Repubblica)

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“IL PD? NOI SIAMO DISPONIBILI A DIALOGARE. SE VERRÀ FUORI UNA ALLEANZA DIPENDERÀ SOLO DAI PROGRAMMI. IL CANDIDATO E I CRITERI DI SCELTA VENGONO DOPO”

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

CONTE SI TIENE LE MANI LIBERE A SINISTRA E AD ATREJU SFIDA LA DESTRA SUL SUO TERRENO: DAL PATTO DI STABILITA’ ALL’IMMIGRAZIONE (“CON ME GLI SBARCHI ERANO PIÙ CONTENUTI, CON MELONI SONO AUMENTATI”)

Ci diciamo: andiamo sentire un po’ che dice Giuseppe Conte ad Atreju, dopo che questa settimana l’ha sparata grossa sull’Europa. Da cartellino rosso. Ma il Pd, si sa, è poco esigente.
Eccoci, sala stracolma. Sorpresa: di Europa e Trump qui manco se ne parla, perché non gli viene neanche chiesto. Ops, tocca cambiare pezzo (ma fino a un certo punto, vedrete perché). L’articolo diventa su come – con quale armamentario politico – il leader pentastellato combatte gagliardamente nell’arena.
Perché di questo si tratta: un’intervista che non è un’intervista, perché più che domande ci sono obiezioni politiche; un conduttore, Tommaso Cerno, che è un agit prop perso tra il proprio Narciso e il delirio adulatorio verso Giorgia Meloni e parla più dell’ospite; una sala che contesta ogni risposta.
Per darvi un’idea del clima alla festa del primo partito italiano: a un certo punto spunta a un lato del palco Giovanni Donzelli che, rivolto alla sala, si sbraccia per dire «calma, lasciamolo parlare». Insomma, invitano uno per dire «quanto siamo democratici», poi lo accolgono come un tifoso della Roma nella curva della Lazio nel giorno del derby.
Bene, la notizia è che Conte, sotto la pochette e il panciotto, pare un leone risponde non col politicamente corretto ma, si sarebbe detto una volta, “a brigante, brigante e mezzo”. Aggiorniamolo: a populista, populista e mezzo. Di sinistra, campo largo, alternativa, chiamatela come volete c’è poco o nulla. È un Conte show, con la sua capacità camaleontica, inafferrabile sul tema delle alleanze, incatalogabile nello schema destra-sinistra. Che si gioca la sua partita con assoluta libertà, di vedute e azione.
La sequenza sull’immigrazione dice tutto. Gli si dice che l’Albania serve – sentite pure questa – per «superare il sistema Soumahoro» e per far capire che qui non sono graditi (questo s’era capito). Mica risponde coi valori dei vescovi, ma, citando il Conte 1, il Conte 2, il Conte forever, col «con me gli sbarchi erano più contenuti», altro che «blocco navale» (ricordiamo che, per i distratti, il Conte 1 rivendicato era quello dei porti chiusi di Salvini, una barbarie). Alé. E poi rivendica pure che, ai suoi tempi, “Angela” (Merkel) ci provò a trasformare l’Italia nell’hub europeo per i migranti, ma trovò un muro perché allora «l’Italia non si fece espropriare dalla sovranità», mentre ora c’è un colabrodo.
Cita «l’onore», la «schiena dritta», il vero patriottismo e, nello scavalcamento a destra, rifaccia agli astanti pure il decreto flussi per 500 mila migranti fatto da chi predicava la «sostituzione etnica». Perché con quel decreto, a proposito di islamici, mica arriva «gente bionda e cattolica». Alé.
Vabbè, facciamola breve. È tutto così, sui vari terreni, compreso, e non è un dettaglio, sul patto di Stabilità che, ovviamente, lui, sempre in nome dell’onore dell’Italia, non avrebbe accettato con cotanta arrendevolezza. È il tentativo di sfidare la destra sul suo terreno. Ne vuole sfruttare le contraddizioni. E, più in generale, recuperare quell’originalità che aveva il movimento dei tempi d’oro quanto prendeva voti (a destra) su sicurezza e anti-europeismo e a sinistra su giudici e questione morale. I sondaggi dicono che un pezzo di quell’elettorato è nel sonno dell’astensione e l’ambizione neanche tanto dissimulata è di risvegliarlo.
Poi, solo poi, se ci sono le condizioni, si arriva al tavolo col Pd per negoziare assetto, programmi e guida. Sentite come la mette in materia: «Noi siamo disponibili a dialogare. Se verrà fuori una alleanza dipenderà solo dai programmi e se ci sono le nostre battaglie di sempre. Il candidato e i criteri di scelta vengono dopo».
Se ne parlerà il prossimo autunno, dopo una lunga campagna d’ascolto nel Paese. Avete capito bene? Non è proprio il film che proiettano al Nazareno. Quello di un’alleanza ormai scontata, poi le primarie, e tutti assieme appassionatamente.
Insomma, tutto chiaro. Più il Pd gli perdona tutto, compresa la sparata da fine mondo sull’Europa e Trump a proposito di Ucraina, più lui ritrova un ubi consistam recuperando la sua identità profonda e la caratura da leader. E alla fine: giro tra gli stand tra strette di mano e selfie. L’anno scorso qui non lo aveva fatto. Non è un caso.
Alessandro De Angelis
per la Stampa

