A.A.A. CANDIDATI ACCHIAPPAVOTI CERCASI: LA CACCIA E’ COMINCIATA
DAI MEDICI PRO VAX AI GIUDICI ANTIMAFIA, DAI CARABINIERI AI SIMBOLI DI BATTAGLIE CIVILI, IL CASTING E’ APERTO… IL PD CORTEGGIA BEBE VIO E GIUSI NICOLINI, BERLUSCONI SELEZIONA A VILLA GERNETTO E I GRILLINI SOGNANO DI MATTEO
Rullino i tamburi , squillino le trombe, si trattenga la costernazione.
Piaccia o no, la caccia alla società civile – noto sport dei partiti in carenza di immaginazione e presa sulla realtà – è ufficialmente incominciata.
Magistrati, scienziati, medici, notorietà e notabilati: l’inseguimento è servito.
Si dirà : anche stavolta? Molto più di prima, diamine. Il preavviso è arrivato dall’alto, con i presidenti di entrambi i rami del Parlamento, Pietro Grasso e Laura Boldrini, già entrati entrambi a Palazzo in quota società civile, ormai pronti entrambi a uscirne con un gran salto nella politica politicante; e adesso, a dare il segnale definitivo, col senso dei tempi che gli s’addice, è Silvio Berlusconi.
Che la settimana scorsa da Fabio Fazio ha indicato il generale Leonardo Gallitelli come esempio di candidato premier in sua (eventuale, dolentissima) vece. Sapeva perfettamente l’ex Cav di provocare così uno scompiglio nel partito suo e in quelli vicini: pazienza, e anzi meglio ancora.
Scienziati, avvocati, medici, notabilati, eroi civili e sindaci antimafia. Tutto è utile, tutto serve per riportare l’Italia a esprimersi nelle urne (astenuti nel voto in Sicilia: 53,2 per cento) ma anche domare il nuovo Rosatellum.
L’obiettivo finale dei partiti è infatti un doppio livello: nomi da sventolare come possibili componenti del governo in caso di vittoria, ma anche nomi che portino voti nei nuovi collegi appena disegnati.
C’è da fronteggiare il micidiale meccanismo maggioritario – dimenticato nel decennio del comodo Porcellum – nel quale anche un solo voto fa la differenza tra la polvere e l’altare. Eccola dunque la ricerca a setaccio.
Matteo Renzi s’è messo a far casting itinerante dal treno di Direzione Italia, potenziando la lista di coloro che coccola già dalla primavera (prima fra tutte, Lucia Annibali, che fu sfigurata con l’acido dall’ex fidanzato e ora è consigliera giuridica della Boschi per le Pari opportunità ), e scrive tutti i nomi su un taccuino che talvolta ha mostrato orgoglioso ai cronisti; mentre uno dei suoi ministri-simbolo, Graziano Delrio, per spiegare che razza di operazione sia in corso esalta il “dilettantismo” e addirittura il proprio ruolo di (ex) outsider («ero un ricercatore all’università , sono venuti a propormi una candidatura alle regionali», racconta leggiadro alla Stampa omettendo di precisare che sta parlando di un episodio risalente a diciassette anni fa).
Di là dal muro, l’aria è la stessa.
Silvio Berlusconi fa selezioni a Villa Gernetto, con cadenza ormai settimanale, adiacenze reality show di livello (manca giusto la telecamera). Con piglio scientifico, il padrone di Arcore i papabili li suddivide per categorie professionali: gli ultimi che ha incontrato sono avvocati, 21 figure selezionate informalmente da alcune associazioni, una per regione, nessuno oltre i 49 anni; poi verranno in fila per tre gli edili, gli ingegneri, i medici eccetera.
Sarà setacciata la galassia Mediaset, come del resto è tradizione della casa: anche nel 2013, ricordano, Berlusconi fece un giro di orizzonte per pescare volti tra i giovani iscritti al Master in marketing, digital communication e sales management organizzato da Publitalia.
Per il resto, oltre al senatore e presidente dell’Ordine Farmacisti Andrea Mandelli che fa da trait d’union soprattutto con le professioni, il nuovo principale addetto al talent scouting è Francesco Ferri, 42 anni, imprenditore e startupper parmense, cresciuto tra Azione cattolica e Bocconi, presidente dei giovani industriali fino a maggio, che adesso guida il think tank Centro studi liberale grazie al quale va costruendo l’ossatura di una possibile nuova classe dirigente. Candidabile lui, naturalmente, per continuare con il vicepresidente Vincenzo Caputo, imprenditore napoletano, socio dell’Hotel Palazzo Caracciolo, e altri possibili civici come Giovanna Lucherini di Convention Bureau.
