AAA GRUPPO EUROPEO CERCASI: DI MAIO PRESENTA 4 INTERLOCUTORI, MA NON BASTANO
I GRILLINI ANNUNCIANO ALLEANZE CON PARTITI MINORI DI CROAZIA, POLONIA, FINLANDIA E GRECIA, MA NE SERVONO ALMENO ALTRI DUE
Non era una conferenza stampa, perchè non è stato consentito ai giornalisti di fare domande.
Ma l’iniziativa di oggi a Roma, con Luigi Di Maio e i leader di altre 4 forze politiche europee, non era nemmeno la presentazione di un nuovo gruppo al Parlamento europeo: perchè mancava il numero minimo per costituirlo (7) o per ambire a costituirlo, elezione all’Europarlamento permettendo.
Insomma, traditi gli annunci, visto che l’evento è stato annunciato ieri come conferenza stampa per presentare il nuovo gruppo europeo del M5s dopo le elezioni di maggio.
Il Movimento ancora non ha un gruppo nuovo, mentre alcuni interlocutori che aveva ‘saggiato’ già spariscono dall’orizzonte.
Cercare Christophe Chalencon, qui in questa sala dell’Unioncamere prestata all’evento pentastellato, è impresa vana.
Il francese, uno dei tanti portavoce dei gilet gialli scelti da Di Maio e Di Battista per parlare di nuove alleanze in Europa, non c’è. Eppure giorni fa aveva annunciato che sarebbe venuto a Roma questa settimana per incontrare ancora i cinquestelle.
Ma il suo gran parlare di “guerra civile”, per la verità noto fin dal giorno del primo incontro in Francia, ha sfondato e infranto il dialogo: già , finito.
Di Maio lo mette in chiaro subito: “Con i gilet gialli c’è un’interlocuzione, ma non abbiamo intenzione di dialogare con chi parla di guerra civile o lotta armata. Chi tra loro presenterà una lista, dovrà parlare di democrazia per cambiare le cose, se vuole parlare con noi”.
Chalencon fuori, insomma. E nemmeno Nigel Farage è un’opzione per i cinquestelle in Europa.
Quand’anche i britannici dovessero partecipare anche alle prossime elezioni (visto è il caos Brexit, l’ipotesi è sui tavoli europei), l’annunciato nuovo partito di Farage, ‘Brexit party’ appunto, non sarà un alleato del M5s, a dispetto del fatto che ora i pentastellati eletti all’Europarlmento stanno nello stesso gruppo con gli eletti dell’Ukip.
In questi ultimi anni però hanno maturato solo distanze: il M5s è al governo, al lavoro per tessere una tela europeista ed euroscettica allo stesso tempo; Farage insiste con l’addio all’Ue. Non si ritrovano dalla stessa parte della barricata.
E invece sono dalla stessa parte della barricata il croato Ivan Sincic, leader di ‘Zivi Zid’ (in italiano ‘Barriera umana’); il polacco Pawel Kukiz, leader di Kukiz15; la finlandese Karolina Kahonen del ‘Liike Nyt’ (‘Movimento adesso’), il greco Evangelos Tsiobanidis di Akkel (Partito dell’agricoltura e dell’allevamento). Ci sono loro quattro all’evento con Di Maio a Roma.
Le parole d’ordine sono “democrazia diretta”, lotta alla “austerità ” e “all’establishment”, soprattutto abolizione del discrimine “destra-sinistra” per avere più chance per fare un gruppo, tanto all’interno è garantita “libertà di voto”, dice Di Maio
“Quella tra destra e sinistra è una divisione fittizia, meglio quella tra persone oneste e disoneste”, dice Kukiz, 56 anni, ex cantante punk che ha fondato il suo partito (Kukiz15) nel 2015, partito di destra, anti-abortista.
Perchè, spiega, “dopo la caduta del muro di Berlino ci aspettavamo la democrazia come opportunità di controllare il potere e invece la situazione non è cambiata, il potere è dei padroni e il cittadino è schiavo delle tasse…”. E ci mette pure “l’aristocrazia europea: non voglio che l’Europa diventi un kolchoz”, le aziende agrarie collettive dell’era sovietica.
