BERLUSCONI E LA PARALISI DELLA MAGGIORANZA: “COSI’ ANDIAMO A CASA”
IL GOVERNO VA SOTTO SULLA LEGGE COMUNITARIA, 43 DEPUTATI PDL ASSENTI, LEGA SPACCATA…”CENTO DI NOI NON SARANNO RIELETTI E A LORO NON GLIENE FREGA PIU’ NULLA”…SCAJOLA CONTRO ALFANO, GIORGETTI CONTRO REGUZZONI: E’ GUERRA PER BANDE NEL PDL E NELLA LEGA
“Dov’è Scilipoti? Chiamatemi subito Scilipoti!”.
Alle sette di sera, piombato a Montecitorio dopo che la sua maggioranza si è sfarinata, inchiodata da 50 assenze, il Cavaliere grida ai dirigenti del Pdl tutta la sua rabbia. “Presidente, Scilipoti oggi sta alla Camera … dei Lord, a Londra”. “Ormai è un divo, qua si vede poco”.
È l’immagine di un centrodestra che, nonostante abbia i numeri quando viene messa la fiducia, non esiste più nell’ordinaria gestione dei lavori parlamentari.
E Berlusconi è il primo a rendersene conto: “Con questi giochi si rischia di far saltare il governo. Non ci si può comportare in questo modo, bisogna restare in aula a votare”.
Il premier è furibondo per il doppio scivolone di ieri. Quando Paolo Bonaiuti lo ragguaglia sulla situazione a Montecitorio, è il Cavaliere in prima persona a richiamare freneticamente al cellulare tutti gli assenti di governo: “Sono io, devi venire immediatamente a votare alla Camera, altrimenti andiamo sotto!”.
Neppure questo basta a evitare il patatrac.
Oltretutto, anche se il gruppo leghista è quello che ieri aveva meno assenti (soltanto 2), le divisioni tra i padani sono ormai un fattore destabilizzante per l’intero centrodestra.
Lo dimostra proprio l’affossamento della legge comunitaria, che ha visto una clamorosa divaricazione tra il presidente della commissione Bilancio, il maroniano Giorgetti, e il capogruppo Reguzzoni, appartenente al cosiddetto “cerchio magico”. Una spaccatura su un emendamento dell’Italia dei valori che imponeva il pagamento “entro trenta giorni” per i creditori della pubblica amministrazione.
Una spesa imprevista ed enorme per lo Stato, se fosse passata.
Giorgetti se ne accorge ed esprime il parere contrario della Bilancio, ma Reguzzoni si mostra d’accordo con la proposta.
È il caos, suggellato dalla decisione del governo di alzare le mani e rimettersi all’aula: l’emendamento passerà e solo grazie all’affossamento di tutto l’articolo uno della legge la Pubblica Amministrazione non finirà gambe all’aria.
“Che il governo – spiega il Fli Benedetto Della Vedova – si sia rimesso all’aula su una rivoluzione come questa, che sarebbe costata più della Finanziaria, è il segno della loro devastazione. Questi non passano l’estate”.
Si può capire l’esagerazione di un capogruppo d’opposizione, ma anche tra i dirigenti del Pdl prevale lo sconforto: “Ci sono 100 parlamentari che sanno già che non verranno rieletti e quindi non gliene importa più nulla. Vengono a votare quando gli pare a loro”.
C’è anche chi mette sotto accusa la gestione d’aula e se la prende con il capogruppo Fabrizio Cicchitto. Chi mette sul banco degli accusati i responsabili (ne mancavano, oltre Scilipoti, altri cinque), tanto che il loro “capogruppo ombra”, Denis Verdini, in serata si precipita alla Camera per correre ai ripari e tirare le orecchie ai suoi.
Ma sono tante le spine del Cavaliere.
La prossima è il voto su Alfonso Papa, il deputato finito nell’inchiesta P4 di cui i magistrati chiedono l’arresto. Dopo l’uscita di Bossi – “la Lega quelle porcherie non le fa” – la tensione nel Pdl è altissima.
Si teme che l’ala maroniana del Carroccio, che è maggioranza nel gruppo alla Camera, nel segreto del voto possa dare una botta al Pdl, facendo traslocare Papa da Montecitorio a Poggioreale.
Per questo l’unica speranza di salvarlo per il Pdl è rinviare il voto a dopo la pausa estiva.
C’è poi il nodo della manovra, con Giulio Tremonti subissato di richieste da parte di tutti i ministeri coinvolti nei tagli.
Ieri il ministro dell’Economia girava per il cortile di Montecitorio con le cuffie del cellulare nell’orecchio, fingendo di telefonare pur di non farsi dai ministri inferociti. Maurizio Scelli, ex commissario della Croce Rossa, sarebbe però riuscito a strappargli la cancellazione della prevista privatizzazione della Cri.
“Tanto – gli ha risposto Tremonti – ormai è un ente decotto”.
Sui rifiuti ancora un braccio di ferro, con Berlusconi che è stato costretto a cedere al diktat della Lega.
Il decreto si farà , ma prevede che i rifiuti della Campania andranno solo nelle regioni che “volontariamente” li accettano. Esattamente quello che chiedeva Bossi.
E tuttavia il fronte più caldo è quello del partito.
Il Pdl venerdì riunirà il Consiglio nazionale per ratificare la nomina di Angelino Alfano, ma il partito è tutt’altro che unito dietro il nuovo segretario.
Claudio Scajola non s’arrende e non è stato sufficiente il faccia a faccia di ieri con Berlusconi a palazzo Grazioli per farlo desistere dai suoi propositi bellicosi.
Alfano lo teme, tanto da aver chiesto a Frattini, Gelmini e gli altri di Liberamente, di difenderlo con una nota pubblica in cui veniva stigmatizzato l’atteggiamento di Scajola.
Ma neppure questo è bastato (tanto che a Montecitorio sospettano che ci sia anche questo malessere degli scajoliani tra le cause del flop sulla legge comunitaria).
Per salvare l’appuntamento del Consiglio nazionale, e garantire il quorum per la nomina di Alfano, a via dell’Umiltà le stanno pensando tutte.
A ogni capogruppo e coordinatore sono stati assegnati dei “target” da raggiungere: tot di delegati ciascuno da far arrivare a Roma, a seconda del peso politico del padrino.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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