ANDREA GIAMBRUNO ERA UN GIOVANE AITANTE NELLA SCUDERIA DI LELE MORA, CHE LO PORTO’ A MEDIASET
PER I MALIGNI UN GIOVANISSIMO GIAMBRUNO SAREBBE STATO ADDIRITTURA TRA I ‘DRIVER’ DELL’AGENTE TV NOTORIAMENTE SENZA PATENTE” … NELLE CARTE DELLE INCHIESTE SUL CASO RUBY, IL NOME DI GIAMBRUNO EMERGE DAI ‘TABULATI TELEFONICI’ … TRA LUI E LELE MORA COMPAIONO UNA DECINA DI CONTATTI, SMS ANCHE RAVVICINATI, TUTTI NEL LUGLIO DEL 2010
Da primo e in qualche modo moderno first gentleman italiano fotografato in smoking one step behind alla Prima della Scala a compagno sbattuto fuori casa via social. Da volto sempre più noto del piccolo schermo a giornalista sospeso che rischia addirittura il licenziamento. Una meteora.
Gli unici a non essere rimasti sorpresi dalla repentina caduta dall’olimpo di Andrea Giambruno sono i colleghi di Mediaset «Lui è così. È sempre stato smargiasso, tamarro e pure un po’ ingenuo – racconta uno di loro, rigorosamente in forma anonima -. Il vero errore è stato affidargli una conduzione in diretta. Quando l’abbiamo saputo in tanti abbiamo pensato: com’è possibile che una scaltra come Meloni, che sicuramente conosce bene anche il carattere del suo uomo, sia d’accordo con una scelta del genere?».
Una collega, coinvolta nei fuorionda, consegna il suo telefono a un uomo a cui chiede di negare che quello sia il suo numero. Negli uffici di Mediaset circolano anche molte leggende su Giambruno. Per tanti, sarebbe stato Lele Mora a portarlo nella tv di Berlusconi. E, prima del salto di qualità sul piccolo schermo, per i maligni un giovanissimo Giambruno sarebbe stato addirittura tra i «driver» dell’agente televisivo notoriamente senza patente, poi caduto in disgrazia tra inchieste giudiziarie e condanne. Dicerie? Cattiverie? Possibile.
Quel che è certo, però, è che nelle vecchissime carte delle inchieste sul caso Ruby, il nome di Giambruno emerge dai «tabulati telefonici» raccolti all’epoca dalla polizia. Certo, tredici anni fa, Giambruno – mai indagato – era un signor nessuno e gli inquirenti non hanno avuto motivi di approfondire la sua posizione. Ma tra lui e Lele Mora compaiono una decina di contatti, sms anche ravvicinati, tutti nel luglio del 2010.
Andrea Salvatore Giambruno, di cui ormai sono arcinoti tanto l’incontro con Giorgia Meloni in uno studio televisivo complice una buccia di banana quanto la lunga serie di scivoloni inanellata in diretta in pochi mesi (dalle frasi negazioniste sul «climate change» alla «transumanza» dei migranti, passando per i ministri tedeschi che farebbero meglio a «starsene nella foresta nera» alle riflessioni sulle ragazze che se «evitano di ubriacarsi e perdere i sensi» magari poi non trovano «il lupo»), è iscritto all’elenco dei giornalisti pubblicisti dal 12 giugno del 2014.
Nato a Milano, cresciuto fra l’hinterland e la provincia di Monza, dove si è diplomato allo scientifico Frisi per poi laurearsi in Filosofia alla Cattolica, ha sempre vissuto in quella zona grigia fra il desiderio di diventare qualcuno, televisivamente parlando, e l’anonimato.
Primi passi a Telenova poi un’esperienza a Mtv e l’arrivo sotto il segno del Biscione nel 2009, quando di anni ne aveva 28: autore a Quinta Colonna, Matrix, Mattino Cinque e Stasera Italia, poi Studio Aperto e TgCom24. Chi non lo ama malignava sul suo passaggio dalla rassegna stampa notturna al titolo di conduttore. Altra storia è quella della collaborazione con il quotidiano Il Tempo. Come pseudonimo aveva scelto Arnaldo Magro.
La rubrica si chiamava «Segretissimo» e ha costretto il direttore Franco Bechis a pubbliche scuse perché una volta l’autore «ha sintetizzato in modo erroneo una frase pronunciata da Matteo Salvini».
(da La Stampa)
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