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UNICEF IN MISSIONE IN UCRAINA: “CENTINAIA DI BAMBINI VIVONO ANCORA SOTTO TERRA, SONO I VERI EROI”

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

“PER MOLTI BAMBINI DORMIRE E’ UN SOGNO, ABBIAMO PERSO DI VISTA LA QUESTIONE UMANITARIA”

“A quattro anni dall’inizio della guerra in Ucraina ciò che colpisce è il numero di bambini che ancora oggi passano circa 6 ore al giorno sotto terra, nei bunker o nei sotterranei della metro. Passano cioè la maggior parte delle loro giornate a ripararsi. Sono loro i veri eroi”.
A parlare è Andrea Iacomini, portavoce di Unicef Italia, che torna a parlare dell’Ucraina, una delle 55 aree di guerra in tutto il mondo in cui da circa quattro anni continuano gli attacchi russi e dove sono già morti o sono stati feriti almeno 3100 minori. In Ucraina lui stesso ci è andato per una missione un anno fa e ha raccolto testimonianze e storie che ha messo insieme nel libro “La forza sia con te”, edito a People e a cura di Daniela Maffuccini.
“Il libro racconta una missione che è durata 10 giorni e che ho fatto un anno fa in Ucraina per vedere i progetti che l’Unicef ha organizzato per i bambini nel Paese. Sono stato a Mykolaiv, a Kryvyi Rih, che è la città di Zelensky, siamo arrivati fino a Dnipro e poi siamo tornati indietro con un treno notturno che ha attraverso tutto il Paese e siamo rientrati da Odessa in Moldavia
Voglio sottolineare che tutti i proventi del libro sono destinati ai progetti dell’Unicef per i bambini ucraini, a cui forniamo soprattutto materiali per la notte, e cioè torce, power banks e gilet catarifrangenti, perché spesso non solo di giorno ma anche di notte sono costretti a studiare in condizioni difficili, perché per la maggior parte si trovano senza corrente elettrica”.
Può darci qualche numero?
“Ci sono tre milioni e mezzo di persone senza elettricità, un milione e mezzo senza acqua potabile. Ma quello che più colpisce è il numero di bimbi che passano circa 6 ore al giorno sotto terra, nei bunker o nelle metro. Passano cioè la maggior parte della loro giornata a ripararsi”
Il titolo del tuo libro ha a che fare con questo aspetto?
“In parte sì. Il titolo fa riferimento ad un applicazione per il telefono che ci ha fornito il governo ucraino che mappa le zone del Paese e fa attivare automaticamente una sorta di sirena che suona per avvisare se c’è un attacco nei paraggi. Io ricordo precisamente quel suono, che puntualmente mi svegliava. La cosa che però più mi colpiva è che quando la app smetteva di emettere quel suono appariva sulla schermata del telefono una frase: “L’attacco è finito, la forza sia con te”. Ecco, io penso spesso a quante volte questa frase risuona nella testa dei bambini ucraini da quattro anni a questa parte. In più, ho visto anche quanto questi minori sentano l’esigenza di dormire. Per molti è un sogno: sognano di dormire, non dormono per sognare”.
Cosa si sente di dire – dopo aver visto con i suoi occhi cosa sta succedendo – a chi in questi giorni è impegnato a promuovere la pace tra Russia e Ucraina?
“Che siamo pieni di strategia, ma abbiamo perso di vista la situazione umanitaria. Anche per questo ho deciso di raccontarla attraverso le storie di questi bambini. Nessuno nasce eroe ma posso dire che i veri eroi sono loro, che resistono, disegnano e giocano nei sotterranei delle metro mentre fuori c’è il caos, e soprattutto che hanno una grande voglia di futuro”.
Che scenario ci troviamo davanti
“Credo che uno dei temi riguardi il tipo di pace che si vuole realizzare per questo popolo, che è stanco. Non c’è dubbio che sia un popolo che subisce, dove centinaia di donne e bambine sono in fuga. Ma gli ucraini vogliono una pace giusta, che non li penalizzi, che sia per tutti. Speriamo in qualcosa che non mortifichi nessuno, e soprattutto che tutti questi bambini riescano a tornare nelle proprie case. C’è poi il tema enorme dei bambini che si trovano in Russia e sono a rischio russificazione ma ci sono diplomazie al lavoro per questo. La ricostruzione deve partire dal ridare a questi bambini una casa. E teniamo alta l’attenzione sul fatto che l’Ucraina ha bisogno di fondi e sostegno per raggiungere questo obiettivo e siccome si spendono 3 bilioni di dollari in armi ogni anno la risposta del mondo alla pace non può essere altro che aiutare”
(da Fanpage)

