ALTRO CHE SCAFISTI, IL NUOVO BUSINESS E’ QUELLO DEL CONTROLLO DELLE FRONTIERE: CASO STRANO, IL GOVERNO ITALIANO FINANZIA LA LOBBY
AFFARI MILIONARI PER LE AZIENDE DEL SETTORE SECURITARIO CON I SOLDI DEGLI ITALIANI… L’ITALIA FINANZIA PERSINO L’ACCADEMIA DI POLIZIA DEL CAIRO, UN INSULTO ALLA MEMORIA DI GIULIO REGENI
Altro che gestione dell’accoglienza. Il nuovo grande business dell’immigrazione si chiama esternalizzazione del controllo delle frontiere nei paesi di origine e di transito dei migranti.
I flussi verso l’Europa non sono mai stati così bassi come quest’anno ma i Paesi europei, l’Italia in primis, aumentano i budget per le politiche securitarie.
Sistemi biometrici, meccanismi di interoperabilità dei sistemi di identificazione, strumenti di sorveglianza sempre più sofisticati.
I congressi e i saloni espositivi dedicate all’industria della sicurezza si moltiplicano. E’ un settore che fa sempre più gola. Al Border security tenutosi a febbraio a Roma la Leonardo Spa ha presentato l’ultima generazione di sistemi di intercettazione marittima e radar e i nuovi sistemi biometrici per le frontiere aeree e terrestri.
Si muove un mare di denaro, con l’istituzione di fondi ad hoc. Il Fondo fiduciario per l’Africa ha raggiunto un ammontare di 4,3 miliardi di euro e dei 500 milioni provenienti dal Fondo europeo per lo sviluppo l’Italia, con 128 milioni, risulta essere il primo contributore.
Ma — ed è questa la denuncia contenuta nel documento di analisi “Sicurezza e migrazione.
Tra interessi economici e violazioni dei diritti fondamentali” redatto dall’Arci e sostenuto da Open Society Foundations che viene presentato oggi al Festival Sabir — i progetti per “presunti aiuti ai paesi d’origine e di transito dei flussi migratori rappresentano nuovi affari per aziende private europee, per grandi gruppi internazionali e per l’industria della guerra che sostengono e consolidano il potere di dittature e finte democrazie”.
Il rapporto punta l’indice sui fondi che il governo italiano, in continuità con quello precedente, impiega in progetti che riguardano tre paesi, Libia, Niger ed Egitto dove il rispetto dei diritti umani non è affatto garantito e dove, dunque, il business dell’esternalizzazione delle frontiere che mira di fatto a respingere i migranti si giochi sulla loro pelle.
Particolarmente imbarazzante per l’Italia, dopo l’omicidio di Giulio Regeni, è il progetto che il governo continua a finanziare con i fondi alla sicurezza interna (un milione e 800.000 euro) per l’apertura presso l’Accademia egiziana de Il Cairo di un centro di formazione internazionale sui temi migratori per 360 ufficiali di frontiera di 22 paesi africani.
L’accordo è stato firmato a settembre 2017 ma a luglio 2018 il progetto è stato presentato ufficialmente con tanto di visita all’Accademia di polizia.
“L’Italia quindi — denuncia il rapporto Arci — nel contesto autoritario dell’Egitto di oggi e con la tensione bilaterale che ci dovrebbe essere tra i due paesi dopo l’omicidio di Giulio Regeni, finanzia invece la formazione sulle frontiere a Il Cairo per poliziotti di paesi, dall’Eritrea al Sudan che violano sistematicamente i diritti umani e perseguitano i loro cittadini”
C’è poi tutto il capitolo dei fondi che arrivano nelle casse del Niger perchè assicuri il controllo dei suoi 5.000 chilometri di frontiera, quelli riservati alla missione italiana di supporto finalizzata al rafforzamento dell’apparato militare nigerino, e quello, ancora più delicato, dei fondi per la Libia che finanziano di fatto quella che il rapporto definisce “un’operazione di respingimento per procura”.
Con 125 milioni di euro dal 2017 l’Italia ha sostanzialmente costruito, con uomini e mezzi, la formazione della Guardia costiera libica che dovrebbe intervenire, e naturalmente riportare indietro i migranti intercettati in quella zona Sar libica che — secondo le più recenti risultanze investigative di alcune inchieste italiane — sarebbe di fatto gestita dalla Marina italiana.
“I regali europei ai libici — conclude il rapporto — sono strumenti per una violazione costante delle convenzioni internazionali, marittime e dei diritti umani”.
Una politica sempre più securitaria in cui si iscrive il decreto sicurezza bis che secondo Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci nazionale, “contiene elementi eversivi. Infastidito dall’azione di Mediterranea e dall’opposizione sociale che incontra nel Paese nella sua perenne campagna elettorale emana un decreto per avocare a sè competenze di altri ministeri e aggirare i poteri della magistratura. Si usano fondi per la cooperazione per favorire i rimpatri rafforzando in questo modo le politiche di esternalizzazione. Il decreto è un vero manifesto per la criminalizzazione del salvataggio in mare e dell’opposizione sociale”.
(da agenzie)
Leave a Reply