BELSITO, LE INTERCETTAZIONI: “EH SI’, MA IO HO I COSTI DELLA FAMIGLIA”
ECCO I VERBALI: SPUNTANO FONDI RICICLATI PER RIFORNIRE DI ARMI LE COSCHE… E DI BELSITO I SUOI SOCI DICONO “QUELLO E’ AVIDO, E’ BASTARDO DENTRO”
«Eh sì….ma io ho anche i costi della famiglia», diceva l’ormai ex tesoriere della Lega Nord Francesco Belsito a un socio che gli chiedeva conto d’una delle innumerevoli attività finanziarie.
Quali, per la precisione? «La macchina», comprata per uno dei figli di Umberto Bossi. E poi «case», almeno una decina di viaggi-vacanza. Sempre per i figli del Senatùr oppure, la conferma arriva a tarda sera in ambienti investigativi, per un super-big del partito e un tempo dello Stato intero, Rosy Mauro, ex vicepresidente del Senato.
E soprattutto, una delle principali chicche: denari con ogni probabilità pubblici impiegati per la ristrutturazione della «villa di Gemonio», appartenente proprio a Umberto Bossi.
Ancora: almeno in un’occasione, soldi destinati alle «spese» della moglie del Senatùr. E un’altra somma, importante, a parere di chi indaga «distratta» dai conti della Lega per foraggiare la campagna elettorale di Renzo Bossi detto “Il Trota”, alle Regionali del 2010, oltre la cifra che in qualche modo gli sarebbe spettata per default.
Eccoli, alcuni degli «esborsi in contante effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega», effettuati con il gruzzolo dei rimborsi elettorali.
Si ricavano dalle intercettazioni telefoniche di tre Procure (Milano, Roma e Napoli). Le quali certificano pure come un altro faccendiere «espressione di Francesco Belsito», avesse partecipato ai maxi-trasferimenti sui famosi conti esteri di Cipro e della Tanzania di somme necessarie alla ‘ndrangheta per comprare armi.
LA FALSA CONTABILITà€ DEL CARROCCIO
La Procura di Milano, sulla gestione disinvolta del tesoro leghista, è lapidaria e spiega che nessuno poteva sapere cosa se ne facesse davvero.
«La nota proveniente dai carabinieridi Roma (i militari indagavano sugli affari dell’azienda energetica Siram, le cui triangolazioni con società co-gestite da Belsito hanno permesso a tutta la “cricca” di percepire indebiti crediti d’imposta) fornisce elementi inequivocabili circa il fatto che la conduzione della tesoreria del partito politico Lega Nord è avvenuta nella più completa opacità fin dal 2004. E comunque, per ciò che riguarda Belsito, fin da quando questi ha cominciato a ricoprire l’incarico di tesoriere. Egli ha alimentato la cassa con denaro non contabilizzato e ha effettuato pagamenti e impieghi anch’essi non contabilizzati, o contabilizzati in modo inveritiero. Tra questi impieghi risaltano nelle conversazioni telefoniche «i costi della famiglia», intendendosi per tali gli esborsi effettuati per esigenze personali di familiari del leader della Lega Nord…tali atti di disposizione, in ipotesi non riconducibili agli interessi del partito e contrari ai suoi vincoli di statuto, hanno carattere appropriativo”.
La Lega, nell’opinione dei pm, ha fornito bilanci inguardabili all’organo che rappresenta tutti, il Parlamento.
«I conti dei partiti — scrive ancora la Procura — devono essere rendicontati in modo molto dettagliato, attraverso la redazione di un documento, del tutto simile al bilancio delle società commerciali, che ha natura pubblica poichè è indirizzato al Parlamento, viene revisionato da revisori nominati dallo stesso Parlamento ed è pubblicato nella Gazzetta ufficiale».
Il rendiconto della Lega è trasparente?
«E’ inveritiero, posto che non dà conto della reale natura delle uscite, come della gestione “in nero”(sia in entrata che in uscita) di parte delle risorse affluite alla cassa del partito». E non era solo Belsito, a sapere qualcosa di interessante.
Se è vero che l’ufficio e la casa di Daniela Cantamessa, una delle segretarie di Bossi, sono stati perquisiti, così come la sede del sindacato padano (Sin.pa), l’abitazione milanese di Nadia Dagrada, dirigente amministrativa del Carroccio oltre che responsabile dell’ufficio gadget. Perquisite anche Helga Giordano e Sabrina Dujany.
«QUEI MILIONI USATI PER ARMI DELLE COSCHE»
Se Milano lavora sull’uso del patrimonio leghista (costituito per gran parte con denaro pubblico) per affari privati, Reggio Calabria accende i riflettori sul possibile impiego dei soldi usciti dall’Italia, sospettano che se li godano le cosche.
«Belsito Francesco, Stefano Bonet, Bruno Mafrici, Paolo Scala e Romolo Ghirardelli detto “l’ammiraglio”, trasferivano all’estero, Cipro e Tanzania, somme di denaro di rilevante importo, sicuramente superiori alle operazioni relative a 1,2 milioni di euro e a 4,5 milioni, ovvero compivano complesse operazioni bancarie di «estero vestizione» e «filtrazione» in modo «da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa».