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CALDAIE, IL GOVERNO VUOLE ELIMINARE I CONTROLLI PER 20 MILIONI DI IMPIANTI

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

PROTESTANO GLI ARTIGIANI: “COSI’ SI RISCHIANO PIU’ INCIDENTI E INQUINAMENTO”

Il ministero dell’Ambiente pensa a un nuovo standard nazionale: un controllo di efficienza energetica ogni quattro anni. Ma l’Unione Artigiani chiede un passo indietro
C’è un documento su cui è al lavoro il ministero dell’Ambiente che preoccupa, e non poco, l’Unione Artigiani delle province di Milano e Monza e Brianza. Si tratta del decreto destinato a riscrivere le regole sui controlli degli impianti termici, su cui il dicastero di Gilberto Pichetto Fratin è al lavoro da tempo e che potrebbe vedere la luce nei prossimi mesi, abrogando così il precedente provvedimento del 2013.
Il decreto ministeriale e i controlli (a distanza) delle caldaie
Una delle novità principali, spiega il Corriere, è contenuta nell’articolo 8, comma 3, che elimina le ispezioni «in situ» per tutti gli impianti termici sotto i 70 kilowatt, ossia quasi tutte le caldaie domestiche a gas, che in Italia sono circa 20 milioni, di cui 7 milioni con più di quindici anni di età. Per tutti questi impianti, in base a quanto scritto nella bozza del nuovo decreto, resterebbero solo controlli effettuati a distanza. Un danno economico non indifferente per l’Unione Artigiani, che tra i propri iscritti annovera anche migliaia di tecnici impegnati ogni anno nei controlli delle caldaie.
I nuovi standard nazionali
La bozza del decreto ministeriale fissa un nuovo standard a livello nazionale: un controllo di efficienza energetica ogni quattro anni. Le regioni che vogliono farne di più possono farlo, ma solo motivandolo in modo «robusto» e chiedendo il via libera dello stesso ministero. Questo sistema, denuncia l’Unione Artigiani, avrebbe un effetto negativo proprio su quei territori che negli anni hanno costruito modelli rigorosi di controllo degli impianti termici, responsabili di buona parte dell’inquinamento§
atmosferico. È il caso della Lombardia, dove ogni anno viene ispezionato il 5% delle caldaie, come previsto dalla normativa.
Gli incidenti legati al gas
I controlli sull’efficienze, che si alternano alla pulizia delle caldaie, non solo garantiscono minori emissioni inquinanti, ma anche maggiore sicurezza e risparmi sui consumi. «È evidente che questi controlli comportano un onere per le famiglie e l’impressione è che si voglia alleggerire questo peso. Però lo si fa a scapito della sicurezza e dell’ambiente. Sarebbe un po’ come togliere il controllo periodico sulle automobili perché costa. Con il rischio di avere più incidenti e più inquinamento», spiega al Corriere Marco Accornero, segretario generale dell’Unione Artigiani. Secondo i dati dal Comitato Italiano Gas, tra il 2019 e il 2023 gli incidenti legati al gas sono stati 1.119, con 128 decessi e 1.784 infortuni.
L’impatto sulla qualità dell’aria
In alcune zone d’Italia, la Pianura Padana in particolare, i controlli delle caldaie sono anche uno strumento imprescindibile per provare a contenere l’inquinamento atmosferico. Non è inusuale, specialmente in Lombardia, che a ogni accensione degli impianti di riscaldamento scattino anche le misure di emergenza per il superamento delle soglie di sicurezza di polveri sottili nell’aria. Il rischio, denuncia l’Unione Artigiani, è che riducendo i controlli ci siano ancora più sprechi e ancora più emissioni. Da qui, dunque, la richiesta al governo di fermarsi e rimettere mano al decreto prima che venga approvato.
(da agenzie)

