BATTAGLIA NOTTURNA SUL SEMPLIFICAZIONI, CDM APPROVA SALVO INTESE
SCONTRO SU CANTIERI E APPALTI, POI SI TROVA LA MEDIAZIONE… L’ELENCO DELLE OPERE DA DEFINIRE ENTRO SETTEMBRE
Il Consiglio dei ministri previsto per le 21.30 inizia alle 23.00.
Una seduta fiume nel corso della notte per approvare il decreto Semplificazioni e permettere a Giuseppe Conte di presentarsi nel suo mini tour europeo se non con “la madre di tutte le riforme” (come lui l’ha definita) in mano, almeno con il primo pezzo di carta in mano, da accompagnare alle dichiarazioni di intenti contenute nel Piano nazionale di riforme, presentato dal ministro Roberto Gualtieri e licenziato dal Cdm.
L’orario già tardo viene procrastinato perchè non si trova la quadra sulle soglie per gli appalti senza gara e sulle opere da finanziare sotto la supervisione di un commissario. Cosa rientra nel “modello Genova”, in sintesi, quanto e come potrà venire realizzato con procedure semplificate e in deroga al codice degli appalti.
Movimento 5 stelle e Italia viva spingono per una lista ampia e per allargare le maglie sugli affidamenti diretti e sui cantieri, sbattendo ripetutamente sulle perplessità di Partito democratico e Liberi e uguali. Una quadra non si trova.
Verso le sei del pomeriggio Palazzo Chigi propone una mediazione: andiamo avanti con il decreto e diamoci tempo fino a fine anno sulla lista delle opere da affidare a commissari. Il rinvio non fa contento nessuno, si continua a discutere.
Sono 5 stelle e renziani a insistere, temendo che il rinvio significhi di fatto una resa, e battendo il tasto sull’urgenza di partire subito.
Ma soprattutto sono contrari alla modalità : la mediazione lascia a dpcm di Conte l’individuazione dei cantieri in deroga, con i pareri dei ministri dell’Economia (Gualtieri, Pd) e delle Infrastrutture (De Micheli, Pd), tagliandoli fuori dalla catena decisionale.
Non si trova una quadra, e la soluzione proposta, con alcuni accorgimenti, inizia a farsi strada come l’unica possibile per evitare un clamoroso rinvio.
Il testo alla fine viene licenziato “salvo intese”. La formulazione, di fatto, lascia l’articolato aperto a ulteriori modifiche e limature.
L’orientamento, fin dalla fine della scorsa settimana, era quello di rinviarne la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e dunque l’entrata in vigore di una decina di giorni. Con l’intasamento di decreti in Parlamento, si sarebbe corso il rischio di dover convocare le Camere ad agosto, per la necessaria conversione entro i 60 giorni.
L’escamotage permette al contrario di aprire una sufficiente parentesi a settembre per preservare le onorevoli vacanze e consentire l’approvazione finale prima dell’autunno.
Quando alle undici della sera Conte suona la campanella e dà il via alle danze, il nodo politico è ancora aperto.
Si passa a un esame minuzioso articolo per articolo (per un totale di 48), che richiede diverse ore, per poi passare al Pnr. La tensione durante l’analisi dell’articolato è palpabile. Una maratona resasi necessaria dall’aereo che attende Conte di prima mattina, direzione Lisbona. Il premier ha la necessità di sbandierare il risultato in una conferenza stampa preannunciata per il mattino: per smentire con i fatti le accuse di immobilismo che gli piovono dalla maggioranza, e per mettere qualcosa sul piatto della bilancia nelle tribolate trattative con i partner di Bruxelles.
Il testo, per lo più una lunga serie di deroghe a tempo, rivede anche i reati di abuso d’ufficio e responsabilità erariale. Una norma fortemente voluta da Conte per scongiurare la paralisi dettata dalla paura della firma da parte degli amministratori locali, e andata in porto a differenza del condono, sommerso al primo vertice della settimana scorsa da un coro di no.
L’approvazione notturna salvo intese consente a tutti, al premier in primo luogo, di cantare vittoria, di suonare la grancassa mediatica di un Governo che “corre”.
Che le tensioni, i rinvii, le maratone notturne ricordino i tempi del governo gialloverde poco importa a tutti. Tranne forse a Davide Casaleggio e ad Alessandro di Battista, beccati dalle telecamere di Quarta Repubblica a cena nel popolare quartiere di Testaccio. A tavola con i triumviri di Rousseau Pietro Dettori ed Enrica Sabatini proprio nelle ore in cui gialli e rossi in Consiglio dei ministri si davano battaglia articolo su articolo.
(da agenzie)
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