APPENDINO, LA SIGNORA DEL NÌ
I NO PROMESSI AI TORINESI SI SCONTRANO CON LA REALTA’ DI UNA CITTA’ IN CRISI E SI PASSA A LABORIOSE MEDIAZIONI… POCHI RISULTATI MA DIALOGA CON TUTTI ED EVITA DI ESPORSI
A guardarla da lontano la Torino a 5 stelle, nata con la vittoria di Chiara Appendino, sembra vivere su un altro pianeta rispetto al caos, alle polemiche, alle lotte tra correnti, ai veti incrociati che in queste settimane attanagliano la Roma pentastellata guidata da Virginia Raggi.
All’ombra della Mole non esistono le Taverne, o le Lombardi, senatrice la prima, deputata l’altra, potenti e influenti rappresentati romane del Movimento.
Nella Torino di Chiara Appendino i nomi per la Giunta sono stati fatti addirittura durante le campagna elettorale.
“Dovete fare squadra, come a Torino. Vedetevi di più, incontratevi, fate feste”. Ama ripetere Beppe Grillo ai romani litigiosi.
Qualcuno nel mondo grillino si è addirittura spinto oltre, coniando la definizione di “modello Torino”. A oltre 100 giorni dalla cacciata del Pd, però, nella nuova Torino comincia ad aleggiare il sospetto che dietro tutta questa concordia si nasconda un certo immobilismo.
Fino ad ora la decisione più significativa riguarda il piano da 18 milioni per scuole, strade e periferie. “Sono passati tre mesi dal voto – spiega Oscar Serra, giornalista dello Spiffero, sito on line che molto bene segue i fatti politici piemontesi — e per ora poco è stato fatto. Tanta inerzia e pochi fatti veri”.
Eppure la partenza sembrava di tutt’altro tono: la richiesta di dimissioni di Francesco Profumo dalla presidenza della Compagnia di Sanpaolo, simbolo dei poteri da tempo consolidatisi in città e prima azionista di Intesa San Paolo, aveva dato la sensazione che la rivoluzione fosse davvero cominciata. A distanza di quasi tre mesi restano le parole: a oggi il “diavolo” siede ancora al suo posto.
Il Sindaco ha così da subito fatto i conti con la realtà dei fatti.
A partire dalla Tav, la linea ferroviaria ad alta velocità che dovrebbe collegare Torino a Lione, tema tra i dibattuti durante la campagna elettorale.
Il No alla grande opera era sempre stato chiaro e netto. Un No senza se e ma che nelle settimane successive alla vittoria si è trasformato in No con rassegnazione.
“Un sindaco — aveva detto – non può bloccare la Tav, quello che farò è portare al tavolo le ragioni del No”.
A questo poi si sono aggiunte le prime crepe nei rapporti tra il Movimento e il movimentismo che da tempo si batte contro l’alta velocità in Val Susa.
Un episodio ha fatto molto rumore: è il 18 luglio e il Presidente del Consiglio Comunale Fabio Versaci, convinto No Tav, dichiara solidarietà alle forze dell’ordine di Chiomonte per gli scontri avvenuti al cantiere della Maddalena. Una posizione che non è piaciuta a molti No Tav. Da quel momento l’argomento è diventato tabù, nessuno tra i 5 stelle di governo ne parla più. Tutto finisce nel dimenticatoio. Mentre i lavori vanno avanti.
Nei primi mesi a 5 stelle ci sono così i No che si scontrano con la realtà e i No che, nel silenzio generale, diventano dei quasi Sì. Su due temi tanto cari al Movimento, acqua pubblica e infrastrutture, il cambio verso è nei fatti.
Il progetto della nuova amministrazione, scritto nel programma di governo, era la trasformazione della Smat, la società che gestisce le acque torinesi, in un’azienda di diritto pubblico partecipata dai cittadini.
In sostanza la volontà era svuotarla dalle logiche privatistiche di una società per azioni, per trasformarla in qualcosa d’altro. Il risultato, per ora, è che la gestione delle acque, con una mozione è stata riaffidata a Smat, con le stesse identiche caratteristiche del passato.