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LA DOLCE VITA DI ATREJU

Dicembre 14th, 2025 Riccardo Fucile

UN VALTUR DI GOVERNO E CAZZEGGIO TRA VIN BRULE’, GOURMET BUS E FILOSOFI MANCATI

E tu a dicembre vai alla Scala, alla Nuvola o ad Atreju? E’ un mese come sempre ricco di opportunità ed eventi questo, con tre dei più grandi riti identitari nel giro di una decina di giorni. Cominciamo dall’ultimo, la kermesse identitaria di Giorgia Meloni. E’ una Atreju deluxe, decisamente quella della consacrazione di governo e soprattutto di ceto. E’ una Atreju borghese, versione “Jubilee edition”, anche un po’ après ski, questa che va in scena a Roma. Temperatura perfetta nei tendoni trasparenti, tutto maxi: due sale stampa invece che una, 9 giorni invece che otto, tre tipi diversi di pass. Lo sfondo a tutto è blu Atreju, un blu-nero molto elegante, un filo più scuro del celebre blu Estoril di giambruniana memoria.
Radio Atreju ha un suo nuovo avamposto, anche questo trasparente, detto “l’acquario”, dove il deejay ricciolone vestito da Babbo Natale Marco Gaetani sottopone gli illustri ospiti alla “ Ruota della fortuna di Atreju”, e passa l’universo mondo, da Mara Venier a Pietro Senaldi; c’è il “premio Atreju alla carriera” (andato a Beppe Vessicchio, in memoriam). E grafica elegante, il nuovo logo sembra quello di un’acqua minerale di quelle in vetro dei ristoranti stellati, che costano più del vino. Post-Fiuggi insomma. E poi altre differenze rispetto allo scorso anno, la pista da pattinaggio questa volta ad anello, tutto più articolato, non più al dispersivo (e un po’ da fagottari) Circo Massimo ma attorno a Castel Sant’Angelo che fa molto “Tosca”, e dall’altra parte si sbuca sulla nuova piazza Pia rimessa in ordine da Gualtieri. E’ una Roma pacificata, questa natalizia, finalmente con addobbi e luminarie degni di una città europea, forte anche del patto tra comune e governo. Può finalmente competere con Milano. Atreju versione giubileo si snoda come un presepione ai piedi della tomba di Adriano-poi carcere: c’è appunto il castello, ci stanno tante capanne, che vendono cibi, bevande, presepi (molti presepi), e poi i tendoni degli immancabili talk. Il centro però è l’albero di Natale, ovviamente tricolore, con illuminazione a led verde bianca e rossa, ed è tutto un “ci vediamo sotto l’albero”, “sono sotto l’albero, non mi vedi?”. Passa dall’albero Arianna Meloni, va di corsa al tendone “Giustizia Giusta” (l’altro si chiama “Rosario Livatino”, è un Atreju molto referendario) e forse il grande albero segue il nuovo diktat di “Giorgia” che quest’anno si è fotografata ai piedi di un sontuoso abete, ritorno alle origini per lei che si definiva “cintura nera di albero di Natale”, però nel frattempo è tornato “virale” (vabbè) un suo vecchio video in cui si diceva invce “presepista” (seguiva piagnisteo vittimistico, ci vogliono togliere il presepe, i ladri di presepe sotto Natale sono un evergreen della destra, è come a sinistra Zerocalcare che disdice la partecipazione a qualcosa).
Insomma, albero o presepe, pandoro o panettone, tanti riti, e cosa c’è di più bello, a Natale, di un bel rito collettivo? Tradizioni: a livello culinario, Davide Oldani per la cena del dopo-Scala ha dichiarato che ‘il menu è stato pensato con alcuni tocchi milanesi su una base di cucina italiana classica’ tra cui ‘spaghetti 3D Artisia’, ‘Vellutata di zucca con semi tostati, polvere di caffè e sciroppo al balsamico e il Baccalà tiepido setato con uvetta appassita’ e poi ‘Rustin Negàa’ di vitello, “Un piatto tipico milanese, con quel sound del dialetto milanese che quasi diventa internazionale”. Ad Atreju invece si rimane più sul classico, birre artigianali, polenta, arrosticini abruzzesi. Ma ieri sera alle 20 partiva il Gourmet Italia Bus, un torpedone bianco a due piani