ALESSANDRA TODDE HA CHIUSO LA CAMPAGANA ELETTORALE IN SARDEGNA SENZA CONTE E SCHLEIN SUL PALCO: “E’ UNA COSA TRA SARDI”
PIU’ CHE UN TRADIZIONALE COMIZIO, UNA FESTA DI POPOLO ALL’INSEGNA DELL’ORGOGLIO
Più che un comizio elettorale, una festa di popolo. Nella “sala Pasolini” della Fiera di Cagliari la campagna elettorale di Alessandra Todde si chiude con una celebrazione dell’orgoglio sardo. La candidata del centrosinistra non ha voluto i leader nazionali sul palco, non ci sono Giuseppe Conte ed Elly Schlein, nessun politico venuto «dal continente», come dicono da queste parti.
«Penso sia giusto così, per noi questa è una cosa tra sardi», spiega Todde, come a voler marcare la distanza dal suo avversario, Paolo Truzzu, che mercoledì scorso si è invece fatto accompagnare da Giorgia Meloni e da tutti i leader del centrodestra arrivati da Roma.
Qui, invece, il microfono è solo per i rappresentanti locali delle dieci liste della coalizione progressista, quelli che hanno costruito dal basso il progetto unitario, credendo in un’impresa che sembrava proibitiva e che ora appare possibile. «Vediamo, io sono sempre ottimista, la fiducia è cresciuta nelle ultime settimane – dice Todde a La Stampa – ma, a prescindere da come andrà, sono orgogliosa di questo percorso, abbiamo superato le divergenze e unito le forze come forse non era mai successo. È questa la strada per M5s e Pd, l’ho detto anche a Conte e Schlei». Detto ciò, «non chiamatelo laboratorio, i sardi non sono cavie».
Ripensa agli oltre 90 comizi su e giù per l’isola: «È finita, è stata lunga e bellissima, ma domani (oggi, ndr) mi riposo e sto in famiglia». L’ex viceministra allo Sviluppo economico (governo Conte 2) fino all’ultimo è andata in giro a incontrare e ad ascoltare. Prima di arrivare alla fiera di Cagliari, si è infilata sotto al gazebo dei pastori, in presidio all’ingresso del porto, con trattori schierati e fuoco acceso per arrostire il porceddu. Si è fermata mezz’ora con loro, a parlare di fondi europei non spesi e di protezione della loro filiera produttiva. Poi altra tappa sotto all’assessorato alla Salute, dove si sono organizzati in protesta gli operatori sanitari precari, in perenne attesa di stabilizzazione. «Si sono dimenticati di voi – ha sottolineato Todde – ma la giunta Solinas ha approvato 145 delibere nell’ultima riunione utile prima del voto, il 10% del totale di quelle fatte in 5 anni. Evidentemente avevano questioni e interessi da sistemare».
Mentre arriva nel retropalco per il comizio finale, Todde mostra di avere le idee chiare: «La prima cosa che faccio se vinco? Una mappa delle aree idonee per fermare la speculazione sul territorio con i parchi eolici – dice senza esitazione –. Ma forse è la seconda, la prima sarà tingermi una ciocca di capelli con i colori della Sardegna».
Intanto, sul palco, a proposito di orgoglio sardo, sale il quartetto dei “Tenore” di Orgosolo, che battezzano la serata cantando un sonetto dedicato ad Antonio Gramsci, sardo di Oristano, «un personaggio simbolo per l’unità della sinistra», spiega uno di loro.
Todde applaude in prima fila, qualcuno le porge una bandiera con i quattro mori da firmare, ci sono anche gli indipendentisti. Intorno a lei altre, del Movimento 5 stelle e del Partito democratico, vicine come non si vedono spesso. Anche se le prime sventolano quando viene chiamato sul palco Ettore Licheri, senatore e coordinatore sardo del M5s, e le seconde quando è il turno del segretario regionale dem Piero Comandini. L’unico che carica di un significato politico nazionale queste elezioni: «Da qui deve partire il no a Meloni, ai suoi ministri che sono venuti qui a fare una passerella, al loro governo e ai loro alleati in Europa».
Poi tocca a Todde, che attacca Truzzu: «A Cagliari non si fa più vedere per quanto male ha amministrato, non possiamo affidare la Regione a chi non riesce a dirsi antifascista». E risponde a distanza a Renato Soru, il terzo incomodo, che «non ha il diritto di dare patenti di “sardità”, io amo questa terra più di lui».
Lei che è nata e cresciuta a Nuoro, poi è partita, tra Spagna, Olanda e dieci anni negli Stati Uniti. «Ma le mie radici sono qui», assicura, chiamando sul palco la madre e la nipote, che «sono il motivo per cui sono tornata in Sardegna e voglio impegnarmi per farla risorgere».
Alla fine, cita «una grande nuorese» come la scrittrice Grazia Deledda, vincitrice del Premio Nobel: «In una bellissima lettera ha scritto: “Tutto può essere vinto”. Allora, andiamo a riprenderci la nostra isola».
(da lastampa.it)
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