Sul capitolo infrastrutture il cambio di passo è ancor più evidente.
Il nodo in questione è la costruzione della linea 2 della metropolitana che dovrebbe unire la città da nord a sud. In campagna elettorale le parole del neo assessore ai trasporti Montanari erano state chiare: “La linea 2 è soltanto un bluff: meglio ripensarla”.
Toni da campagna elettorale appunto, perchè poi una volta al governo della città la realtà racconta che il sindaco nelle prossime settimane procederà all’apertura delle buste per gli appalti e la progettazione dei lavori per cui da Roma sono già stati stanziati 10 milioni di euro.
Quando non è retromarcia allora può diventare frenata.
Com’è successo per la città della Salute, il grande polo ospedaliero sul quale il ministero della Salute aveva già previsto uno stanziamento di 250 milioni di euro: prima il no in campagna elettorale, poi il ni dopo le polemiche con il governo e in particolare il ministro Boschi fino al definitivo sì dopo un incontro chiarificatore con la Regione e con il presidente Sergio Chiamparino che con Appendino coltiva un rapporto, ricambiato, di dialogo e stima.
Unione di intenti che si era già vista nella gestione della crisi sul Salone del Libro.
A fine giugno l’associazione degli editori saluta e se ne va, scegliendo Milano come nuova location. Appendino resta con il cerino in mano e trova nel “Chiampa” la spalla ideale per battere i pugni con governo ed editori e non perdere del tutto un appuntamento culturale cruciale per la città .
Chiamparino, Appendino. Un tandem per cui è già stato coniato un nome, Chiappendino, e che secondo molti rappresenterebbe già un vero e proprio asse tra sindaco presente e sindaco passato che poco piace ai puristi del Movimento i quali vorrebbero maggiore intransigenza nei confronti di chi, come Chiamparino appunto, ha rappresentato il potere sabaudo negli ultimi 20 anni.
Il neo sindaco su questo ha voluto imprimere un cambio di passo rispetto all’archetipo grillino.
Come? Riponendo l’ascia delle polemiche e degli attacchi dei tempi in cui faceva opposizione per far spazio all’arte della mediazione nella sua nuova veste di primo cittadino.
E non solo con la Regione guidata dal “Chiampa” ma anche con il Governo, conscia di come i buoni rapporti con Renzi possano aiutarla ad ottenere i soldi necessari per finanziare i progetti di rilancio della città promessi in campagna elettorale.
Per capire il cambio di passo basta rileggere le parole concilianti e dialoganti dopo il primo faccia a faccia con Renzi: “L’incontro con il premier? E’ andato bene, abbiamo parlato del patto per Torino”.
Tra alti e bassi, No, Ni e Sì, mediazioni e patti c’è un filo rosso che lega questi primi mesi di amministrazione: il silenzio.
Apparizioni pubbliche selezionate, una sola conferenza stampa in 100 giorni, interviste a giornali e tv ridotte all’osso, forfait a dibattiti e feste.
Il sindaco ha deciso di affidarsi alla comunicazione diretta, senza intermediazioni: ha lanciato il “Parliamoci Tour” per dialogare direttamente con i cittadini, ha deciso di riaprire (lo aveva fatto Chiamparino) due volte al mese la sede del Comune per ascoltare le istanze dei torinesi.
Attivissima sui social, dalle vetrine di Twitter e Facebook mostra la città che cambia. In un sondaggio pubblicato da La Stampa un torinese su due si dice soddisfatto dell’operato del neo sindaco.
Per non disperdere tutto questo credito Appendino dovrà affrontare la sfida più grande: bilanciare le promesse fatte con la possibilità concreta di realizzarle.
Farlo, guidando un Comune con un debito da 2,8 miliardi di euro sul quale la magistratura ha acceso un faro, non sarà impresa facile.
Vista più da vicino Torino non sembra poi così tanto lontana da Roma.
(da “Huffingtonpost”)
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