dell’Enit, l’Ente del turismo, da piazza Cavour non lontano da qui, e girava per Roma con a bordo la ministra Santanché in un tour da Grande abbuffata a delibare prelibatezze made in Italy per il riconoscimento della cucina italiana a patrimonio Unesco . Unico bus funzionante nella Roma oltretutto bloccata dagli scioperi consueti dei mezzi del venerdì (Fellini, dove sei? Torna). E’ chiaro che il melonismo punta molto sul food come elemento identitario. Già c’era stata la tavolata coi sindaci in diretta Rai a mezzogiorno qualche settimana fa che ricordava le trasmissioni di Wilma De Angelis, e l’immediata illuminazione del Colosseo dell’altro giorno sempre per la vittoria Unesco. Tajani invece posta sui social un video di lui che gira un enorme mastello di quello che sembra un risotto alla milanese. Chissà che direbbe Oldani.
A livello alimentare, tristanzuola l’altra grande kermesse di dicembre, cioè la fiera dei libri di Più libri più liberi, ogni anno giù nel deep Eur, alla Nuvola. Panini così così, prosecco e tartine del privé “business lounge” al primo piano, per scrittori ed editori, e giornalisti. Più gustose come sempre le polemiche. L’anno scorso era stato il filosofo forse manesco Caffo, quest’anno la sconosciuta casa editrice di destra “Passaggio al bosco”, che come si sa ha fatto il tutto esaurito. Ma, genialmente, mica ha preso uno stand ad Atreju, sennò chi se la filava? Ad Atreju manca infatti per essere veramente una kermesse completa la figura del filosofo o scrittore o vignettista che fa il gran rifiuto, con grande risalto su giornali e siti. Volendo, un Osho sarebbe perfetto, servirebbe un Osho che però ogni anno butta giù un disegnetto: “Aho, volevo tanto venì ma nun posso ù accettà” – inserisci impedimento etico. Per la presenza magari di un banchetto di estrema sinistra. Gli editori di estrema sinistra però o non ci sono o non sono così scaltri. Che poi: costerà di più uno stand a Più libri, o ad Atreju? Che differenza a metroquadro? Il problema è forse anche che il super comunista la pensa esattamente come il postfascista: infatti è stato accolto con tutti gli onori Marco Rizzo, ospite da sempre ghiottissimo qui. Non se ne esce. Non funziona, e addio marketing.
Ma i libri non mancano, non possono mancare. Ecco, ad Atreju, giovedì pomeriggio, presentazione del volume “La gaia incoscienza. Immaginario del tecnopotere” di Guerino Nuccio Bovalino, edizioni Luiss. Lo presenta Sebastiano Caputo, giovane in ascesa nel mondo romano tra geopolitica e giornalismo e Circolo degli Scacchi, un young Da Empoli di destra. “Bovalino ci guida nella giungla simbolica del tecnopotere, dove Elon Musk è il Cavaliere Oscuro e anche il Joker, Donald Trump è il wrestler e villain da kolossal, mentre Peter Thiel tesse trame da dietro le quinte”, dice la quarta di copertina. Tutti bevono vin brulé, signore col colbacco, sembra Cortina InConTra degli anni Novanta. Da Bovalino a Bova, ci spostiamo nel tendone principale dove si svolge uno dei panel più attesi, quello con Raul appunto Bova che racconta della sua vicissitudine, la pubblicazione del suo audio privato a una signorina, finito online, quello celebre di “buongiorno essere speciale dagli occhi spaccanti e dai baci meravigliosi”, già proverbiale. Eccolo, Bova, tutto in nero, e aria intimidita, mentre Arianna Meloni in dolcevita chiaro è chiaramente la boss in casa sua (in prima fila, la mamma d’Italia Anna Paratore). E’ tutto un “Come dice Arianna Meloni”, “Approfitto della presenza di Arianna Meloni”, “Arianna ti invito a riflettere”, “voglio concludere con Arianna”. Il tema sono i social, la loro deriva, la fine della privacy, i deepfake, cioè i video finti dell’AI, “ma chiamiamoli in italiano”, proclama l’attore Fabio Ferrari, l’indimenticabile Chicco dei “Ragazzi della Terza C”, e di “Vacanze di Natale a Cortina”, ricevendo una grande ovazione. “Il 41 per cento degli italiani non sa cosa vuol dire deepfake”. Ferrari sogna un mondo dove si parla in italiano e “se pubblichi un falso te vengono a prendere a casa e te portano in galera!”. Altra ovazione. Servirebbe un mondo invece dove “ognuno per entrà sui social deve dà la carta di identità”, dove ognuno “se facesse i cazzi suoi”, chiarisce ulteriormente il suo pensiero Ferrari.