Da un ramo diverso viene il reclutatore (e a sua volta candidabile) Andrea Ruggeri, avvocato, romano, nipote di Bruno Vespa, impegnato a testare nuovi talenti da sperimentare mediaticamente: all’attivo ha ad esempio l’ex sindaco di Pietrasanta Massimo Mallegni o, come notava il Foglio, il duo lombardo Marco Bestetti e Pietro Tatarella.
Il cosiddetto “abbraccio alla società civile” è stata d’altra parte la preoccupazione principale di Idee Italia, la aspirante contro-Leopolda organizzata da Mariastella Gelmini a Milano.
Una antica fissazione del Cavaliere, non si sa quanto volatile, e comunque di solito stroncata dagli appetiti politici dei cosiddetti “uscenti” che a uscire davvero dal Palazzo faticano assai.
Di qui ha origine la frequenza con la quale l’ex premier ricorda a mo’ di monito che ricandiderà solo un terzo dei parlamentari, o annuncia la composizione di un governo di centrodestra in caso di vittoria: «Venti ministri: 12 che vengono dalla società civile e solo 8 dalla politica». Non gli è riuscito mai, chissà se stavolta.
Sul punto si trovano un pezzo avanti i Cinque stelle, che da sempre propongono candidati outsider. Anzi, ormai bordeggiano il paradosso.
Come Movimento anti-politico, sarebbero infatti naturalmente portatori di personalità che si trovano al di fuori dei circhi di Palazzo. Ma per un verso l’assenza di classe dirigente ha sin qui giocato a loro svantaggio (vedasi il caso Raggi e gli innumeri assessori sin qui totalizzati) e, per l’altro, la virata del Movimento a partito di aspirante establishment – la nuova era Luigi Di Maio, diciamo – li obbliga a proporre nuovi volti invece dei propri, ormai addomesticati ai velluti.
Di qui il circolare di nomi che per il momento riguardano soprattutto il governo: la toga antimafia Nino Di Matteo, corteggiatissima, è indicata come possibile ministro dell’Interno, al Mef potrebbe andare Giovanni Dosi, che è direttore dell’Istituto di Economia della Scuola Sant’Anna di Pisa, Francesco Sylos Labini per l’Università e ricerca, circola assai pure il nome di Paolo Magri dell’Ispi, che fu tra gli ospiti onorati della convention di Ivrea Sum#01, mentre Mariana Mazzuccato, già prediletta di D’Alema, ha smentito di potere o voler essere della partita.
Tra gli ultimi segnati vi è il presidente della Coldiretti Lazio Davide Granieri, ma già in marzo, al Lingotto, si notò il palmo di mano sul quale era (ed è) portato don Luigi Ciotti, mentre poco più avanti – in concomitanza della battaglia sui vaccini – è entrato nei desiderata anche il virologo Roberto Burioni.
Adesso Renzi ha promesso che nel collegio dove si presenterà Di Maio ha intenzione di indicare uno scienziato, un giovane ricercatore, perchè «noi siamo dalla parte della scienza, non delle bufale». Si vedrà chi.
Assai papabile è, tra sindaci ed ex sindaci, oltre alla ex di Lampedusa Giusi Nicolini, il calabrese Nino Bartuccio, ex sindaco di Rizziconi che fu cacciato dai boss e nel 2014 ha fatto arrestare diversi esponenti della ‘ndrangheta della famiglia Crea. Ospite alla Leopolda, è un simbolo che si inserisce nel modello Lanzetta, per di più senza guai giudiziari.
Ancora corteggiato, per quanto abbia detto più volte di no è Paolo Siani, pediatra, fratello del giornalista Giancarlo ucciso dalla camorra.
Dei tanti Millennials che hanno affollato l’ultima Leopolda, non sono molti ad avere l’età per una candidatura, di certo non il “pischello in cammino” Federico Delbuono, che non è neanche diciottenne; un altro nome assai desiderato da Matteo Renzi è la ventenne campionessa di scherma nei Paralimpici Bebe Vio.
Assai curioso, per una sinistra in (ricambiata) antitesi con quella bersaniana che ha fatto eleggere Pietro Grasso, è il corteggiamento all’ex procuratore nazionale antimafia Franco Roberti: successore del presidente del Senato, da poco in pensione, è cercato sia dal Pd sia naturalmente da Mdp.
Ancora mezzo sotto coperta – nei confini tra società civile e politica — è invece il capitolo radicale: non tanto quello di Emma Bonino e del percorso +Europa, quanto piuttosto quello di Marco Cappato.
Dicono che Renzi voglia dargli un collegio sicuro, riconoscendo in lui un ruolo nelle battaglie civili (sul fine vita, in particolare) che ormai ha superato di un pezzo quello strettamente politico da cui pure proviene.
L’idea non è del tutto consolidata: ma non è detto che Berlusconi non la copi, in versione destrorsa.
(da “L’Espresso”)
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