A 5 GIORNI DAL VOTO IN ABRUZZO MARSILIO CASCA SUL BORSACCHIO E RIMEDIA UNA FIGURACCIA STORICA
VOLEVA CANCELLARE LA RISERVA NATURALE DI ROSETO PER FAVORIRE UNA CEMENTIFICAZIONE SELVAGGIA… PER IL MINISTERO DELLA CULTURA E’ INCOSTITUZIONALE CON IL PARADOSSO CHE ORA TOCCA ALLA MELONI IMPUGNARE LA LEGGE REGIONALE: CHE FIGURACCIA
Prima di iniziare la storia, andate su Google e digitate “Riserva del Borsacchio”, cliccando su immagini. Ebbene sì, il cronista (abruzzese) sente un po’ il richiamo della foresta (anzi, della riserva).
Però, oggettivamente è uno dei luoghi più suggestivi della costa abruzzese: 1100 ettari tra Roseto degli Abruzzi e le frazioni di Cologna Spiaggia e Montepagano (provincia di Teramo), insomma mare e collina ancora integre dal punto di vista ambientale. E protette dai fenomeni di urbanizzazione.
C’è anche il famoso uccello fratino, specie a rischio di estinzione (date una googlata anche qui): l’uccello giramondo, con la mascherina nera, che si aggira per le dune.
Ebbene, alla fine dell’anno scorso, con un emendamento approvato a notte fonda nelle pieghe della legge di bilancio regionale, la maggioranza che sostiene Marco Marsilio l’ha quasi cancellata del tutto, tagliando 976 dei circa 1100 ettari. Ne restano così circa 25 (la parte a ridosso del mare), mentre il resto viene liberato dai vincoli, scatenando così gli appetiti dei palazzinari.
La modalità è piuttosto spiccia: zero confronti, nessuna consultazione preliminare, nessuna valutazione né sull’impatto ambientale (prevista dalla legge quadro del 1991 sulle aree protette), né sulle conseguenze anche in termini di perdita di finanziamenti per le attività sostenibili nelle riserve.
Scoppia il classico putiferio in cui mezzo mondo, dalle opposizioni, al Wwf alla stazione ornitologica abruzzese denuncia profili di incostituzionalità. E l’argomento entra pure in campagna elettorale, in particolare Elly Schlein, che ha un cuore ambientalista, non perde occasione per denunciare lo “scempio”.
La storia diventa davvero gustosa da raccontare. Quando c’è un odore di incostituzionalità, per competenza, in casi come questo, se ne occupa l’ufficio legislativo del Ministero della Cultura, che ha sessanta giorni di tempo dalla pubblicazione della legge sul Bollettino della Regione per impugnarla.
La prassi è che scrivi al dipartimento degli Affari regionali della presidenza del Consiglio, chiedi di cambiarla, sennò la impugni (come governo). L’Ufficio del ministero della Cultura ha scritto, e l’HuffPost ha potuto visionare il parere.
Carta canta: la legge regionale viola la Costituzione, per tre motivi. Il primo è che, contrariamente a quanto sostenuto dalla maggioranza di centrodestra, aver soppresso la riserva significa far venir meno la tutela paesaggistica. La seconda è che la legge è illegittima perché non ha rispettato il procedimento, essendo stata approvata senza coinvolgere gli enti territoriali interessati (in questo caso comune di Roseto e Provincia di Teramo). La terza ragione è quella più grave e va al cuore dell’operazione Marsilio (raffreddando gli entusiasmi dei palazzinari): il Ministero dice sostanzialmente che la legge regionale innesca un meccanismo micidiale per la riserva: il meccanismo è dato dalla riduzione della riserva da un lato, e, dall’altro, dalla possibilità di derogare al regolamento comunale di Roseto e ai piani urbanistici. Risultato: nei territori interessati si potrà cementificare senza regole.
Insomma, un bel pasticcio in campagna elettorale. Amplificato dal fatto che, a questo punto, la legge non si può cambiare perché la Regione è in prorogatio.
Resta solo la strada dell’impugnazione, da parte del governo Meloni. Due mesi di tempo, a partire dalla pubblicazione della legge (data 26 gennaio). Non ci vuole Cassandra per prevedere che il termine sarà utilizzato fino a scadenza, per svalicare la data delle elezioni. Però, che figuraccia.
(da Huffingtonpost)
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