Insomma i social, il web, l’AI, sono il nuovo nemico, sono un po’ il nuovo gender, pare di capire, del resto il gender, parlandone da vivo, ha perso, è come il suo parente, il woke, non si portano più. Poi certo bisognerebbe sentire il grande amico di Giorgia Elon Musk cosa ne pensa dell’idea di identificare tutti quelli che vanno sui social. Arianna termina citando papa Francesco, nel suo discorso contro l’AI. Una povera rappresentante di Meta fa una timida difesa d’ufficio della modernità e della categoria. Ma i temi e il dibattito sembrano un di più, quasi una scusa. Si sta qui per stare insieme, è Natale in fondo. La pesantezza è da “poveri comunisti”. Chiaro che questi della nuova destra sono molto più bravi ad annusare la modernità, cavalcarla, giocarci, vedere come va, in quest’epoca di meme. “Adesso abbiamo puntato su Pasolini per farli impazzire”, mi dice tutto contento un pezzo grosso di Fratelli d’Italia. “Poi prenderemo pure Calvino”. Mi chiedo come non abbiano ancora pensato all’arma finale, Eugenio Scalfari, del resto nel momento in cui la Repubblica finisce al fantomatico editore greco “amico della Meloni”, perché non rispolverare i trascorsi giovanili del young Eugenio nel Guf? Scalfari nel pantheon di Atreju, già, perché no? Forse perché i giornali non li legge nessuno, e tra i giovani nessuno saprà chi è. Ci vediamo sotto l’albero, comunque. E che albero. Niente a che vedere col tristo abete di Natale verde, fatto di carta e libri, nella hall gigantesca della nuvola di Fuksas, appunto alla fiera dell’Eur. Manco illuminato. E lì va in scena l’Italia de sinistra, l’Italia pensosa, cioè gli scrittori a forma di scrittori, lo stand di Repubblica parlandone da viva, col talk su Pasolini, ormai contendibile, l’enorme banco di Zerocalcare che in absentia vende e fattura comunque. Certo ci son momenti notevoli anche lì. Cortocircuiti. Domenica scorsa, nella galassia di salette del mezzanino che si chiamano Sirio Antares Saturno, tra le presentazioni della “prima graphic novel della Polizia di Stato”, il libro di don Antonio Loffredo prete anticamorra del rione Sanità, uno di Vanni Santoni sulla psichedelia, in una velocissima carambola di libri ed editori, tipo speed date letterario, ecco quella del libro di Gilda Moratti, attivista ambientalista e salvatrice dei delfini, ed ecco un pubblico molto più da Scala, o volendo da Atreju: a parte la mamma Letizia Moratti, scortata da due bodyguard con l’auricolare, ci sono il principe Colonna, il principe Fabio Borghese pronipote di Junio Valerio, dei Brachetti Peretti, dei ricchi milanesi generici, Sandra Carraro, e Minoli. Però a parte questi cortocircuiti, il core business di Plpl è ancora il woke. Il woke è il presepe di Plpl. Verso l’ora di chiusura, nel rito ormai codificato, nell’ultimo giorno di Plpl, la liturgia prevede infatti che tutte le scrittrici di area salgano su dal privé in processione, prendano la scala mobile per l’ascensione al piano più alto della Nuvola (stairway to heaven) e vadano a celebrare Michela Murgia. “Michela Murgia e la famiglia; Michela Murgia e la radio; Michela Murgia e il femminismo”, è la scaletta. E poi: “Michela Murgia e Stephen King”. Non si sa in quale segmento, in collegamento da Yale c’è uno dei più stimati membri di quella che fu la famiglia queer, il figlio d’anima Alessandro Giammei, col suo cravattone, ma non ci son più gli applausoni dell’anno scorso, quando il murgismo era ancora roboante. Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia queer è infelice a modo suo? Vedi mai che l’anno prossimo questi di Atreju si prendono pure la Murgia. Volendo, qualcosa si trova. Il cattolicesimo, le fiere origini locali, anche la fiera resistenza fiscale. Forse più collocabile in quota Lega che Fratelli d’Italia, però. A proposito di Fratelli d’Italia, incredibile che Atreju di Arbasino non si sia ancora appropriata o accorta, ma forse l’algoritmo meloniano non lo calcola, è il suo santo destino, del nostro gran lombardo, non essere appropriabile, rimanere in una nicchia (l’unico, forse, a non essere mai stato né fascista né comunista). Che rap che avrebbe fatto, però, su Atreju.
Comunque rispetto all’eccitazione molto istituzionale della prima milanese, e alla vaga depressione di Più libri più liberi, ad Atreju si respira un’atmosfera più giovane, giocosa. Dalle cass
esce “Jingle bell rock”, i guardiani all’ingresso sono più rilassati degli altri anni, c’è uno spirito più di cazzeggio, sono passati i “TheJournalai”, il collettivo dei videogiornalisti ggiovani che animano l’omonima pagina Instagram, e vengono qui e sfottono un po’ tutti, che si lasciano sfottere. “Non tiri fuori la pistola” al sottosegretario Delmastro Delle Vedove, quello della festa con la sparatoria di capodanno. Poi sempre ieri i volontari hanno organizzato un altro scherzone, un finto sciopero alla Landini. Con striscioni del fantomatico “Sindacato autonomo dei volontari di Atreju contro Donzelli”, Donzelli che gli son spuntati i capelli grigi, non è più Minnie, è Basettoni. E’ il vero dominus e animatore e G.O. (Gentil Organisateur) di questo Valtour di lotta e di governo, un po’ Cortina e un po’ piazza Navona delle bancarelle della Befana. Ecco, i volontari. Son mille, son giovani e forti, han l’aria simpatica, e il pass. Chiedo a qualcuno: la sera che fate? Niente, andiamo a letto o a bere una cosa qui, la maggior parte son romani, anche perché per stare una settimana a Roma non è che si posson pagare l’albergo. I giovani avventori non hanno invece particolari caratteristiche estetiche a parte l’abuso di Barbour verde (molti meno loden degli anni scorsi, forse conta anche la temperatura mite). Non c’è, rispetto alla vecchia destra delle barbe e delle occhiaie e dei cappotti da poliziotto, quel dato di differenza antropologica, che fa dire a un militante riflessivo che mi racconta con definizione fulminante– ovviamente sotto l’albero di Natale – “sono diventati di destra in quanto soggettoni, non soggettoni in quanto di destra. I vecchi esponenti di Fdi hanno tutti quell’aria di chi non è mai stato a Milano”.
Però qui invece le nuove classi dirigenti meloniane, o almeno quelle sotto il tendone, han più l’aria di chi fa Milano-Hotel Cristallo di Cortina in due ore, cinquantasette minuti e ventisette secondi. Soprattutto le donne. Le signore son tutte bionde, c’è parecchia chirurgia plastica, ma moderata, non i vecchi nasi rifatti all’insù tutti uguali di Roma Nord. Un labbro superiore pizzutello, non a gommone. Che stia nascendo anche un “Atreju look”, versione italiana del “Mar a Lago look” americano? Tinta di capelli: “lavish biondo cenere Roma sud”, come dice un mio amico sapiente, da Giorgia e poi Arianna, in giù. Finte bionde vanziniane, con moderazione. Anche una certa tensione non politica ma vitalistica, quando arriva Bova gli si buttano tutte addosso, bocche guizzanti e occhi spaccanti. Lui è protetto dai giovani della falange di Atreju. Arianna Meloni, in dolcevita di cachemire chiaro, lo ringrazia per “il coraggio di raccontarsi”. Suonano le musiche natalizie. Ci vediamo sotto l’albero. E anche questo Atreju…
(da ilfoglio.it)

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