AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA: “IN TURCHIA PROVE DI TORTURE E STUPRI DA PARTE DEGLI UOMINI DI ERDOGAN”
LA REPRESSIONE CONTINUA , OLTRE 13.000 GLI ARRESTATI
In piazza contro il golpe. Dopo giorni in cui le strade sono state teatro delle manifestazioni dei sostenitori del presidente Recep Tayyip Erdogan, è l’opposizione, questa volta, a protestare e a radunare decine di migliaia di persone a piazza Taksim, nel cuore di Istanbul.
Una manifestazione “per la Repubblica e la democrazia”, spiega dal palco il leader del partito socialdemocratico Chp, Kemal Kilicdaroglu.
Il raduno, autorizzato dal governo che ha anche inviato una delegazione, segna un inedito momento di unità nazionale contro il “nemico comune” Fethullah Gulen, accusato da Ankara di essere l’anima del fallito colpo di stato. Domani, in un ulteriore segnale di distensione, Erdogan vedrà il leader nazionalista Bahceli e lo stesso Kilicdaroglu, che ha accettato per la prima volta di entrare nella residenza del presidente ad Ankara. Sul tavolo, le misure da prendere dopo il golpe.
Nel mare di bandiere rosse agitate inpiazza Taksim si notano anche i ritratti di Mustafa Kemal Atatà¼rk, padre della Repubblica e figura tutelare del militanti di opposizione. “Difendiamo la repubblica e la democrazia”, “la sovranità appartiene al popolo incondizionatamente”, “no al colpo di stato, sì alla democrazia”, si legge su alcuni cartelli. Al di là del rifiuto del colpo di stato, in molti protestano contro l’imposizione dello stato di emergenza e la “stretta” di Erdogan: “N golpe, nè diktat, potere al popolo!”, “la Turchia è laica e resterà così”, hanno scandito i manifestanti.
La repressione resta durissima.
Il numero degli arrestati è salito a 13.165. Tra loro, 8.838 militari (tra cui 123 generali e ammiragli), 2.101 magistrati, 1.485 poliziotti, 52 autorità amministrative e 689 civili.
Proseguono anche i blitz contro presunti fiancheggiatori di Gulen: nella provincia di Trebisonda, sul mar Nero, le forze di sicurezza turche hanno arrestato Halis Hanci, considerato il braccio destro dell’imam.
Per le autorità , è responsabile di avergli trasferito risorse direttamente dalla Turchia, dove sarebbe arrivato solo due giorni prima del tentativo di putsch.
Sabato era stato già arrestato il nipote, Muhammet Sait Gulen, in un raid nella sua roccaforte di Erzurum, nell’Anatolia orientale. In manette anche due donne simbolo: il primo rettore con il velo, Aysegul Sarac, a capo dell’università Dicle di Diyarbakir, e l’unica pilota da combattimento della Turchia, Kerime Kumas, che la notte del golpe avrebbe volato con il suo F-16 sui cieli di Istanbul.
Nel mirino, ancora i luoghi e le istituzioni legati a Gulen.
Dopo aver chiuso 934 scuole e 15 università , insieme a oltre mille altri enti e associazioni, l’organismo turco per la supervisione degli istituti bancari ha revocato la licenza all’istituto di credito Bank Asya, già commissariato lo scorso anno.
Al posto dei “gulenisti” cacciati, la Turchia ha intanto deciso di assumere oltre 20 mila nuovi insegnanti. Finora, Ankara ha sospeso oltre 21 mila docenti di scuole pubbliche e revocato la licenza di insegnamento ad altrettanti professori di scuole private. Misure che rischiano di bloccare il percorso di decine di migliaia di studenti. Per questo, anche la riorganizzazione del sistema educativo appare una corsa contro il tempo in vista dell’inizio dell’anno scolastico.
Quel che accade in Turchia continua a suscitare preoccupazioni a livello internazionale.
Dopo gli appelli lanciati da Ue e Usa affinchè non si consumi una “vendetta”, violando lo stato di diritto, Amnesty International rilancia le denunce di maltrattamenti degli arrestati, già emerse nei giorni scorsi anche con alcune foto-shock.
Ci sono “prove credibili” che i detenuti siano stati “sottoposti a percosse e torture, incluso lo stupro, nei centri di detenzione ufficiali e non ufficiali”, sostiene l’ong, chiedendo ad Ankara di aprire agli osservatori internazionali caserme, centri sportivi e tribunali dove vengono tenuti i golpisti.
(da agenzie)
Leave a Reply