Ma il bello viene dopo, quando si spiega qual era il compito d’un componente della banda, l’ “ammiraglio” Romolo Girardelli di Genova: «Questa condotta era posta in essere, relativamente a Girardelli Romolo, al fine di agevolare l’associazione di tipo mafioso e armata (per avere la immediata disponibilità , per il conseguimento delle finalità dell’associazione, di armi e materie esplodenti anche occultate, tenute in luogo di deposito o legalmente detenute) denominata ‘ndrangheta. E in particolare della “cosca De Stefano».
Tutto il gruppo, compreso l’uomo che maneggia i milioni della Lega ottenuti dallo Stato, e sui conti delle banche cipriote manda un bel gruzzolo attingendo direttamente dal Carroccio, trama per portare all’estero quei soldi, «di probabile provenienza delittuosa».
E uno dei componenti la gang, il genovese Girardelli già indagato per associazione mafiosa, contribuiva all’iniziativa per nutrire la ‘ndrangheta. Belsito in che modo conosceva Girardelli? Poteva sospettare qualcosa del fatto che i soldi sarebbero stati usati dai clan per procurarsi mitra e pistole?
«Le intercettazioni — scrivono i magistrati reggini — hanno dimostrato in maniera inequivocabile che Romolo Girardelli va considerato espressione di Francesco Belsito: attraverso il figlio Alex Girardelli, l’ ammiraglio” è risultato essere socio, con Belsito, della EffeBi imobiliare con sede a Genova”.
Ed ecco che la distanza fra la Lega e la ‘ndrangheta si assottiglia parecchio.
«SOLDI DELLA LEGA? IO CREDO PROPRIO DI SàŒ…»
Capita spesso che gli amici di Belsito si chiedano se ha “pescato” dalle casse del partito (ed è notizia delle ultime ore la richiesta dei pm milanesi di perquisire alcuni uffici leghisti della Camera, cui l’ex sottosegretario aveva accesso).
«Ma i soldi sono della Lega?» dice l’imprenditore veneto Stefano Bonet (intestatario del conto nella banca cipriota su cui arrivano gli euro lumbard) a Paolo Scala, suo promotore finanziario di fiducia, in merito proprio ai sei milioni che il tesoriere leghista ha spedito sul deposito africano dell’istituto di credito di Cipro.
«Ma la fonte cos’è? Non è personale, è del gruppo quella», aggiunge Bonet.
E Scala: «Non so cosa sia. Lui (riferendosi a Belsito) mi ha detto che escono da lui». «No – ribatte Bonet – devono essere del gruppo (intendendo la Lega)».
«Ah boh – risponde Scala – io mi sono trovato davanti a un fatto acquisito sull’importo e la circostanza. Perchè l’ultima cosa che voglio è che per fare tra virgolette un piacere a qualcuno, di farti del male, ecco…».
La chiosa allunga ombre sulle garanzie di trasparenza nel “rientro” di quei soldi, fornite dai vertici leghisti.
Perchè chissà a cosa sono serviti nel frattempo. «Se non ci sono problemi — chiude Scala – rimarranno parcheggiati lì per ics giorni o settimane in attesa di delibere loro. E poi seguiranno la via che devono seguire…».
DENARO NASCOSTO NEL CAPPELLO
Belsito ha sempre dei soldi (il nome in codice usato più volte è «materiale») da gestire. E non si capisce bene da dove arrivino, come li faccia entrare sui conti della Lega, o da lì uscire.
Al punto che per lo scambio si usano cappelli e contenitori per bottiglie.«In effetti — precisano gli investigatori di Reggio Calabria – il 29 dicembre 2011, Caminotto (uomo di fiducia di Stefano Bonet, complice di Belsito in riciclaggio e truffe varie e intestatario del conto cipriota), s’incontrava con Belsito e in quella occasione effettuava la consegna del denaro celandolo all’interno di un cappello e d’una borsa utilizzata per contenere delle bottiglie di vino.
All’incontro era presente anche Paolo Scala il quale, a detta del Caminotto, era particolarmente teso per le modalità dello scambio.
Aggiungeva Caminotto che Scala si intratteneva con Belsito «Per un bel po’ di tempo». Belsito si prodiga per favorire i suoi compari, ma non certo gratis. «Le indagini — rimarcano da Reggio – avevano evidenziato che il passaggio di una Porsche (nelle disponibilità di Belsito) era legato al pagamento di un’“intermediazione” svolta dal politico per l’accaparramento da parte della Polare scarl (di cui fa parte la solita cerchia di faccendieri finanziari) di un contratto di consulenza a favore di un’associazione di Comuni».
Lo dipingono così avido, i complici, che una volta è addirittura l’uomo della ‘ndrangheta, Romolo Girardelli, a dire di Belsito: «Quello è bastardo dentro».
Matteo Indice
(da “Il Secolo XIX”)
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