IL MITO INFRANTO DEL CERCHIO MAGICO: IL FAMILISMO TRIBALE DI BOSSI
RICORDANDO LE PAROLE DI LEO LONGANESI: “LA NOSTRA BANDIERA NAZIONALE DOVREBBE RECARE UNA GRANDE SCRITTA: HO FAMIGLIA”
Non doveva essere poi così magico, questo cerchio, se per rompersi basta un pacchettino di assegni versati “per sostenere i costi della famiglia Bossi”.
“Difendiamo, proteggiamo e promuoviamo la famiglia” sparò a tutta pagina la Padania nel dicembre scorso.
Il quotidiano invitava i leghisti a inviare “le foto più belle dei vostri figli e del nucleo famigliare in cui vivete”. In foto si vedeva un giovane Bossi in bicicletta con un Trota piccolissimo, riccioluto e un po’ sgomento sul seggiolino davanti.
Pochissime foto arrivarono in realtà al giornale, tanto che presto la trepida campagna fu sospesa: segno che già allora la famiglia del Capo era vista con qualche sospetto.
Pure comprensibile: la stentata maturità , l’elezione facile, e magari la successione del Trota, che “ha il nostro progetto di libertà nel sangue” l’aveva presentato il suo amico e capogruppo Reguzzoni, tra l’altro genero dell’intramontabile Speroni, che a suo tempo aveva assunto l’altro figlio di Bossi a Strasburgo.
Il maggiore: Riccardone, celebrato corridore di rally sul quotidiano padano, comparso in foto con le modelle alle Maldive nei giorni degli sbarchi a Lampedusa, che a un certo punto s’era messo in testa di andare all’Isola dei famosi.
E infine – che però non è la fine, dovendosi qui ricordare che anche un fratello di
Bossi, grande appassionato di ciclismo, ebbe sia pure per poco il beneficio di un posto d’assistente a Strasburgo…
E comunque per ora ci sarebbe ancora un altro figlio, Roberto Libertà , quello della candeggina, pure lui in odore di politica.
E allora viene in testa quella fatale noticina sul diario di Leo Longanesi (Parliamo dell’Elefante, Longanesi, 1983), in data 26 novembre 1945: “La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Ho famiglia”.
Sì, certo, vale anche per il drappo con la ruota solare o sole delle Alpi che dir si voglia.
E pensare che quando Umberto e la Manuela vollero finalmente regolarizzare la loro unione davanti al sindaco di Milano Formentini, la cerimonia fu messa in vendita su videocassetta per la gioia dei militanti.
Che di lì a poco, in un congresso videro dei bambini giocare sul palco, ed erano sempre Renzo e Roberto: incarnazioni profetiche di un familismo che innestatosi sul ceppo pseudo-etnico e carismatico della Lega non poteva che degenerare in logiche tribali e ora, come si scopre, anche pidocchiose e patrimoniali.
“Figli certi! Certi!” ringhiava il Senatùr nel 2001 contro i candidati del centrosinistra che avevano figli adottivi.
Ah, la sacra famiglia!
Famiglia allargata, oltretutto, fino a comprendere nella sua cerchia figure come Rosi Mauro, sindacalista brindisina e lungochiomata, detta “la badante” per l’occhiuta passione con cui accudisce il leader malato – indimenticabile l’espressione atterrita dinanzi al rigatone che la Polverini gli infilava in bocca – e si è addirittura trasferita a vivere a Gemonio.
Più altri intermittenti privilegiati: oltre al suddetto Reguzzoni, davvero molto rigido nel pensiero e nella parola, va menzionato il senatore Bricolo, molto attento ai Valori cristiani; e poi anche questo Belsito, che francamente lo risulta un po’ meno.
Fino ad arrivare all’assessore lombarda Monica Rizzi, “Monica della Valcamonica”, che ha ceduto il posto al Trota e gli ha fatto largo con sistemi non proprio ortodossi nella giungla leghista di Brescia e della bassa.
Questa bionda Monica, di cui sono stati messi in forse gli studi in psicologia, reca se non altro il merito di riportare a una qualche forma di magia un cerchio invero risultato piuttosto materialistico.
È infatti legata a una vera maga, a sua volta in rapporti con gli extraterrestri, il che non le ha impedito di aprire un’agenzia investigativa intitolata al conte Cagliostro.
E anche questi particolari sono forse da intendersi come la conferma che quando i poteri stanno per crollare, ecco che occultismi, spiritismi e altre diavolerie si prenotano un posto in prima fila.
Su di un piano più razionale il cerchio magico (l’espressione è di Bossi, 1995, però l’attribui al “mago” allora malefico Berlusconi) si spiega forse con il pessimismo, prima di tutto della Manuela, sul futuro della Lega e la salute del suo fondatore.
In altre parole: il meglio è passato, occorre pensare al domani.
Ieri il senatore Torri ha detto, e anche giustamente dal suo punto di vista, che Bossi “ha dato la vita in senso fisico, materiale e morale per la libertà del Nord”.
Ciò che sta accadendo da qualche tempo ha tutta l’aria di una specie di risarcimento, o auto-risarcimento.
Come sempre succede in questi casi, il confine tra le due entità è sfuggente, ma decisivo.
E ancora di più quando a stabilirlo sono i carabinieri, la Guardia di Finanza e la magistratura.
Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica“)
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