Tsiobanidis, che rivolge un saluto “ai pastori sardi in lotta contro i cartelli che hanno abbassato i prezzi…”, pensa che “dai memorandum concordati con l’Ue dell’era Papandreu, la Grecia abbia perso la sua sovranità : non è più indipendente. E’ occupata come quando fu occupata dai nazisti nella seconda guerra mondiale. Ora al loro posto ci sono gli Usa e la Nato”.
Anche perchè il leader di Akkel è “contro le sanzioni alla Russia: la Grecia è stata penalizzata dal blocco delle esportazioni”. Destra e sinistra? “Robe da guerra fredda”. L’immigrazione? Tsiobanidis la spiega così: “E’ deportazione, gestione delle popolazioni, così come i nazisti, i sovietici, gli ottomani deportavano interi gruppi per alterare le popolazioni locali…”.
Il croato Sincic, che ora ha 29 anni, si è già candidato alle presidenziali nel 2014, arrivando al terzo posto. “Siamo nati con una convocazione su Facebook come forza anti-establishment e contro le misure di risparmio imposte alla Croazia per entrare nell’Ue. La nostra battaglia principale è contro gli sfratti e un sistema di pignoramento spietato in Croazia”. Sincic parla di “corruzione” nel suo paese: “Vogliamo adottare le leggi anti-mafia italiane”.
La giovane finlandese Kahonen è l’unica ad azzardare una dichiarazione in inglese, poi prosegue nella sua madre lingua sempre leggendo, evidentemente emozionata, molto sintetica. “Ambiente, cambiamenti climatici: la politica democratica cerca nuove forme di partecipazione…”.
Resta sul vago perchè, a quanto se ne sa in Finlandia, non è detto che il suo ‘Liike Nyt’, movimento fondato da un uomo d’affari conservatore cui si è unito un ex socialdemocratico, riesca a superare la soglia minima per correre alle europee.
Tutti e quattro hanno i toni sopra le righe tipici di quando non si sta al governo.
Di Maio è l’unico a dover calibrare, tanto che è stato costretto a mettere da parte il francese Chalencon: gli è costato una crisi diplomatica con la Francia, il richiamo dell’ambasciatore da parte di Parigi, l’intervento di Mattarella al telefono con Macron. Ora il vicepremier pentastellato non può che dirsi “felice per il ritorno al Roma dell’ambasciatore francese, lo incontrerò…”, poi si corregge: “Chiederò un incontro”.
Resta il fatto che una forza di governo come il M5s, che esprime un presidente del Consiglio, un vicepremier, ministri e sottosegretari debba rapportarsi a forze molto più piccole e meno consolidate per formare un gruppo al Parlamento europeo.
Con tutte le incognite sulla loro performance europea: sono tutti al primo test elettorale per l’Europarlamento.
I croati di Zivi Zid hanno 3 deputati su 151 in patria: la Croazia elegge 12 deputati europei.
I finlandesi di Liike Nyt hanno 2 deputati su 200 in patria e, come si diceva, non è detto che riescano a correre per le europee: la Finlandia elegge 14 deputati.
Kukiz 15 ha ben 42 seggi al Parlamento polacco ma soffre la concorrenza a destra di ‘Diritto e giustizia’, partito di governo di Jaroslaw Kaszynski, interlocutore (pur con notevoli distanze) di Matteo Salvini in area sovranista.
Senza gruppo, a Bruxelles e Strasburgo non si hanno finanziamenti dal Parlamento, non si può fare il relatore per proposte di legge, insomma si diventa ‘eletti di serie B’ a tutti gli effetti. Forze piccole hanno notevoli difficoltà a passare il test.
Ma il pane si fa con la farina che si ha. E anche se per ora è poca, Di Maio è convinto di farcela.
“Popolari e socialdemocratici non saranno più autonomi – prevede – noi ci proponiamo come ago della bilancia. Non ci sarà più un monolite Ppe-Pse e così potremo incidere sulle scelte…”.
E dopo aver presentato un manifesto in dieci punti ancora da completare e sottoporre poi al voto dei militanti, aggiunge nel linguaggio di lotta: “Ci sarà uno tsunami contro la Commissione e il consiglio europeo”. Poi rientra nella parte di governo: “Non è un attacco al singolo…”, è per dire che “i cartelli di destra e sinistra non sono più attuali”, calza meglio “più deboli e soliti noti. L’Europa in questi anni ha scelto chi non aveva bisogno di aiuto”.
(da “Huffingtonpost”)
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